Rubriche
11/01/2009

L’Europa mette al bando l’amianto. Finalmente!

Una rivoluzione pacifica si è compiuta il 26 luglio 1999. L’approvazione di una procedura scritta ha marcato la fine di oltre un secolo di utilizzo dell’amianto. Cento anni in cui generazioni di europei hanno subito terribili esposizioni alla più rilevante causa di cancro da lavoro: l’amianto. L’aggiornamento dell’Allegato 1 della Direttiva Europea 76/769/EEC ha concluso una prolungata azione di lobbying da parte di gruppi di attivisti, agenzie governative, sindacati, politici sensibili, scienziati e singoli individui. In questa battaglia l’azione di Ban Asbestos Network è stata fondamentale. L’amianto è stato ampiamente utilizzato come isolante acustico e termico e come rivestimento antincendio in alberghi, scuole, ospedali, aeroporti, reti di trasporto sotterraneo, edifici commerciali e residenziali, su treni e navi e nelle centrali elettriche. Alcune amministrazioni hanno addirittura prescritto l’isolamento con pannelli in amianto come presidio antincendio obbligatorio negli edifici a più piani. Per un breve periodo negli anni Cinquanta l’amianto è stato messo persino nei filtri delle sigarette Kent! L’esposizione ad amianto è stata associata a molte malattie, inclusa l’asbestosi, il tumore al polmone e il mesotelioma. Secondo una ricerca svolta dalla Cancer Research Campaign «nell’Europa occidentale un cinquantenne su 150 è destinato a morire di mesotelioma». Circa 250.000 uomini moriranno di mesotelioma nei prossimi 35 anni. È ragionevole aspettarsi altri 250-500.000 decessi per cancro polmonare da amianto. Il commercio di crocidolite e di amosite è stato bandito nel 1991, con l’ottava modifica della direttiva 76/769/EEC. Dal 1 luglio 1993 «l’immissione sul mercato e l’uso di queste fibre, e di prodotti a cui siano intenzionalmente aggiunte queste fibre, sono proibiti». Per contro la vendita di fibre e prodotti contenenti crisotilo (come tubi in cemento-amianto, materiale di copertura per i tetti, freni, frizioni, giunti e guarnizioni) è rimasta largamente incontrollata. Questa esenzione è significativa, perché il crisotilo costituisce il 95% dell’amianto estratto a livello mondiale. I produttori internazionali di amianto hanno speso somme ingenti per proteggere i loro mercati. Secondo la British Geological Society, le vendite di amianto nel Nord America sono crollate da 763.000 tonnellate nel 1970 a 30.000 tonnellate nel 1995, mentre quelle dirette all’Asia sono passate da 661.000 a 1.137.000. Verso la fine degli anni Novanta il Giappone ha importato 180.000 tonnellate di amianto all’anno. Le vendite in Tailandia, Corea, Indonesia, India e America Latina restano forti. Tutto ciò, nonostante l’accumulo di prove scientifiche, mediche ed epidemiologiche che ne hanno chiaramente dimostrato i rischi. Nel 1998 un gruppo di esperti dell’International Program on Chemical Safety, ha concluso che: «L’esposizione all’amianto crisotilo aumenta il rischio di contrarre asbestosi, cancro polmonare e mesotelioma in modo dose-dipendente. Non è stata identificata nessuna soglia del rischio cancerogeno». Nell’aprile 1999 il Collegium Ramazzini, una società di 180 ricercatori indipendenti specialisti in salute occupazionale e ambientale, ha chiesto un bando internazionale per tutti i tipi di amianto. «I gravi rischi per la salute provocati dall’amianto sono completamente evitabili. Non sono accettabili né nelle nazioni industrializzate, né in quelle in via di sviluppo… L’immediato bando internazionale della produzione e dell’utilizzo di amianto è da tempo dovuto, assolutamente giustificato e necessario». Ci sono state molte false partenze e ritardi sulla strada della proibizione in Europa di questo cancerogeno di categoria 1. A metà degli anni novanta era evidente la necessità di regolamentare una situazione in cui molte nazioni europee avevano già unilateralmente bandito il crisotilo. Queste restrizioni nazionali hanno creato ostacoli al tentativo dell’Europa di armonizzare il proprio mercato interno. Nell’autunno del 1997 è stata sottoposta all’attenzione del Committee on Toxicity, Ecotoxicity and Environment (SCTEE) una relazione intitolata Valutazioni recenti dei pericoli e dei rischi posti dall’amianto e dalle fibre sostitutive, e recente regolamentazione delle fibre a livello mondiale da parte dell’ERM (Environmental Resources Management). Lo SCTEE, istituito nel luglio 1997 come ente indipendente della DG XXIV dell’Unione Europea, è uno dei comitati di difesa della salute