Rubriche
15/09/2011

Segnali remoti

Una nuova disciplina

L’epidemiologia deve adattarsi alle nuove sfide poste dai cambiamenti materiali e concettuali. Nel caso del cambiamento climatico, lo studio degli effetti per la salute non può basarsi solamente sulle tecniche di valutazione dell’esposizione cui ci siamo abituati negli ultimi decenni. Notoriamente la metereologia è una scienza difficile e soggetta ad ampie incertezze previsionali. Ma anche i suoi effetti sul suolo, sull’acqua, sulla vegetazione e sulla specie umana non sono semplici da misurare. Risulta difficile effettuare misurazioni caso per caso, per esempio dell’estensione della vegetazione o del deserto, del grado di siccità in un’ampia regione o degli spostamenti territoriali dei vettori di malattie infettive. Soccorre però una nuova disciplina, denominata “remote sensing” o “scienza delle rilevazioni remote”, basata sull’uso delle rilevazioni satellitari. In epidemiologia può divenire una nuova forma di valutazione delle esposizioni e come tale è stata usata per esempio per l’inquinamento atmosferico. Il principio su cui si basa la rilevazione remota è la stima di parametri di superficie attraverso la misurazione della radiazione elettromagnetica (EM) emessa dalla superficie terrestre. Le radiazioni EM possono essere riflesse oppure assorbite e riemesse. Gli strumenti per la rilevazione remota captano le radiazioni EM riflesse o emesse da diversi oggetti sulla terra, i quali hanno diverse proprietà ottiche, cioè emettono o riflettono diverse quantità di energia e diverse lunghezze d’onda. L’interpretazione di segnali provenienti dagli oggetti consente di stabilire di che tipo di oggetti si tratta. Gli strumenti di rilevazione possono essere montati su piattaforme, satelliti, palloni, aerei o razzi, ma la modalità più usata è quella satellitare. L’esempio che userò è quello di cui ho già trattato in precedenza, la salinizzazione dell’acqua da bere,1 fenomeno che sta emergendo come molto rilevante a livello internazionale. L’uso dei satelliti per rilevare parametri dell’acqua come i sedimenti sospesi o la circolazione delle correnti data agli anni Settanta. Nel 1982 immagini satellitari vennero usate per la prima volta per misurare il grado di salinità nella baia di San Francisco. In questo e in altri esempi successivi, le rilevazioni satellitari vennero messe a confronto con altre modalità di misurazione, al fine di validare il metodo. L’abilità predittiva della rilevazione satellitare era abbastanza limitata in questi primi tentativi, soprattutto a causa della profondità variabile delle acque studiate: una profondità inferiore a 30 metri dava cattivi risultati per l’interferenza del fondo marino/fluviale. Il grado di salinità venne misurato ingegnosamente con un proxy, la cosiddetta “sostanza gialla” dovuta a minerali dissolti nell’acqua. Vi è una correlazione molto elevata tra livello di salinità e i segnali riflessi/emessi dalla sostanza gialla, che pertanto fornisce un buon surrogato.

Vantaggi e svantaggi

I maggiori vantaggi della rilevazione satellitare includono i seguenti: ; può essere effettuata una stima sinottica pressoché contemporanea su ampie superfici deltaiche ; gli archivi esistenti consentono una stima retrospettiva e la valutazione di cambiamenti temporali, anche per periodi in cui non erano disponibili misurazioni dirette ; ovviamente la possibilità di disporre di molte informazioni senza misurare direttamente il grado di salinità riduce enormemente i costi. Il principale svantaggio è che la correlazione tra grado reale di salinità e “sostanza gialla” può essere debole in alcune circostanze; la qualità dei segnali dipende dal grado di nuvolosità e dalla presenza di altri sedimenti nell’acqua. C’è inoltre una forte correlazione inversa tra il grado di salinità e le maree. Pertanto, se vogliamo fare confronti temporali dobbiamo rendere le misurazioni confrontabili per periodo dell’anno e ora del giorno (insomma dobbiamo aggiustare per le maree). Come si vede modalità sofisticate di stima di un problema che probabilmente affligge milioni di persone (e ancor più ne affliggerà in futuro) non sono esenti dalle abituali difficoltà che incontriamo in epidemiologia: ottenere una buona stima dell’esposizione, sviluppare e validare l’uso di indicatori surrogati, e controllare per la presenza di variabili confondenti.

Bibliografia

  1. Vineis P. Acqua e cambiamenti climatici. Epidemiol Prev 2011; 35(2): 155-156.
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