Rubriche
11/12/2017

Cancro e lavoro: stime di impatto mondiali

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Di cancro da lavoro si continua a morire. Il 16 settembre sono state pubblicate su Lancet le ultime stime dell’impatto dell’esposizione a cancerogeni occupazionali a livello mondiale, riferite all’anno 2016, espresse in termini di decessi e di Disability-Adjusted Life-Years (DALYs, anni-vita aggiustati per disabilità), risultanti dalla somma degli Years of Life Lost (YLLs, anni di vita persi) e degli Years Lived with Disability (YLDs, anni vissuti con disabilità).1 Incrociando questi dati con quelli di mortalità nello stesso anno,2 è anche possibile ottenere la frazione di decessi per cancro occupazionale per i vari fattori di rischio. Ricordiamo che tale quota (frazione attribuibile), rappresenta solo una parte (i casi in eccesso) della frazione eziologica, la cui stima è notevolmente complessa e che comprende anche i casi, variabili da malattia a malattia, anticipati dall’esposizione.3
Ma veniamo ai numeri. Nel 2016 sono stati calcolati 8,927 milioni di decessi per cancro. Di questi, 747.000 (8,4%, 20,683 milioni di DALYs) sono stati causati o concausati da esposizione a cancerogeni professionali e rappresentano quasi la metà del numero totale di malattie e infortuni occupazionali nello stesso anno (1,528 milioni di decessi, 75,925 milioni di DALYs).1 Rispetto al 2006 (628.000 decessi), i cancri da lavoro risultano, quindi, in aumento del 18,8%. Tale incremento è il risultato di tre fattori: mortalità specifica per fascia di età, crescita e invecchiamento della popolazione. Gli ultimi due sono in aumento; si assiste, quindi, a un generale aumento dei decessi e, dunque, dell’impatto dei cancerogeni occupazionali anche in presenza di diminuzione dei tassi: il tasso standardizzato di tumori totali è sceso del 9,4% e riguarda quasi tutti i tipi di tumore, mentre il numero assoluto di decessi per cancro è aumentato del 17,8%.
Il tumore polmonare nel 2016 rappresentava ancora di gran lunga la prima causa di morte per cancro (1,707 milioni di decessi). Tra i principali cancerogeni occupazionali per il polmone figuravano ancora l’amianto (181.500 decessi, 10,6%) e la silice cristallina (48.000, 2,8%), responsabili anche di 3.500 decessi per asbestosi e 10.400 per silicosi. Gli altri cancerogeni per il polmone valutati sono stati il fumo passivo al lavoro (44.400 decessi, 2,6%), i fumi diesel (17.500, 1,0%), il nickel e l’arsenico (ciascuno 8.100, 0,5%), gli idrocarburi policiclici aromatici (4.500, 0,3%), il cromo esavalente (1.300, 0,1%) e, infine, il berillio e il cadmio, con meno di mille decessi.
Per quanto riguarda l’amianto, sono stati stimati 27.600 decessi per mesotelioma, pari al 91,4% dei 30.200 totali, 6.000 decessi per cancro ovarico (3,6% dei 165.000 totali) e 3.700 per tumore alla laringe (3,4% dei 111.000 totali). Completano le stime per le neoplasie: 3.500 decessi (3,2%) per cancro alla laringe attribuibili all’esposizione ad acido solforico, 1.900 leucemie causate da benzene (0,6% delle 310.000 mila totali), circa 500 casi di cancro nasofaringeo (0,8% dei 63.700 totali) e circa 600 casi di leucemia (0,2%) associati a esposizione a formaldeide.
L’articolo di Lancet1 riporta anche alcuni importanti dati su cause di morte non tumorali. I decessi attribuibili a infortuni sul lavoro nel 2016 erano stimati in 335.700, mentre 37.600, 416.700 e 7.600 erano, rispettivamente, i morti professionali per asma, broncopneumopatie cronico ostruttive e pneumoconiosi diverse da asbestosi e silicosi. Rispetto alla pubblicazione precedente del 2016, sono stati stimati anche 383.900 decessi per cause non neoplastiche attribuibili al fumo passivo in ambito lavorativo. Completiamo il quadro citando 7,108 milioni e 15,479 milioni di DALYs rispettivamente per ipoacusia e lombalgia occupazionali.
