Rubriche
11/08/2018

Cancro e neurodegenerazione: due manifestazioni antagoniste della senescenza?

L’invecchiamento è un destino inevitabile di molti esseri viventi e rappresenta una fase della vita che si accompagna a una grande quantità di eventi negativi che, nel loro insieme, caratterizzano il fenomeno della senescenza. La senescenza, a livello cellulare, si caratterizza come un arresto della capacita di riprodursi della cellula stessa e, a livello dell’individuo, è sinonimo di una perdita, dipendente dall’età, della capacità di adattarsi all’ambiente. I meccanismi di adattamento all’ambiente, come tutti i fenomeni biologici, sono regolati da processi che hanno origine dai geni e che sono soggetti alla selezione naturale. La selezione naturale tende a facilitare la trasmissione di varianti geniche che meglio favoriscono la vita, o meglio ,la nostra vitalità, e a eliminare quelle che la contrastano. Il nostro DNA è, infatti, soggetto a continue modificazioni dovute a mutazioni spontanee o indotte dall’ambiente e la selezione naturale contrasta la trasmissione alle generazioni successive delle mutazioni con effetti negativi per la vita dell’individuo e favorisce, invece, la trasmissione di quelle con effetti positivi. Ci si domanda allora come mai un processo biologico inevitabile quale la senescenza, geneticamente determinato e negazione intrinseca della vita e della sopravvivenza, sia sfuggito al meccanismo selettivo naturale. In altre parole, come è possibile che meccanismi biologici che, selezionati per supportare la vita, divengano nell’età anziana non solo insufficienti per questo compito, ma addirittura causa della sua negazione? A questa domanda rispondono alcune teorie scientifiche che sono e sono state anche sottoposte a prove di evidenza scientifica.

Definire l’invecchiamento

Una prima difficoltà la incontriamo nel definire che cos’è l’invecchiamento. La definizione più soddisfacente è che l’invecchiamento è la condizione nella quale la probabilità di morire aumenta progressivamente (esponenzialmente) con l’età. Un possibile suggerimento per il nostro quesito è che, nell’uomo, pur in presenza della selezione naturale, esiste un’età oltre quale la probabilità di sopravvivere è minore della probabilità di avere trasmesso un qualunque gene alla progenie. In questo senso, in condizioni di invecchiamento la selezione naturale troverebbe limiti di efficienza insormontabili. Più specificamente, geni negativi per la sopravvivenza, quali quelli della senescenza, esprimendosi nelle fasi avanzate della vita sfuggono alla selezione naturale e le mutazioni che esercitano un’azione negativa nelle fasi avanzate della vita possono risentire di meno o affatto dei meccanismi selettivi ed essere trasmesse alle generazioni successive. Dato, poi, che le mutazioni che si possono realizzare nel corso della vita delle popolazioni sono innumerevoli, si può anche ipotizzare che innumerevoli siano i geni o le caratteristiche del nostro patrimonio genetico che insieme concorrono a determinare la senescenza. È questa la teoria dell’accumulo delle mutazioni, cioè che mutazioni negative per la vita dell’individuo che si esprimono nell’età anziana sono destinate ad accumularsi nelle popolazioni e nei singoli individui. Oltre a questa, un’altra teoria, non necessariamente in contraddizione, potrebbe spiegare la senescenza: si tratta della cosiddetta teoria del pleiotropismo antagonistico. Potrebbero esistere dei geni pleiotropici che esercitano un’azione positiva nel corso delle prime fasi della vita e un’azione negativa di uguale intensità nelle sue fasi avanzate. La trasmissione di questi geni pleiotropici nel corso delle generazioni sarebbe favorita dalla selezione naturale per il loro effetto benefico, che si realizza precocemente, e non sarebbe contrastata, poiché gli effetti negativi si esercitano nelle età avanzate, dunque quando la selezione naturale è debole, se non assente. Una conseguenza di questa teoria è che pochi geni pleiotropici, a differenza della teoria dell’accumulo di mutazioni, sarebbero sufficienti a spiegare il fenomeno della senescenza.1

