Rubriche
11/12/2018

Quando un decreto non basta: l’impasse dei nuovi LEA

Atteso da molti anni, annunciato con grande enfasi, il decreto di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA) è entrato in vigore il 19.03.2017,1 ma è in buona parte ancora fermo al punto di partenza. E, purtroppo, sembra che nessuno ne abbia a cuore la sorte, nel più assoluto rispetto della logica, propria di questi tempi, secondo la quale valgono più gli annunci che le azioni concrete.
Si tratta di un provvedimento imponente (475 pagine nella versione approvata il 07.09.2016 dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome), che conferma il ruolo di avanguardia svolto dalla sanità pubblica all’interno della pubblica amministrazione: dal 2001 a oggi – ovvero da quando l’articolo 117 della Costituzione ha assegnato allo Stato il compito di determinare i «livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» – nessun altro settore è riuscito a definirli in modo compiuto.
Il provvedimento abbraccia, coerentemente con la normativa di riferimento, una visione di tutela pubblica della salute, assegnando ai LEA il compito di declinare i principi fondamentali dell’universalismo nell’accesso alle cure e della globalità nella protezione sanitaria. In linea di principio, sono intesi come insieme delle garanzie che il Servizio sanitario nazionale (SSN) deve assicurare a tutti i membri della comunità, in modo uniforme e su tutto il territorio nazionale, nel rispetto dei «principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza […] nonché dell’economicità nell’impiego delle risorse».2 LEA intesi, quindi, come esplicitazione di un capitolo dei diritti di cittadinanza.3 Non si tratta, allora, come talvolta erroneamente considerato, di un mero elenco di prestazioni e servizi: il provvedimento affronta questioni che attengono non solo al tema del cosa erogare (il paniere dei servizi offerti), ma anche del come, quando e con quali metodi e strumenti garantire le cure. Il decreto contiene, infatti, numerosi riferimenti alle condizioni di erogabilità, alle indicazioni di appropriatezza, all’autonoma e responsabile valutazione del medico circa l’utilità delle prestazioni nel singolo caso clinico (in particolare, per la specialistica ambulatoriale), alle condizioni sociali e logistiche del paziente e dei suoi accompagnatori (per il day surgery), alla parità di trattamento per tutti i minori (compresi gli stranieri non in regola), al complesso integrato delle prestazioni (per le cure palliative), alla presa in carico e al programma terapeutico individualizzato (per i minori con disturbi neuropsichiatrici e del neurosviluppo) e così via. Tra le aree di attività della prevenzione e sanità pubblica compare anche, per la prima volta, la sorveglianza e prevenzione delle malattie croniche, con il conseguente riconoscimento implicito di molte attività proprie dell’epidemiologia, che in Italia negli ultimi anni ha rafforzato il proprio interesse verso queste tematiche.4 Inoltre, è costante il richiamo alle più avanzate evidenze scientifiche, non solo medico-specialistiche, ma anche infermieristiche, riabilitative, psicologiche (per esempio, per l’assistenza nella fase terminale della vita), il che costituisce una risposta rigorosa al rischio di semplificazione della complessità proprio dei nostri giorni.
Il recente provvedimento conferma l’impianto del 2001,5 ma a differenza del precedente (una sorta di ricognizione della normativa allora vigente) si presenta come un documento organico e completo: gli operatori potranno riferirsi a esso come a un “testo unico”, o quasi. Inoltre, la previsione di un suo regolare aggiornamento – con frequenza annuale – rappresenta un segno della volontà di procedere nel percorso intrapreso riconoscendo la necessità di revisioni che evitino il mantenimento di forme superate di tutela.
Il documento non è esente da limiti. L’approccio culturale è ancora molto “sanitario”, i principi della Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con disabilità sono solo richiamati, il capitolo dedicato alle tematiche sociosanitarie è in gran parte ancorato al passato, le scelte di inclusione ed esclusione delle prestazioni non sempre paiono rispondere a criteri omogenei e, in alcuni casi, sembrano poco supportate da evidenze scientifiche di efficacia, l’attuazione è piuttosto impegnativa – soprattutto nella fase di transizione – e il sistema informativo sanitario incapace di garantire il loro pieno monitoraggio. Si aggiunga l’insufficienza delle risorse economiche: il costo dei nuovi LEA si sta rivelando un grande ostacolo.
L’impatto economico finanziario della revisione è stato quantificato in 800 milioni di euro l’anno. La stima, risultante dalla differenza fra i maggiori costi generati dalle prestazioni aggiuntive e le maggiori entrate connesse ai ticket e alle economie conseguibili, è stata oggetto di un lungo e tormentato confronto fra il Ministero della salute e il Ministero dell’economia e delle finanze. Il risultato è il frutto di numerosi aggiustamenti (anche arditi, ma giustificati dalla necessità di evitare il blocco della revisione, come già era avvenuto nel 2008),6 fortemente voluti dal Ministero della salute, ma mal digeriti dal Ministero dell’economia che, dopo aver vidimato il provvedimento, continua a opporsi all’approvazione dei decreti attuativi. Il tutto nel più assoluto disinteresse delle Regioni (che si risparmiano la fatica di dare attuazione a un provvedimento oneroso sotto tutti i profili), del Ministero della salute (che ha già incassato il risultato dell’approvazione del testo base), della maggior parte della stampa specialistica (che si guarda bene dal sollevare questioni che potrebbero dispiacere a qualcuno), delle organizzazioni dei professionisti e degli operatori (perlopiù ignari dello stato dell’arte).
Il blocco è legato al fatto che, affinché le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza protesica su misura possano essere effettivamente erogate, è necessario che siano definitivamente approvati i decreti di fissazione delle tariffe massime da corrispondere agli erogatori pubblici e privati.7 Questi decreti, predisposti dal Ministero della salute, sono fermi al Ministero dell’economia e delle finanze, al cui concerto è subordinata la loro emanazione. A quanto risulta, il Ministero dell’economia ritiene che le proposte del Ministero della salute non siano compatibili con le risorse disponibili. A nulla è valsa la richiesta del Parlamento di affrontare il tema in sede di approvazione dell’ultima legge di bilancio né tantomeno la fissazione di un termine ultimo per l’emanazione di tali decreti:8 le tariffe sono ancora ferme al Ministero dell’economia. E, in attesa della loro approvazione, vengono ancora erogate le prestazioni elencate nei precedenti provvedimenti, fatte salve le prerogative delle Regioni che potrebbero anticipare l’entrata in vigore di parte dei provvedimenti.
Ma è proprio con riferimento al trattamento da riservare alla spesa delle Regioni che avevano già anticipato l’erogazione di nuove prestazioni o avevano già modificato le tariffe (in particolare Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana) che, a quanto risulta, si giocano parte delle controversie attuali. E così, importanti novità (come alcune protesi su misura sostitutive di arti o alcuni opportuni abbattimenti tariffari) restano al palo, con il rischio di scoraggiare l’innovazione e di mantenere in vita rendite di posizione.
Non ci resta che sperare che il neoministro della Salute, Giulia Grillo, prenda subito a cuore la questione e trovi un modo per superare l’impasse.

