Epigenetica e inquinamento dell’aria: un argomento “caldo”
Non solo traffico
Probabilmente la maggior parte di noi ha ancora la ferma convinzione che siano il traffico e le auto i principali colpevoli dell’inquinamento atmosferico. Ancora oggi, infatti, nell’opinione pubblica e nel dibattito politico-istituzionale, il tema dell’inquinamento atmosferico nelle città italiane è associato in maniera prevalente al settore della mobilità e dei trasporti motorizzati.
Oggi si può, tuttavia, asserire che il traffico non la fa da padrone incontrastato: negli inverni rigidi, una fonte altrettanto importante dell’inquinamento da particolato atmosferico, come spiegano i dati degli inventari emissivi delle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, è la combustione non industriale, di cui fa parte anche il riscaldamento delle abitazioni (pellet e legna sono da annoverare tra i principali responsabili). Una notizia apparentemente inaspettata. Ma c’è una spiegazione a questo dato?
Sì, ed è semplice: negli ultimi decenni sono stati fatti importanti passi avanti nella riduzione delle emissioni dovute ai trasporti su strada, alla produzione di energia e alla combustione industriale1 grazie a provvedimenti normativi e allo sviluppo di nuove tecnologie per la riduzione delle emissioni inquinanti. Occorrerà naturalmente continuare a procedere in questa direzione, per esempio sviluppando un sistema dei trasporti sempre più sostenibile, ma sono già evidenti i primi risultati della strada intrapresa. Il risultato è che i camini delle nostre abitazioni e uffici, nella stagione fredda, contribuiscono in modo importante alle emissioni di particolato atmosferico, monossido di carbonio e ossidi di azoto. Questo anche perché in Italia il 56% degli edifici è nella classe energetica più bassa e solo il 2% in classe A. Un dato che fa riflettere. Ecco allora la necessità di far emergere, a fianco del concetto di mobilità sostenibile, anche quello di riscaldamento sostenibile.
L’impatto dell’inquinamento sulla nostra salute e i meccanismi molecolari
Nelle ultime settimane, in linea con quanto frequentemente succede in Italia nel periodo invernale, numerose sono state le giornate “fuori legge” per quanto riguarda i livelli di particolato nell’aria.
Il 19 ottobre, la Commissione Lancet su inquinamento e salute ha fornito la prima analisi globale completa degli impatti sanitari ed economici di tutte le forme di inquinamento (aria, acqua, suolo, occupazione).2 Il risultato emerso da questa indagine è che l’inquinamento costa all’economia globale 4,6 trilioni di dollari l’anno e ha provocato 9 milioni di morti nel 2015, soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito (92%). In particolare, l’inquinamento dell’aria ha determinato 6 milioni di morti. I numerosi studi epidemiologici a oggi disponibili mostrano che l’inquinamento, soprattutto la componente particolata, ha un grande impatto sulla salute ed è responsabile in particolare di patologie cardiovascolari e respiratorie.3
L’inquinamento non colpisce tutti allo stesso modo. Esistono categorie di soggetti maggiormente vulnerabili, come anziani, bambini, donne in gravidanza, pazienti con patologie croniche o portatori di polimorfismi genetici che possono incrementare la suscettibilità ad alcune componenti.
Inoltre, il particolato si comporta in modo diverso a seconda della sua dimensione: più le particelle sono piccole, tanto più facilmente possono penetrare nell’albero respiratorio.
Se, da un lato, sembra ormai consolidata l’ipotesi che le risposte infiammatorie a livello polmonare e parenchimale osservate dopo l’esposizione al particolato dell’aria possano costituire gli eventi scatenanti della cascata di eventi che ha come effetto l’aumento di patologie, l’esatto meccanismo patogenetico resta a oggi sconosciuto. Tuttavia, in questo contesto, un ruolo chiave è sicuramente svolto dai meccanismi epigenetici. Accanto ai polimorfismi genetici che modificano gli effetti dell’esposizione all’inquinamento, anche le differenze a livello epigenetico, sia congenite sia acquisite nel corso della vita, possono determinare una maggiore o minore suscettibilità agli insulti ambientali. Ma non si tratta di una corrispondenza univoca: se è vero che le differenze a livello epigenetico possono determinare una maggiore o minore suscettibilità all’inquinamento, è altrettanto vero che l’inquinamento stesso agisce sui meccanismi epigenetici modificando l’espressione genica.
Inquinamento e metilazione del dna
A oggi, il meccanismo epigenetico probabilmente più noto è quello della metilazione del DNA. La metilazione del DNA comporta l’aggiunta di un gruppo metile (-CH3) alla citosina di un dinucleotide CpG. Poiché il genoma dei mammiferi è altamente metilato, perché questo ne accresce la stabilità, e poiché la metil-citosina tende spontaneamente alla deaminazione, che la trasforma in un uracile (poi riparato dalla cellula in timina), il dinucleotide CpG risulta essere poco rappresentato nel DNA. Eccezione a questa regola è data da alcune zone del genoma che prendono il nome di “isole CpG”, solitamente abbondanti in regioni regolative e promotori dei geni eucariotici e solitamente non metilate. In molti processi patologici si osserva, invece, una metilazione di alcune di queste isole che determina un silenziamento del gene corrispondente. Un promotore metilato non è accessibile a tutto quel complesso macchinario responsabile della trascrizione del gene stesso in RNA messaggero (mRNA), cioè nel suo prodotto funzionante.