Le caratteristiche della senescenza

È necessario provare a definire in termini scientificamente esplorabili la senescenza. Un modo semplice è quello di valutare le dinamiche di mortalità delle popolazioni anziane. Le tre principali cause di morte dell’anziano sono le malattie vascolari, i tumori e le malattie neurodegenerative, prima fra tutte la malattia di Alzheimer (AD) (figura 1). Tutte e tre le malattie hanno un andamento che cresce in modo esponenziale con l’età e possono essere considerate patologie legate all’invecchiamento. Essendo, poi, le più frequenti manifestazioni negative dell’invecchiamento, è possibile considerare le tre malattie come caratteristiche essenziali della senescenza stessa.

Il tumore si realizza quando la riproduzione cellulare avviene senza controllo, mentre la malattia di Alzheimer, e più in generale la neurodegenerazione, ha come base patogenetica la morte delle cellule neuronali incapaci di riparare il danno del tessuto nervoso attraverso la riproduzione cellulare. In questo senso, tumore e neurodegenerazione rappresentano due processi patologici paradigmaticamente opposti, ma che caratterizzano un unico fenomeno, quello della senescenza.  
Le principali e più frequenti malattie neurodegenerative dell’anziano sono la malattia di Alzheimer e la malattia di Parkinson e vi sono evidenze epidemiologiche di una relazione inversa di occorrenza con i tumori.

Cancro e neurodegenerazione

Una metanalisi di 29 studi che hanno valutato la frequenza di cancro in persone con malattia di Parkinson (PD) supporta la conclusione che l’incidenza di cancro è ridotta del 30% nelle persone con PD rispetto alla popolazione generale.2 Nonostante gli studi su AD e cancro siano più recenti, sono stati già oggetto di una metanalisi.3 Un primo studio del 2005 riporta un rischio relativo di 0,39 di cancro in persone con demenza e un rischio di demenza in persone con cancro di 0,40.4,5 Nel 2012, viene pubblicato lo studio che riporta i risultati del Framingham Study,6 con un rischio relativo di 0,29 di cancro nelle persone con AD e un rischio relativo di 0,67 di AD nelle persone con cancro. Nel 2013, viene pubblicato il nostro studio su una popolazione di circa un milione di abitanti residenti nella ex ASL di Milano 1 che riporta una riduzione del 43% di cancro nelle persone con AD e del 33% di AD nelle persone con cancro.7 A questi tre studi ne sono seguiti altri che hanno confermato i risultati originari, ma non si può escludere che si tratti di un effetto del publication bias. Si tratta, in ogni caso, di studi osservazionali e dobbiamo tenere conto di alcune possibili distorsioni. Una prima distorsione è legata alla possibile sottostima dell’occorrenza di una seconda patologia nelle persone con cancro o AD legata alla loro ridotta sopravvivenza; una seconda distorsione potrebbe derivare dal fatto che una seconda malattia può essere sottodiagnosticata in persone affette da cancro o AD, in quanto ogni sintomo o segno di una nuova malattia può essere più facilmente attribuito alla prima malattia diagnosticata.8 Come esempio, si può ragionevolmente supporre che un qualunque sintomo cognitivo in una persona con cancro sarà più facilmente interpretato come un effetto indesiderato delle chemioterapie piuttosto che come effetto di un processo neurodegenerativo in atto.9 A queste problematiche metodologiche ha dato una qualche risposta il nostro studio italiano tramite la valutazione del rapporto fra AD e cancro nei sottogruppi di popolazione che erano sopravvissuti o non sopravvissuti all’intero periodo di follow-up e la valutazione dell’incidenza di cancro e AD nei periodi che avevano preceduto e seguito la diagnosi della malattia indice.7
Possiamo ora cercare di interpretare, o forse solo narrare, il rapporto inverso di occorrenza nell’ambito più generale di invecchiamento, di senescenza e delle teorie che tentano di spiegare questi processi. Se AD e cancro sono manifestazioni della senescenza, possiamo anche interpretarli alla luce del pleiotropismo genetico, che potrebbe spiegare la senescenza stessa. Il cancro o, più in generale, una predisposizione genetica a favorire la riproduzione cellulare favorisce anche la riparazione dei tessuti; per questo alcuni oncogeni potrebbero essere stati positivamente selezionati nel corso dell’evoluzione. La loro controparte negativa è, però, lo sviluppo di tumori nell’età anziana, quando gli effetti della selezione naturale sono deboli o assenti. Ma il controllo della crescita neoplastica è intimamente legato all’attivazione di processi di senescenza cellulare, che a loro volta sono alla base dei processi patogenetici della neurodegenerazione.10,11 La predisposizione genetica alla senescenza cellulare rappresenta, pertanto, un fattore favorevole, in quanto promuove il controllo della crescita cellulare neoplastica. Ma questa caratteristica genetica, favorevole nelle età giovani-adulte, selezionata positivamente dalla selezione naturale, comporta una controparte negativa nelle età anziane, quando la selezione naturale è debole o assente, in termini di neurodegenerazione. In conclusione, l’osservazione nell’uomo di un’occorrenza inversa fra cancro e neurodegenerazione sembra fornire supporto alla teoria del pleiotropismo antagonista come spiegazione del processo di senescenza che accompagna ed è inestricabilmente legato all’invecchiamento. Cancro e neurodegenerazione sono state fin qui considerate entità separate e forse un nuovo approccio sintetico all’interno dei meccanismi che regolano il nostro invecchiare potrebbe aprire nuove prospettive non solo per la conoscenza scientifica, ma anche per le molte problematiche mediche, sociali ed etiche che riguardano gli anziani.

