Rubriche
11/04/2018

Switching farmacologico negli studi osservazionali: stato dell’arte

Negli ultimi anni si è assistito a un aumento della disponibilità di farmaci che condividono la stessa indicazione terapeutica sia in termini di differenti originatori sia in termini di generici o biosimilari. In questo contesto, ci si interroga sempre più spesso sulla loro intercambiabilità nella pratica clinica. Con il termine “intercambiabilità” si indica la pratica medica di cambiare un farmaco con un altro con lo stesso effetto clinico e lo stesso profilo di sicurezza. Ci sono due momenti distinti nei quali valutare questa opzione terapeutica: alla prima prescrizione (prescribability) o nel corso di una terapia (switchability).
Da un punto di vista sperimentale, i disegni di studio utilizzati per dimostrare l’intercambiabilità in questi due momenti sono diversi. Nel primo caso (prescribability), si vuole dimostrare che l’assunzione di un farmaco o dell’altro in due popolazioni, rese simili dalla randomizzazione, non comporta differenze in termini di efficacia e sicurezza. Nel secondo (switchability), si è interessati a dimostrare che non si modifica il profilo beneficio-rischio nello stesso soggetto che viene esposto in tempi diversi a trattamenti differenti. I problemi legati all’eterogeneità intra-individuo in periodi diversi e all’effetto carryover (possibile alterazione nella risposta causata dal farmaco precedentemente assunto) rendono il disegno della switchability più complesso. Per risolvere questi problemi, sono stati definiti disegni ad hoc, in cui il classico crossover 2x2 può essere esteso variando il numero di trattamenti, di periodi o di sequenze da considerare.
Nonostante la disponibilità di disegni sperimentali, gli alti costi legati alla conduzione degli studi, i lunghi tempi di realizzazione e la selezione dei soggetti arruolati portano a un interesse crescente verso la real world evidence.1,2 In questo contesto, grandi passi avanti si sono fatti sulla prescribability, per la cui valutazione c’è ormai un consenso sul disegno di studio più adatto per poter confrontare pazienti che vengono trattati con due farmaci che presentano la stessa indicazione terapeutica (new-user design)3 e su quali tecniche di aggiustamento prediligere.4
Poco si sa, invece, su quali possano essere le strategie da usare per ridurre il confondimento e le distorsioni negli studi osservazionali che valutano la switchability. In particolare, quando si pianifica uno studio sulla switchability, gli aspetti specifici che andrebbero considerati per garantire la confrontabilità dei gruppi selezionati riguardano:

  • la scelta del comparatore: non-switcher o altra categoria di switcher;
  • il confondimento associato all’uso pregresso del farmaco;
  • il confondimento associato alle ragioni che hanno condotto allo switching: mancanza di efficacia, problemi di sicurezza, progressione della malattia o ragioni economico-amministrative;
  • le distorsioni legate a switching multipli.

