Rubriche
31/12/2019

Terapie farmacologiche: basta un algoritmo per passare dai dati sull’adulto a quelli sul bambino?

Il tema dell’estrapolazione dei risultati ottenuti da studi su adulti a popolazioni pediatriche nel contesto della ricerca clinica farmacologica si è imposto all’attenzione già da qualche anno. Le agenzie regolatorie europea1 e statunitense2,3 hanno formalizzato riflessioni sull’argomento nel 2012 e nel 2014, sebbene la prima riflessione strutturata è apparsa nel 2011 a opera di Dunne et al.4 che illustrano il percorso dell’estrapolazione attraverso un albero decisionale mutuato da un precedente documento della Food and Drug Administration (FDA).3
Si tratta di ipotizzare una similarità nella progressione della malattia in soggetti adulti e pediatrici, cioè di assumere una storia naturale simile nelle due popolazioni e una sostanziale equivalenza nella risposta al trattamento, il che coincide quasi del tutto con il quesito al quale uno studio clinico intende rispondere.
Verificati questi due assunti, si ipotizza una relazione esposizione (al farmaco)-risposta simile nella popolazione adulta e in quella pediatrica per consentire la verifica dell’efficacia dell’intervento attraverso i soli studi di farmacocinetica e successivamente di safety.
L’obiettivo è di evitare gli studi clinici in età pediatrica deducendo l’efficacia clinica dei farmaci da algoritmi più o meno validati. L’argomento più utilizzato per giustificare il proliferare di queste riflessioni è nobilitato dall’obiettivo di minimizzare le esposizioni al placebo, che in caso di studi clinici randomizzati controllati non sarebbe evitabile.
Dimenticando che è sempre possibile condurre studi con comparator attivo, cioè evitare il ricorso al placebo, seguendo i principi della comparative effectiveness research,5 da più parti sollecitata, desta qualche perplessità il ragionamento sottostante la filosofia dell’estrapolazione.
Assumere una similarità della storia naturale di una malattia negli adulti e nei bambini significa dimenticare che la conoscenza della storia naturale è patrimonio di poche condizioni, anche negli adulti. Cercare di inferire la similarità della storia naturale della malattia nei soggetti pediatrici dalla conoscenza accumulata negli adulti significa supporre il controllo di tutti i determinanti della storia naturale.
Inoltre, la sostanziale equivalenza nella risposta al trattamento rappresenta il punto di arrivo di una sperimentazione clinica e non si comprende come possa diventare un assunto per definire superflua questa stessa sperimentazione. Gli studi clinici sono suddivisi in fasi (I, II, III, IV), nel corso delle quali si testano progressivamente la tossicità, l’attività/sicurezza e l’efficacia clinica del farmaco. L’assunto consiste nel ritenere l’efficacia clinica il risultato di un’azione farmacologica e di una serie di altri fattori, conosciuti e sconosciuti, che sono complessivamente il risultato di uno studio di fase III. La grande attenzione posta alla validità interna ed esterna degli studi clinici, insieme all’armamentario epidemiologico (per esempio, Intention to treat analysis) che si è costituito nel corso degli anni, testimonia la veridicità di tale argomento.
Gli algoritmi di estrapolazione ribaltano questo paradigma e assumono come unico substrato dell’efficacia clinica di un farmaco la sua attività farmacologica, semplificando il concetto di efficacia clinica e sacrificandolo a un riduzionismo poco sostenibile.
Anche la verifica della relazione esposizione-risposta simile nella popolazione adulta e in quella pediatrica rappresenta un quesito eminentemente farmacocinetico, dal quale si pretende di inferire un risultato clinico, che non è chiaro come possa essere verificato in assenza di studi specifici.
Le prove di efficacia accumulate nella popolazione adulta sono in genere basate su studi cosiddetti registrativi che testano il farmaco contro placebo, in popolazioni iperselezionate, su outcome non sempre appropriati e con periodi di follow-up piuttosto brevi in rapporto alla storia naturale della malattia. Ciò spiega l’eterogeneità dei risultati, che diventa marcata quando si confrontano studi su diversi farmaci appartenenti alla stessa classe (per esempio, alcuni antiepilettici). L’efficacia è spesso dimostrata, ma le stime risultano piuttosto diverse da studio a studio.
In queste condizioni, la verifica degli assunti di equivalenza (tra adulti e bambini) nella risposta al trattamento e della relazione esposizione/risposta diventa ardua, essendo le stesse stime di efficacia accumulate nella popolazione adulta cariche di imprecisione.
Il discorso ammette eccezioni, per esempio, il caso dei farmaci directly acting antiviral (DAA) utilizzati per il virus dell’epatite C (HCV), la cui elevatissima efficacia, mostrata in tutti i contesti, rende “ragionevole” oltre che biologicamente plausibile estrapolare alcuni dati di efficacia ottenuti sugli adulti (per esempio, trattamenti di durata di 8 settimane) per utilizzarli in popolazioni pediatriche.
I lavori di Pellock6,7 mirano a provare la sostenibilità dell’estrapolazione da studi su adulti nel caso delle crisi epilettiche focali in età >2 anni. Tralasciando le prove di similarità basate su dati pre-clinici o indagini biochimiche condotte su un esiguo numero di neonati (e ignorando l’ampia eterogeneità dell’età pediatrica), l’autore raccoglie e analizza i dati provenienti da studi clinici condotti su adulti e bambini su 5 farmaci antiepilettici. Questi studi, come riportato dallo stesso autore, forniscono risultati molto eterogenei in merito all’efficacia dei diversi farmaci. Interessante notare che il range di efficacia è eterogeneo sia nella popolazione adulta (7,0%-58,6%) sia in quella pediatrica (10,5%-31,5%), ma il margine di oscillazione è molto più ampio nella popolazione adulta. Non tutti i farmaci utilizzabili nella popolazione pediatrica sono inclusi in tale valutazione, che per motivi pratici è limitata ai soli farmaci oggetto di studi condotti nell’adulto e nel paziente pediatrico. Inoltre, tutti gli studi sono disegnati per testare l’efficacia dei farmaci antiepilettici in termini di proporzione di soggetti che raggiungono una riduzione delle crisi >50% rispetto al basale. Tale outcome è dichiarato inappropriato dal NICE, che raccomanda l’uso del tasso di seizure free. Metanalizzando le differenze di occorrenza dell’outcome tra il placebo e il comparator attivo, Pellock coglie l’assenza di differenze tra gli studi su adulti e quelli pediatrici. I forest plot presentati da Pellock per ciascuno dei farmaci studiati mostrano molto chiaramente l’ampia eterogeneità che affligge le stime e spiegano senza equivoci la diretta dipendenza di tale assenza di differenze dalla grande imprecisione che grava sulle stime.
L’eterogeneità dei risultati dei diversi studi è ai limiti della metanalizzabilità, essendo l’omogeneità delle stime, oltre che un parametro da misurare, anche un requisito per meta-analizzare e non è chiaro se siamo in un contesto di testing di superiorità, equivalenza o non inferiorità.
I problemi analizzati valgono ovviamente per gli algoritmi di estrapolazioni tra popolazioni, mentre un diverso discorso andrebbe fatto per la generalizzazione tra farmaci (per esempio, biosimilari vs. originator).
Sulla filosofia dell’estrapolazione tra popolazioni gravano, dunque, problemi di metodo e senza dubbio problemi di esercizio.
Si tratta, inoltre, di una filosofia che genera spaesamento, soprattutto considerando le ripetute sollecitazioni della medicina di precisione che tende a individualizzare le scelte terapeutiche, negando di fatto ogni possibilità di generalizzazione.
Si pensa, quindi, sia ragionevole un uso cauto dell’estrapolazione che si doti di rigore metodologico e trasparenza di finalità ed esercizio.

