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24/06/2022

Non tutti i virus vengono per nuocere

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Nel 2022, dopo anni di pandemia, la parola virus si associa ancor più di prima all’idea di qualcosa da “combattere”; un virus è un “nemico invisibile”. In realtà, il mondo dei virus è molto più complesso di così e nasconde un mondo di interazioni che soltanto di recente stanno cominciando a svelarsi.
La complessità dei virus inizia già nel volerli definire: esseri viventi o esseri non viventi? Come gli esseri viventi, i virus conservano e trasmettono le loro informazioni genetiche grazie agli acidi nucleici (DNA o RNA), ma a differenza degli esseri viventi mancano di autonomia; non sono, infatti, in grado di riprodursi da soli e non hanno un loro metabolismo. Non li possiamo pensare come oggetti, ma biologicamente hanno una struttura troppo semplice per pensarli come soggetti. La loro semplicità, però, non è di certo indice di una storia evolutiva banale, anzi, tutto il contrario.1 La loro lunga e intricata storia evolutiva è il motivo per cui i virus si sono diffusi in ogni tipo di ecosistema e per cui esistono virus per ogni tipo di organismo vivente. In sintesi, ovunque ci sia una forma di vita, c’è un virus capace di infettarla. 
Data la loro considerevole variabilità, non è facile far ordine. Possiamo classificare i virus in base al loro tipo di genoma, alla forma del loro capside, al tipo di ospite che infettano e tante altre caratteristiche. Dal 1971, questo ingente compito di classificazione è svolto dall’International Committee on Taxonomy of Viruses che, al momento, conta sul proprio sito circa 9.110 specie virali. Questo numero, per quanto possa già apparire incredibilmente alto, sembra destinato a crescere.2 Negli ultimi anni, grazie a tecnologie sempre più avanzate di biologia molecolare, è stato possibile ampliare e approfondire la conoscenza di questo nanometrico mondo, altrimenti invisibile, e la tecnologia su cui si sta puntando di più è il sequenziamento.

Sequenziare un virus

Il sequenziamento permette di leggere le informazioni contenute in un campione di DNA, e la metagenomica – un particolare tipo di analisi di sequenziamento – permette di analizzare contemporaneamente le diverse comunità virali presenti in un campione. Nel 2002, Mya Breitbart insieme ai suoi colleghi per la prima volta decise di analizzare le comunità virali tramite sequenziamento. Questi ricercatori analizzarono campioni di acqua marina e non solo si accorsero di un’altissima variabilità virale nei campioni, ma notarono anche che più del 65% delle sequenze trovate era sconosciute, mettendo in luce quanto ancora il mondo dei virus fosse a noi ignoto.3 Da quel momento, numerosissimi studi iniziarono ad analizzare le comunità virali presenti nei più svariati tipi di campioni ambientali e non solo. Nel 2003, fu pubblicato il primo lavoro di metagenomica su campioni di origine umana.4

I virus e l'uomo

Proprio grazie al sequenziamento abbiamo scoperto che ogni distretto del nostro corpo è colonizzato da virus e ognuno di questi presenta le sue specifiche comunità virali. Questa scoperta ha rivoluzionato il modo in cui la comunità scientifica guarda all’interazione tra uomo e virus. Il fatto che tutti i soggetti sani abbiano il corpo interamente colonizzato da virus implica che non tutti i virus vengono per nuocere. Al contrario. Vari studi hanno mostrato come queste comunità virali presenti nel nostro corpo siano fondamentali per la nostra salute; per esempio, alcuni virus sembrano aiutarci a contrastare l’attacco da parte di batteri e virus patogeni e l’insorgenza di malattie croniche.5Viroma umano è il nome con cui ci si riferisce a queste popolazioni virali presenti nel nostro corpo. Questo viroma è composto da due gruppi di virus.
Il primo gruppo è composto dai virus che infettano le cellule eucariotiche, che non solo ci aiutano a contrastare infezioni da parte di patogeni, ma contribuiscono anche a un buon funzionamento del nostro sistema immunitario. Alcuni studi hanno osservato, per esempio, che la presenza di questi virus ha un ruolo importante nell’omeostasi dei linfociti che si trovano nella mucosa intestinale.6-8
L’altro gruppo è costituito da virus che infettano le cellule procariotiche, cioè i batteri. I virus capaci di infettare i batteri prendono il nome di batteriofagi o fagi (nome composto di derivazione greca traducibile come “mangiatori di batteri”) e sembrano rappresentare la componente dominante del viroma umano.8 
Se è vero che il rapporto tra uomo e virus non è necessariamente nocivo per l’ospite, lo stesso vale per batteri e fagi. La maggior parte dei fagi del nostro viroma rientra nella categoria dei fagi temperati. Un fago temperato, dopo aver introdotto il proprio genoma nel batterio, può scegliere se produrre altri fagi che, fuoriuscendo dal batterio, ne provocano la morte (ciclo litico) oppure se integrare il proprio genoma all’interno di quello batterico e rimanere dentro l’ospite senza arrecargli nessun danno (ciclo lisogeno). 

Il viroma umano è sempre uguale?

