Rubriche
11/01/2009

I difficili rapporti tra cittadini e Servizio sanitario nazionale

La Relazione Cittadini e servizi sanitari è giunta nel 1999 alla sua terza edizione. Essa è il frutto della elaborazione delle informazioni raccolte dal servizio PiT Salute nel corso della propria attività di consulenza, assistenza e tutela dei diritti dei cittadini che incontrano problemi nella fruizione dei servizi sanitari pubblici e privati. Ciò che la distingue da altre analoghe imprese di ricerca è il legame con il punto di vista dei cittadini utenti del servizio sanitario e con le politiche volte ad assicurare riconoscimento e protezione dei loro diritti. L’intento della Relazione è quello di mettere a disposizione dati e informazioni sul rapporto tra cittadini e sistema sanitario per verificare l’impatto di politiche o programmi, per individuare priorità, per indirizzare la spesa pubblica, per orientare la programmazione regionale e la gestione delle aziende sanitarie e, naturalmente, per guidare le politiche dei cittadini. • PiT è l’acronimo di Progetto integrato di Tutela: integrato quanto a soggetti coinvolti (pubblici, privati, professionali, sociali) e a procedure utilizzate per la tutela del diritto alla salute (amministrative, giurisdizionali, sociali). Il PiT inteso come fonte di informazioni è costituito da una struttura centrale, articolata in front-linee back-office, e da un sistema di reti di cittadini e professionisti distribuiti su tutto il territorio nazionale che si attivano per la presa in carico dei casi che giungono alla osservazione del servizio, o direttamente alla sede centrale o ai punti locali delle reti. Nel periodo a cui la Relazione fa riferimento (1 giugno 1998 - 31 maggio 1999) sono giunti alla sede centrale del PiT 7.296 contatti, mentre si stima che le reti locali abbiano gestito non meno di 50.000 contatti. I dati presentati nella Relazione non hanno rilevanza dal punto di vista statistico: essi non sono, infatti, espressione di un campione rappresentativo degli utenti del SSN. Il significato dei dati sta piuttosto nella loro capacità di costituire una sorta di termometro, vale a dire di essere spie di situazioni di malessere con le quali si misurano i cittadini nel loro contatto con il servizio sanitario. Le informazioni che emergono dal PiT possono, infatti, essere utili: • per la registrazione di eventi sentinella, cioè di fatti che non dovrebbero mai accadere e il cui verificarsi, anche una sola volta, indica l’esistenza di una situazione di emergenza o in ogni caso patologica; • per la scoperta di problemi nuovi e la indicazione di linee di tendenza emergenti; • per la verifica dell’andamento di situazioni critiche per la tutela dei diritti dei cittadini. La portata delle informazioni contenute nella Relazione va valutata a partire da due considerazioni relative ai dati che normalmente sono utilizzati per analisi, interpretazioni, previsioni sulla sanità in Italia: • i dati ufficiali disponibili sono elaborati generalmente a distanza di due o tre anni dalla loro rilevazione, mentre le situazioni alle quali si riferiscono mutano rapidamente; • generalmente essi consentono una analisi sincronica, ma ciò di cui si avverte maggiore necessità è, al contrario, la disponibilità di dati e informazioni sulle linee di tendenza in atto. Sin dalla prima Relazione PiT 1996-1997, sono state individuate due grandi aree problematiche nel rapporto tra cittadini e servizi sanitari, legate rispettivamente ai problemi connessi all’accesso al servizio e a quelli relativi alla sua adeguatezza. A distanza di tre anni la scelta di esaminare elettivamente il contenuto delle segnalazioni e delle richieste di intervento facendo riferimento a quelle due grandi aree problematiche conserva intatta la sua validità. Dalla comparazione con i dati del 1997, il SSN appare più accessibile e meno adeguato, con uno spostamento delle segnalazioni relative del 10% da un’area all’altra (38% accessibilità, 58% adeguatezza). Pur registrando un miglioramento rispetto al 1997, i contatti riferibili alle questioni dell’accesso ai servizi rappresentano, da soli, ancora un terzo di tutte le segnalazioni al PiT: una percentuale troppo elevata per dichiararsi soddisfatti dei risultati raggiunti. Ancora una volta la categoria di segnalazioni che comprende gli ostacoli frapposti a una piena fruizione dei servizi (liste di attesa per l’accesso alle prestazioni di diagnostica strumentale e alle strutture per lungodegenti e per la riabilitazione) si conferma come quella percentualmente più rappresentata. Per quanto riguarda l’adeguatezza, peggiorano soprattutto la condizione delle strutture e il funzionamento dei servizi (+10%), vale a dire che aumentano le segnalazioni di disservizi negli orari di erogazione delle prestazioni, nell’accoglienza nei reparti, nella presenza di una assistenza sufficiente, nello stato e nella funzionalità degli ambulatori. La presenza di sospetti errori diagnostici e terapeutici (25,18% del totale) e la consistenza di segnalazioni sul funzionamento delle strutture (22,26%), rappresentano le due cause principali di inadeguatezza dei servizi. Altro grande capitolo indagato dalla Relazione è quello della sicurezza. La mancanza di sicurezza rappresenta uno dei principali momenti di sofferenza del nostro servizio sanitario, non solo per l’incidenza dei rischi registrati (più del 42% dei contatti, con un incremento