Rubriche
14/04/2015

Zucchero ministeriale

L’OMS ha proposto una revisione verso il basso della raccomandazione del 2001, che chiedeva che lo zucchero non fosse più del 10% delle calorie totali che mangiamo: si propone ora che non sia più del 5%, comprendendo tutti gli zuccheri semplici aggiunti ai cibi. Nel 2001 c’era stata una forte reazione da parte del Senato americano in favore delle grandi corporation del cibo che proponevano il 25%. Il Governo italiano, tradizionalmente incurante delle raccomandazioni OMS, non si espresse. Oggi è proprio il Governo italiano che insorge, apparentemente isolato. «No a diktat senza base scientifica che danneggiano l’industria nazionale», titolano i giornali. Segue qualche tafferuglio mediatico. A un’interrogazione parlamentare che chiede spiegazioni, un sottosegretario del Ministero della salute, probabilmente imbeccato da nutrizionisti televisivi prezzolati, risponde che lo zucchero è indispensabile per la salute.

Tale affermazione contrasta con il fatto che per 200.000 anni l’homo sapiens è vissuto senza conoscere lo zucchero. Alcune migliaia di anni fa lo zucchero era noto in Cina e India, dove cresceva la canna da zucchero, ma non era certo alimento comune. In Europa è giunto come spezia preziosa ai tempi delle crociate, si è poi diffuso dopo la scoperta che la canna cresceva bene in Centro America e dopo che Napoleone ne ha promosso la produzione dalla barbabietola, ma fino a 100 anni fa il consumo era limitatissimo. I dolcificanti erano frutta di stagione e miele, utilizzato fin dall’antichità, ma in misura molto modesta rispetto a oggi.

Ora usiamo zucchero tutti i giorni, l’industria alimentare lo mette dappertutto e ci sembra che sia un cibo naturale. Lo diamo persino ai bambini piccoli, il cui concetto di dolce, finché non ne vengono drogati, è quello del latte della mamma.

Non abbiamo bisogno dello zucchero!

La questione scientifica, nel 2001, quando la raccomandazione del 10% fu contestata, era complessa: c’erano studi sulla carie, ma mancavano studi convincenti su obesità e malattie croniche. C’erano studi trasversali, con risultati balzani del tipo che i magri mangiano più zucchero, mentre i grassi più dolcificanti artificiali. Non c’erano prove scientifiche che lo zucchero facesse ingrassare. Il problema degli studi trasversali era che gli obesi hanno sempre saputo, anche se gli scienziati non lo sapevano, che lo zucchero fa ingrassare e cercavano di ridurlo, o almeno dichiaravano di non consumarlo nei questionari alimentari, dove tipicamente si scrive ciò che si pensa dovremmo mangiare invece di ciò che si mangia.

Nel 2001 è stato pubblicato il primo studio prospettico su bambini americani;1 negli studi prospettici, dove l’esposizione non può essere influenzata dall’esito, l’incidenza di obesità aumenta del 50% per ogni lattina di bevanda zuccherata consumata al giorno.2 Sperimentazioni cliniche, quasi tutte degli ultimi 15 anni, dimostrano che aggiungere zucchero fa ingrassare e toglierlo aiuta a dimagrire, ma gli studi sperimentali che mantengono costanti le calorie totali non trovano differenze sul peso. Il problema è che chi mangia zucchero mangia di più. Anche a parità di calorie una dieta ricca di zucchero aumenta la pressione arteriosa, la trigliceridemia e la colesterolemia.3

I questionari alimentari non sono uno strumento buono per valutare il consumo di zucchero. Possono valutare con discreta affidabilità il consumo di bevande zuccherate, ma non lo zucchero totale, spesso nascosto nei cibi più impensati. I colleghi di Cambridge dello studio EPIC hanno sviluppato un biomarcatore di consumo totale affidabile, il saccarosio nelle urine, misurabile con spettrometria di massa: normalmente non viene assorbito dall’intestino (è prima scisso in glucosio e fruttosio) e la minima quantità che viene assorbita non è metabolizzata ulteriormente, ma eliminata con le urine ed è un buon indicatore del consumo totale. Nella coorte EPIC seguita dal centro di Cambridge il rischio di diventare obesi sembra diminuire(!) con il consumo misurato con il questionario, ma cresce linearmente con la concentrazione di saccarosio nelle urine misurata anni prima (RR: 1,54 per il quartile superiore di consumo verso il quartile basso, Ptrend: 0,003).4 Il mistero dei grassi che avrebbero mangiato meno zucchero dei magri è risolto: chi mangia tanto zucchero tende a negarlo.

