Rubriche
08/07/2019

La doppia anima dei retrovirus

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Non solo i virus sono intorno a noi, ma in noi. Sorprendentemente, o forse no, più della metà del nostro genoma è fatta di sequenze ripetute, come se in un libro ci fossero pagine o gruppi di lettere che si ripetono centinaia o migliaia di volte. Ma c’è di più: alcune di queste pagine provengono da altri libri. Infatti, circa l’8% del nostro genoma è composto da sequenze derivanti da retrovirus endogeni, indicati comunemente con l’acronimo HERV (Human Endogenous Retroviruses). Si tratta di virus antichissimi, risalenti in alcuni casi all’alba dell’evoluzione dei primati, incapsulati perennemente all’interno dei nostri cromosomi.1

Ma da dove vengono questi virus?

Tutti i retrovirus, come il famigerato HIV o gli HTLV (Human T-lymphotropic virus), vivono una doppia vita. Liberi e infettivi, sono strutture microscopiche fondamentalmente proteiche e lipidiche che racchiudono un piccolo frammento di RNA. Quando infettano una cellula, copiano questo RNA in un segmento di DNA (un procedimento inverso a quello più consueto, in cui il DNA viene trascritto in RNA – da cui retrovirus), che va a inserirsi nel genoma della cellula infetta. È questa copia di DNA a produrre nuovi virus. La struttura genomica degli HERV mostra parecchie similarità con i ben noti retrovirus esogeni: consistono, infatti, in geni gag, pro, pol, ed env affiancati da due lunghe regioni ripetute terminali, che si sono rivelate fondamentali nell’identificazione di questi retrovirus all’interno del genoma umano.2 Questa forte somiglianza con una sequenza virale ci pone inevitabilmente di fronte a un grande interrogativo: perché gli HERV sono stati conservati all’interno del genoma, invece di essere eliminati dal sistema immunitario?
Molto frequentemente, le cellule infettate da questi retrovirus sono cellule somatiche, cioè cellule adulte e differenziate di un organismo, come per esempio dell’uomo. Non è, però, da escludere la possibilità che un virus possa infettare cellule appartenenti alle linee germinali: una cellula uovo oppure uno spermatozoo. Sarà pure un fenomeno poco frequente, ma non impossibile. Quando questo fenomeno raro accade, l’infezione acquisita dall’individuo viene automaticamente trasferita alla prole. Nonostante la bassa frequenza di un processo simile, possiamo al giorno d’oggi affermare che ciascuno di noi, in ciascuna cellula, ha ereditato quasi centomila sequenze retrovirali.1
L’ultima invasione di retrovirus nel genoma umano risale a circa 250.000-100.000 anni fa, ma in altre specie questo processo è tuttora attivo.3 Anche se in gran parte silenziati tramite la metilazione del DNA, incapaci di formare nuove particelle infettive, i retrovirus endogeni umani possono risorgere oppure rinascere sotto altre vesti e con altri ruoli. In fondo, perché mai tali sequenze avrebbero dovuto integrarsi se ritenute inutili dalle cellule nelle quali si sono integrate?
La natura non fa mai nulla per caso.
Senza retrovirus endogeni non potremmo nemmeno venire al mondo. Ci sono evidenze che suggeriscono che tutta la rete di interruttori genetici che permette il nostro sviluppo da cellula fecondata a essere umano sia indissolubilmente intrecciata ai retrovirus endogeni. Per esempio, quando siamo solo degli embrioni di poche cellule, un retrovirus endogeno, HERV-K, viene attivato.4 Le proteine codificate dai suoi geni, ironicamente, sembrano poterci difendere da altre infezioni virali e legano migliaia di altre molecole all’interno dell’embrione in via di sviluppo: HERV-K partecipa all’alba dell’esistenza di ognuno di noi. Come se non bastasse, è proprio il gene di un retrovirus, noto come sincitina-1 (syncytin-1) o HERV-W, a permettere la formazione della placenta umana.5,6 Originariamente, questo gene virale serviva al virus stesso per fondersi con la cellula ospite, ora permette ad alcune cellule della placenta di fondersi assieme nella creazione del sinciziotrofoblasto, creando uno strato che protegge il feto dal sistema immunitario della madre. Quello che oggi si sa, infatti, è che la placenta è in grado di produrre vescicole arricchite in sincitina-1 sulla membrana, sopprimendo in questo modo il sistema immunitario materno e permettendo così al feto di non essere attaccato in quanto non-self, ma di essere riconosciuto come self.7

