Rubriche
11/12/2017

Scienza e democrazia in crisi: viaggio verso il nuovo che ancora non c'è

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PNS, la scienza post-normale

Circa un quarto di secolo fa Silvio Funtowicz (uno dei responsabili di questa rubrica) e Jerome Ravetz coniarono l’espressione scienza post-normale (Post-Normal Science, PNS) per descrivere il rapporto fra ricerca scientifica e decisioni di policy direttamente rilevanti per la vita quotidiana delle persone che concernono, per esempio, la salute, l’alimentazione e l’ambiente.1 Tali questioni sono intrinsecamente complesse e irriducibili a una singola prospettiva disciplinare che produca risposte certe a domande la cui stessa formulazione non può essere univoca. Non si tratta, infatti, di calcolare l’esatta traiettoria per mandare in orbita un satellite, ma, per esempio, di valutare anticipatamente le conseguenze di cambiamenti nelle pratiche produttive o sanitarie. Basta menzionare gli esiti inattesi e spesso controversi dell’uso massiccio del DDT o del glifosato in agricoltura o quelli dell’alimentazione dei bovini con mangimi di origine animale anziché vegetale.
Per affrontare problemi di questo tipo, un approccio riduzionista si rivela scientificamente e politicamente inadeguato. Si devono interpellare esperti con formazioni diverse ai quali non viene richiesto di produrre risultati per l’avanzamento della propria disciplina, ma di fornire input per processi di governance, in cui la definizione dei problemi e le priorità comportano necessariamente delle scelte di valore. La sfida consiste nel far sì che differenti stili di ragionamento, metodi di lavoro, culture e linguaggi disciplinari dialoghino e si combinino in sintesi utili per il processo decisionale, anziché annullarsi in una cacofonia di messaggi contrastanti e confusi.
Allo stesso tempo, gli interlocutori privilegiati dei ricercatori non sono più esclusivamente i decisori politici, poiché un crescente numero di persone ha accesso a numerosi e molteplici fonti, canali e mezzi di informazione, e chiede ragione non solo delle decisioni, ma anche dell’intero processo che le ha generate e dei risvolti che le stesse possono avere sulla propria vita, quella dei propri congiunti o di particolari gruppi sociali di loro interesse. L’insoddisfazione per spiegazioni in termini quantitativi (statistici e di probabilità) non deriva necessariamente dall’incapacità di comprenderle, ma dal fatto che queste non rispondono alle domande che sono state formulate in base a propri bisogni, interessi e priorità.
Assodato che la scienza non può produrre input univoci e risolutivi e che le questioni da affrontare riguardano la società nel suo complesso, la comunità di quanti hanno titolo per fornire input ai processi di governance (già ridefinitasi da mono a pluridisciplinare) si estende ulteriormente, aprendosi ad attori che sono portatori sia di interessi sia di conoscenze. Benché non formulate in termini di prove scientifiche, queste ultime non sono necessariamente scorrette, irrilevanti o inutili e, anzi, costituiscono dei “fatti estesi” che possono rilevarsi preziosi nel capire e intervenire sulle dinamiche di sistemi che combinano elementi naturali, sociali, culturali, economici e tecnologici.
Questo complesso scenario decisionale è descritto dalla PNS in termini di ”fatti incerti, valori controversi, poste in gioco elevate e decisioni urgenti”.

