Mutazioni e modificazioni epigenetiche del DNA, alterazioni complementari nello sviluppo del melanoma
L’estate è ormai lontana e con essa anche le tanto agognate vacanze. Sicuramente in tanti avranno sfoggiato nei mesi scorsi una tintarella invidiabile. Ma quanti di noi si saranno preoccupati di proteggere la propria pelle e di preservare la propria salute? Purtroppo ancora oggi si pensa che, per un’abbronzatura da urlo, sia preferibile non proteggersi dai raggi solari ed esporsi al sole anche nelle ore più calde della giornata. Ma davvero sappiamo, così facendo, a cosa andiamo incontro? Forse si sottovalutano le reali conseguenze, che non sono solo immediate (scottature, eritemi, rossori), ma che si manifestano anche a distanza di anni, come i tumori della pelle.
Il melanoma cutaneo è un tumore che deriva dalla trasformazione tumorale dei melanociti che costituiscono la pelle. I melanociti hanno il compito di produrre melanina, un pigmento che protegge dagli effetti dannosi dei raggi solari, e fisiologicamente possono dar luogo a macchie scure visibili sulla superficie della pelle e note come nei (nevi è il termine medico).
Il principale fattore di rischio per questo tipo di tumore è l’esposizione alla luce ultravioletta, che arriva fino a noi sotto forma di raggi UVA e UVB, ed è principalmente rappresentata dai raggi del sole. Più nello specifico, l’esposizione intermittente al sole e il mancato utilizzo di creme solari sufficientemente schermanti rappresentano un potenziale pericolo, perché possono danneggiare il DNA delle cellule della pelle e innescare la trasformazione tumorale. I tempi di esposizione al sole sono correlati al fototipo costituzionale di ciascun individuo, che, infatti, determina il livello di sensibilità ai danni da raggi UV (gli individui con un fototipo chiaro hanno la maggiore sensibilità all’esposizione solare, con più elevata tendenza alle ustioni o scottature cutanee solari). È stato, inoltre, dimostrato che un uso continuativo delle fonti di abbronzatura artificiale può aumentare fino a 3 volte il rischio di sviluppare melanoma. Il rischio maggiore è soprattutto nei giovani, in cui tale aumento è stimato del 75%; fino al 20% dei melanomi che insorgono in età giovanile è associato all’uso di lettini solari.
Quindi, tutte le lampade e i dispositivi abbronzanti (lampade UVA) rappresentano un rischio e vanno sempre evitati.
I melanomi cutanei originano sia da una cute integra sia da nevi preesistenti, che possono essere presenti fin dalla nascita o dalla prima infanzia (congeniti) o comparire durante il corso della vita (acquisiti).
I melanomi cutanei si distinguono in 4 tipologie:
- melanoma a diffusione superficiale: il più comune, rappresenta circa il 70% di tutti i melanomi cutanei;
- lentigo maligna melanoma;
- melanoma lentigginoso acrale;
- melanoma nodulare: il più aggressivo, rappresenta circa il 10%-15% dei melanomi cutanei.
Soffermandoci nell’analizzare la più comune delle quattro tipologie, il melanoma a diffusione superficiale, è d’obbligo porre l’attenzione su quelli che sono i primi campanelli d’allarme: il cambiamento nell’aspetto di un neo o la comparsa di uno nuovo. Le caratteristiche di un neo che possono indicare l’insorgenza di un melanoma sono riassunte nella sigla ABCDE:
- come asimmetria nella forma: un neo benigno è solitamente circolare o tondeggiante, un melanoma è più irregolare;
- come bordi irregolari;
- come colore variabile, con sfumature diverse all’interno del neo stesso;
- come dimensioni in aumento, sia in larghezza sia in spessore;
- come evoluzione del neo, che, in un tempo piuttosto breve, mostra cambiamenti di aspetto.
Il melanoma è un tipo di cancro della pelle particolarmente resistente alla chemioterapia convenzionale, ma, se individuato nelle fasi iniziali, può essere curato tramite rimozione chirurgica o tramite immunoterapia, una tipologia di approccio che ha mostrato una grande efficacia contro questo tumore.1 Sfortunatamente, però, la sua identificazione non è un’impresa facile; di conseguenza, molti dei pazienti arrivano in clinica quando ormai le cellule tumorali si stanno diffondendo nell’organismo.2
Le mutazioni genetiche alla base del melanoma sono un argomento complesso e di lunga trattazione che esula dallo scopo di questo articolo.
