Tumori professionali: a chi tocca la denuncia?
Il caso
Non raccogliendo dati anamnestici, i Registri tumori non hanno gli elementi per segnalare allâINAIL, alla magistratura o alle ASL le neoplasie di possibile origine professionale. Per tumori relativamente rari, la frazione eziologica attribuibile a esposizioni lavorative supera 70%. Per patologie frequenti, la frazione è bassa ma il numero assoluto di casi professionali può essere consistente. In una popolazione di una zona industriale, i casi incidenti sono 15-20 tumori pleurici (quasi tutti di origine professionale) e 400 tumori polmonari (di cui 20 o 30 da esposizioni professionali) per ogni milione di soggetti. Talora, sono state prese decisioni pragmatiche, per esempio denunciare tutti i casi di patologie ad alta frazione eziologica attribuibile: tumori pleurici, angiosarcomi del fegato, adenocarcinomi del naso.
Il quesito
- Eâ corretto che i registri tumori deleghino l'iniziativa della denuncia al personale sanitario che ha preso visione del \"caso\" prima della registrazione? Alternativamente, devono i registri trattare in modo uguale patologie a diversa frazione eziologica causata dall'ambiente di lavoro? Se vi sono tumori per i quali tale frazione eziologica è talmente piccola da giustificare l'inazione, non viene meno il principio dell'equità ?
- Nel caso di indagini ad hoc svolte dal personale dei servizi di epidemiologia che includono la raccolta di una anamnesi professionale, il personale (non necessariamente medico) è tenuto a denunciare il sospetto della natura professionale di un tumore?
Il commento
Anzitutto, non ritengo ammissibile alcuna delega dellâobbligo di referto o di denuncia, da parte di chi vi è tenuto. Non so quanto, nella pratica, la norma «se più persone hanno prestato la loro assistenza nella medesima occasione, sono tutte obbligate al referto, con facoltà di redigere e sottoscrivere un unico atto» (art. 334 cpp) sia seguita alla lettera. Tuttavia, essa dimostra lâesigenza di evitare palleggi di responsabilità e omissioni di denuncia. Ma la questione fondamentale è se il personale dei Registri Tumori abbia lâobbligo del referto. A questo obbligo è tenuto chiunque «abbia nellâesercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto pel quale si debba procedere dâufficio» (art. 365 cp). In caso di malattia professionale, si profilano delitti colposi perseguibili dâufficio, come omicidio (art. 589 cp) o lesioni personale gravi o gravissime (art. 583 cp) quando vi sia stata «violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative allâigiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale» (art. 589 cp).
Sarà lâAutorità giudiziaria a valutare le responsabilità , ma spetta al referente il giudizio sulla possibilità del carattere professionale della malattia. Non è sufficiente compiere un lavoro in campo sanitario per essere considerato esercente di «una professione sanitaria» per farne scaturire lâobbligo. In caso contrario, per esempio, lâobbligo ricadrebbe sugli impiegati amministrativi di ospedali e ASL. In linea di massima, lâesercizio di una professione comporta lâiscrizione a un Ordine o Collegio. Inoltre, unâattività statistico- epidemiologica presso un Registro Tumori, anche se svolta da un medico iscritto allâOrdine, non comporta alcun rapporto diretto con il soggetto ammalato e non sembra configurabile come prestazione di «assistenza od opera». Diversa può apparire la raccolta di anamnesi professionale mediante intervista.
Non dovrebbe essere difficile, da parte dellâintervistatore o di un medico responsabile, valutare la «possibilità » che la malattia sia professionale e che pertanto sia prospettabile (da parte dellâAutorità giudiziaria) lâipotesi di reato perseguibile dâufficio. Ma il referto non è che una forma particolare di denuncia, e «i pubblici ufficiali (cp 357) e gli incaricati di un pubblico servizio (cp 358) che, nellâesercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di un reato perseguibile dâufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito» (art. 331 cpp). I nodi sono quindi il rapporto di lavoro che medici, impiegati, intervistatori, consulenti eccetera hanno con il Registro Tumori, e le configurazioni giuridicoamministrative del registro e degli operatori.
Queste possono variare da regione a regione, da registro a registro, da operatore a operatore. Potrebbe forse essere opportuno che i registri interessati chiarissero questi aspetti, se già non fossero chiari nei casi specifici che li riguardano. Penso che le decisioni «pragmatiche» cui si fa riferimento nellâintroduzione siano semplici suggerimenti-guida utili al riconoscimento di tumori per i quali la possibilità del carattere professionale e della sua dimostrabilità sia così concreta da poter essere considerata nellâambito di un positivo grado di probabilità , e a maggior ragione sia più evidente lâobbligo di referto. Il suggerimento non dovrebbe essere considerato come una scelta che escluda o ponga in sottordine alcun altro tumore sia pure con bassa frazione eziologica.
La eventuale «mancanza di equità », e certamente la mancanza di professionalità , sarebbe se mai da attribuire al medico che, di fronte a qualsiasi malattia (neoplastica o non) trascuri unâadeguata anamnesi lavorativo/ambientale.
Franco Mollo
Università di Torino