Rubriche
05/06/2012

Macro fattori di rischio e macro differenze epigenetiche

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Nel numero di febbraio 2012 dell'International Journal of Epidemiology, ricco di commenti, interventi e articoli originali sul tema dell’epidemiologia epigenetica (http://ije.oxfordjournals.org/content/ 41/1.toc?etoc), abbiamo trovato particolarmente intriganti gli articoli di due gruppi di ricerca inglesi che, con approcci diversi, concludono che le condizioni socioeconomiche, soprattutto quelle relative alle prime fasi della vita, influenzano il profilo di metilazione del DNA*(vedi Nota) misurato in età adulta. Prenderemo spunto da queste due ricerche per fare alcuni commenti generali sui primi studi di epidemiologia epigenetica che cercano di stabilire delle associazioni tra variazioni epigenetiche misurate lungo tutto il genoma, esposizioni ambientali e fenotipi.

Il primo studio prende in considerazione la UK 1958 Birth Cohort,1 costituita dai nati nella prima settimana del marzo 1958 nel Regno Unito e seguiti a questo punto per più di 50 anni (sempre lungimiranti gli inglesi, almeno da un punto di vista epidemiologico). All’interno della coorte sono stati selezionati 40 maschi adulti che erano nelle code della distribuzione della posizione socio economica (SEP) alla nascita e/o al momento del prelievo di sangue, a 45 anni. È stata fatta un’analisi dello stato di metilazione dei promotori di circa 20.000 geni e 400 microRNA e i risultati indicano complessivamente che le persone con un elevato SEP, sia alla nascita sia in età adulta, hanno un profilo di metilazione diverso rispetto al totale dei soggetti. Nonostante le analisi si riferiscano a campioni di sangue raccolti in età adulta, il maggior numero di differenze tra metilazione di promotori è associato a differenze del SEP alla nascita invece che in età adulta.

Il secondo studio è stato condotto a Glasgow,2 città inglese con tassi di mortalità e di morbilità tra i più alti in Europa Occidentale. Nel DNA estratto da linfociti di 239 persone, campionate da una coorte costruita per massimizzare le differenze socioeconomiche tra i partecipanti, è stato misurato il livello globale di metilazione del DNA, espresso come percentuale di DNA metilato sul totale del DNA.

La misura è più grezza rispetto a quella dello studio sulla coorte UK 1958, non essendo specifica per sito o pattern di metilazione, ma è stata effettuata su un numero maggiore di soggetti, consentendo di correggere in fase di analisi per alcuni fattori di confondimento. Il livello di metilazione del DNA degli abitanti delle zone deprivate di Glasgow è risultato più basso (del 17%) di quello delle persone che vivono nelle aree ricche della città.

È noto che il profilo di metilazione venga in gran parte definito durante l’embriogenesi, in correlazione con il differenziamento cellulare, e subito dopo la nascita. È già stato dimostrato in passato che condizioni socioeconomiche svantaggiate durante l'infanzia sono associate a un aumento della mortalità e della morbilità in età adulta. Individuare però dentro quel black box, oggetto di studio dell’epidemiologia molecolare negli anni Ottanta, non solo dei marker che fanno da ponte tra fattori di rischio e malattia, ma un possibile meccanismo d’azione, fa sempre una certa impressione... e soprattutto colpisce che il macro ambiente socioeconomico, con i singoli fattori di rischio di cui è costellato, lasci sull’epigenoma una traccia duratura (macro anche lei, trattandosi del profilo di metilazione dell’intero genoma o addirittura del livello globale di metilazione).

Si tratta però, a detta degli stessi autori, di risultati assolutamente preliminari e, a dirla tutta, non preliminari solo nella sostanza,ma anche nella forma. Se di queste coorti, per esempio, si fosse potuto disporre di materiale biologico raccolto fin dalla nascita e durante il follow-up, la storia si sarebbe fatta sicuramente ancora più interessante!

Gli aspetti biologici, tecnici e metodologici che questa prima generazione di studi epigenome wide devono affrontare sono in gran parte nuovi, sicuramentemolto impegnativi e certo di non semplice soluzione.3

Un argomento molto rilevante nell’interpretazione dei risultati degli studi di epidemiologia epigenetica è la scelta del tessuto studiato. Infatti il profilo epigenetico è tessuto specifico4 e può cambiare con l’età (vedi figura 1) e le esposizioni ambientali.