Un’analisi della letteratura su questo argomento nasce proprio per descrivere come è stato finora affrontato metodologicamente il tema della switchability in ambito osservazionale. Per poter descrivere lo stato dell’arte,5 dalle principali banche dati bibliografiche sono stati estratti tutti gli studi osservazionali pubblicati fra il 2000 e il 2016 che valutavano l’effetto dello switching farmacologico su esiti di efficacia, sicurezza e aderenza.
Tale estrazione ha portato alla revisione di 32 studi osservazionali; indagandone le caratteristiche, è emerso che la letteratura su questo argomento è piuttosto recente (65,6% pubblicati negli ultimi 5 anni), tratta per la maggior parte esiti di efficacia (71,9%) e interessa setting clinici specifici, tra cui l’epilessia, l’area cardiovascolare e la reumatologia. In particolare, l’area dell’epilessia e quella cardiovascolare sono le due sulle quali si concentrano i casi di farmaci a basso indice terapeutico da utilizzare in popolazioni fragili, mentre la reumatologia è un settore dove vi è ampia disponibilità di farmaci biosimilari.
Il disegno di studio più usato è quello di coorte (65,5%), seguito dal caso-controllo (22,0%) e dal disegno self-controlled (12,5%). I pazienti che presentano uno switch vengono confrontati nell’87,5% degli studi con pazienti che rimangono in trattamento e solo nel 12,5% dei casi si utilizza come gruppo di confronto i pazienti con switching verso un’alternativa terapeutica. La scelta di un comparatore rispetto a un altro non viene quasi mai motivata e, quando viene considerato il gruppo dei non-switcher, diverse tecniche possono essere applicate per identificare una data indice per i gruppi a confronto.
Negli studi di coorte, la tecnica di aggiustamento più usata è l’uso di modelli multivariati, seguito dall’uso del propensity. L’87,5% degli studi considera il pregresso uso del farmaco un fattore chiave per la confrontabilità dei gruppi e nel 53,1% di questi, per evitare possibili distorsioni, vengono selezionati esclusivamente i pazienti aderenti; nella restante percentuale, vengono usati fattori di aggiustamento nel modello relativi al numero di prescrizioni, al tempo o all’adesione/persistenza del trattamento pregresso.
Il possibile ruolo confondente delle ragioni che hanno condotto allo switching viene preso in considerazione nel 75% degli studi. In questi casi, quando non si ha a disposizione direttamente l’informazione sul motivo dello switching, vengono utilizzate variabili indirette, ricavate dai dati amministrativi, per individuare proxy di inefficacia della terapia, di problematiche di sicurezza e di progressione della malattia. Infine, il problema di possibili distorsioni legate a switching multipli viene preso in considerazione nel 50% dei casi e viene risolto considerando solo il primo switching.
La revisione della letteratura ha mostrato un’enorme eterogeneità in termini di disegno e metodologie adottate negli studi osservazionali sullo switching farmacologico, mettendo in luce le possibili opzioni sul disegno di studio da usare e su come affrontare i problemi specifici di confrontabilità relativi alla switchability.
In questo scenario, occorre definire e valutare le migliori strategie metodologiche da adottare per la pianificazione dello studio, partendo dalla scelta del comparatore e proseguendo nell’identificazione di tutti i fattori che rendono confrontabili i gruppi selezionati. Oltre alle caratteristiche sociodemografiche e cliniche, particolare attenzione va riservata a rendere i gruppi confrontabili in termini di uso pregresso del farmaco, in modo da controllare possibili effetti carryover. Inoltre, le ragioni che conducono allo switching potrebbero risultare associate all’esito che si sta analizzando ed è, quindi, richiesta un’analisi dettagliata di cosa è successo nel periodo pre-switching. Una soluzione potrebbe risiedere nel tenere conto di variabili indirette deducibili dai sistemi informativi e atte a identificare le ragioni cliniche associate allo switching. La validità e la completezza di queste variabili rimangono temi aperti che devono essere maggiormente approfonditi, immaginando anche l’utilizzo di fonti di dati innovative, come nel caso dello studio di Risson et al.6 nel quale le ragioni dello switching nella sclerosi multipla vengono indagate attraverso l’uso dei social media. Infine, aggiungere argomenti specifici sullo switching nelle scale usate per la valutazione degli studi osservazionali potrebbe essere utile per migliorare il reporting, avere ulteriori elementi per indagare la qualità degli studi e incrementare le conoscenze su questo argomento.

Bibliografia

  1. Velentgas P, Dreyer NA, Nourjah P, Smith SR, Torchia MM. Developing a Protocol for Observational Comparative Effectiveness Research: A User’s Guide. AHRQ Publication No. 12(13)-EHC099. Rockville (MD), Agency for Healthcare Research and Quality, 2013.
  2. Hernán MA, Robins JM. Using big data to emulate a target trial when a randomized trial is not available. Am J Epidemiol 2016;183(8):758-64.
  3. Ray WA. Evaluating medication effects outside of clinical trials: new-user designs. Am J Epidemiol 2003;158(9):915-20.
  4. Desai RJ, Rothman KJ, Bateman BT, Hernandez-Diaz S, Huybrechts KF. A propensity-score-based fine stratification approach for confounding adjustment when exposure is infrequent. Epidemiology 2017;28(2):249-57.
  5. Belleudi V, Trotta F, Vecchi S, Amato L, Addis A, Davoli M. Drug switchability: a systematic review of observational studies. La statistica a supporto della salute: dalla prevenzione alla continuità delle cure. Atti dell’IX Congresso Nazionale SISMEC. 2017.
  6. Risson V, Saini D, Bonzani I, Huisman A, Olson M. Patterns of treatment switching in multiple sclerosis therapies in US patients active on social media: application of social media content analysis to health outcomes research. J Med Internet Res 2016;18(3):e62.
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