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16/03/2020

Infortuni sul lavoro: il modello “comunità di pratica e narrazione” per identificare cause e soluzioni

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Nel corso del 2019 gli infortuni sul lavoro, tra cui purtroppo alcuni casi multipli, sono stati a più riprese alla ribalta delle cronache. In queste occasioni spesso succede che vengano date informazioni discordanti sul numero di casi e sul loro andamento nel tempo; l’impressione generale è che il sistema non sia in grado di  affrontare efficacemente il problema. Il Ministero della salute ha individuato la prevenzione in ambiente di lavoro tra le priorità del prossimo piano della prevenzione e sta definendo programmi da attuare in tutta Italia. Ma qual è veramente l’entità del fenomeno? Abbiamo le informazioni per descriverlo, studiarlo, individuare le  priorità di intervento?
Il tasso degli infortuni totali e mortali in Italia sta diminuendo, passando da 23,3 infortuni totali per mille addetti del 2010 a 15,1 del 2017 e da 7,4 infortuni gravi1 per mille addetti del 2010 a 5,3 del 2017.2 L’andamento delle aziende è in diminuzione mentre gli addetti stimati a partire dalle masse salariali assicurate mostrano una lieve tendenza all’aumento. Nel 2018 il numero di infortuni in occasione di lavoro riconosciuti da Inail è di oltre 300.000, di cui 83.673 gravi e 498 mortali. Questo significa  che in media ogni giorno due lavoratori perdono la vita sul luogo di lavoro e 335 riportano gravi conseguenze. Negli ultimi anni si rilevano incrementi nelle classi di età più anziane (55-69 anni) e in quelle più giovani (15-24 anni). La quota di infortuni gravi è elevata: 40% in agricoltura, 28% nell’industria e 37% nelle costruzioni. I flussi  correnti, purtroppo, non contengono informazioni per covariate sociali o livelli di formazione che potrebbero fornire importanti indicazioni alla prevenzione. Né si è  ancora data compiuta realizzazione al sistema informativo nazionale previsto dal decreto legislativo 81/2008. Sono, tuttavia, almeno disponibili le stime per alcune  categorie di lavoratori (precari, stranieri eccetera) segnalate dalla letteratura come a maggior rischio a partire da altre fonti tra cui, per esempio, il panel longitudinale WHIP-salute.3,4

Infortuni mortali e gravi: dalla sorveglianza alle storie

Nemmeno nel caso degli infortuni mortali esiste un sistema informativo univoco, tempestivo e accurato. Già nel 2002 si sono utilizzati metodi di stima cattura ricattura  per provare a valutare il fenomeno nel suo complesso5 e la situazione a oggi non è migliorata.
Molto si è fatto invece per condividere le ricostruzioni delle dinamiche  infortunistiche. Nato nel 2002, il sistema nazionale di sorveglianza sugli infortuni mortali e gravi raccoglie i risultati delle indagini effettuate dai Servizi di prevenzione e  sicurezza degli ambienti di lavoro (SPreSAL) delle ASL. Il sistema classifica le informazioni riguardanti l’infortunio (dove è accaduto, quando, in quale momento della giornata), l’infortunato (età, genere, cittadinanza, titolo di studio, mansione e  anzianità lavorative) e l’evento (descrizione testuale della dinamica infortunistica, fattori di rischio individuati).6 Proprio la descrizione testuale dell’evento  permette il recupero di informazioni sostanziali ed è oggetto di accurato esame grazie all’ausilio di un modello standardizzato e condiviso. Questo approccio valorizza informazioni, altrimenti usate solo a fini di giustizia, mettendole a disposizione per fare prevenzione.
In Piemonte è stato esteso rendendo disponibile sul web (www.dors.it/dati_infortuni.php) una sintesi degli infortuni mortali avvenuti sul territorio regionale,  utilizzando fonti diverse (Servizi PreSAL, Inail, giornali, radio, TV, siti web specialistici, enti e associazioni).7
La conoscenza delle dinamiche infortunistiche non è tuttavia ancora sufficiente per comprendere aspetti di contesto, in particolare quelli organizzativi, che sempre  più frequentemente ricorrono tra le cause di un evento. Un approccio basato sullo studio di caso, che trasformi le inchieste sugli infortuni in “storie” narrate dagli  operatori che hanno svolto l’indagine, può consentire la comprensione dei fattori che hanno indotto il realizzarsi o il permanere di una situazione di rischio permettendo la formulazione e condivisione di soluzioni preventive standardizzate.8
La prevenzione basata sulla narrazione si è dimostrata efficace nel produrre cambiamenti nell’attività degli operatori perché favorisce processi di identificazione con gli  obiettivi della prevenzione, valorizza la formazione, motiva gli interessati alla collaborazione per la progettazione di migliori interventi preventivi e consente  l’individuazione di nuovi ambiti di ricerca.9
La “svolta narrativa” all’interno degli studi scientifici avviene quando la conoscenza narrativa è legittimata come una delle diverse e possibili fonti informative, rimarcando l’importanza dell’integrazione tra la narrazione e l’evidenza tecnicoscientifica come strumento per favorire il rapporto tra le conoscenze evidencebased e  le esperienze sul campo delle persone che possono esserne destinatarie.10-11 Anche nelle relazioni causaeffetto,l’approccio tecnico-scientifico spesso semplifica eccessivamente l’accettazione o il rifiuto delle relazioni causali. I ricercatori formulano numerose ipotesi su quelli che si qualificano come agenti causali plausibili,   identificandoli con l’efficacia di un intervento o il potere causale dei fattori di rischio. Nell’approccio tecnico-scientifico prevale lo studio sulla catena corta, per    esempio, «mancato uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI) → caduta dall’alto», anziché l’attenzione alla catena lunga, ovvero «fretta → mancato uso dei   DPI → caduta dall’alto» o ancora più lunga «riduzione del personale → carico di lavoro eccessivo → fretta → mancato uso dei DPI → caduta dall’alto». È attraverso  la narrazione che si coglie la catena lunga e, quindi, ci si avvicina alla verosimiglianza e si supera il riduzionismo dell’attuale metodo tecnico-scientifico. In questo senso, il metodo narrativo avvicina al vero nella ricerca, nella pratica, e nella formazione.

