Tutti dalla parte di Greta?
Recentemente abbiamo assistito a un’imponente serie di manifestazioni di massa da parte di giovani, in particolare studenti, per rivendicare “la restituzione del loro futuro”, messo a rischio dall’incapacità delle istituzioni politiche nazionali e sovrannazionali di affrontare con serietà ed efficacia il problema del cambiamento climatico.
L’impulso originario è venuto da Greta Thunberg, una studentessa svedese che, al tempo quindicenne, nell’agosto del 2018, iniziò una solitaria protesta, assentandosi da scuola ogni venerdì e presentandosi alle porte del Parlamento del suo Paese per sollecitarlo a prendere iniziative concrete. Grazie anche all’ampia e continua copertura e diffusione della sua iniziativa da parte di mass media e social media, peraltro da lei accusati di non fare abbastanza per diffondere consapevolezza e allarme, la protesta si è estesa a tutte le scuole del suo Paese e nel giro di pochi mesi ne ha travalicato i confini, con una distribuzione ineguale, ma comunque impressionante per rapidità e diffusione. Il culmine è stato segnato dallo sciopero per il clima del 15 marzo 2019,1,2 che ha documentato un attivismo giovanile a cui non si assisteva da decenni e che promette di espandersi e consolidarsi anche in altre fasce demografiche e categorie sociali.
Queste mobilitazioni appaiono come espressione di una volontà di partecipazione diretta a svegliare o a “bacchettare” le istituzioni, richiamandole al rispetto degli impegni assunti – nella fattispecie quelli derivati da vari accordi internazionali sul clima. Esse emergono in contemporanea ad altre manifestazioni di protesta, che in alcuni casi si esprimono con azioni violente. Il caso contemporaneo più appariscente è quello dei Gilets jaunes in Francia, la cui contestazione delle politiche del governo pare confliggere con le rivendicazioni per la difesa del clima e dell’ambiente.3,4
Pur nella loro grande diversità, questo tipo di fenomeni denuncia una crisi profonda della democrazia rappresentativa, con una perdita di fiducia non solo nella classe politica attuale, ma più in generale negli strumenti e nei processi che tradizionalmente hanno dato voce alla volontà popolare facendola giungere ai forum deputati alla negoziazione e alla decisione politica. Non è questo il luogo per analizzare l’origine e lo sviluppo di tali fenomeni, sui quali esiste una vastissima documentazione (si veda, per esempio, l’intervista a Chantal Mouffe).5 Il nostro scopo è far notare come la mobilitazione per il clima si inserisca in un contesto sociopolitico in cui la frustrazione, la protesta e anche la rabbia sono diffuse e si manifestano in molteplici forme di aggregazione sui temi più disparati e con diversi gradi di civismo.
Oltre il catastrofismo
Greta è diventata un simbolo e un’icona, esercitando una leadership estremamente efficace sia con la sua presenza fisica alla testa di molte manifestazioni sia grazie ai suoi molteplici interventi in sedi istituzionali e consessi internazionali, inclusi molti incontri con leader politici e religiosi, che le hanno fruttato anche una candidatura al Premio Nobel per la pace.6 Nel febbraio del 2019, in occasione del World Economic Forum, la giovane si è indirizzata ai potenti attori internazionali convenuti a Davos con parole dure, addirittura minacciose, esprimendo la ferma volontà di trasmettere loro la sensazione di panico che lei sostiene di avvertire ogni giorno: «I don’t want your hope. I don’t want you to be hopeful. I want you to panic. I want you to feel the fear I feel every day. And then, I want you to act».7
La narrazione che diffonde con tutti i mezzi è di tipo tragico e catastrofico (gloom and doom) e in tal senso non appare diversa da altre circolanti, se non addirittura dominanti, da anni. Valga come esempio per tutti il documentario An Inconvenient Truth, che nel 2007 fruttò ad Al Gore sia un Oscar sia un Premio Nobel per la pace, quest’ultimo condiviso con l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC).8,9 Ora come allora, molte voci, richiamandosi anche a ricerche accreditate nel campo della comunicazione del rischio, hanno segnalato l’inefficacia di tale tipo di messaggi, che tenderebbero a generare negazione o rassegnazione piuttosto che partecipazione e attivismo.10 Altre osservazioni critiche hanno riguardato le esagerazioni delle conseguenze catastrofiche che a volte vanno al di là degli stessi worst case scenarios delineati dall’IPCC.11
In effetti, la pur ampia e ripetuta diffusione di informazioni sul cambiamento climatico di origine antropica non aveva finora generato una mobilitazione di massa, fatto che sembrerebbe dar ragione agli scettici. Tuttavia, oltre la collocazione nel momento politico attuale cui abbiamo accennato sopra, ci pare di poter individuare un elemento distintivo chiave nella narrazione promossa da Greta, che consiste in un’efficace attualizzazione del problema, trasferito da un futuro immaginato a un presente vissuto. Come la ricerca continua a riscontrare da decenni, le preoccupazioni delle persone (seguite o no da un impegno in prima persona) sono fortemente influenzate non tanto da dati statistico-probabilistici prodotti da studi scientifici, quanto dalla percezione che un certo pericolo sia grave, incombente, minaccioso e urgente. E tali sono gli attributi del cambiamento climatico nel messaggio di Greta, sostenuto anche da personalità di spicco, che profetizza un’estinzione di massa in assenza di un immediato cambiamento di rotta.12
Con le loro mobilitazioni, i giovani hanno fatto sì che un futuro astratto e lontano divenisse improvvisamente concreto e presente. Migliaia di voci in decine di lingue gridano all’unisono un messaggio che si fa realtà attuale e concreta e che diventa impossibile ignorare: «Il futuro è qui e siamo noi». Inoltre, congiuntamente al continuo richiamo alla minaccia incombente, la narrazione include un forte appello all’azione che la biografia personale di Greta – dapprima chiusa in un “selettivo mutismo”, poi estremamente vocale ed efficace nell’esprimere e guidare una massiccia protesta collettiva13 – rende potente e credibile.