del 16% rispetto al ‘97) ma anche per l’assenza di una politica nazionale di controllo e di messa a regime dei medesimi rischi. Va rilevato, tuttavia, che l’incremento delle segnalazioni potrebbe essere connesso al fatto che si è elevato il livello di attenzione da parte degli stessi cittadini. La graduatoria dei rischi vede al primo posto gli ostacoli all’accesso alle prestazioni (15,5%), al secondo il cattivo funzionamento dei servizi (14,8%), al terzo posto i rischi connessi all’esercizio della pratica medica (11,9%). In particolare nella pratica medica si registra una notevole ripetitività degli errori, segno di mancanza di controllo e di interventi correttivi, che fanno riferimento a specialità come l’ortopedia e la traumatologia, la chirurgia generale, l’ostetricia e la ginecologia (insieme il 43% delle segnalazioni). Anche se più snello, il sistema burocratico conferma la sua presenza pervasiva: complessivamente gli oggetti dei contatti che coinvolgono responsabilità delle amministrazioni riguarda più di 1/3 di tutte le segnalazioni, soprattutto con riferimento alla concessione di contributi, esenzioni, benefici, sui quali l’amministrazione esercita sempre un potere restrittivo e che pare utilizzare come strategia di riduzione della spesa. Tanto nella sua dimensione ospedaliera che nella sua struttura amministrativa, il servizio sanitario continua ad essere scarsamente orientato al cittadino: aumentano, infatti, le richieste di informazioni riguardanti la fruizione dei servizi, le modalità di utilizzo, i diritti acquisiti, la distribuzione territoriale e così via (intorno al 45% del totale dei contatti con il servizio). L’ospedale continua ad occupare una posizione di centralità assoluta ed è individuato, più che in passato, come l’attore principale delle richieste di intervento (36,2%) e resta, nel bene e nel male, il cuore della sanità italiana. Al contrario il territorio, che rappresenta una delle speranze per una sanità più vicina al cittadino, è ancora il grande assente, con una incidenza sul totale degli attori solo del 6,53%. Per alcune aree specialistiche si registrano situazioni decisamente critiche. L’area oncologica, per esempio, rappresenta da sola il 14,19% delle segnalazioni, con un incremento del 10% rispetto al ‘97. Essa conferma rilevanti problemi connessi all’accesso a servizi e prestazioni, comprese quelle extraospedaliere, e tempi di attesa troppo lunghi. Emerge inoltre un’area di crisi nella acquisizione dei farmaci, con un aumento del 12% delle segnalazioni rispetto al dato generale: riferite in particolare, ai farmaci per la terapia del dolore. Il fenomeno delle dimissioni forzate registra un ulteriore incremento rispetto alla media generale e al dato relativo agli anni precedenti. La percentuale di denunce per errori diagnostici è superiore alla media, mentre incidono in misura minore i contatti relativi ad errori terapeutici. L’insieme dei dati mette in luce l’esistenza, nel nostro paese, di una vera e propria questione oncologica, che non può essere ricondotta a un solo fattore di crisi, sia esso l’assistenza ai malati terminali o l’accessibilità alle cure, ma che riguarda più in generale l’assenza di una politica sulla oncologia, fatta di investimenti, di distribuzione di servizi sul territorio, di revisione dei modelli professionali, di attenzione alla prevenzione e alla diagnosi precoce. Altra area di crisi è quella delle patologie croniche: anche per essa si rilevano problemi legati all’accesso ai servizi e prestazioni ospedaliere e assistenziali di gran lunga superiori (+11,47%) al dato generale, che mettono in evidenza lo scarto tra il numero crescente di malati cronici e la quantità di servizi offerti, insufficienti e mal distribuiti. Si registra inoltre un incremento di questioni relative alla esistenza di ostacoli di natura economica e finanziaria, legato per lo più alle esenzioni e al pagamento dei ticket. Emerge, più che in altre aree, l’esistenza di una vera e propria situazione di crisi per quanto riguarda l’accesso ai farmaci (+9,16% rispetto al dato generale). Si conferma, infine, l’esistenza di una questione rilevante riguardante il problema delle dimissioni forzate, ingiustificate, premature. Dalla analisi complessiva dei dati emergono alcune buone notizie, ma anche tanti problemi aperti e irrisolti, dietro ai quali si nascondono questioni annose: i mancati investimenti, l’impostazione ospedalocentrica, le inadempienze, le mancate risposte. Restano ancora prive di risposte adeguate questioni come le liste di attesa, la qualità delle prestazioni, la sicurezza delle strutture, la carenza della medicina sul territorio, la questione oncologica, la situazione dei malati cronici. È evidente che non è semplice trovare risposte adeguate a tutti i problemi sollevati dai cittadini, ma di certo ciò non potrà avvenire senza la costruzione di un nuovo modo di governare la sanità, attraverso la selezione di alcuni obiettivi prioritari: la riforma delle professioni, soprattutto mediche, come strumento culturale ormai imprescindibile; la costruzione di un federalismo improntato alla logica dei diritti e al ruolo attivo dei cittadini a garanzia della equità e dell’universalismo dei servizi; la lotta alla burocrazia e alle logiche centraliste e autoreferenziali; la ricerca di nuove risorse, tecniche e finanziarie, ma anche umane, in grado di rendere il sistema più sicuro e sostenibile.

