Ricordo di Michael Hills
La domenica dopo la morte di Michael Hills, su Il Sole 24 Ore, nella rubrica Breviario, Gianfranco Ravasi commentava un passo manzoniano:1 «Tutto lo studio di donna Prassede era di secondare i voleri del cielo: ma faceva spesso uno sbaglio grosso, che era di prendere per cielo il suo cervello».2,3 Il pensiero è andato a Michael, che amava I Promessi Sposi e l’ironia manzoniana contro i luoghi comuni, le figure ipocrite, le banalità paludate. Michael lo ricordiamo così: uomo di opinioni forti sulle cose e sulle persone, ma di grande dolcezza e tolleranza, con un’ironia sia mediterranea sia britannica, rivolta più a se stesso che non agli altri, un cittadino europeo quale si considerava.
La sua carriera – che descriveva, citando la battuta di una persona a lui cara, come «l’aver disceso rapidamente la scala del successo» – rifletteva la sua ricerca di contaminazione di culture, idee, discipline diverse. Partita con un fallimento all’esame di scuola primaria a 11 anni, era poi proseguita fino a studiare matematica a Oxford, con lo sviluppo di idee fortemente innovative nei settori della statistica e dei metodi computazionali. Credeva molto nell’interdisciplinarietà e soffriva della parziale incomunicabilità tra statistici ed epidemiologi. Nel giugno del 1989, quando aveva partecipato per la prima volta allo European Educational Programme di Firenze, si era seduto ogni singolo giorno della prima settimana di corso ad ascoltare le lezioni degli epidemiologi per tarare e coordinare le sue presentazioni della seconda settimana. Dice molto di Michael la risposta che aveva dato alla domanda di un collega epidemiologo su cosa pensasse di una sua lezione. Dopo un lungo silenzio aveva risposto: «Ho particolarmente apprezzato le tue pause». Altra birra arrivata in quel momento al tavolo del Bar di San Domenico aveva fatto virare la conversazione. Non sapremo quindi mai il vero significato di quella risposta.
La sua ricerca interdisciplinare lo aveva portato a interessarsi degli aspetti matematici della tassonomia numerica e a dirigere il settore di biometria del dipartimento del Museo di Storia Naturale. Per lui, a cui l’arte, la musica, la letteratura erano non meno cari del lavoro, la folgorante bellezza e il romanticismo dell’edificio in South Kensington ebbero probabilmente una parte nel suo lasciare la London School of Hygiene and Tropical Medicine, a cui sarebbe ritornato anni dopo.
Michael parlava poco dei suoi lavori passati, ma citava spesso due esperienze di maestro di scuola primaria e di insegnante di statistica per corrispondenza alla Open University. Diceva che in quelle due realtà aveva imparato a insegnare, e raccontava esilaranti aneddoti di come al telefono cercasse di spiegare gli assi cartesiani a studenti così diligenti da non accorgersi di essere fuori dal foglio di carta e di disegnare ormai sul legno del tavolo. Sapeva di essere un bravo insegnante e ne era orgoglioso. Le sue lezioni e i suoi testi lo dimostravano.4-6 Se l’empatia con gli studenti e con gli altri docenti è parte dell’essere un bravo docente quanto i contenuti insegnati, allora Michael era davvero grande e sappiamo quanto i suoi studenti e colleghi di Londra, Firenze, Pavia, Perth, Rotterdam e Stoccolma lo abbiano amato. Scherzosamente, quando insegnava e cercava di far capire l’importanza della verosimiglianza, diceva che quando in tarda età fosse scivolato nell’Alzheimer l’ultima parola ripetuta ossessivamente e senza più comprenderne il significato sarebbe stata likelihood. Ma è bello ricordare che una tarda sera a Firenze, alla seconda bottiglia, ammise che la parola avrebbe anche potuto essere Poliziano, il suo Nobile di Montepulciano preferito.7 Michael amava i dibattiti intellettuali di ogni tipo. Per esempio, il colore del Sorì Tildin, diverso da ogni altro barbaresco, l’etimologia del Darmagi di Gaja, le vendemmie tardive di Giacomo Bologna,8 le connessioni tra la sezione aurea e il magnifico Brunello di Francesco Illy.9,10
Negli ultimi tempi, Michael non stava bene, sentiva molto la mancanza di Fiona, parlava della morte dicendo di non temerla, ma che, citando Woody Allen, avrebbe preferito essere da un’altra parte quando fosse arrivata. La sua umanità, le discussioni sui libri, la sua folgorante intelligenza ci mancheranno.
Michael amava tante cose dell’Italia. Tra queste, la trattoria Le Cave di Maiano e l’osteria di Elisabetta a Fiesole; ma anche il corso di Firenze e i suoi studenti con cui aveva condiviso bellissimi giorni mentre insegnava e scriveva il Clayton & Hills, che sarebbe stato loro dedicato.
Sit tibi terra levis,11 carissimo Michael. Se in questo momento stai condividendo con la tua amata Fiona un bicchiere di Poliziano, fate un brindisi ai tuoi studenti, inclusi noi, che ti hanno stimato e amato.
Bibliografia
- Ravasi G. Il cielo e il cervello. In: Breviario, IlSole24Ore, 10.01.2021, pagina I.
- Manzoni A. I Promessi Sposi. Torino, Einaudi, 1960; p. 408.
- Manzoni A. The Betrothed. London, Penguin Classics, 1972; p. 468.
- Hills M. Statistics for comparative studies. London, Chapman and Hall, 1974.
- Clayton DG, Hills M. Statistical models in epidemiology. Oxford, Oxford University Press, 1993.
- Hills M, De Stavola B. Short introduction to stata for biostatistics. London, Timberlake Consultants Press, 2014.
- http://www.carlettipoliziano.com
- https://www.braida.it/ai-suma/
- https://www.consorziobrunellodimontalcino.it/news/?p=9743&lang=it
- https://www.podereleripi.com
- Marco Valerio Marziale. Epigrammi. Liber V Carmen XXXIV. Liber IX Carmen XXIX