Le disuguaglianze sociali nella salute: un tema (finalmente) caldo
Questa nuova rubrica intende offrire visibilità alle informazioni più aggiornate sull’andamento e sull’impatto delle disuguaglianze sociali nella salute e nell’assistenza sanitaria nel nostro Paese, nonché agli strumenti e metodi disponibili per il loro monitoraggio, alla presentazione e valutazione delle principali politiche messe in atto per contrastarle, in specie a quelle realizzate sotto la diretta responsabilità del Servizio sanitario nazionale (SSN). Molto sta muovendosi nell’ambito della governance delle disuguaglianze di salute a livello italiano ed europeo, e l’equità, che fino a oggi raramente ha scavalcato i confini dell’epidemiologia sociale, sembra aver trovato finalmente un ruolo crescente all’interno di molti canali d’informazione.
A volo d'uccello sulle ultime novità
Per questa prima uscita, abbiamo dunque ritenuto opportuno sintetizzare lo stato dell’arte sul tema, anche per creare una sorta di terreno comune sul quale innestare le importanti novità che hanno già cominciato a prefigurarsi per i prossimi mesi e destinate, auspicabilmente, a dare nuovo impulso verso importanti interventi di sistema.
I numeri. Per quanto riguarda la dimensione delle disuguaglianze di salute, un importante aggiornamento è stato presentato in occasione della recente edizione del 2017 del festival di economia di Trento, intitolato “La salute disuguale”.1 Nel corso dell’iniziativa, per la prima volta, esperti di diversi settori hanno cominciato a confrontarsi con questo tema; il materiale scientifico che ha accompagnato i dibattiti ha posto alla ribalta le potenzialità informative di studi e sistemi di monitoraggio curati dalle più importanti istituzioni centrali (Istat, Istituto superiore di sanità, Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e locali - INMP), diffondendo alcuni importanti numeri delle disuguaglianze di cui forse mai, prima d’ora, abbiamo potuto apprezzare la portata etica e sociale: un laureato italiano può contare di vivere oltre 5 anni in più di chi ha conseguito al massimo la licenza elementare; mentre tra le donne il vantaggio è di 2,7 anni. Queste differenze nell’aspettativa di vita si riproducono anche a livello locale in diverse realtà esaminate. Per esempio, a Torino sul tram che attraversa la città dai quartieri alto-borghesi verso le barriere operaie periferiche si perde mezzo anno di speranza di vita per ogni chilometro percorso: più di 4 anni di aspettativa di vita separano i maschi benestanti della collina dagli abitanti degli isolati più poveri del quartiere Vallette.2 Queste disuguaglianze sociali di salute si riflettono sul divario che differenzia la salute dei residenti nell’Italia del Centro-Nord da quella dei residenti nel Mezzogiorno: infatti, da molti anni il Mezzogiorno presenta un maggior rischio di mortalità prematura rispetto al resto d’Italia e questo è senz’altro associato a una maggiore concentrazione al Sud dello svantaggio sociale, oltre che a un effetto diretto del contesto di vita di queste regioni sulla salute dei residenti.3
I determinanti. Una parte di queste disuguaglianze di salute è spiegata da meccanismi sufficientemente documentati; nascono per effetto dei determinanti sociali e della differente e decrescente quota di risorse e competenze individuali e famigliari via via che discendiamo lungo la scala sociale; vengono mediate attraverso la differenziale esposizione ai principali determinanti “prossimali” della salute (condizioni di vita e di lavoro, fattori di pressione psicosociali, stili di vita insalubri, esposizioni ambientali nocive, barriere all’accesso alle cure); si concretizzano in conseguenze sulla salute più gravi tra gli strati più svantaggiati e nella distribuzione disuguale della vulnerabilità alle conseguenze sociali della malattia. Infine, è da segnalare l’effetto dei contesti in cui gli individui nascono, crescono, lavorano e invecchiano e la loro variabile capacità di amplificare o limitare l’impatto dei determinanti sociali individuali.
Strumenti informativi e reti di monitoraggio. Questi nuovi dati derivano dagli importanti sviluppi degli ultimi anni in materia di strumenti informativi predisposti per lo studio e monitoraggio delle disuguaglianze di salute. Per la prima volta in Italia, attraverso il record-linkage individuale tra il censimento di popolazione del 2011 e l’Indagine sui decessi e cause di morte, Istat ha messo a disposizione le tavole di mortalità e delle speranze di vita per livello d’istruzione per tutta la popolazione residente sul territorio nazionale. Si tratta non solo di un rilevante contributo all’analisi dell’impatto che le condizioni socioeconomiche hanno sulla mortalità, ma soprattutto della messa a punto di uno strumento di forte analiticità e potenza statistica senza precedenti. Al momento, conta su un follow-up di mortalità di 4 anni che ha permesso di mettere in cantiere approfondimenti per cause di morte specifica stratificati per sesso, età e Regione di residenza, in funzione di una serie di indicatori di posizione socioeconomica oltre al tradizionale titolo di studio.4 Un’altra buona notizia in materia di monitoraggio delle disuguaglianze di salute è il consolidamento della rete degli studi longitudinali metropolitani (SLM), ora costituito da coorti di popolazione costruite su 11 città italiane, a disposizione anche per le indagini sui temi della salute della popolazione immigrata.5 Attualmente il progetto che ne ha permesso la realizzazione, coordinato dall’INMP, oltre all’estensione ad altre città, la rete prevede la costruzione di un archivio pool che potrà essere utilizzato da ricercatori interessati a indagare i temi della salute della popolazione immigrata e delle disuguaglianze sociali con particolare riferimento alla valutazione dell’ospedalizzazione e della mortalità.