Il modello “comunità di pratica e narrazione”

Partendo da queste considerazioni e consapevoli del grande patrimonio informativo disponibile presso i Servizi PreSAL, dal 2012 è stato chiesto agli operatori  piemontesi che svolgono l’inchiesta infortunio di riscriverla utilizzando gli elementi della narrazione e aggiungendo quelli costitutivi di una storia (ambientazione,  personaggi, sequenza delle azioni, “morale della favola”). Si è, dunque, organizzato un repertorio di storie di infortunio (a oggi più di settata) disponibili ad accesso libero sul sito www.dors.it/storiedinfortunio. Ogni storia racconta un infortunio e include un paragrafo intitolato «non sarebbe successo se...» in cui l’autore  descrive le azioni che si sarebbero dovute intraprendere per far sì che l’infortunio non accadesse. Ma le sue indicazioni possono essere migliorate se condivise in un  gruppo di pari e, soprattutto, diventare patrimonio comune di conoscenza.12 È per questo che è nata la Comunità di Pratica (CdP), un luogo dove ogni storia è analizzata e discussa dal gruppo degli operatori dei Servizi PreSAL, in cui ognuno impara dall’esperienza degli altri e si mette in gioco condividendo anche i propri  dubbi. Si tratta di un nuovo modo di fare prevenzione a partire da una saggezza antica, il racconto e la condivisione delle conoscenze, delle competenze, dei saperi  taciti, di tutto ciò che non è regolato da leggi e da manuali, ma che nasce dall’esperienza e dal patrimonio informativo di ciascuno.13-14 Le CdP si sono rivelate utili per acquisire nuove competenze, eliminare barriere professionali, geografiche e organizzative, condividere informazioni, ridurre l’isolamento e facilitare l’implementazione di nuovi processi e tecnologie. La condivisione delle soluzioni e dei problemi ha permesso di prendere in considerazione anche i determinanti  dell’infortunio legati al contesto e all’organizzazione che di solito sono ignorati perché non collegati direttamente alla violazione di norme.9 Questo modello sì è dimostrato utile nel miglioramento della pratica lavorativa degli operatori e della loro motivazione, nel rafforzamento del loro ruolo e nella formazione di figure  professionali che nelle aziende si occupano di prevenzione.10 Ogni storia del repertorio narra una storia individuale, ma riletta nell’ambito di una comunità diventa  parte di un sapere collettivo come patrimonio da condividere per evitare il ripetersi di tanti eventi infausti.

Bibliografia e note

  1. Infortunio grave: infortunio con esito mortale oppure con danno permanente di qualunque grado oppure con un periodo di inabilità temporanea di almeno quaranta giorni.
  2. Flussi Informativi Inail – Regioni. www.inail.it
  3. Bena A, Giraudo M. Occupational injury risk in immigrant workers in Italy: differences in work characteristics and age. Epidemiol Prev 2014;38(3-4):208-18.
  4. Bena A, Giraudo M. Temporary employment and health: a multivariate analysis of occupational injury risk by job tenure. Epidemiol Prev 2013;37(1):29-34.
  5. Chellini E, Baldasseroni A, Giovannetti L, Zoppi O. A survey on fatal work accidents based on Mortality Registry data: results of the Tuscany study on INAIL and RMR cases in the period 1992-1996. Epidemiol Prev 2002;26(1):11-7.
  6. INAIL: Infor.Mo. Sorveglianza infortuni mortali e gravi. bit.ly/34mNdxE
  7. Libener M, Miotti F, Pasqualini O, Fracchia G (a cura di). Sistema di sorveglianza sugli infortuni mortali della Regione Piemonte. Rapporto sulla ricostruzione degli infortuni mortali in Regione Piemonte anni 2016-2017. Torino,ottobre 2019. Disponibile all'indirizzo: www.epi.piemonte.it/allegati/rapporto_2016_2017.pdf
  8. Pasqualini O, Libener M, Farina E, Bena A. «All of a sudden…» preventability and priorities of construction fatalities: an experience in Piedmont. Epidemiol Prev 2011;35(3-4):207-15.
  9. Fubini L, Pasqualini O, Gilardi L et al. Narratives of work injuries as a basis for improving preventive measures. Med Lav 2016;107(3):178-90.
  10. Ricketts M, Shanteau J, McSpadden B, Fernandez-Medina KM. Using stories to battle unintentional injuries: narratives in safety and health communication. Soc Sci Med 2010;70:1441-49.
  11. Silva SA, Charon R, Wyer PC. The marriage of evidence and narrative: scientific nurturance within clinical practice.J Eval Clin Pract 2011;17(4):585-93.
  12. Fubini L, Pasqualini O, Ferro E et al. Injury narratives in occupational safety and health prevention in Italy. Occupational Medicine 2019;69(7):500-03.
  13. Gruppo di lavoro «Storie di infortunio». Identificare cause e soluzioni degli infortuni lavorativi: il modello “comunità di pratica e narrazione”. Disponibile all'indirizzo: bit.ly/33ZvfRt
  14. Gilardi L, Marino M, Fubini L et al. The community of practice as a place of prevention: the value of collective knowledge in occupational safety. Med Lav 2017;108(3):222-27.
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