Modificazioni nella metilazione del DNA sono state consistentemente associate all’esposizione a particolato atmosferico, con effetti sia a breve (esposizioni di pochi giorni prima) sia a lungo termine (esposizioni semestrali/annuali).3-5
I geni correlati all’infiammazione e allo stress ossidativo sono probabilmente i primi a modificarsi in seguito all’esposizione a inquinanti, anche se in letteratura non mancano evidenze che coinvolgono numerosi pathway. Esistono, inoltre, modificazioni più strutturali, che comportano la modificazione della metilazione globale del DNA, a carico soprattutto delle sequenze ripetute del nostro DNA, cioè non codificanti, altamente ripetute e conservate, che sono presenti nel nostro organismo. La metilazione degli elementi ripetuti (i più noti sono gli elementi Alu e LINE-1) permette di stimare i livelli di metilazione complessiva del nostro genoma e avere un’indicazione di quanto la cromatina sia compatta e, di conseguenza, stabile. Una metilazione globale bassa si traduce, infatti, in una cromatina lassa, con alto rischio di rotture o riarrangiamenti cromosomici.
Ciò che rende la metilazione del DNA particolarmente suggestiva è la sua reversibilità. Laddove la mutazione in un gene, quando sfugge ai meccanismi di riparo della cellula, rappresenta un cambiamento indelebile nella sequenza e nella produzione di un mRNA che può comportare conseguenze molto profonde, la metilazione dello stesso gene può determinare una modificazione transitoria. L’enzima responsabile della metilazione de novo è noto da tempo. Si tratta di una particolare classe di DNA metiltrasferasi (DNMT3a e DNMT3b) in grado di attaccare un gruppo metile senza un DNA templato metilato. Più recente è, invece, la scoperta di un’ulteriore classe di enzimi (Ten-Eleven Translocation, TET) in grado di demetilare attivamente il DNA catalizzando la conversione della 5-metilcitosina (5-mC) in 5-idrossimetilcitosina (5-hMC) e, in seguito, citosina non modificata.6
Potremmo quasi pensare alla metilazione come a un’iniziale forma di adattamento della cellula, che in seguito a questa sua modificazione è in grado di sopravvivere in un ambiente ostile (per esempio, con alti livelli di inquinamento). Una volta rimosso lo stimolo, il pattern di metilazione può potenzialmente essere ripristinato.
Non va, tuttavia, dimenticato che la nostra epigenetica è il risultato delle modificazioni indotte dal nostro stile di vita nel suo complesso (dieta, fumo, alcol, stress, occupazione eccetera). Nel frattempo, occorre informare e sensibilizzare sulla necessità di ridurre, ciascuno per come può, le emissioni inquinanti per rendere il nostro Paese un luogo più sano.
Bibliografia
- Cattani G, Bernetti A, Caricchia AM et al. Analisi dei trend dei principali inquinanti atmosferici in Italia (2003-2012). Rapporti 203/2014. Roma, ISPRA, 2014. Disponibile all’indirizzo: http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/analisi-delle-serie-storiche-dei-principali-inquinanti-atmosferici-in-italia-2003-2013-2012
- Atkinson RW, Kang S, Anderson HR, Mills IC, Walton HA. Epidemiological time series studies of PM2.5 and daily mortality and hospital admissions: a systematic review and meta-analysis. Thorax 2014;69(7):660-65.
- Landrigan PJ, Fuller R, Acosta NJR et al. The Lancet Commission on pollution and health. Lancet 2017. pii:S0140-6736(17)32345-0.
- Tobaldini E, Bollati V, Prado M et al. Acute particulate matter affects cardiovascular autonomic modulation and IFN-gamma methylation in healthy volunteers. Environ Res 2018;161:97-103.
- Dai L, Mehta A, Mordukhovich I et al. Differential DNA methylation and PM2.5 species in a 450K epigenome-wide association study. Epigenetics 2017;12(2):139-48.
- Nwanaji-Enwerem JC, Colicino E, Trevisi L et al. Long-term ambient particle exposures and blood DNA methylation age: findings from the VA normative aging study. Environ Epigenet 2016;2(2).
- De Carvalho DD, You JS, Jones PA. DNA methylation and cellular reprogramming. Trends Cell Biol 2010;20(10):609-17.
Glossario
- Metilazione del DNA: aggiunta di un gruppo metile (-CH3) in particolari regioni del genoma a opera di enzimi chiamati DNA metiltransferasi (DNMT).
- Genoma: corredo dei cromosomi di una cellula, con i geni in essa contenuti.