Figura. Valori medi di metilazione in tessuti normali raggruppati utilizzando un approccio di clustering gerarchico. Nella heatmap ogni colonna rappresenta un campione e ogni riga un locus CpG; il blu ed il giallo indicano rispettivamente un locus metilato o non metilato. Al disopra, i colori indicano i tessuti elencati nella legenda. Da Christensen BC et al4

Spesso però la scelta è condizionata dall’accessibilità e disponibilità del tessuto stesso. Soprattutto negli studi che mirano a identificare i marcatori epigenetici di malattia, può essere relativamente facile ottenere il tessuto bersaglio da persone affette (per esempio i residui chirurgici prelevati per diagnosi o terapia), e praticamente impossibile ottenerlo da persone non malate. L’utilizzo di cellule nucleate del sangue, come nel caso dei due studi citati, o della mucosa buccale rende più praticabile disegnare studi di tipo caso-controllo, anche innestato in coorti, di cui si hanno a disposizione banche biologiche. Naturalmente la pertinenza del tessuto è sempre da considerare in relazione all’outcome in studio, come pure le modalità di preparazione e la conservazione dei campioni lo sono in relazione al tipo di modificazioni epigenetiche che si vogliono rilevare.

La scelta della tecnologia adottata per misurare il fenomeno influenza il tipo di risultato che viene prodotto. I metodi che studiano il DNA nel suo complesso sono applicabili a un gran numero di campioni, ma discriminano con difficoltà le piccole differenze di metilazione. D’altra parte metodi che forniscono una risoluzione al livello del singolo nucleotide non sono al momento applicabili a grandi studi di coorte. Ovviamente la comunità scientifica e le industrie biotecnologiche lavorano per trovare un compromesso tra questi due aspetti e recentemente è stata lanciata da parte dell’International Human Epigenome Consortium la proposta di costruire delle mappe di riferimento, analoghe a quelle degli aplotipi umani (HapMap) per poter condurre studi di associazione epigenomica, con non molta fantasia denominati epigenome wide association studies (EWAS).5

A differenza però degli studi di associazione genome- wide (GWAS), in cui parte dei problemi è stata affrontata aumentando lo study power e cumulando campioni numerosi (migliaia di persone) provenienti da vari studi e collezioni, nel caso degli EWAS questo approccio sembrerebbe meno percorribile: l’epigenoma non è un’entità statica come il genoma, una variazione epigenetica può precedere o essere conseguente all’instaurarsi di una patologia o a un’esposizione ambientale e la relazione causale tra differenze di metilazione e differenze funzionali spesso è solo ipotizzata. In sostanza bisogna rispolverare tutto il know-how e l’eleganza della vecchia epidemiologia e parlare per esempio di disegni di studi, fattori di confondimento, modificatori di effetto. Questo in un’altra puntata. Nel frattempo godiamoci l’editoriale di Caroline Relton e di George Dave Smith dal titolo Is epidemiology ready for epigenetics? che apre il numero dell’ International Journal of Epidemiology dedicato all’epigenetica.

Bibligrafia

  1. Borghol N, Suderman M, McArdle W et al. Associations with early-life socio-economic position in adult DNA methylation. Int J Epidemiol 2011 Oct 20;1-13.
  2. McGuinness D, McGlynn LM, Johnson PC et al. Socio-economic status is associated with epigenetic differences in the pSoBid cohort. Int J Epidemiol 2012 Jan 25. [Epub ahead of print]
  3. Heijmans BT, Mill J. Commentary: The seven plagues of epigenetic epidemiology. Int J Epidemiol 2012 Jan 23. [Epub ahead of print]
  4. Christensen BC Houseman EA, Marsit CJ et al. Aging and Environmental Exposures Alter Tissue-Specific DNA Methylation Dependent upon CpG Island Context. PLoS Genet 2009 August; 5(8):e1000602.
  5. Rakyan VK, Down TA, Balding DJ, Beck S. Epigenome-wide association studies for common human diseases. Nat Rev Genet 2011;12(8):529-541.

Nota

*La metilazione del DNA è una modificazione chimica, dinamica e tessuto specifica a carico delle citosine delle “isole CpG”, ossia di quelle zone del DNA particolarmente ricche di sequenze dei 2 nucleotidi citosina-guanina che sono localizzate nelle regioni regolatorie dei geni di mantenimento. L’aggiunta di gruppi metile alle isole CpG determina il silenziamento dell’espressione del gene a valle. La metilazione del DNA è influenzata da eventi stocastici all’interno della cellula, da fattori ambientali e da differenze nella sequenza nucleotidica (il caso quindi, l’ambiente e la genetica). Il livello di metilazione, inoltre, diminuisce con l’età.

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