Rubriche
18/03/2014

La nuova Commissione Lancet-UCL

La rivista Lancet e lo University College di Londra (UCL) lanciano la loro seconda Commissione sul cambiamento climatico. La prima aveva dato origine a un numero speciale della rivista, a cura di Anthony Costello, che nel 2009 faceva il punto sugli effetti sanitari del cambiamento climatico. La seconda Commissione – anch’essa coordinata da Costello – è dedicata alle soluzioni, piuttosto che alla diagnosi o alla prognosi.

Un problema, due metafore

Ma anche parlando di soluzioni (essenzialmente di “adattamento” e in parte di “mitigazione”) – e non solo di diagnosi e prognosi – la prima metafora usata dalla Commissione è quella della emergency room, del Pronto soccorso. La golden hour (la prima ora dopo un grave trauma) è quella critica per il successo degli interventi e per la prognosi immediata, mentre le silver hours successive stabiliscono la prognosi per gli esiti di più lungo periodo. Secondo i membri della Commissione, che ha presentato i suoi lavori a Londra il 16 gennaio di quest’anno, la golden hour per il cambiamento climatico è rappresentata dai prossimi 5 anni: o ce la facciamo in questa finestra temporale oppure i danni saranno probabilmente irreversibili. Ancora più sorprendente (ma sarà bene vedere il rapporto della Commissione quando verrà reso disponibile) l’opinione dei suoi membri sul ruolo della tecnologia: difficilmente la soluzione sul piano della mitigazione verrà dalle innovazioni tecnologiche; non se ne vedono di veramente risolutive all’orizzonte, e dunque dovremo arrangiarci con le tecnologie già disponibili negli ultimi quattro decenni.
E qui viene la seconda metafora sanitaria: i successi della medicina sono venuti più da una combinazione di interventi in diversi settori (come si dice abitualmente «la salute in tutte le politiche») piuttosto che da un numero limitato di innovazioni tecnologiche. Che la sanità pubblica, abbastanza negletta negli ultimi tempi, sia portata come esempio per un problema drammatico quale è il cambiamento climatico è sorprendente e forse allarmante per chi sperava in qualche geniale invenzione risolutiva. Il termine coniato dalla Commissione è energy epidemiology: piuttosto interessante, se pensiamo agli attacchi a cui l’epidemiologia è sottoposta da Geoffrey Kabat, Paolo Boffetta e altri critici interessati alla junk science. Al contrario, l’epidemiologia viene portata come esempio in quanto capace di fornire prove scientifiche in tempi rapidi e con metodi relativamente semplici ma robusti, e soprattutto rilevanti per la sanità pubblica. Tradotta nel settore energetico, quest’idea significa che dobbiamo lavorare per dimostrare come le diverse soluzioni tecnologiche per mitigare il cambiamento climatico funzionino nella realtà, quale sia il loro impatto sulle popolazioni, e non solamente in un contesto sperimentale di laboratorio. In più, l’epidemiologia incorpora intrinsecamente una scala temporale, è interessata cioè ai periodi di latenza, agli effetti sul lungo periodo e a dimostrazioni durature di efficacia. Attraverso l’approccio definito della «salute in tutte le politiche», poi, l’epidemiologia ha mostrato che i maggiori successi si ottengono con interventi a livello infrastrutturale e coinvolgendo le popolazioni interessate.

Una commissione innovativa

Altri aspetti innovativi della Commissione sono la sua natura internazionale, poiché coinvolge due università svedesi, una inglese e una cinese, e l’ampio spettro dei problemi trattati, come l’impatto sulla diversità delle specie, aspetto affidato a Georgina Mace. Secondo la Mace, il tasso di cambiamento nel clima (e nell’impatto che esso ha sugli ecosistemi) è qualcosa che non si è mai verificato nella storia a noi nota delle specie viventi (con l’eccezione delle grandi glaciazioni) e di cui è difficile valutare le conseguenze in termini di adattamento o maladattamento.
Infine, la Commissione insiste sul fatto di vedere la risposta al cambiamento climatico non solo come un peso e un costo, ma anche come un’enorme opportunità. Un numero elevatissimo di nuove città di tutte le dimensioni verranno pianificate e costruite nei prossimi anni: questo crea un’opportunità immensa per investire in energie innovative (e creare per esse un mercato) e per trasferire la mitigazione del cambiamento climatico nella pianificazione del territorio.
A partire dal Settecento, “la grande trasformazione” (titolo di un libro fondamentale di Karl Polanyi sullo sviluppo del capitalismo) si è verificata nel nome della “mano invisibile” del capitale, cioè senza alcuna pianificazione e lasciando la correzione delle gravi conseguenze umane e ambientali a interventi successivi, rivelatisi largamente insufficienti. Gli effetti dirompenti della grande trasformazione hanno avuto un lunghissimo periodo di latenza – per cui ne vediamo ancora oggi gli effetti – e altrettanto lunghi sono i tempi necessari per rimediarvi. La golden hour del cambiamento climatico richiede un mutamento radicale di rotta rispetto al laissez faire.

Per saperne di piu' sulla commissione lancet-ucl:

http://www.ucl.ac.uk/igh/events

Approfondisci su epiprev.it Vai all'articolo su epiprev.it Versione Google AMP