Rubriche
02/02/2018

Nascere oggi in Italia

Che vi sia ormai da alcuni anni una consistente diminuzione delle nascite è un fenomeno su cui l’Istat ci aggiorna annualmente e che viene puntualmente ripreso a livello giornalistico. Anche i politici a modo loro se ne occupano, dal famoso Fertility Day al bonus bebè. In questo articolo vogliamo rivedere alcuni numeri, cercare di capire meglio il fenomeno e iniziare a considerare cosa può significare questo per i bambini, o meglio, “dalla parte dei bambini”, titolo che abbiamo pensato per questa nuova rubrica.

Nascite in calo

Secondo l’Istat, nel 2017 sono nati in Italia 464.000 bambini: 100.000 in meno rispetto ai nati nel 2008 e il 2% in meno rispetto al 2016. Il calo è attribuibile per tre quarti alla diminuzione delle donne in età riproduttiva (900.000 in meno rispetto al 2008, 200.000 in meno rispetto al 2016) e per un quarto alla decrescente propensione a fare figli. Dal 2012 sono in calo anche i nati da madre straniera, soprattutto se entrambi i genitori sono stranieri.
La diminuzione della propensione a fare figli è una caratteristica dei Paesi avanzati, ma la situazione italiana è considerevolmente diversa da quella dell’Unione europea. In Italia, il tasso medio di fecondità totale, ossia il rapporto tra numero di nati vivi e la popolazione residente, è di 1,34 nati per donna, mentre in Europa, dove negli ultimi 3 anni il numero di nati non è ulteriormente diminuito, era di 1,56 nel 2015. È una differenza “palpabile”, anche solo passeggiando per strada, per chiunque abbia frequentato altri Paesi europei, come la Francia, e i Paesi nordici, compreso il Regno Unito.
Il quadro italiano è caratterizzato da una variabilità interregionale. Da diversi anni, infatti, al contrario di quello che è stato per molto tempo il sentire comune, la fecondità è maggiore nelle regioni del Nord Italia, con un picco nel Trentino-Alto Adige, dovuto quasi totalmente alla provincia di Bolzano. La variabilità dipende da varie ragioni:

  • diversa composizione della popolazione per età e cittadinanza (al Nord vi è un maggior numero di donne straniere in età feconda e più giovani);
  • fattori socioeconomici e culturali;
  • differenti politiche di sostegno alla genitorialità, quali servizi di asilo nido e servizi integrativi per la prima infanzia, la cui distribuzione, nel nostro Paese, resta fortemente disomogenea, con un gradiente decrescente Nord-Sud.

Quanto la crisi economica abbia avuto un ruolo nella diminuzione della natalità è difficile da quantificare. Il fatto che in Italia circa il 70% delle nascite avvenga all’interno del matrimonio e che i matrimoni siano calati dal 2008 al 2014 (negli ultimi 2 anni hanno avuto una ripresa) fa pensare a un ritardo nella formazione di una nuova famiglia dovuto anche a una congiuntura economica sfavorevole. La cronica carenza di servizi per l’infanzia (asili nido, scuole materne), con i relativi costi per le amministrazioni pubbliche e private e per i cittadini, non favoriscono la propensione a fare figli, soprattutto se la famiglia di origine dei genitori è lontana.
In ogni caso, i numeri ci dicono che l’età media delle mamme al parto è sempre più posticipata: 31,8 anni. È forse meno noto che vi è un aumento di fecondità nelle donne con età superiore ai 35 anni, presumibilmente dovuto a un aumento delle nascite da fecondazione assistita.
Un ultimo dato: nel 2016, il 19,4% dei bambini è nato da madre straniera e nei due terzi dei casi anche l’altro genitore è di nazionalità straniera. L’incidenza delle nascite da genitori stranieri è molto più elevata al Nord (quasi il 21%), dove la presenza straniera è più stabile e radicata, rispetto al Sud Italia e alle Isole (meno del 6%).

Dalla parte dei bambini

Famiglia e società

Al di là del significato che il decremento delle nascite ha per la società, se lo si guarda dalla parte dei bambini, rispetto a 10 anni fa – e ancora di più rispetto a epoche precedenti – i bambini si ritrovano spesso a vivere senza fratelli, in famiglie con genitori sempre più avanti con l’età e in una società sempre più “vecchia”, come si può notare dalla piramide delle età della popolazione residente. I coetanei dei bambini italiani sono spesso nati da genitori stranieri e, fino al momento in cui scriviamo, sono essi stessi stranieri, anche se, come ben documentato da video e testimonianze, perlopiù – e per fortuna – non si sentono tali.
A questo punto si potrebbe aprire un dibattito, anzi più dibattiti, a sfondo socioculturale, economico e in ultima analisi politico. Al di là delle ipotesi, fra qualche anno capiremo dove ci porterà questo experimentum naturae. Lasciando per ora alle riflessioni dei lettori, che forse già conoscevano questi dati, vorrei aprire anche a considerazioni su un campo che mi è più familiare, quello della salute, aspetto che oggi tende ad avere una rilevanza maggiore vista la contrazione della natalità.

