Bevete più latte...
«Il latte fa bene, il latte conviene, a tutte le età». Così si cantava negli anni Sessanta, e imedici ci credono ancora. Se la sono bevuta, come si sono bevuta quella che il formaggio fa bene alle ossa, che lo zucchero fa bene al cervello, che la carne dà energia, che la pasta fa ingrassare, che le proteine fanno dimagrire, che bisogna dare la vitamina D ai neonati e la carne ai divezzi perché nel latte materno c’è poca vitamina D e poco ferro (possibile che il padre eterno non ci abbia pensato?). I medici non studiano quasi niente sul cibo nel corso di laurea (forse ancora qualcosa per l’esame di biochimica?), persino i gastroenterologi non hanno lezioni di alimentazione nel corso della loro specialità (cosa c’entra il cibo con il tubo digerente?). Ho visto in unità coronariche arrivare pasti di formaggio, salumi e uova (qualcosa di leggero per chi ha avuto un infarto?) e in diabetologia pane bianco e purea di patate (non basta forse calibrare l’insulina?). Ho visto l’annuncio del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica (MIUR) che delega all’industria l’educazione alimentare nelle scuole. Ho visto programmi ministeriali per la ristorazione scolastica con prodotti animali tutti i giorni, e con dosi di proteine tali che se i bambini mangiassero effettivamente quanto prescritto avrebbero nel pasto di mezzogiorno già tutte le proteine di cui hanno bisogno. L’eccesso di proteine è verosimilmente una delle principali cause dell’epidemia di obesità, assieme alle bevande zuccherate, alle patatine e alle farine raffinate. I grandi studi prospettici europei e americani mostrano coerentemente che chi mangia più proteine ingrassa. Le diete esageratamente iperproteiche fanno dimagrire, perché intossicano il centro dell’appetito, ma chi le fa inevitabilmente ingrassa di nuovo, spesso più di prima, verosimilmente perché tende a mantenere un consumo elevato di proteine. In questi tempi di crisi l’industria alimentare difficilmente potrà crescere (nessuno riuscirebbe a mangiare più di quello che già mangia e là dove c’è la fame il mercato non tira), ma contribuisce egualmente alla crescita del PIL aumentando il mercato della “più grande industria nazionale”, la sanità (così definita dal professor Monti), nonché dei settori produttivi in più rapida crescita: i rifiuti, l’inquinamento, e il business dei centri benessere per dimagrire (con diete iperproteiche!).
Ci sono due tipi d’ignoranza sul cibo: l’ignoranza per mancanza (di formazione e informazione) e l’ignoranza per presunzione. Che il latte e i formaggi facciano bene alle ossa fa parte di quest’ultima (altrimenti dove prendiamo il calcio?). Effettivamente è difficile comporre un menù che comprenda un grammo di calcio al giorno, addirittura 1,5 grammi al giorno per le donne in menopausa, come raccomanda la Società italiana di nutrizione umana (SINU) e molti “osteoporosologi”, senza metterci i formaggi. I Livelli di assunzione raccomandati di nutrienti (LARN) per il calcio sono progressivamente aumentati dai 400-500 mg degli anni Cinquanta, facilmente raggiungibili con le foglie verdi, i legumi e i semi oleaginosi della dieta mediterranea, fino ai 1.000-1.500mg di oggi, impossibili senza formaggi; e paradossalmente più aumentano i LARN più aumenta l’osteoporosi. Nello studio EPIC, che segue 500.000 europei che hanno fornito informazioni dettagliate sulla loro alimentazione nella prima metà degli anni Novanta, l’incidenza delle fratture dell’anca aumenta linearmente con il consumo di carne (la carne sottrae calcio alle ossa per tamponare l’acidità causata dall’eccesso di proteine, e le proteine animali acidificano più di quelle vegetali), diminuisce linearmente con il consumo di verdure (che apportano Ca, Mg, K, e soprattutto vitamina K, ritenuti indispensabili per la buona salute delle ossa), e non cambia con il consumo di latte e formaggi (che apportano molto calcio, ma anche molte proteine). Nessuno studio prospettico ha mai documentato una benché minima riduzione del rischio di fratture ossee con il consumo di latte e formaggi (alcuni hanno anzi suggerito un aumento di rischio), ma i risultati degli studi scientifici non sono sufficienti a far crollare i pregiudizi. Il latte è una buona fonte di potassio e il suo consumo riduce un po’ la pressione arteriosa, ma è ricco di grassi saturi e peggiora il quadro lipidico. Gli effetti sulla patologia coronarica sono controversi: alcuni studi suggeriscono che sarebbe benefico solo il latte di vacche che pascolano, ma oggi generalmente le vacche da latte l’erba non la vedono neanche (essendo selezionate per produrre molto latte hanno bisogno di un cibo più proteico, anzi non riuscendo a mangiare abbastanza proteine consumano le proprie e dopo due o tre anni di attività vengono rottamate).
