Indicazioni metodologiche per la valorizzazione economica della perdita di produttività e dell’informal care nella stima dei costi di malattia
Introduzione
I costi di una patologia si articolano in tre categorie: costi diretti, costi per la perdita di produttività e per l’informal care.1I costi diretti sono costituiti dalle spese relative all’attività di prevenzione, diagnosi e cura dei pazienti. I costi per la perdita di produttività derivano dalla riduzione della produzione (remunerata o non remunerata) causata dalla malattia del singolo.23 I costi dell’informal care sono relativi al tempo sottratto al-l’attività lavorativa (remunerata o non remunerata) o al tempo libero da familiari o amici per l’assistenza al paziente. La scelta di inclusione, parziale o totale, delle diverse categorie nelle valutazioni economiche dipende dalla prospettiva da cui viene condotta l’analisi. Per il Servizio sanitario dovrebbero essere presi in considerazione solo i costi diretti sanitari, dal punto di vista della società dovrebbero essere invece conteggiate tutte le categorie di costo sopra menzionate. La revisione della letteratura evidenzia tuttavia come, anche negli studi che adottano una prospettiva sociale, spesso non sia inclusa la stima della perdita di produttività, nonostante questa costituisca mediamente la metà del costo totale di una patologia.4 Le ragioni sono da collegarsi alle problematiche metodologiche e alle difficoltà oggettive di quantificazione di tali costi, nonché alle differenti posizioni assunte dalle linee guida in materia di valutazione economica delle prestazioni sanitarie emanate in diversi Paesi. Osservando la tabella 15 emerge, per esempio, che le linee guida canadesi6 sostengono l’inclusione della perdita di produttività, mentre le linee guida australiane7 assumono una posizione opposta e altre ancora la subordinano all’obiettivo dello studio. In questo studio si intende fornire indicazioni metodologiche per la valorizzazione della perdita di produttività, descrivendo l’approccio del capitale umano e il metodo dei costi friziona-li, e dell’informal care, con i metodi opportunity cost, proxy good e di monetizzazione dei benefici.
La valorizzazione della perdita di produttività
Metodo del capitale umano
Il metodo poggia sui seguenti assunti teorici:
- gli esseri umani dispongono di una certa capacità produttiva e l’investimento nella salute di un individuo vede come ritorno l’aumentata disponibilità di lavoro sul mercato;
- il mercato del lavoro è caratterizzato dalla piena occupazione;
- la produttività di un’organizzazione è direttamente proporzionale alla sua dotazione di capitale umano.
Tabella 1. Indicazioni delle linee guida internazionali sulla valutazione economica delle prestazioni sanitarie in merito all’inclusione dei costi indiretti.
Table 1. International guidelines on economic evaluation in healthcare: recommendations about inclusion of social costs.
Sulla base di essi si teorizza che una persona generi un flusso di produzione di valore pari al suo reddito da lavoro individuale, e che il suo livello retributivo rifletta il reale contributo alla produzione.3 Applicato agli studi di valutazione economica di una malattia, questo metodo stima il valore della produzione persa a causa dell’assenza temporanea dal lavoro dovuta a malattia e il valore produttivo totale perso a causa di disabilità permanente o morte prematura per il periodo compreso tra il momento dell’evento morboso e l’età pensionabile. La misura del reddito può essere ottenuta mediante la stima campionaria del reddito individuale dei pazienti o, in alternativa, attraverso la retribuzione percepita dai lavoratori classificati per settore di attività e categorie professionali, rilevabile dalle indagini condotte dalle istituzioni nazionali preposte alla gestione del gettito erariale.8 Una misura indiretta è invece ottenibile a partire dal reddito nazionale, misurabile attraverso il Prodotto interno lordo (PIL) medio per lavoratore occupato, dal Prodotto nazionale lordo (PNL), dal Prodotto regionale lordo, dal Reddito nazionale lordo e dal salario minimo derivato dai contratti collettivi nazionali. Il metodo del capitale umano, pur ampiamente utilizzato, ha originato numerose critiche. Tale metodo discrimina la perdita di produttività per le persone fuori dal mercato del lavoro (studenti, casalinghe, disoccupati e anziani) concentrandosi sui soli individui che hanno un’occupazione remunerata. Una soluzione in merito è quella di valorizzare anche le attività non retribuite, utilizzando perlopiù misure di reddito indirette (per esempio il salario minimo). Inoltre, sebbene in teoria il livello di salario rifletta la produttività aggiuntiva generata dal lavoratore (produttività marginale), nel mercato del lavoro esistono numerose imperfezioni a causa delle quali il livello retributivo potrebbe rispecchiare disuguaglianze dovute a discriminazione di sesso o etnia degli individui.