dei consumatori creati dopo la debacle della BSE per fornire «suggerimenti scientifici di alto livello nella stesura e nella revisione delle norme comunitarie». Nel febbraio 1998 la circolazione non autorizzata di un documento di lavoro interno allo SCTEE ha causato sbigottimento generale. Mentre l’ERM aveva concluso che «tutti questi tipi di fibre (sostitutive) presentano per la salute umana un rischio inferiore rispetto al crisotilo», lo SCTEE in quella circostanza non si è espresso se «specifici materiali sostitutivi espongano a rischi sostanzialmente inferiori a quelli dell’uso corrente del crisotilo». Nonostante l’incertezza dello SCTEE, il dipartimento UE responsabile della commercializzazione e dell’uso di amianto ha continuato a sostenere «il bando comunitario sul crisotilo, con esenzioni» È difficile immaginare come avrebbero potuto fare altrimenti. Nove dei 15 Paesi membri della UE avevano già introdotto il divieto: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Olanda e Svezia. Infatti, dopo un’analisi in proprio, il 16 settembre 1998 lo SCTEE ha concluso che esistono sostituti più sicuri per quasi tutte le applicazioni. Poco più tardi la Commissione ha fatto circolare una bozza di proposta per un bando a livello europeo, che è passata il 4 maggio 1999 con una votazione del Comitato per il Progresso Tecnico di undici contro due. L’adozione finale ha avuto luogo il 26 luglio 1999: secondo la procedura, l’emendamento dell’Allegato 1 della Direttiva 76/769/EEC sulle sostanze pericolose è in vigore dal ventesimo giorno dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Esso proibisce dal 1 gennaio 2005 l’introduzione di nuove applicazioni di materiali in cemento-amianto, frizioni, giunti e guarnizioni. Vi si afferma che: «non è stato ancora identificata alcuna soglia di esposizione, al di sotto della quale l’amianto crisotilo non pone rischi cancerogeni». È messo in luce anche il rischio dell’esposizione intermittente: «Un modo efficace di proteggere la salute umana è quello di proibire l’uso di amianto crisotilo e di prodotti che lo contengono». La rimozione dell’amianto in situ non è richiesta. Su questi negoziati incombeva il costante pericolo della lobby internazionale del crisotilo, capitanata da rappresentanti del Governo e dell’industria canadese dell’amianto. Dall’introduzione del bando francese nel 1997, gli sforzi diplomatici dietro le quinte si sono intensificati. In Gran Bretagna, il nuovo Primo Ministro laburista e il Ministro della sanità sono stati inondati da missioni commerciali canadesi, da incontri personali e comunicati ad alto livello. Sebbene la Francia sia stata l’ottavo Paese dell’UE a bandire il crisotilo, la decisione francese sembra aver marcato uno spartiacque e una ripresa delle forze pro-industria. Sono state minacciate sanzioni commerciali. Il 28 maggio del 1998 il governo del Canada ha fatto richiesta alla World Trade Organization (WTO) di consultazioni con la Commissione Europea «concernenti le misure prese dalla Francia per la proibizione dell’amianto e dei prodotti che lo contengono». Il 25 novembre 1998 il Canada ha confermato la richiesta presentata all’Ufficio per la Composizione delle Dispute del WTO di insediare una commissione per esaminare il caso. Le macchinazioni del WTO restano avvolte nel mistero. Sono segreti i nomi dei tre membri della commissione esaminatrice, così come i nomi degli scienziati consultati durante processo e i risultati raggiunti. Il giudizio finale, originariamente previsto per l’inizio di dicembre, sarà posticipato fino a marzo del 2000. Una vittoria del Canada metterebbe a repentaglio i bandi già in vigore nella UE. Le attuali norme europee rappresentano una tappa, non il traguardo finale. Un rapporto europeo pubblicato nel marzo 1998 ha stimato in oltre 1.200.000 i lavoratori della UE esposti all’amianto all’inizio degli anni Novanta. Quanti di loro contrarranno malattie causate dall’amianto? Occorrono linee guida efficaci per la sorveglianza medica dei lavoratori esposti all’amianto e per la cura dei malati. L’accesso e i livelli di indennizzo dei lavoratori con patologie causate dall’amianto variano nei paesi della UE. Uno sforzo concertato deve essere fatto per assicurare una pensione alle vittime. Il modo in cui questa angosciante eredità verrà affrontata determinerà se le generazioni future continueranno a subire morte e malattia causate da quello che un tempo era noto come «il minerale magico».

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