Senza respiro
Vittorio Agnoletto
Senza Respiro
Un’inchiesta indipendente sulla pandemia Coronavirus, in Lombardia, Italia, Europa
Milano, Altreconomia, 2020
237 pagine, 12,00 euro
Fino all’ultimo respiro, film-manifesto della Nouvelle Vague diretto da Jean-Luc Godard nel 1960, racconta quasi senza sceneggiatura l’istintività di un giovane ladro (interpretato da Jean-Paul Belmondo) che, con leggerezza ed efferatezza, avanza verso una fine tragica. La trama fu elaborata in fretta per convincere i produttori, lasciando spazio all’improvvisazione e alla quotidianità parigina. Il libro-inchiesta di Vittorio Agnoletto analizza la pandemia di Coronavirus su tre dimensioni: la Lombardia, l’Italia e l’Europa. Oltre alla somiglianza del titolo, condivide con la regia di Godard la comunicazione di una realtà priva di progettualità, basata sull’improvvisazione e destinata alla tragedia.
I suoi primi corposi capitoli («L’epicentro: la Lombardia e l’Italia nella fase 1»; «La convivenza: il virus e la fase 2 in Italia») raccontano gli sviluppi del contagio in Italia fino al 31 agosto 2020, alternando testimonianze e cronache da ospedali e luoghi di lavoro dopo che un’anestesista di Codogno riconobbe il primo paziente COVID-19 il 20 febbraio 2020.
Per Lombardia e Italia, il testo coglie a piene mani dalle migliaia di messaggi inviati all’Osservatorio Coronavirus (realizzato con Medicina Democratica), alle associazioni Avvocati per niente e inCerchio, allo Sportello di ascolto e intervento per l’emergenza COVID-19 attivato all’Università Bicocca di Milano e dalle telefonate giunte a 37e2, rubrica medica condotta da Vittorio Agnoletto su Radio Popolare e diventata in piena pandemia una guida locale.
Il libro confronta poi le situazioni di altre regioni italiane e Paesi europei («Il virus si aggira per l’Italia e l’Europa»), riscontrando ovunque lo sgomento di cittadini e medici per le disposizioni contraddittorie e l’assenza di coordinamento dei sistemi assistenziali assieme alla rabbia per le pressioni esercitate contro ogni voce dissonante dalla narrazione di efficienza eroica delle strutture sanitarie.
Agnoletto non si ferma alla denuncia ma – come Godard – insinua il dubbio che tutto, anche una pandemia, possa trasformarsi in quotidianità leggera ed efferata, mentre intorno si ricompone una normalità spacciata per cambiamento. «C’est vraiment dégueulasse» («È davvero disgustoso») dice all’amata (Jean Seberg) Belmondo, ferito a morte nel finale del film mentre i gendarmi travisano le sue parole. «Qu’est-ce que c’est, dégueulasse?» («Cosa significa “disgustoso”?») ripete lei fissando la telecamera. Dobbiamo chiederci – chiosando Godard – come sia stata possibile una tale deriva in poco più di quarant’anni di un sistema sanitario nato universalistico, gratuito e unitario. Nella seconda parte del libro («Una bomba nucleare prevedibile»; «Come distruggere un servizio sanitario pubblico»), Agnoletto risponde riflettendo sui motivi storici, economici e politici del degrado che ha permesso al virus di diffondersi quasi incontrastato e su come potrebbe essere una sanità equa e sostenibile («Un’altra sanità è possibile») per non ripetere una simile tragedia.
Dà speranza che, accanto alla crisi gestionale e organizzativa svelata dal virus, il libro sottolinei anche l’importanza delle esperienze di mutuo aiuto messe in atto dal personale medico e dai cittadini, non disconoscendo ma rivendicando la centralità dell’infrastruttura pubblica. Le buone pratiche hanno sopperito all’inconsistenza delle direttive internazionali, nazionali e ragionali con protocolli aperti di comunicazione e prevenzione in campo medico e con forme solidali di soccorso nella cittadinanza.
Nell’ultimo capitolo («Qualche riflessione per il futuro»), Agnoletto osserva che l’emergenza in corso è insieme sanitaria, sociale e culturale e invita a mettere in ordine le priorità. Per sostenere la capacità autoorganizzativa delle comunità, occorre ragionare sul ruolo del servizio pubblico non solo in sanità e sul suo rafforzamento e reindirizzamento. Se si cerca una convergenza tra le diverse lotte che in questi mesi si sono sviluppate per il cambiamento, dobbiamo chiederci quali siano le urgenze, riproponendo l’idea di salute come bene individuale e sociale, rifiutando alternative di scelta fra salute e lavoro o natura ed economia. La prevenzione delle pandemie prossime venture dovrà basarsi su un cambiamento del modello di produzione e consumo globale, come scrive l’ex presidente del Brasile Lula da Silva nella prefazione al libro, mettendoci in guardia da un ritorno alla normalità che corrisponderebbe solo «alla piena restaurazione delle iniquità di un passato e di un presente caduco, che la pandemia ha squadernato e ingigantito».