Metodo del costo frizionale
Il metodo del costo frizionale 8,10-14 poggia sull’assunto che le reali perdite di produzione per la società possano essere minori rispetto a quelle calcolate con il metodo del capitale umano. L’idea fondamentale è che:
- per assestylenze di breve periodo il lavoro urgente può essere preso in carico da altri e quello non urgente può essere rinviato a quando il paziente rientri al lavoro oppure revocato e non più eseguito;
- per assenze di lungo periodo il lavoro può essere svolto da altro personale ricollocato o disoccupato.
Secondo questo metodo, il carico di produzione persa a causa della malattia dipende dall’intervallo di tempo necessario alle organizzazioni per ripristinare il livello di produzione iniziale. Se la disoccupazione è oltre il livello della disoccupazione friziona-le, cioè quella parte di disoccupazione che risulta dal tempo necessario a sostituire il lavoratore assente, i soggetti malati possono essere sostituiti e le perdite di produzione sono ristrette al periodo necessario alla sostituzione (il periodo frizionale). Se la disoccupazione è sotto o al livello della disoccupazione frizionale, la sostituzione non è generalmente possibile e il periodo frizionale si estende per tutto il periodo necessario a formare e addestrare il nuovo occupato. In tal caso la differenza fra il metodo del capitale umano e il metodo frizionale diviene esigua. L’applicazione del metodo frizionale comporta l’individuazione di quattro parametri chiave:
- la frequenza dei periodi frizionali, determinata dalla frequenza e dalla durata dell’assenza dal lavoro, dall’incidenza della disabilità e della mortalità;
- la lunghezza del periodo frizionale, comprensiva della durata media dell’assenza e del tempo necessario a decidere ed effettuare la sostituzione del lavoratore;
- la relazione tra perdita di produttività e tempo lavoro,per la quale occorre stimare quanto varia la produzione rispetto al tempo annuale di lavoro, ovvero il valore dell’elasticità. Definita in economia come il rapporto tra le variazioni percentuali di due variabili y e x, l’elasticità di y rispetto a x è data da
η = %Δy / %Δx = Δyx / Δxy
ed è una misura della sensibilità di y rispetto a variazioni di x. Per valori pari a 1, alla variazione dell’x% del tempo lavoro corrisponde una uguale variazione di produzione, mentre per un valore prossimo allo zero la variazione di produzione è inferiore alla variazione di tempo lavoro. La letteratura suggerisce un valore dell’elasticità compreso fra 0,6 e 0,9,8,15,16 ma teoricamente si dovrebbe calcolare la misura per ogni nazione e per specifico settore economico e tipologia di occupazione;
- la valutazione della perdita di produzione, pari alla somma del valore della produzione persa, degli eventuali costi aggiuntivi per mantenere la produzione ai livelli originari e, in caso di sostituzione definitiva del lavoratore malato, dei costi relativi alle procedure di assunzione e di formazione della nuova forza lavoro.