Zucchero e cancro

Il Codice europeo contro il cancro5 recita: «Limitate i cibi ad alta densità calorica (ricchi di zucchero e grassi) ed evitate le bevande zuccherate». La ragione principale per cui il comitato della IARC ha formulato questa raccomandazione è che lo zucchero fa ingrassare e il sovrappeso è associato a un maggior rischio di cancro. Ci sono, però, sempre più prove  che il consumo di zucchero sia associato al cancro indipendentemente dall’obesità. Più studi hanno sospettato l’influenza del consumo di zucchero nell’insorgenza del cancro del pancreas: una coorte svedese trova un rischio per zucchero, soft drink e succhi di frutta zuccherati; 6 la coorte cinese di Singapore ha riscontrato un’associazione con il consumo di soft drink,7ma non la coorte dell’Associazione dei pensionati americani (AARP);8 le coorti di Harvard dei lavoratori della sanità mostrano un rischio significativamente elevato solo nelle donne;9 la coorte multietnica degli Stati Uniti ha riscontrato un’associazione con il consumo di fruttosio.10

Lo studio EPIC, pur con i limiti ricordati dell’informazione raccolta con i questionari, ha riscontrato un’associazione del consumo di zucchero11 e bevande zuccherate12 con il carcinoma epatocellulare; è noto che il consumo di bevande contenenti fruttosio (saccarosio o sciroppo di glucosio e fruttosio da mais) è associato allo sviluppo di steatosi epatica, che predispone all’epatocarcinoma.13,14

Uno studio dell’Università di Harvard ha riscontrato un effetto prognostico drammaticamente negativo del consumo di bevande zuccherate sulla prognosi del cancro al colon. Nelle coorti di Harvard è stata osservata anche un’associazione del consumo di soft drink con il morbo di Hodgkin, ma solo negli uomini.15

Gli studi di Harvard sui lavoratori della sanità dimostrano la responsabilità del consumo di bevande zuccherate sul diabete.16 Nei Paesi dove si consuma più zucchero c’è più diabete.17 Per ogni punto percentuale di calorie consumate sotto forma di bevande zuccherate aumenta del 5% il rischio di diabete.18 Una recente metanalisi di 6 studi prospettici riporta che il consumo di bevande zuccherate è associato a ipertensione e malattia coronarica.19

Il ruolo del fruttosio

La componente più nociva dello zucchero è il fruttosio. Sia il glucosio sia il fruttosio fanno aumentare il peso corporeo, ma solo il secondo ha un effetto specifico sul grasso viscerale addominale, come dimostrato da studi rigorosi.20,21 Si sa da 50 anni che il fruttosio causa resistenza insulinica nei ratti, mentre il glucosio e gli amidi non hanno effetto.22 Il fruttosio aumenta trigliceridi, colesterolo LDL, LDL ossidato, apolipoproteina B acido urico, GGT;23 inoltre, aumenta la resistenza alla leptina (l’ormone prodotto dal tessuto adiposo che segnala al cervello di ridurre l’appetito),24 stimola l’appetito inducendo la produzione di dopamina nell’ipotalamo e riduce il metabolismo basale. Il fruttosio è fosforilato in fruttosio-1-fosfato dalla fruttochinasi per essere poi convertito in glucosio: tale reazione causa una caduta della concentrazione intracellulare di fosfati e un aumento di AMP, degradato in acido urico dalla AMPdeaminasi. Questo inibisce AMPK, la chinasi attivata dall’AMP, con conseguente riduzione dell’ossidazione dei grassi che si accumulano nei tessuti, in particolare nel fegato, che porta a steatosi,25 adiposità addominale, stato infiammatorio,26 ipertensione. L’acido urico favorisce la resistenza insulinica inibendo la produzione endoteliale di ossido nitrico, di solito stimolata dall’insulina per favorire la vasodilatazione che aiuta a portare il glucosio ai tessuti, soprattutto ai muscoli.

Le fonti di fruttosio che preoccupano sono quello usato per dolcificare, il saccarosio, lo sciroppo di glucosio e fruttosio, cioè soft drink e pasticceria commerciale. Non tanto la frutta, il cui contenuto di potassio, vitamina C e polifenoli ne bloccano gli effetti: mentre dolcificare con fruttosio è associato all’ipertensione e alla sindrome metabolica, infatti, il fruttosio della frutta non lo è.27,28 Sì, quindi, alla pasticceria naturale che dolcifica con frutta e occasionalmente con malti. Il Ministero può agire promuovendo pasticceria sana e disincentivando produzione e commercio di fruttosio, saccarosio e sciroppo di glucosio e fruttosio, e invitando i sottosegretari a studiare piuttosto che ripetere a pappagallo i ragionamenti dei consulenti industriali. 

Bibliografia 

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  25. Ryu S et al. Metabolism 2011;60(6):860-6.
  26. Ruggiero C et al. Am J Cardiol 2007;100(1):115-21.
  27. Vedi discussione in: Madero M et al. Metabolism 2011;60(11):1551-9.
  28. Vedi discussione in: Jalal DJ et al. J Am Soc Nephrol 2010;21(9):1543-9.
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