Salute

Dal punto di vista della salute delle mamme e dei bambini, il rimandare la gravidanza a un’età più avanzata significa anche incorrere in maggiori complicanze.
È ben noto che l’età materna avanzata – sopra i 35 anni – si associa non solo a un maggior numero di morti fetali (per una relativa ischemia placentare), ma anche a ritardata crescita intrauterina, pre-eclampsia (una forma di grave ipertensione gravidica), nascita pretermine (<37 settimane di età gestazionale), aumento dei parti cesarei.
Egualmente, le gravidanze da procreazione medicalmente assistita – che sono aumentate parallelamente all’incremento dell’età materna – si accompagnano non solo a una più elevata incidenza di gravidanze gemellari, ma anche a maggiori complicanze della gravidanza e a gravidanze che terminano prima del termine.

Nascite pretermine

La nascita pretermine sembra essere in crescita negli ultimi 2 anni in alcune Regioni, per esempio la Toscana, e nella realtà italiana è legata – così come in altri Paesi a reddito medio-alto – a diversi fattori: oltre a quelli già citati, principalmente anche alla condizione di primipara, a un più basso livello culturale, alla disoccupazione materna e alla nascita da madre straniera, anche se non è spiegabile interamente da tutti questi. Senza drammatizzare, poiché un aumento delle nascite pretermine va confermato in altre regioni e nel tempo, è innegabile l’aumento dei fattori di rischio negli ultimi anni.
Aprire qui un capitolo sulla nascita pretermine va al di là degli scopi di questo articolo e probabilmente degli interessi della maggior parte dei lettori della rivista. Tuttavia, qualche numero e qualche concetto generale potrebbero non essere inutili nel contesto del “nascere oggi in Italia”. Prima di tutto, perché la nascita pretermine è un evento frequente (dal 6,7% all’8,0%, a seconda delle regioni negli anni che vanno dal 2014 al 2016) (rapporti CeDAP regionali). Ricordiamo che, anche secondo quanto riportato in un recente documento del global burden of disease pubblicato su Lancet (Lancet 2016;388(10053): 1725-74), le complicanze della nascita pretermine sono ormai in tutto il mondo la principale causa di morte non solo nel periodo neonatale, ma anche nei primi 5 anni di vita. Ciò è vero per l’Italia ancora di più che per altre nazioni europee. La mortalità dovuta alla nascita pretermine e le sequele nei sopravvissuti sono grandemente da ascriversi ai nati gravi pretermine (<32 settimane di età gestazionale) che sono intorno all’1-1,5% dei nati. Tuttavia, anche nei neonati cosiddetti late-preterm (età gestazionale tra 34 e 36+6 settimane), che costituiscono la grande maggioranza dei nati pretermine, la nascita si accompagna a una maggiore medicalizzazione (ricoveri più prolungati in epoca neonatale, riospedalizzazioni successive) per diverse complicanze a cui incorrono in epoca neonatale, ma anche nei primi anni di vita. Si tratta, come per i bambini gravi pretermine, soprattutto di un eccesso di patologia respiratoria e di problemi di sviluppo neuropsicologico, anche se non esistono ancora molti dati prospettici a lungo termine. Gli esperti ritengono che, dal momento che la nascita prima del termine è di per sé un fenomeno patologico dovuto a complicanze della gravidanza, la salute futura di questi bambini sia legata per buona parte a un diverso sviluppo durante la vita intrauterina.
Si chiude, quindi, in un certo qual modo il cerchio che mette in relazione la salute delle mamme in gravidanza con quella non solo dei neonati, ma anche, presumibilmente, dei bambini e forse dei futuri adulti.

La salute dei bambini migliora, ma…

Concludiamo questo breve excursus sul nascere oggi in Italia constatando che, sebbene la perdurante diminuzione della mortalità nel primo anno di vita dimostri che lo stato di salute dei bambini nel nostro Paese continui a migliorare, vi sono motivi di preoccupazione che vanno oltre alla loro salute in senso stretto.

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