Trovare lo UNICORN: UNIversity against CORoNavirus
L’anno 2020, come tutti sappiamo molto bene, è stato segnato da una pandemia mondiale che ha stravolto e a volte distrutto la vita di molte persone. In Italia, e in particolare in Lombardia, il virus SARS-CoV-2 si è diffuso incontrollatamente già a partire dai primi mesi dell’anno, mietendo innumerevoli vittime e gettando nel panico l’intera popolazione. In quella fase, che ricordiamo vividamente, il senso di impotenza ci faceva compagnia. Proprio partendo da questa sensazione, noi ricercatori dell’EPIGET Lab abbiamo deciso di fare qualcosa, di renderci utili, di studiare, di capire, di dare il nostro contributo. Del resto si sa: l’arma migliore per sconfiggere un nemico invisibile e sconosciuto è la conoscenza. Era necessario studiarlo, comprenderne i meccanismi di diffusione e di azione e farsi un quadro generale il più chiaro possibile della situazione.
In quella fase, tutti gli studi e le ricerche si sono focalizzate comprensibilmente sui soggetti gravi, ospedalizzati o che manifestavano forme gravi di COVID-19. Non c’era tempo e non c’era modo di comprendere quanto il virus fosse diffuso tra la popolazione generale e quanti fossero realmente gli infetti paucisintomatici o addirittura asintomatici. Per questo motivo, l’EPIGET Lab ha deciso di dare vita a un progetto di ricerca ambizioso, il Progetto UNICORN (UNIversity against CORoNavirus study),1,2 che ha potuto prendere vita grazie a fondi straordinari (“Ricerche Emergenza coronavirus”) messi a disposizione dall’Università degli Studi di Milano.
UNICORN è uno studio di ricerca che ha coinvolto tutti i lavoratori dell’Università degli Studi di Milano (per un totale complessivo di 2.023 soggetti reclutati su un totale di 3.973), disegnato con l’obiettivo principale di fornire un’istantanea dell’effettiva diffusione del virus SARS-CoV-2 tra soggetti asintomatici e di comprendere appieno l’entità della pandemia e l’importanza di un sistema efficiente di tracciabilità delle infezioni. Gli obiettivi secondari, ma non meno importanti, riguardavano la caratterizzazione dei soggetti che avevano contratto il virus e la valutazione dell’andamento della sieroprevalenza delle immunoglobuline (Ig) contro SARS-CoV-2 nella popolazione in studio. In parallelo alla natura scientifica del progetto, UNICORN ha assunto anche una componente di servizio nei confronti dei lavoratori dell’ateneo: tutti gli esiti, infatti, sono stati inviati ai soggetti testati, e i soggetti risultati positivi al tampone sono stati indirizzati al medico competente per essere inseriti in un opportuno protocollo diagnostico e di tracciamento dei contatti.
Il Progetto, approvato dal comitato etico dell’Università degli Studi di Milano (numero di approvazione: 17/20, data di approvazione: 6 marzo 2020) e condotto in conformità con la Dichiarazione di Helsinki, si è sviluppato in tre fasi distinte.
Nella fase 1 (30 e 31 marzo 2020) sono stati reclutati 197 soggetti, asintomatici al momento del prelievo e nelle due settimane precedenti. Per tutti sono stati raccolti un tampone nasale e un campione di sangue. Il tampone nasale permette di valutare la presenza del virus SARS-CoV-2 nelle alte vie aeree, mentre il campione di sangue consente di determinare l’eventuale sviluppo di anticorpi diretti contro SARS-CoV-2.1 La durata della fase 1 è stata purtroppo breve, a causa della successiva chiusura obbligata di tutto l’Ateneo che ha impedito di proseguire il reclutamento.
Nella fase 2 (maggio e giugno 2020) sono stati reclutati 1.826 nuovi soggetti (portando la popolazione UNICORN a un totale di 2.023 soggetti). Come per la fase 1, anche per la fase 2 sono stati raccolti un tampone nasale e un campione di sangue. All’interno della fase 2, oltre ai nuovi soggetti reclutati, sono stati richiamati e sottoposti nuovamente al solo prelievo di sangue i soggetti risultati positivi (tampone e/o anticorpi) nella fase 1, con lo scopo di valutare quanti dei soggetti che venivano in contatto col virus sviluppavano poi anticorpi e per quanto tempo questi anticorpi permanevano nell’organismo.
La fase 3 (settembre 2020) è nata con il preciso scopo di incrementare le evidenze osservate sui soggetti positivi. L’obiettivo finale era di comprendere meglio, a distanza di tempo, la permanenza degli anticorpi contro SARS-CoV-2.
Per isolare e rilevare l’RNA del virus SARS-CoV-2, è stata effettuata un’analisi di RT-PCR (kit TaqPath™ COVID-19 CE-IVD RT-PCR, ThermoFisher Scientific).
