Farmacoepidemiologia in pillole: metodi classici e avanzati per studiare l’aderenza al trattamento farmacologico
Introduzione
L’aderenza terapeutica è definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come «il grado in cui il comportamento di una persona – nell’assumere farmaci, seguire una dieta e/o apportare cambiamenti allo stile di vita – corrisponde alle raccomandazioni concordate con l’operatore sanitario». L’aderenza è un aspetto fondamentale per garantire il successo di un percorso terapeutico-assistenziale ed è consolidato come un’aderenza ridotta abbia effetti sugli esiti clinici, sulla qualità di vita del paziente e sulla sostenibilità del sistema sanitario. Ha un alto impatto in termini di sanità pubblica ed è, quindi, importante quantificarla e descriverne l’andamento per poter pianificare interventi mirati qualora non fosse ottimale.
Con aderenza al trattamento farmacologico, in particolare, ci si riferisce al conformarsi del paziente alla raccomandazione clinica nell’assumere il farmaco con tempi, dosi e frequenza, per l’intero ciclo terapeutico. Negli studi di farmacoepidemiologia condotti su dati amministrativi è possibile quantificare l’aderenza al trattamento farmacologico.
Metodi classici per il calcolo dell’aderenza
A partire dalle dispensazioni farmacologiche contenute nei flussi amministrativi, si calcolano i giorni di terapia di ciascuna dispensazione utilizzando la dose definita giornaliera (in inglese, Defined Daily Dose, DDD). La DDD è definita per la maggior parte delle molecole dall’OMS e rappresenta la «dose di mantenimento giornaliera media di un farmaco utilizzato per la sua indicazione principale nell’adulto». Solitamente, si calcola l’aderenza per ciascun soggetto utilizzando due misure: la proporzione di giorni coperti (in inglese, proportion of days covered, PDC) e il rapporto di possesso di farmaci (in inglese, medication possession ratio, MPR). La prima consiste nel numero di giorni di terapia sul totale dei giorni osservati, mentre la seconda nella somma di tutti i giorni di terapia sul totale dei giorni osservati. Le due definizioni sembrano equivalersi, ma il numero di giorni di terapia (utilizzati nel calcolo della PDC) non è uguale alla somma dei giorni di terapia (utilizzati nel calcolo dell’MPR): infatti, l’MPR, a differenza della PDC, tiene conto di eventuali sovrapposizioni di giorni di terapia, restituendo valori di aderenza anche superiori al 100%. Solitamente, l’aderenza viene riassunta per ciascun soggetto come un unico valore su tutto il periodo di osservazione e ulteriormente come singolo valore su tutti i soggetti appartenenti a una popolazione in studio (media o proporzione di soggetti con valori di aderenza al di sopra di una soglia definita). L’aderenza è, però, un fenomeno dinamico che può mostrare variabilità tra soggetti all’interno di una stessa popolazione, ma anche intra-soggetto durante il periodo di osservazione. Facciamo un semplice esempio: il soggetto A ha un’aderenza del 100% nel primo mese di utilizzo, del 50% nel secondo e nulla nel terzo; il soggetto B ha un’aderenza del 50% in tutti e tre i mesi; il soggetto C ha un’aderenza nulla nel primo mese, pari al 50% nel secondo e al 100% nel terzo mese. Riassumendo questi tre scenari attraverso un’unica misura sintetica relativa all’intero periodo di follow-up, otterremmo sempre un valore pari al 50%, che andrebbe a mascherare tre comportamenti molto diversi tra loro (A: riduzione dell’aderenza; B: aderenza costante; C: aumento dell’aderenza).
Da qui, l’esigenza di introdurre strumenti che permettano di cogliere la variabilità temporale del fenomeno, ovvero strumenti basati su traiettorie temporali.
Metodi avanzati per il calcolo dell’aderenza
Gli approcci utilizzati in letteratura sono diversi e posti bene a confronto in una revisione pubblicata su Clinical Epidemiology.1 La traiettoria identifica un gruppo di soggetti simili tra loro e diversi da quelli inclusi in un altro gruppo; descrive l’andamento di una qualsiasi misura ripetuta nel tempo. Esistono metodi non parametrici in cui non viene fatta alcuna assunzione sulla distribuzione dei dati di cui si vuole definire la traiettoria e l’attribuzione dei soggetti al gruppo viene fatta sulla base di una misura di dissimilarità. Tra questi, troviamo la classica analisi dei gruppi (in inglese, cluster analysis). Di solito, questa analisi viene impiegata in studi in cui si ha un’unica misura, ma può essere utilizzata anche in studi in cui si hanno misure ripetute nel tempo, andando però a perdere la sequenza temporale all’interno di ciascun soggetto, perché il raggruppamento viene fatto a ogni tempo. Come mostrato in figura 1, i pazienti A e B sembrano avere un comportamento simile in termini di aderenza, ovvero il loro pattern sembra essere molto simile (andamento intermittente dopo una prima fase di alta aderenza seguita da un’interruzione) e, in un ipotetico raggruppamento, dopo il primo mese di osservazione (in cui hanno entrambi un’alta aderenza), potrebbero far parte di gruppi diversi a ogni tempo (alta aderenza per il paziente A e bassa per il paziente B al 2° mese, bassa aderenza per A e media per B al 3° mese, media aderenza per A e bassa per B al 4° mese e così via).
