Rubriche
21/12/2014

La grande guerra degli italiani

A 100 anni dall’inizio della Prima guerra mondiale, ricordata in Italia come la Grande guerra, Franco Carnevale propone ai nostri lettori una poliedrica analisi di una delle più grandi tragedie del Novecento.
Non solo numeri, tanto cari agli epidemiologi, ma un intreccio di storiografia, letteratura e arti.
Si esordisce con la testimonianza di prima mano di Paolo Monelli (1891-1984), giornalista e scrittore, che durante la guerra ha combattuto. Nel 1946, è l’umanità di coloro che sono stati chiamati alle armi a essere sottolineata, la loro convinzione di combattere per la (quasi) neonata patria, mettendo in luce un nazionalismo oggi ormai scomparso.
Molto più politico risulta, invece, Aldo Palazzeschi (1885-1974), che non risparmia giudizi sui «gineprai» politici alla base del conflitto e del quale prevede le conseguenze funeste: «Diraderà l’umanità di parecchie centinaia di migliaia di giovanotti».
Nelle varie epoche si sono susseguite varie fasi, in cui l’idea che il Bel Paese sia stato fra i vincitori è stata raccontata, cantata, destrutturata e proposta nei suoi diversi aspetti.
Negli anni Sessanta del secolo scorso ha prevalso la storia diplomatica, militare e politica, con informazioni tecniche sulle battaglie, sulle tattiche di guerra, sulle scelte politiche che, anche se non sempre condivise, hanno portato alla vittoria. Nello stesso periodo, la letteratura si popola delle voci dei combattenti trasformatisi in poeti e narratori: violenza, morte, disillusione e umanizzazione dei combattenti sono i temi che sottostanno a questo nuovo filone. Voci fuori dal coro sono i celeberrimi Gabriele D’Annunzio (1863-1938) e Tommaso Marinetti (1876-1944), che celebrano i fasti della guerra, ponendosi come sinistra premonizione dell’avvento del fascismo.
Gli storici degli anni Settanta si concentrano sulla storia sociale, lasciano affiorare figure negative (comandanti assassini, tribunali doppiogiochisti, soldati ora vittime ora traditori) dei quali si cerca di comprendere la mentalità, delineare i livelli culturali, mettendone in luce l’individualità. Ci si focalizza, quindi, sulle ricadute sociali della guerra, conseguenza delle basi su cui sono state prese le decisioni, sui metodi utilizzati per guadagnare consenso, su come la popolazione ha subito la guerra.
Più di recente, l’individualità si è fatta spazio tramite la cronaca diretta reperita nei diari  e nella corrispondenza di combattenti, donne, fuggiaschi, prigionieri e reduci, nei quali le notizie storiografiche sono accompagnate da sentimenti, commenti, visioni personali, speranze.
Non poteva mancare il cinema, la cui icona del primo conflitto mondiale è rappresentata dal film La Grande Guerra, di Mario Monicelli, con Vittorio Gassman e Alberto Sordi a rappresentare due soldati che vengono sacrificati come eroi, a loro insaputa e di certo non intenzionalmente.
Segue, poi, una parte più prettamente tecnica di bilancio demografico, con la proposta di grafici e tabelle corredate da un commento, che mostrano dati su nascite e morti (e relative cause), andamento dello sviluppo, occupazione degli italiani nell’industria bellica.
Chiude un’antologia di testimonianze scelte che trattano dei diversi temi toccati nel saggio.
Le immagini inserite aiutano la lettura e l’immedesimarsi in questa “triste e gloriosa” fase della storia italiana.

Photogallery con le opere selezionate da Franco Carnevale

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