Gli anticorpi totali (Ab totali), le immunoglobuline M (IgM) e le immunoglobuline G (IgG) contro SARS-CoV-2 sono stati testati utilizzando kit di immunoassorbimento enzimatico (ELISA) validati.3
Il Wantai SARS-CoV-2 Ab ELISA e l’Anti-SARS-CoV-2 IgM ELISA (Beijing Wantai Biological Pharmacy Enterprise, Pechino, Cina) sono stati eseguiti per misurare Ab totali e IgM. Questi test rilevano gli anticorpi che legano il dominio di legame del recettore della proteina spike SARS-CoV-2 (RBD) nel plasma umano. L’Anti-SARS-CoV-2 IgG ELISA (Euroimmun Medizinische Labordiagnostika, Lubecca, Germania) è stato utilizzato per rilevare le IgG contro la subunità 1 della proteina spike di SARS-CoV-2 (S1).
Dalle analisi effettuate sui campioni raccolti, è emerso che i soggetti che mostravano positività per l’RNA di SARS-CoV-2 e/o per le Ig anti-SARS-CoV-2 erano 237 (11,7%). Solo l’1,2% (n. 25) della popolazione totale ha avuto un tampone nasale positivo per SARS-CoV-2 e la grande maggioranza di questi (21/25) è stata reclutata nel mese di marzo. Un totale di 226 soggetti (11%) aveva IgM (n. 19; 0,9%), IgG (n. 155; 7,7%) o entrambi (n. 52; 2,6%) contro SARS-CoV-2.1
Sebbene fosse controverso se i portatori asintomatici di SARS-CoV-2 potessero essere un mezzo di infezione per altri soggetti,4 molti dati suggerivano un loro possibile ruolo nella diffusione silenziosa del virus.5
Tra i soggetti asintomatici arruolati nel progetto UNICORN, la percentuale di tamponi positivi cambiò durante il periodo oggetto dello studio. In particolare, era dell’11% tra i soggetti arruolati a marzo 2020, quindi durante la fase di lockdown, e scese poi allo 0,2% tra i soggetti arruolati nei mesi successivi (maggio-giugno 2020). Questi risultati indicavano una drastica diminuzione della diffusione del virus tra la popolazione dopo la prima ondata epidemica. Questo dato, a nostro avviso, era frutto di tanti fattori differenti. Dati più recenti che coinvolgevano un numero elevato di Paesi in tutto il mondo suggerivano che i Paesi che hanno attuato misure di blocco più stringenti presentavano un numero decrescente di nuovi pazienti affetti da COVID-19 rispetto a quelli che avevano applicato misure meno severe.6 L’impiego di misure più drastiche è stato associato anche a un tasso inferiore di decessi.7,8 Non possiamo, tuttavia, considerare il lockdown, i dispositivi di protezione individuale e il distanziamento sociale gli unici fattori in grado di contenere la diffusione del virus.9 Per esempio, la diffusione e la virulenza di molti tipi di virus sono strettamente dipendenti da stagioni, temperature, umidità,10 esposizione a inquinanti atmosferici11 o composizione individuale del microbiota come fattore di suscettibilità.12 Pertanto, diversi fattori possono aver contribuito al rallentamento delle infezioni da SARS-CoV-2.
Nella fase 3, nata per poter comprendere meglio se e in quanti soggetti permanevano gli anticorpi contro Sars-CoV-2, si è osservato che la percentuale di soggetti positivi per IgM (il primo tipo di immunoglobuline che l’organismo produce e che indicano quindi un’infezione in corso o molto recente) non era variata durante l’intero periodo di studio, mentre la percentuale più alta di soggetti positivi per IgG venne osservata 4 settimane dopo la fine delle misure di blocco (n. 38; 14,5%).
Un nuovo dato osservato è che non vi è stata una chiara tendenza all’aumento dei soggetti con Ig contro SARS-CoV-2 durante il periodo di studio. Questi dati potevano in parte confermare che in Lombardia la diffusione del virus durante la primavera è stata limitata. D’altra parte, alcuni studi in quel periodo mostravano che la persistenza di Ig contro SARS-CoV-2 nei portatori asintomatici poteva essere inferiore a quella nei soggetti sintomatici.13 Inoltre, la valutazione longitudinale della sieroprevalenza dei soggetti dello studio UNICORN ha mostrato che la clearance delle Ig si verificava in circa due terzi dei soggetti dopo 2 mesi.14
Questo progetto ci ha permesso di osservare la pandemia in corso da un punto di vista un po’ diverso, maggiormente rappresentativo dello stato reale della situazione, come se ci avesse dato la possibilità di allargare il campo di acquisizione della nostra macchina fotografica e immortalare un panorama più ampio. È stato un passaggio fondamentale per studiare e conoscere il virus a 360 gradi e non solamente attraverso le osservazioni e le analisi fatte sui soggetti con forme gravi di COVID-19. Siamo stati, quindi, felici di aver potuto apportare il nostro contributo in questa difficile battaglia, che grazie ai vaccini stiamo vincendo, ben consapevoli del fatto che SARS-CoV-2 è un virus con cui dovremo imparare ragionevolmente a convivere per un lungo e indefinito periodo di tempo.
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