Fatti estesi e fatti alternativi

Recenti eventi politici internazionali, quali il referendum per la Brexit e l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, hanno generato un nuovo vocabolario con espressioni quali: era post-verità, politica post-fattuale, notizie fraudolente e fatti alternativi, che hanno suscitato un’ampia e spesso scandalizzata e nostalgica discussione nei media e nell’accademia generando, si potrebbe dire, una nuova industria intellettuale.
Indipendentemente da ogni valutazione politica, l’emergere stesso di queste espressioni, la loro eco mediatica e accademica e la generale sorpresa e indignazione per la situazione che descrivono rivelano un’assunzione storicamente non sostenibile, ma evidentemente mai messa in discussione se non in circoli assai ristretti. C’è forse stata mai un’epoca in cui la politica e le sue decisioni si siano basate su fatti oggettivi incontestabili derivati esclusivamente dalla ricerca scientifica (evidence based policies)? E deve essere la ricerca della verità – che continua a dimostrarsi sfuggente – l’ideale contemporaneo per una buona governance?
Qualcuno potrebbe argomentare che i “fatti alternativi“, entrati di prepotenza nel linguaggio della narrazione politica con la nota intervista di Kellyanne Conway,2 sono l’equivalente dei “fatti estesi” come definiti dalla PNS. Si possono riscontrare in effetti delle corrispondenze, ma le differenze sono sostanziali.
Senza entrare nel dettaglio, la somiglianza più manifesta consiste nel contrastare l’argomentazione che un unico tipo di conoscenza e un’unica categoria di attori possano detenere il monopolio nel fornire input ai processi decisionali. La distinzione, che è fondamentale, risiede in un’idea chiave della PNS, ossia la relazione fra “fatti estesi” e valutazione della qualità da parte di una “comunità estesa di pari”. La qualità è qui concepita in termini di efficacia rispetto a degli obiettivi che sono il frutto di negoziazioni ed espliciti compromessi, capaci di integrare diverse prospettive e interessi per il raggiungimento di un bene comune.
Questa attenzione è totalmente assente nella narrazione dei “fatti alternativi”, dove il criterio di qualità è delegato ad un gruppo di riferimento che esercita funzioni di filtro e censura a cui si garantisce la propria spesso acritica fiducia, nel momento in cui si affievolisce quella negli esperti e nelle istituzioni democratiche.3
Questa deriva che si osserva oggi anche nelle società che si definiscono democratiche, trova il suo corrispettivo nell’ormai manifesta crisi di qualità nella scienza che si esprime con l’irriproducibilità di esperimenti e risultati, l’incompetenza o oscurità nell’uso di tecniche e metodi (per esempio, il p value nella statistica), le retraction di articoli pubblicati anche da riviste scientifiche di alto impatto, gli scandali e frodi spesso collegate alle fonti di finanziamento della ricerca eccetera. In questo contesto, il tradizionale meccanismo della peer review, destinato a garantire la qualità della ricerca, rivela tutti i suoi limiti. Termini ed espressioni che appartenevano alla confrontazione politica, quali “negazionista”, entrano pesantemente nel dibattito scientifico con attacchi personali, superficiali giudizi e affrettate schedature.
In questo bazar di informazioni, affermazioni e raccomandazioni su questioni di comune interesse, diventa difficile per chiunque individuare quelle affidabili.

Il nostro viaggio

La narrazione sopra sommariamente delineata vuole evidenziare l’esistenza di una duplice crisi che tocca e accomuna sia la scienza sia la democrazia, i pilastri portanti dello Stato moderno fin dalle sue origini. Paradossalmente, questa duplice crisi può essere concepita anche come una manifestazione del successo di ciascuna. Il progresso della scienza e lo sviluppo tecnologico hanno evidenziato i limiti del riduzionismo. L’evoluzione della democrazia ha reso impossibile per alcune élite detenere il monopolio di diritti e opportunità – incluso l’accesso alla conoscenza – e li ha gradualmente estesi a gruppi sociali diversi e anche a soggetti non umani.
Le espressioni istituzionali dello Stato moderno non sono più in grado di governare questi cambiamenti epocali e richiedono una rivisitazione globale, concettuale e pratica, che non è né facilmente né rapidamente realizzabile. «[...] il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati» (Gramsci, 1929-1935).4
In questa rubrica intendiamo illustrare con alcuni esempi la resistenza del vecchio a cedere il passo a un nuovo che stenta a definirsi, e la confusione che impera in questo interregno.

Bibliografia

  1. Funtowicz, SO and Ravetz JR (1993) Science for the post-normal age. Futures 25(7): 739-755.
  2. Conway: Press Secretary Gave ‘Alternative Facts’. 22.01.2017. Video disponibile all’indirizzo: https://www.nbcnews.com/meet-the-press/video/conway-press-secretary-gave-alternative-facts-860142147643
  3. Kahan DM. On the Sources of Ordinary Science Knowledge and Extraordinary Science Ignorance. Oxford Handbook of the Science of Science Communication (Forthcoming); Yale Law & Economics Research Paper No. 548. 2016. Disponibile all’indirizzo: https://ssrn.com/abstract=2794799
  4. Gramsci A. Quaderni del carcere (1929-1935). Q3. Torino, Giulio Einaudi, 1975; p. 311.

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