 

Tribunale per i diritti del malato

Il Tribunale per i diritti del malato è una iniziativa di Cittadinanza attiva-Mfd, nata nel 1980 per tutelare i diritti dei cittadini nell’ambito dei servizi sanitari e assistenziali e per contribuire, al livello nazionale e internazionale, a una più umana e razionale organizzazione del servizio sanitario. Il Tribunale è costituito da cittadini comuni, ma anche da operatori dei diversi servizi e da professionisti, che si impegnano a titolo volontario. Esso opera mediante circa 500 punti-rete, presenti sul territorio nazionale; più di 10.000 cittadini attivi negli ospedali e nei servizi territoriali; 19 coordinamenti regionali; una struttura centrale, che coordina le attività della rete, promuove le iniziative nazionali e gestisce PiT Salute. L’attività del Tdm è volta alla ricerca di tutte le soluzioni utili a rimuovere situazioni di sofferenza inutile e di ingiustizia e non esclude la protesta pubblica e il ricorso all’autorità giudiziaria, ma privilegia l’esercizio dei poteri di interpretazione delle situazioni, di mobilitazione delle coscienze, di eliminazione degli intoppi istituzionali e infine di conseguimento immediato dei cambiamenti materiali della realtà che permettono il soddisfacimento dei diritti violati. Fanno parte integrante dell’attività del Tribunale la promozione e la realizzazione di politiche orientate a far valere il punto di vista dei cittadini nella riforma del welfare sanitario.

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