Le modificazioni di tipo epigenetico
La scoperta del ruolo dell’epigenetica nello sviluppo dei tumori risale al 1983, anno in cui Feinberg e Vogelstein riportarono per primi la sostanziale demetilazione che si osservava nei dinucleotidi CpG delle cellule tumorali.3 A partire da quel momento, le alterazioni nella metilazione del DNA delle cellule tumorali furono ampiamente documentate da tutto il mondo scientifico.
La metilazione del DNA nel melanoma è stata ampiamente studiata ed è stato dimostrato che ha un ruolo importante nel determinare la prognosi e l’approccio terapeutico da adottare. In letteratura è stata messa in evidenza l’ipermetilazione di alcuni importanti geni oncosoppressori, di geni coinvolti nel ciclo cellulare e nell’apoptosi.4 Per esempio, il promotore del gene CDKN2A (cyclin-dependent kinase inhibitor-2A) risulta ipermetilato in un elevato numero di melanomi ed è associato a una riduzione della sopravvivenza.5 Un altro gene che gioca un ruolo chiave nel melanoma è RAR-β2 (retinoic acid receptor-β2), il gene più frequentemente ipermetilato in questo tipo di tumore (nel 70% dei melanomi primari).6 Anche il gene RASSF1A (RAS association domain family protein 1A), coinvolto nell’apoptosi mitocondriale e nell’arresto del ciclo cellulare, risulta metilato nel 57% dei melanomi.6
Tuttavia, né i livelli di metilazione globale alterati né l’ipermetilazione gene specifica possono essere impiegati come marcatori univoci della trasformazione neoplastica di un neo. Ci vuole di più. Ci vuole la famiglia TET (Ten-Eleven Translocase, cioè traslocazione dieci-undici).
Recentemente, è stata scoperta l’esistenza di un meccanismo attivo di demetilazione del DNA, che prevede l’ossidazione del gruppo metile della 5-metilcitosina (5-mC) e la sua successiva rimozione. Il primo e più critico passaggio di questo meccanismo consiste nell’ossidazione della 5-mC in 5-idrossimetilcitosina (5-hmC), chiamata anche “la sesta base del DNA”, operata dalla famiglia di enzimi TET. La 5-hmC è l’intermediario più abbondante di questo processo attivo di demetilazione.7
Data l’abilità degli enzimi TET nell’iniziare la rimozione del gruppo metile dalla 5-mC, si pensa che questa famiglia enzimatica abbia un ruolo importante nel mantenimento di un corretto pathway di metilazione, impiegando la demetilazione come un processo riparatore.8 Per questo motivo, tali enzimi si meritano a pieno titolo l’epiteto di “guardiani delle isole CpG”.
Una frequente mutazione con conseguente inattivazione del gene TET2, membro della famiglia TET, è stata associata a un decremento nella produzione di 5-hmC in diverse tipologie di leucemia mieloide.9
In uno studio condotto su 50 individui che presentavano lesioni melanocitiche che includevano nevi benigni, melanomi e melanomi metastatici si è osservata una forte presenza di 5-hmC nei nuclei delle cellule che componevano i nevi benigni (30 soggetti), mentre negli individui affetti da melanoma (n.15) e in quelli affetti da melanoma metastatico (n.10) si osservava una parziale o totale perdita di 5-hmC nel nucleo dei melanociti, suggerendo l’importante ruolo della 5-hmC nel discriminare la natura dei nevi.10 Il passaggio successivo è stato quello di mappare i livelli di 5-hmC nell’intero genoma, in modo tale da analizzare la distribuzione di questa sesta base del DNA nei nevi benigni e nei melanomi. Anche in questo approccio, è stato osservato che la 5-hmC era arricchita nei nevi rispetto ai melanomi.10
La regolazione epigenetica dell’espressione genica viene effettuata anche attraverso il silenziamento di alcuni promotori di geni oncosoppressori come CDKN2A, RASSF1A e PTEN, tramite la demetilazione della lisina 9 nell’istone H3 (me2H3K9).5,11,12
Importante è anche il ruolo dei microRNA nella regolazione dell’espressione genica: il miR-125b, un regolatore negativo dell’espressione della proteina c-Jun, che ne altera la traduzione e la stabilità.13,14
Indubbiamente, c’è ancora molta strada da fare, ma la progressione della scienza unita a una maggiore consapevolezza e a un’adeguata sensibilizzazione della popolazione sui rischi di un’esposizione poco attenta ai raggi del sole possono essere la chiave per un’ottima prevenzione e per interventi terapeutici sempre più rapidi, mirati ed efficaci.
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