Nell’interpretare questi dati occorre considerare tre cose. Primo, il lavoro fornisce uno sguardo a tutto campo su vari fattori di rischio, non solo occupazionali. Quindi la rassegna sui rischi lavorativi, cancerogeni e non, serve a dare un’idea delle dimensioni del problema, ma non deve intendersi esaustiva: non sono compresi, per esempio, i tumori vescicali da amine aromatiche, naso-sinusali da polveri di legno e cuoio, cutanei da radiazione solare, altre patologie muscolo-scheletriche e le dermopatie. Secondo, si tratta di calcoli affetti da un certo livello di incertezza (per alcuni fattori di rischio vi sono importanti differenze rispetto all’analogo lavoro pubblicato nel 2016). Infine, queste stime riflettono la realtà dei Paesi più industrializzati, a causa della grave scarsità di dati riguardanti il continente africano, gran parte di quello asiatico e, anche se in misura minore, quello centro-sud-americano.
Un’ultima considerazione sull’amianto. Nonostante il bando totale approvato decenni o anni fa in 55 Paesi,4 questo agente da solo era responsabile nel 2016 di circa 222.000 decessi per le varie cause citate sopra. Anche questo dato riflette sostanzialmente quanto avvenuto in passato nei Paesi più sviluppati, che hanno utilizzato grandi quantità dei vari tipi di amianto (anfiboli e crisotilo) per vari decenni e per i quali sono disponibili dati e studi utili per una quantificazione dei danni. Ancora poco è dato di sapere sugli effetti nei Paesi che ancora estraggono, usano e commercializzano amianto (per il 99% crisotilo), sia perché in alcuni di questi l’uso è relativamente recente, sia per l’assenza di sistemi di monitoraggio affidabili dei casi di mesotelioma, sia per la difficile quantificazione dei tumori polmonari da amianto.
Ma su questo fronte chiudiamo con una notizia positiva. Dopo anni di attese e rinvii, il 24 agosto scorso il Supremo Tribunale federale del Brasile ha disposto il non procedere nella causa, intentata dalla Confederazione nazionale dei lavoratori dell’Industria (sic!), contro la legge 12.687/2007 dello Stato di San Paolo, che proibiva «l’uso di prodotti, materiali o manufatti contenenti qualunque tipo di amianto sul territorio statale», confermando la legittimità del bando Paulista.5 Ma la notizia più sorprendente è stata che nella stessa sentenza, “incidentalmente”, si dichiarava incostituzionale l’articolo 2° della Legge federale 9.055/1995, che permetteva estrazione, uso e commercializzazione dell’amianto crisotilo nel Paese (l’uso di anfiboli era già stati abolito qualche anno prima). Pertanto, allo stato attuale, e a meno di differenti future interpretazioni della sentenza (tentativi vari da parte di alcune forze politiche sono già in atto, per cui occorre attendere per dire la parola fine), di fatto in Brasile il bando, “incidentalmente”, è entrato in vigore. Una sorta di bando, di fatto, era già in corso a seguito delle pressioni di varie istituzioni e associazioni antiamianto, per cui le aziende produttrici di cemento-amianto (ondulati e serbatoi per la raccolta d’acqua, i principali usi di crisotilo in Brasile) avevano ormai riconvertito la produzione, con la notevole eccezione della Eternit, proprietaria della miniera di Minaçu (Stato del Goiàs) e di varie importanti aziende. Occorre notare che il Brasile era al terzo posto, dopo Russia e Cina, tra i produttori mondiali di crisotilo. Questa sentenza avrà, quindi, importanti ripercussioni a livello continentale che si spera possano giungere finalmente a toccare anche il continente asiatico.

Bibliografia

  1. GBD 2016 Risk Factors Collaborators. Global, regional, and national comparative risk assessment of 84 behavioural, environmental and occupational, and metabolic risks or clusters of risks, 1990-2016: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2016. Lancet 2017;390:1345-422.
  2. GBD 2016 Causes of Death Collaborators. Global, regional, and national age-sex specific mortality for 264 causes of death, 1980-2016: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2016. Lancet 2017;390:1151-210.
  3. Greenland S. Relation of probability of causation to relative risk and doubling dose: a methodologic error that has become a social problem. Am J Pub Health 1999;89:1166-69.
  4. Asbestos nation. Asbestos bans around the world. Disponibile all’indirizzo: http://www.asbestosnation.org/facts/asbestos-bans-around-the-world/
  5. Supremo Tribunal Federal. STF declara inconstitucionalidade de dispositivo federal que disciplina uso do amianto crisotila. Disponibile all’indirizzo: http://www.stf.jus.br/portal/cms/verNoticiaDetalhe.asp?idConteudo=353599w
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