Proprio perché l’infezione da parte dello stesso fago può avere esiti differenti, il rapporto tra fagi e batteri che colonizzano il nostro corpo non può essere dicotomizzato in buoni o cattivi.
Va specificato che, pur essendoci interazioni dinamiche tra batteri e fagi, le variazioni più grandi nel nostro corpo si registrano soprattutto in caso di malattia o durante la crescita.8 Si pensa, infatti, che i neonati nascano privi di viroma (gli studi sono ancora in corso) e solo dopo la nascita inizino le prime colonizzazioni fagiche e batteriche.9 Oltre all’età e allo stato di salute, cambiamenti – forse meno drastici ma comunque rilevanti – possono essere causati dall’ambiente.10
La dieta è uno dei fattori esterni associati a variazioni di viroma. Uno studio ha comparato le comunità microbiche di neonati allattati con latte materno rispetto a quelle di neonati nutriti con latte artificiale. Questi bambini sono stati monitorati dalla nascita fino ai primi 4 mesi di vita e si è osservato che i bambini che hanno ricevuto fin dalla nascita latte artificiale sviluppano comunità batteriche e fagiche diverse rispetto a quelli allattati con latte materno, e che questi ultimi hanno una maggior capacità di prevenire infezioni virali patogene.11 Un’altra ricerca ha dimostrato che la dieta può influenzare il viroma anche negli adulti: persone sottoposte allo stesso regime alimentare presentano popolazioni fagiche più simili rispetto a quelli con un regime alimentare differente.12
Non solo ciò che mangiamo, ma anche il luogo e le persone con cui viviamo contribuiscono a plasmare le nostre comunità fagiche e, di conseguenza, batteriche. In uno studio è stato analizzato il viroma della cavità orale di 21 persone e, tra questi, quelli che vivono nella stessa casa hanno una composizione di fagi simile tra loro.13
Infine, un’altra prova dell’importanza dell’ambiente ci è stata fornita da studi condotti su popolazioni che vivono in diversi Paesi o che vivono in diversi ambienti (città vs campagna). Tra questi, uno studio ha mostrato che popolazioni che vivono in aree altamente urbanizzate come Hong Kong hanno un viroma intestinale meno diversificato e dunque una maggior probabilità di sviluppare malattie intestinali croniche rispetto a popolazioni che vivono in zone meno urbanizzate.14 Quindi sia fattori culturali sia geografici (dieta, grado di urbanizzazione e stile di vita) sembrano contribuire nel definire le popolazioni fagiche e batteriche presenti nel nostro corpo. Questo sembra suggerire che lo studio degli effetti dell’ambiente sul nostro viroma possa aiutarci a comprendere meglio le dinamiche che intercorrono tra questi microrganismi, così fondamentali per la nostra salute.

Bibliografia

  1. Holmes EC. What does virus evolution tell us about virus origins? J Virol 2011;85(11):5247-51.
  2. Lefkowitz EJ, Dempsey DM, Hendrickson RC, Orton RJ, Siddell SG, Smith DB. Virus taxonomy: the database of the International Committee on Taxonomy of Viruses (ICTV). Nucleic Acids Res 2018;46(D1):D708-17.
  3. Breitbart M, Salamon P, Andresen B et al. Genomic analysis of uncultured marine viral communities. Proc Natl Acad Sci U S A 2002;99(22):14250-55.
  4. Breitbart M, Hewson I, Felts B et al. Metagenomic analyses of an uncultured viral community from human feces. J Bacteriol 2003;185(20):6220-23.
  5. Carding SR, Davis N, Hoyles L. Review article: the human intestinal virome in health and disease. Aliment Pharmacol Ther 2017;46(9):800-15.
  6. Kernbauer E, Ding Y, Cadwell K. An enteric virus can replace the beneficial function of commensal bacteria. Nature 2014;516(7529):94-98.
  7. Liu L, Gong T, Tao W et al. Commensal viruses maintain intestinal intraepithelial lymphocytes via noncanonical RIG-I signaling. Nat Immunol 2019;20(12):1681-91.
  8. Liang G, Bushman FD. The human virome: assembly, composition and host interactions. Nat Rev Microbiol 2021;19(8):514-27.
  9. Lim ES, Zhou Y, Zhao G et al. Early life dynamics of the human gut virome and bacterial microbiome in infants. Nat Med 2015;21(10):1228-34.
  10. Zárate S, Taboada B, Yocupicio-Monroy M, Arias CF. Human Virome. Arch Med Res 2017;48(8):701-16.
  11. Liang G, Zhao C, Zhang H et al. The stepwise assembly of the neonatal virome is modulated by breastfeeding. Nature 2020;581(7809):470-74.
  12. Minot S, Sinha R, Chen J et al. The human gut virome: inter-individual variation and dynamic response to diet. Genome Res 2011;21(10):1616-25.
  13. Robles-Sikisaka R, Ly M, Boehm T et al. Association between living environment and human oral viral ecology. ISME J 2013;7:1710-24.
  14. Zuo T, Sun Y, Wan Y et al. Human-Gut-DNA Virome Variations across Geography, Ethnicity, and Urbanization. Cell Host Microbe 2020;28(5):741-51.e4.
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