Bibliografia

  1. European Medicines Agency. Concept paper on extrapolation of efficacy and safety in medicine development. EMA 2013. Disponibile all’indirizzo: https://www.ema.europa.eu/en/documents/scientific-guideline/concept-paper-extrapolation-efficacy-safety-medicine-development_en.pdf
  2. Food and Drug Administration. General Clinical Pharmacology Considerations for Pediatric Studies for Drugs and Biological Products Guidance for Industry. FDA 2014. Disponibile all’indirizzo: https://www.fda.gov/media/90358/download
  3. Food and Drug Administration. Guidance for Industry - Exposure-Response Relationships – Study Design, Data Analysis, and Regulatory Applications. FDA 2003. Disponibile all’indirizzo: https://www.fda.gov/media/71277/download
  4. Dunne J, Rodriguez WJ, Murphy MD et al. Extrapolation of adult data and other data in pediatric drug-development programs. Pediatrics 2011;128(5):e1242-49.
  5. Institute of Medicine. Comparative Effectiveness Research Prioritization. Washington DC 2009.
  6. Pellock JM, Carman WJ, Thyagarajan V et al. Efficacy of antiepileptic drugs in adults predicts efficacy in children: a systematic review. Neurology 2012;79(14):1482-89.
  7. Pellock JM, Arzimanoglou A, D’Cruz O, Holmes GL, Nordli D, Shinnar S. Extrapolating evidence of antiepileptic drug efficacy in adults to children ≥2 years of age with focal seizures: The case for disease similarity. Epilepsia. 2017;58(10):1686-96.
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