In particolare, i costi dell’assenza dal lavoro per un periodo più breve di quello frizionale sono calcolati applicando il valore dell’elasticità al valore della produzione durante il periodo del-l’assenza. Se il soggetto malato recupera il lavoro perso al rientro al lavoro, oppure la sua attività viene temporaneamente svolta dai colleghi, è possibile che dalla sua assenza non derivi alcuna perdita di produzione. In tal caso il costo è pari al valore monetario delle ore aggiuntive necessarie a svolgere l’attività. I costi dell’assenza per un periodo più lungo del periodo frizionale sono pari alla somma del valore monetario della perdita di produzione durante il periodo frizionale, corretta per l’elasticità, e degli oneri sostenuti per la sostituzione del lavoratore al termine del periodo stesso. Le critiche avanzate al metodo del costo frizionale si sostanziano nell’affermazione riportata da Tranmer17 e Johannesson18 secondo cui si tratta di un approccio basato su assunti non plausibili per la tradizionale teoria economica. Nel breve periodo, il recupero dell’attività produttiva attraverso le riserve di lavoro interno, o al rientro al lavoro del soggetto malato, presuppone l’esistenza di lavoratori presenti in azienda ma non occupati in attività lavorativa o sottoutilizzati, assumendo pertanto un’inefficienza produttiva non giustificabile nella logica di razionalità economica dell’impresa di produzione. Per le assenze dal lavoro di lungo periodo, talora la peculiarità delle caratteristiche del lavoratore e delle attività da lui svolte possono estendere il periodo frizionale al tempo necessario per formare il sostituto. La tabella 2 riporta una sintesi degli aspetti positivi e dei punti critici delle due metodologie nonché degli ambiti di più frequente applicazione.
Informal care
Come anticipato, fra i costi di una patologia si annoverano anche i costi sostenuti dai caregivers: gli informal care cost. Per la loro valorizzazione è possibile utilizzare diversi approcci: il metodo opportunity cost, il metodo proxy good e i metodi basati sulla monetizzazione dei benefici. La tabella 3 riporta una sintesi degli aspetti positivi e dei punti critici delle metodologie considerate nonché degli ambiti di più frequente applicazione.
Tabella 2. Metodi per la valorizzazione della perdita di produttività.
Table 2. Methods for the evaluation of productivity loss.
Tabella 3. Metodi per la valorizzazione dell’informal care.
Table 3. Methods for the evaluation of informal care.
Il metodo opportunity cost
Il metodo si propone di valorizzare il tempo del caregiver sottratto a lavoro remunerato, non remunerato o a tempo libero, e destinato alla cura e/o all’accompagnamento del soggetto malato. La valutazione avviene al valore orario netto della retribuzione del caregiver, se si tratta di soggetto occupato, o a un prezzo ombra (cioè un prezzo non reale ma frutto di ipotesi) qualora si tratti di individuo privo di occupazione. Il prezzo ombra viene assunto pari al saggio salariale a cui un soggetto sarebbe disposto a cedere un’ora di lavoro nel mercato retribuito19 o, in alternativa, pari al valore della retribuzione di soggetti con caratteristiche similari (per età, sesso, condizione sociale, titolo di studio eccetera). La valorizzazione avviene pertanto secondo la formula:19
Σ ni wi+ hisi+lipi (1)
dove:
- ni sono le ore perse dell’individuo i-esimo di lavoro remunerato,
- wi è il valore orario netto della retribuzione dell’i-esimo soggetto,
- hi sono le ore perse dell’individuo i-esimo di lavoro non retribuito,
- siè il prezzo ombra del lavoro non remunerato svolto dall’individuo i-esimo,
- li sono le ore perse di tempo libero dell’individuo i-esimo,
- pi il prezzo ombra del tempo libero dell’individuo i-esimo, valorizzato come si.
La formula (1), se da un lato dettaglia le diverse tipologie di tempo dedicate dal caregiver e quindi prospetta un calcolo più preciso, dall’altra pone il problema della determinazione di si e pi che spesso, nella pratica, sono definiti mediante l’applicazione di un indice di correzione al saggio salariale arbitrariamente definito. Il principale svantaggio del metodo opportunity cost consiste nella scarsa coerenza interna fra la modalità di valorizzazione della popolazione occupata rispetto a quella non appartenente al mercato del lavoro: il lavoratore è valutato rispetto alla sua attività lavorativa (retribuzione), mentre chi non è occupato o utilizza il suo tempo libero è valutato in base alla retribuzione che riceverebbe se svolgesse un’attività remunerata.