Retorica e ambiguità del consenso
Una peculiarità delle attuali manifestazioni giovanili è di aver suscitato un’approvazione diffusa. Si sono udite parole di apprezzamento da parte degli stessi settori chiamati in causa per la loro ignavia, come quello politico o quello finanziario, e vari incoraggiamenti e corteggiamenti sono arrivati da molte parti del mondo scientifico12,14 che paiono interpretare la protesta come una conferma, un rinforzo e una continuità delle marce per la scienza.15
Nell’immaginario collettivo, Greta e il suo movimento hanno la potenziale capacità di imprimere una svolta radicale alle traiettorie patologiche dello sviluppo. Nuova speranza, fiducia, fede collettiva – oseremmo dire – vengono riposte nella purezza e nell’autenticità della giovinezza e della diversità. In quest’ottica, quello che distacca i movimenti per il clima da altri contemporanei di carattere identitario (donne, gruppi minoritari o storicamente discriminati eccetera) è il loro potenziale aggregante e inclusivo. E, per fare un richiamo al passato, li distacca anche dai movimenti giovanili degli anni Sessanta e Settanta che, identificati come elitari da molti, suscitavano tutt’altro che consenso e approvazione da parte di chi non ne faceva parte, per non parlare dell’establishment.
Il consenso potrebbe, però, rapidamente rompersi nel passaggio dalla ribellione contro “l’estinzione di massa” alla promozione e sostegno di misure concrete che di fatto comporterebbero un cambiamento radicale negli stili di vita, con perdita di privilegi per molti, soprattutto nei Paesi sviluppati dove oggi si concentrano le proteste, che sono anche quelli maggiormente responsabili di uno sviluppo tutt’altro che sostenibile. La stessa Greta, nel suo intervento a Davos, pochi minuti dopo aver affermato: «The solution is so simple that even a small child can understand it. We have to stop the emissions of greenhouse gases», aggiunge: «We must change almost everything in our current societies».7 Nelle parole del giornalista e attivista George Monbiot, si tratta di avere il coraggio di dichiarare la morte del capitalismo, peraltro senza che esista una proposta condivisa su quale tipo di sistema possa efficacemente sostituirlo, dato che né il ritorno al feudalesimo né il comunismo di stato paiono alternative proponibili.16
Lo stesso effetto di rottura potrebbe avere la rivelazione che soluzioni tecno-scientifiche del tipo di quelle suggerite da alcuni settori del mondo scientifico (si veda, per esempio, Manifesto Ecomodernista)17 potrebbero non essere disponibili in tempi rapidi e senza effetti perversi, ossia senza creare ulteriori squilibri nell’ecosistema e nella distribuzione di risorse materiali e di influenza politica.
L’appello alle risultanze della ricerca e all’accordo scientifico sull’urgenza e la gravità del problema ha grandemente contribuito al sostegno diffuso e alle coalizioni improbabili che si sono coagulati intorno alle iniziative di Greta, generando una retorica del consenso efficace, ma non priva di ambiguità. Un’ambiguità che in questa fase è utile a mascherare differenze e divisioni,18 ma che sarà impossibile mantenere quando si dovranno operare delle scelte concrete. In sintesi, lo scontro è rimandato al momento in cui ci si renda conto che l’accordo sulla definizione scientifica di un problema non genera automaticamente delle soluzioni politiche condivise.
@BDMarchi, @SFuntowicz
Biblio/sitografia
- https://www.vox.com/2019/2/21/18233206/march-15-climate-strike
- https://www.dw.com/en/fridays-for-future-students-hold-international-climate-change-protests/a-47927393
- The Atlantic. https://bit.ly/31DAuFR
- https://www.gilets-jaunes.com/
- https://nieuws.kuleuven.be/en/content/2019/patronsaintsday-chantal-mouffe
- https://people.com/human-interest/greta-thunberg-nobel-peace-prize-nomination/
- Women's Agenda https://bit.ly/2WRHXlS
- https://www.nobelprize.org/prizes/peace/2007/summary/
- https://www.reuters.com/article/us-oscars-gore1-idUSN2522150720070226
- https://undark.org/2019/03/14/climate-change-essays-are-unconvincing-2/
- https://theconversation.com/why-protesters-should-be-wary-of-12-years-to-climate-breakdown-rhetoric-115489
- https://www.theguardian.com/environment/2019/apr/03/a-natural-solution-to-the-climate-disaster
- https://www.youtube.com/watch?v=EAmmUIEsN9A&feature=youtu.be
- Nature. https://go.nature.com/31Psr98
- https://theconversation.com/a-scientists-march-on-washington-is-a-bad-idea-heres-why-73305
- https://www.theguardian.com/commentisfree/2019/apr/25/capitalism-economic-system-survival-earth
- https://www.ecomodernism.org/
- Kovacic Z, Di Felice LJ. Complexity, uncertainty and ambiguity: Implications for European Union energy governance. Energy Research & Social Science 2019;53:159-69.