Bibliografia e note

  1. Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza” del 12.01.2017. Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 65 del 18.03.2017 – Supplemento ordinario n. 15. Disponibile all’indirizzo: http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/03/18/17A02015/sg
  2. Decreto legislativo n. 229 “Norme per la realizzazione del Servizio sanitario nazionale” del 19.06.1999, articolo 1, comma 2. Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 165 del 16.07.1999 – Supplemento ordinario n. 132. Disponibile all’indirizzo: http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1999/07/16/099G0301/sg
  3. Taroni F. Livelli essenziali di assistenza: sogno, miraggio o nemesi? In: Fiorentini G (ed). I servizi sanitari in Italia. Bologna, il Mulino, 2004.
  4. Micheli A. Dati di prevalenza e guarigione alla base di un’azione più efficace contro il cancro. Epidemiol Prev 2014;38(6):349-51.
  5. Arcà S. I livelli essenziali di assistenza. Tendenze Nuove 2003;4-5:355-72.
  6. Un precedente tentativo di aggiornamento dei LEA era stato effettuato nell’aprile 2008 dal governo Prodi con un decreto che conteneva importanti innovazioni in diversi settori e che era stato bloccato dalla Corte dei conti per mancanza di copertura finanziaria. Il decreto era stato poi ritirato dal governo Berlusconi. Gran parte delle novità introdotte in quel decreto sono riprese nell’attuale versione dei nuovi LEA.
  7. Articolo 64, commi 2 e 3, del DPCM del 12.01.2017.
  8. L’articolo 1, comma 420, della legge n. 205 “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020” del 27.12.2017 fissa al 28.02.2018 il termine ultimo per l’approvazione delle nuove tariffe.
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