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03/04/2013

100 esercizi per evitare gli errori più diffusi in epidemiologia

«Nel 2005 l’American Journal of Gastroenterology pubblicava le raccomandazioni dell’American College of Gastroenterology, nelle quali si suggeriva di iniziare lo screening del cancro del colon retto all’età di 45 anni (invece che a 50) negli afroamericani. Le ragioni addotte erano le seguenti:

  • l’incidenza della malattia tra gli afroamericani era più elevata di quella in qualsiasi altro gruppo etnico;
  • l’età media alla diagnosi tra gli afroamericani era più bassa di quella nei bianchi.

La seconda non è una ragione valida. Perché?»

Il quesito (liberamente tradotto) è riportato in Exercises in Epidemiology,1 di Noel S. Weiss, veterano dell’epidemiologia presso l’Università di Washington e il Fred Hutchinson Cancer Research Center, dove si è occupato di epidemiologia dei tumori e in ambito clinico. È autore, con Thomas Koepsell, di un libro sul metodo epidemiologico,2 nonché di un volume dedicato all’epidemiologia clinica.3 Inoltre, è suo il capitolo Clinical Epidemiology che appare all’interno del libro Modern Epidemiology di Rothman, Greenland e Lash.

Exercises in Epidemiology è un lavoro diverso: si presenta come una raccolta di oltre 100 quesiti epidemiologici (con relativa risposta). È organizzato in sette capitoli, che coprono vari argomenti: misure di frequenza, inferenza causale, confondimento, studi di coorte, studi caso-controllo, reti causali e screening. C’è poca enfasi sui calcoli numerici, l’accento è invece posto sui metodi, sul disegno dello studio e soprattutto sull’interpretazione dei risultati. Diversamente dagli altri testi che insegnano cosa e come fare, il libro di Weiss risulta in ultima sintesi molto utile per imparare cosa non fare in epidemiologia. Infatti, numerosi esempi sono dedicati a errori nell'impostazione e conduzione dello studio oppure nell’interpretazione dei risultati. A tal scopo vengono delineate sia situazioni ipotetiche sia studi reali apparsi su riviste scientifiche anche di buon livello (per questo la bibliografia comprende 50 voci). Parecchi dei quesiti insegnano che ragionare su una serie di casi di malattia in assenza di adeguato denominatore (popolazione a rischio o controlli nello studio caso-controllo) è non solo inutile, ma anche fuorviante.5 Molti riguardano diversi tipi di bias (selezione, informazione, confondimento). Ci sono esempi in cui si chiede di calcolare e distinguere, in modo intuitivo, effetti totali, diretti e indiretti di un'esposizione, altri in cui si fa notare l’erronea inclusione di variabili tra i confondenti: si tratta di argomenti molto attuali che oggi potrebbero essere affrontati disegnando dei directed acyclic diagrams (DAG).4 In alcuni quesiti si sottolinea la differenza tra interazione additiva e moltiplicativa; in altri si pone l’accento su come calcolare in modo appropriato il tempo-persona a rischio. Uno dei quesiti è dedicato a come potrebbe essere analizzato oggi lo storico studio di Louis sulla terapia con sanguisughe per il trattamento della polmonite (già oggetto di rianalisi da parte di Alfredo Morabia).6

Un bel libro dunque, da consigliare soprattutto agli studenti di epidemiologia che hanno già appreso le basi della disciplina e devono imparare ad affrontare la pratica quotidiana.

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