Bibliografia

  1. Kirkwood TBL, Austad SN. Why do we age? Nature 2000;408(6809):233-38.
  2. Bajaj A, Driver JA, Schernhammer ES. Parkinson’s disease and cancer risk: a systematic review and meta-analysis. Cancer Causes Control 2010;21(5):697-707.
  3. Catalá-López F, Crespo-Facorro B, Vieta E, Valderas JM, Valencia A, Tabarés-Seisdedos R. Alzheimer’s disease and cancer: current epidemiological evidence for a mutual protection. Neuroepidemiology 2014;42(2):121-22.
  4. Roe CM, Behrens MI, Xiong C, Miller JP, Morris JC. Alzheimer disease and cancer. Neurology 2005;64(5):895-98.
  5. Roe CM, Fitzpatrick AL, Xiong C et al. Cancer linked to Alzheimer disease but not vascular dementia. Neurology 2010;74(2):106-12.
  6. Driver JA, Beiser A, Au R et al. Inverse association between cancer and Alzheimer’s disease: results from the Framingham Heart Study. BMJ 2012;344:e1442.
  7. Musicco M, Adorni F, Di Santo S et al. Inverse occurrence of cancer and Alzheimer disease: a population-based incidence study. Neurology 2013;81(4):322-28.
  8. Bennett DA, Leurgans S. Is there a link between cancer and Alzheimer disease? Neurology 2010;74(2):100-01.
  9. Hutchinson AD, Hosking JR, Kichenadasse G, Mattiske JK, Wilson C. Objective and subjective cognitive impairment following chemotherapy for cancer: a systematic review. Cancer Treat Rev 2012;38(7):926-34.
  10. Campisi J, Andersen JK, Kapahi P, Melov S. Cellular senescence: a link between cancer and age-related degenerative disease? Semin Cancer Biol 2011;21(6):354-59.
  11. Campisi J. Cancer and ageing: rival demons? Nat Rev Cancer 2003;3(5):339-49.
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