Il metodo proxy good
Il metodo dei proxy good è anche chiamato metodo del costo di mercato o metodo replacement cost. Concettualmente valuta il tempo dedicato all’assistenza al malato al prezzo di mercato del lavoro di un sostituto e quindi presuppone l’esistenza di un sostituto di mercato per ciascuna delle attività da considerare. Per esempio, i lavori di casa sono valutati al salario di mercato di una collaboratrice famigliare, mentre le prestazioni di assistenza sono valorizzate alla retribuzione di mercato di un infermiere professionale. La quantità di tempo dedicato viene misurata attraverso i metodi del diario o del ricordo: tra i due, il secondo metodo è più frequentemente utilizzato poiché un diario, il gold standard,20 comporta un elevato consumo di tempo. Per garantire il confronto dei risultati fra popolazioni differenti è auspicabile la redazione di una lista standard di attività. Un primo svantaggio del metodo dei proxy good risiede nel fatto che, utilizzando la retribuzione da lavoro del sostituto, assume che l’assistenza svolta in via formale e quella in via informale siano perfetti sostituti, escludendo differenze di efficienza e qualità. Un secondo svantaggio, soprattutto se confrontato con il metodo opportunity cost, risiede nella necessità di distinguere le differenti attività svolte nell’assistenza al paziente nonché le diverse tipologie di tempo utilizzate per svolgerle (lavoro retribuito, non retribuito o tempo libero). Infine, specialmente quando l’assistenza viene erogata per lunghi periodi di tempo, potrebbe essere difficile per gli intervistati indicare e registrare costantemente le informazioni relative alle diverse attività.
I metodi basati sulla monetizzazione dei benefici
Un approccio differente è quello basato sulla rilevazione delle preferenze individuali mediante questionari e sulla conseguente stima della disponibilità a pagare (willingness to pay, WTP) o ad accettare una somma di denaro (willingness to accept, WTA) in relazione a benefici futuri. Le due tecniche principali sono la contingent valuation (CV) e la conjoint analysis (CA). La CV misura le preferenze individuali in relazione a un ipotetico scenario descritto agli intervistati.21 Con la tecnica della CA, invece, i questionari presentano diversi ipotetici scenari e agli intervistati viene chiesto di scegliere tra essi oppure di ordinarli in base alle preferenze. Van der Berg e colleghi hanno valutato positivamente l’applicazione alla valutazione dell’informal care di ambedue le tecniche. 22,23 I metodi basati sulle preferenze individuali presentano il vantaggio di pervenire a una stima più realistica del valore dell’informal care che includa tutte le conseguenze per il caregiver, positive o negative, e gli elementi che ne influenzano le decisioni. Per esempio, la decisione di fornire assistenza informale a un malato può derivare da un giudizio di insufficienza qualitativa oppure di eccessiva onerosità dell’assistenza professionale. Secondo Van der Berg et al.23 tali metodi consentono inoltre di considerare gli elementi di eterogeneità (per esempio, differenti tipi di assistenza al malato) e dinamica (variazione nel tempo della richiesta) dell’informal care.
Discussione
La determinazione dei costi di una malattia, adottando il punto di vista della società, comporta l’identificazione, la misurazione e la valorizzazione di tutte le risorse assorbite da una patologia, con la conseguenza che i costi per la perdita di produttività e per l’informal care sono una componente da includere. Considerando che nessuna delle metodologie esposte è avulsa da limiti, e che la letteratura circa la perdita di produttività dimostra che i costi calcolati con il metodo del capitale umano sono maggiori di quelli ottenuti con il metodo frizionale,24,25 è consigliabile a quanti si trovano a dover affrontare una simile problematica di:
- definire correttamente il punto di vista da cui si effettua l’analisi;
- attenersi alle linee guida nazionali in materia;
- realizzare comunque un’analisi di sensibilità per verificare come cambierebbe il risultato variando il metodo utilizzato.
Conflitti di interesse: nessuno.
Ringraziamenti: lo studio è stato condotto nell’ambito del Progetto «Valutazione economica e di qualità negli studi di epidemiologia clinica» finanziato dalla Compagnia di San Paolo.
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