Rubriche
07/03/2012

Causalità, didattica e cambiamento climatico

L’epidemiologia ha costruito un corpus di conoscenze che trasmettono i metodi in modo rigoroso e standardizzato. Esistono manuali, corsi e master e dunque non è un problema insegnare bene l’epidemiologia. Più difficile è avventurarsi sul terreno di nuove discipline, frutto dei rapidi cambiamenti in corso nel mondo. Per esempio, a Londra insegno Global Health, ma manca una definizione formale di cosa sia la “salute globale”. È una disciplina legata alla globalizzazione e include fenomeni come la salute dei migranti, la trasformazione industriale dell’alimentazione e i suoi effetti planetari, lo scompiglio sociale creato dai nuovi lavori precari sotto retribuiti e, ovviamente, il cambiamento climatico. Come insegnare il cambiamento climatico in relazione alla salute?

Le difficoltà concettuali si moltiplicano: (a) non sono possibili esperimenti, tanto meno randomizzati; (b) la ricostruzione della catena causale è aleatoria; (c) i possibili effetti indiretti sono talmente tanti e diversi che districare le catene causali plausibili da quelle implausibili è problematico; (d) il ricorso a conoscenze sui meccanismi a supporto della causalità non si applica necessariamente al cambiamento climatico.

Partiamo dall’ultimo punto. Federica Russo ha sistematizzato il concetto di causalità in epidemiologia con la Teoria di Russo-Wilkinson,1 secondo cui la causalità viaggia sui due binari del difference-making e della spiegazione attraverso il ricorso ameccanismi. Per esempio, se uno studio longitudinale evidenzia un eccesso di angiosarcomi del fegato negli esposti a una sostanza chimica (difference-making), la plausibilità biologica della osservazione è rafforzata da un bagaglio di osservazioni nelle cellule, negli animali da esperimento e su biomarcatori, che ricostruiscono la sequenza di eventi dalla esposizione all’insorgenza del cancro.

Le teorie della causalità si sono sviluppate attraverso la fisica e lo studio di sistemi chiusi e deterministici. La fisiologia si è ispirata a essa istituendo sistemi sperimentali chiusi, in cui la causa esterna è spesso lo stesso agente sperimentatore. La patologia ha scoperto la natura elusiva delle relazioni causa-effetto, per l’elevata variabilità individuale e la presenza di meccanismi di riparazione e di “riserva biologica”. L’epidemiologia ha introdotto sistematicamente la dimensione probabilistica ma ha mantenuto un riferimento alla biologia e ai meccanismi, come sostiene Russo-Wilkinson.

Il cambiamento climatico e lo studio delle sue conseguenze richiedono però modelli ancora più complessi, differenti rispetto a tutti i precedenti: (a) non sono e non possono essere modelli causali chiusi come in fisiologia; (b) non esiste necessariamente il concetto di “riserva biologica” (per cui gli effetti generalmente non sono lineari rispetto all’entità della esposizione alla causa); (c) le variabili confondenti sono molteplici e non sono possibili esperimenti. Il grado di regolarità delle osservazioni si è indebolito passando dalla fisica alla fisiologia, alla patologia, all’epidemiologia e ora al cambiamento climatico.

Per gli effetti sulla salute del cambiamento climatico o del built environment parlare di confondenti diventa difficile, perché è quasi impossibile isolare catene causali semplici distinte da perturbazioni o confondimenti. L’idea stessa di confondimento va quindi rivista. Inoltre i meccanismi che mediano l’eventuale relazione causale sono sconosciuti o quantomeno difficili da sistematizzare.

Meccanismi diversi, come una guerra dovuta all’inaridimento del suolo e alla crisi dell’agricoltura o una migrazione di massa di branchi di pesci, influiscono egualmente sulla salute di migliaia di individui. L’insegnamento degli effetti del cambiamento del clima esaspera le difficoltà dell’epidemiologia e non esiste ancora un corpus di conoscenze sufficientemente consolidato. Probabilmente l’epidemiologia deve confrontarsi con un paradigma causale diverso: non più quello del difference-making, associato allo studio dei meccanismi,ma un paradigma più incentrato sulle serie temporali e la descrizione di trend, preso a prestito dall’economia e dalle scienze sociali. Su questo torneremo in seguito.

  1. Si veda il bel libro di PM Illari, F Russo, J Williamson: Causality in the Sciences. Oxford Univesity Press, Oxford, 2011

Nota

Questi due link consentono di accedere (a) a parte dei materiali del Corso di Global Health per studenti di Medicina dell’Imperial College (http://www1.imperial.ac.uk/publichealth/education/undergrad/bscglobalhealth/coursecontents/) e (b) a una breve introduzione alla Global Health che include materiale sul cambiamento climatico qui allegata.

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