Passi in avanti
Dal punto di vista delle politiche, importanti passi in avanti sono stati fatti da quando, nel 2010, la comunicazione della Commissione europea Solidarity in health ha invitato gli Stati membri a dotarsi di azioni per il controllo delle disuguaglianze nella salute. In campo sanitario, per esempio, l’equità è stata inclusa tra gli obiettivi del Piano nazionale della prevenzione 2014-2018 e i bandi di ricerca più recenti del CCM, così come una quota vincolata del Fondo sanitario nazionale 2012 e 2013 per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale, hanno inserito un capitolo sul contrasto alle disuguaglianze tra i progetti finanziabili. E ancora: alcune comunità professionali a livello regionale (medici e professioni sanitarie) stanno preparando carte deontologiche dei loro doveri per l’equità della salute, cioè dei documenti che racchiudono suggerimenti su come includere sistematicamente la lente dell’equità nelle attività lavorative giornaliere. Ma progressi sono stati fatti anche al di fuori del settore sanitario. La Commissione Salute della Conferenza delle Regioni ha istituito, nel 2011, un proprio gruppo di lavoro ad hoc e promosso la realizzazione di un Libro verde per l’equità in salute che, tra le varie raccomandazioni, includeva la necessità di coinvolgere nella governance i principali attori responsabili delle politiche di salute in Italia.6 Ne è conseguita un’importante attività di disseminazione e coinvolgimento di una vasta schiera di soggetti, promossa dall’INMP e attualmente in fase di rendicontazione: in poco più di due anni, a una molteplicità di attori, tra cui vari ministeri, Conferenza delle Regioni, associazioni degli enti locali, oltre a enti e agenzie nazionali, imprese, sindacati, terzo settore, associazioni professionali e scientifiche), è stata innanzitutto fornita una formazione di base circa le disuguaglianze di salute e l’impatto che le loro attività e decisioni quotidiane hanno sui determinanti sociali. Inoltre, con alcuni di loro si implementeranno in futuro esercizi di health impact assessment e di health equity audit per tentare di ridefinire insieme le loro responsabilità professionali verso l’equità. Questa rubrica approfondirà le tipologie di interventi e di processi, la cui metodologia e le cui prove di impatto sono ancora poco note al di fuori dell’epidemiologia di settore.
Questo processo di consultazione con le principali categorie di attori delle politiche ha mostrato che, se ben informati, gli interlocutori sono interessati a orientare i loro interventi all’equità e hanno buone pratiche da condividere.
È utile segnalare, infine, la sottomissione della candidatura italiana al coordinamento della prossima Joint Action sulle disuguaglianze di salute, promossa dalla Commissione europea. Al momento, 26 Paesi europei hanno aderito alla proposta italiana, portata avanti dall’Istituto superiore di sanità con la collaborazione del Ministero e dell’ASL TO3 della Regione Piemonte, che prevede di far lavorare, in un’ottica di confronto e collaborazione, Stati diversi nella promozione di azioni di contrasto in una serie di settori specifici, quali il monitoraggio, la prevenzione nei contesti di vita e di lavoro, la salute dei migranti, l’assistenza sanitaria e la governance delle disuguaglianze di salute.
Il ruolo dell’SSN
I risultati ricavabili dalla Joint Action arricchirebbero la capacità di risposta ai fenomeni sopra documentati, che rimane ancor oggi contenuta: assai variabile a livello regionale, presenta importanti margini di miglioramento nella capacità di valutazione degli interventi e di dare risposte riguardo ai costi sanitari delle disuguaglianze sociali. In questo contesto il sistema sanitario – attualmente attraversato da importanti trasformazioni per effetto di politiche orientate alla maggiore efficienza e qualità del sistema di offerta che, con un diverso passo tra le Regioni, vede il ridisegno delle reti assistenziali e si confronta con vincoli di spesa, crescita della domanda e necessità di rispondere in modo equo a una popolazione con crescente prevalenza di pazienti con molteplici malattie croniche e bisogni complessi – ha un importante ruolo da esercitare: sia assicurando la dotazione, la completezza e la tempestività dei sistemi di monitoraggio dell’equità nella salute e nelle cure, sia nel promuovere e coordinare la messa a sistema di interventi nell’agenda politica, sia nel settore sanitario sia in ambito intersettoriale.
Bibliografia e note
- http://2017.festivaleconomia.eu/
- Costa G., Stroscia M., Zengarini N., Demaria M. 40 anni di salute a Torino. Spunti per leggere i bisogni e i risultati delle politiche. Milano, Inferenze, 2017.
- http://www.disuguaglianzedisalute.it/?p=2616
- https://www.istat.it/it/archivio/201175
- Pacelli B, Zengarini N, Broccoli S et al. Differences in mortality by immigrant status in Italy. Results of the Italian Network of Longitudinal Metropolitan Studies. Eur J Epidemiol 2016;31(7):691-701.
- Costa G, Marra M, Zengarini N et al (eds). L’equità nella salute in Italia. Secondo rapporto sulle disuguaglianze sociali in sanità, edito da Fondazione Smith Kline. Milano, Franco Angeli Editore, 2014.