Parola d’ordine: ridimensionare i pregiudizi medici
La Scuola di sanità pubblica di Harvard ha recentemente pubblicato una nota sul latte che ridimensiona la pubblicità e i pregiudizi medici:1 «Those advertisements pushing milk as the answer to strong bones are almost inescapable. But does “got milk?” really translate into “got strong bones?”». La conclusione è no, è che la raccomandazione standard di almeno tre porzioni al giorno del Ministero americano dell’agricoltura (USDA) non è indipendente da pressioni industriali e non ha basi scientifiche. Anche gli integratori di calcio non riducono il rischio di fratture, anzi forse lo aumentano (a meno che siano associati a vitamina D) e anzi aumenterebbero il rischio di infarto e di cancro della prostata. Il documento di Harvard contiene le citazioni pertinenti. Che rischio ci può essere a bere abitualmente latte? Il latte è un alimento per far crescere. Chi beve latte ha nel sangue concentrazioni più alte di fattori di crescita, in particolare di Insulin-like growth factor di tipo uno (IGF-I), e chi ha più alti i fattori di crescita nel sangue si ammala di più di vari tipi di tumori, in particolare di tumori della mammella, dell’ovaio, dell’intestino e della prostata. Le cose sono complicate, perché se da un lato il latte è con tutta probabilità associato ai tumori della prostata, e c’è il sospetto che faccia aumentare anche i tumori dell’ovaio, dall’altro pare associato a un minor rischio di tumori dell’intestino, e gran parte degli studi sui tumori della mammella non trovano associazioni (noi troviamo un’associazione solo per le donne con una predisposizione familiare). Per questa ragione i ricercatori del Fondo mondiale per la ricerca sul cancro (WCRF),2 che hanno esaminato tutti gli studi su dieta e cancro pubblicati fino al 2006, hanno deciso di non dare alcuna raccomandazione sul latte. Recentemente uno studio ha riscontrato che le donne che hanno avuto un tumore al seno e che consumano latticini grassi hanno più recidive. Si sospetta che ciò dipenda dal fatto che il latte che si produce oggi è molto diverso da quello di 50-100 anni fa. Mentre allora le vacche mangiavano erba, venivano munte solo dopo che avevano partorito, davano 5-7 litri di latte al giorno e non producevano più latte durante la gravidanza successiva, oggi con la selezione genetica e con una dieta innaturale iperproteica si riescono a ottenere oltre 30 litri di latte al giorno anche durante la gravidanza, e il latte munto nella seconda parte della gravidanza è molto più ricco di estrogeni, gli ormoni che stimolano la proliferazione delle cellule tumorali della mammella.
In conclusione, latte e latticini possono forse ridurre i tumori dell’intestino (ma potrebbero aumentare quelli della prostata, e il latte quelli dell’ovaio e, nelle donne con predisposizione genetica, della mammella), paiono associati a un rischio lievemente più basso di ipertensione (ma non di infarto) e non sono associati al rischio di fratture. I nutrizionisti di Harvard, che dichiarano di non avere conflitti di interesse, suggeriscono di consumarne una porzione al giorno, che potrebbe ridurre un po’ il cancro dell’intestino senza aumentare troppo gli altri tumori e il rischio cardiovascolare, ma non ci sono ragioni scientifiche per promuoverne il consumo, neanche di una porzione al giorno. Ci sono ragioni invece di diffidare delle informazioni commerciali e degli studi sponsorizzati dall’industria. La prima regola alimentare per prevenire le fratture osteoporotiche è ridurre la carne e aumentare le verdure, non aumentare latte e formaggi.