Esistono metodi parametrici che superano questo problema e tengono conto del fatto che le misure possano essere ripetute nel tempo. Tra questi, il più diffuso e applicato è il Group Based Trajectory Modeling (GBTM).2 Dopo aver scelto il numero di gruppi e la forma ipotetica dell’andamento di ognuno (lineare, quadratica e così via) sulla base del modello che meglio si adatta ai dati, si calcola, per ogni soggetto, la probabilità condizionata di appartenere a un certo gruppo, assegnando poi il soggetto sulla base del valore massimo di questa probabilità. Questo metodo richiede, da un lato, di fare un assunto sulla distribuzione dei dati di cui si vuole definire la traiettoria, dall’altro, consente di tenere conto di eventuali fattori confondenti. È possibile applicare questo metodo usando il plugin traj in Stata3 e la funzione traj di SAS.4
Esistono anche metodi non parametrici che tengono conto ancora una volta del fatto che le misure possono essere ripetute e che non richiedono alcuna assunzione sulla distribuzione, ma che non considerano eventuali confondenti. Per esempio, nel 2004, sul Journal of Clinical Epidemiology è stato proposto, da un gruppo di ricercatori canadesi, un metodo a tre passi per l’identificazione di pattern longitudinali di variazione negli indicatori sanitari di tipo quantitativo.5 Questo metodo prevede la conduzione di un’analisi dei gruppi, che viene però preceduta dal calcolo di alcune misure statistiche riassuntive degli andamenti individuali e da un’analisi delle componenti principali per selezionare le misure che spiegano la maggior parte di variabilità del fenomeno. In questo modo, l’analisi dei gruppi viene condotta sulle misure statistiche calcolate e non direttamente sulle misure individuali ripetute della variabile di interesse, superando il limite dell’analisi dei cluster classica sopra descritto. Per l’applicazione del metodo è disponibile il pacchetto traj del software R.6
Discussione
Tutti i metodi sopra descritti, oltre ai limiti e ai vantaggi specifici di ciascuno di essi, condividono un problema comune: la necessità di specificare il numero di gruppi in input, unita alla mancanza di un accordo sulla metodologia ottimale per l’individuazione di tale numero. È necessario trovare l’equilibrio tra l’interpretabilità da un lato, mantenendo limitato il numero di gruppi, e la maggiore ricchezza di informazione dall’altro, incrementandolo. Inoltre, abbiamo descritto metodi classici e avanzati per stimare l’aderenza al trattamento farmacologico utilizzando le DDD per il calcolo della copertura terapeutica. Si comprende, quindi, come questo calcolo dell’aderenza si discosti dalla definizione di aderenza data dall’OMS e consista, piuttosto, in una stima dell’utilizzo del farmaco. Uno dei metodi alternativi all’uso della DDD nel calcolo della copertura è quello della distribuzione dei tempi di attesa (in inglese, Waiting time distribution, WTD), proposto da Støvring et al.7 Fissata una finestra temporale qualsiasi, si osserva il tempo che i soggetti impiegano per avere la prima dispensazione entro questa finestra. Si stimano i parametri di questa distribuzione per poi predire la durata della singola dispensazione come k% percentile (per esempio, 80%) della inter-arrival density (IAD), cioè la distribuzione dei tempi tra una dispensazione e la consecutiva. Tale valore si interpreta come il tempo necessario affinchè l'80% della popolazione riceva una nuova dispensazione successiva alla precedente. Questo metodo di calcolo della durata di una dispensazione sembra essere molto promettente e richiede un approfondimento a parte.
In conclusione, l’applicazione di tali metodi potrebbe contribuire all’identificazione di gruppi con un’aderenza subottimale, consentendo, quindi, interventi mirati, portando a un utilizzo efficiente delle risorse. Si è osservato, infatti, che gli interventi volti a migliorare l’aderenza al trattamento mostrano risultati in termini di incremento di aderenza nella maggior parte dei soggetti8,9 e che l’incremento è più marcato se l’intervento è mirato ai soggetti con aderenza subottimale10, rispetto alla popolazione generale11, portando a un risparmio nei costi totali e, quindi, a una maggiore disponibilità di risorse da redistribuire nella sanità pubblica.
Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.
Bibliografia
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