Geni herv e sclerosi multipla

Ma se, da un lato, vediamo i geni HERV coinvolti in importanti processi fisiologici, come la gravidanza e la creazione di un nuovo individuo, non possiamo esimerci dal discutere il lato oscuro della loro identità. Infatti, è dagli anni Ottanta che si studia il coinvolgimento degli stessi geni nello sviluppo della sclerosi multipla (SM).
La SM è una delle più comuni patologie autoimmuni demielinizzanti a carico del sistema nervoso centrale.8 Colpisce più di due milioni di persone nel mondo, il 75% delle quali donne. Circa l’85% dei pazienti presenta una forma di SM caratterizzata da fasi di ricaduta e fasi di remissione della malattia (Relapsing-Remitting Multiple Sclerosis, RRMS).9 La RRMS insorge tipicamente in età adulta e, indicativamente nell’arco di 2 decadi (senza un’adeguata immunoterapia), circa la metà dei casi evolve in SM secondaria progressiva (Secondary Progressive Multiple Sclerosis, SPMS),10 caratterizzata da un deterioramento stabile e costante, indipendente dagli episodi di ricaduta. La SM primaria progressiva (Primary Progressive Multiple Sclerosis, PPMS) colpisce solamente il 10%-15% dell’intera popolazione con SM ed è associata a una rapida progressione della patologia.11
Una scoperta interessante riguarda l’identificazione nel liquido cerebrospinale dei pazienti affetti da SM di un accumulo della proteina env prodotta da HERV-W.12 Questa scoperta ha portato alla formulazione dell’ipotesi che le proteine prodotte da HERV-W possano avere una funzione pro-infiammatoria. Per questo motivo, le proteine prodotte dal gene HERV-W sono state identificate come possibile target terapeutico nella cura della SM.
Anche nei tumori, gli HERV sembrano svolgere un ruolo determinante nel processo di metastatizzazione: sarebbero, infatti, responsabili dell’immuno-tollerogenicità da parte del sistema immunitario nei confronti delle cellule tumorali, permettendo loro di proliferare e invadere altri tessuti senza essere riconosciute come non-self.13,14 Ma gli HERV sono importanti non solo del processo di metastatizzazione, ma anche nella fase di insorgenza e sviluppo del tumore. È il caso del tumore del pancreas, in cui si è osservato che l’influenza di HERV-K trasduce il segnale attraverso la via RAS-ERK-RSK.15
Come è possibile decodificare tutte queste informazioni scientifiche contrastanti? Qual è la spiegazione in grado di trasformare questa rete intricata in un quadro chiaro e inconfutabile? Qual è davvero il ruolo degli HERV?
La scienza a oggi non ha ancora tutte le risposte, ma la ricerca sta facendo passi da gigante e promette grandi e importanti risultati. Il genoma è un bazar di informazioni, non un preciso algoritmo ben progettato e architettato. Noi, come ogni organismo vivente, ne conteniamo moltitudini: siamo gli accadimenti accidentali che storicamente hanno plasmato la nostra specie, siamo le forme di vita con cui siamo entrati in contatto, siamo i virus che ospitiamo.

Bibliografia

  1. Bannert N, Kurth R. The evolutionary dynamics of human endogenous retroviral families. Annu Rev Genomics Hum Genet 2006;7:149-73.
  2. Lokossou AG, Toudic C, Barbeau B. Implication of human endogenous retrovirus envelope proteins in placental functions. Viruses 2014;6(11):4609-27.
  3. Ishida Y, Zhao K, Greenwood AD, Roca AL. Proliferation of endogenous retroviruses in the early stages of a host germ line invasion. Mol Biol Evo 2015;32(1):109-20.
  4. Kammerer U, Germeyer A, Stengel S, Kapp M, Denner J. Human endogenous retrovirus K (HERV-K) is expressed in villous and extravillous cytotrophoblast cells of the human placenta. J Reprod Immunol 2011;91(1-2):1-8.
  5. Soygur B, Moore H. Expression of Syncytin 1 (HERV-W), in the preimplantation human blastocyst, embryonic stem cells and trophoblast cells derived in vitro. Hum Reprod 2016;31(7):1455-61.
  6. Noorali S, Rotar IC, Lewis C et al. Role of HERV-W syncytin-1 in placentation and maintenance of human pregnancy. Appl Immunohistochem Mol Morphol 2009;17(4):319-28.
  7. Chuong EB. The placenta goes viral: Retroviruses control gene expression in pregnancy. PLoS Biol 2018;16(10):e3000028.
  8. McFarland HF, Martin R. Multiple sclerosis: a complicated picture of autoimmunity. Nat Immunol 2007;8(9):913-19.
  9. Lublin FD, Reingold SC, Cohen JA et al. Defining the clinical course of multiple sclerosis: the 2013 revisions. Neurology 2014;83(3):278-86.
  10. McKay KA, Kwan V, Duggan T, Tremlett H. Risk factors associated with the onset of relapsing-remitting and primary progressive multiple sclerosis: a systematic review. Biomed Res Int 2015;2015:817238.
  11. Koch M, Kingwell E, Rieckmann P, Tremlett H. The natural history of primary progressive multiple sclerosis. Neurology 2009;73(23):1996-2002.
  12. van Horssen J, van der Pol S, Nijland P, Amor S, Perron H. Human endogenous retrovirus W in brain lesions: Rationale for targeted therapy in multiple sclerosis. Mult Scler Relat Disord 2016;8:11-18.
  13. Zhou F, Li M, Wei Y et al. Activation of HERV-K Env protein is essential for tumorigenesis and metastasis of breast cancer cells. Oncotarget 2016;7(51):84093-117.
  14. Lemaitre C, Tsang J, Bireau C, Heidmann T, Dewannieux M. A human endogenous retrovirus-derived gene that can contribute to oncogenesis by activating the ERK pathway and inducing migration and invasion. PLoS Pathog 2017;13(6):e1006451.
  15. Li M, Radvanyi L, Yin B et al. Downregulation of Human Endogenous Retrovirus Type K (HERV-K) Viral env RNA in Pancreatic Cancer Cells Decreases Cell Proliferation and Tumor Growth. Clin Cancer Res 2017;23(19):5892-911.
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