Rubriche
30/12/2015

Cibo e stile di vita

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Alimentazione e stili di vita: come affrontare la malattia oncologica

Anna villarini

Finalmente Franco Berrino ha scritto il suo libro. Sono anni che sento dire che prima o poi lo avrebbe fatto, ma voleva avere tempo. Franco è, per me, un uomo, un medico, un epidemiologo, una guida e un amico che non parla e non scrive a caso perché conosce il peso delle parole e le medita, fuori dalla superficialità di un mondo invaso da “rumori” senza contenuti. La sua saggezza nasce dall’esperienza di vivere la vita con profondità, dal saper ascoltare chi soffre per una malattia o chi vive un disagio, dall’amore per i più piccoli cui vorrebbe risparmiare l’angoscia della malattia; ma nasce anche dall’aver dedicato la vita a studiare, a indagare e a comprendere perché le modifiche negli stili di vita degli ultimi 50 anni abbiano favorito l’aumento di malattie nell’uomo. Un libro da leggere e su cui riflettere, perché unisce il rigore scientifico a riflessioni personali. Un testo per aiutare a prevenire la malattia oncologica e affrontarla qualora si dovesse presentare, attraverso consigli che, a partire dall’alimentazione, abbracciano tutti gli stili di vita.

Prevenzione primaria, evidenze scientifiche e tradizioni orientali

Gianluigi Ferrante

La dieta occidentale, sempre più ricca di alimenti industriali e di origine animale, e il crescente livello di sedentarietà contribuiscono alla maggior parte delle patologie croniche. L’aumento della prevalenza di queste malattie porta a una crescita della domanda di prestazioni sanitarie che, insieme all’attuale offerta di tecnologie diagnostiche e terapeutiche avanzate e costose, prefigura una futura mancanza di sostenibilità economica dei sistemi sanitari.

In un mondo ideale la soluzione sarebbe semplice: la prevenzione primaria. Ma oggi i grandi investimenti di prevenzione delle malattie croniche sono soprattutto per gli interventi medicalizzanti, quando invece esistono evidenze sempre più chiare che uno stile di vita sano potrebbe fare molto più della medicina tecnologica e degli interventi medicalizzanti.

Nella prefazione, Franco Berrino afferma che, finché le istituzioni avranno come priorità la difesa degli interessi dell’industria, della grande distribuzione e della globalizzazione, sarà meglio correre ai ripari facendo prevenzione da soli.

Il cibo dell’uomo vuole rendere i lettori consapevoli delle proprie scelte alimentari. Il libro spiega in modo comprensibile e accessibile cosa succede nell’organismo quando mangiamo. Una volta compresi i meccanismi ormonali e metabolici, diventa semplice capire perché alcuni nutrienti come gli zuccheri semplici, i carboidrati raffinati, i grassi saturi sono i principali fattori di rischio per lo sviluppo di condizioni croniche. Tutto è documentato attraverso un’ampia bibliografia e ciò rende questo testo un ottimo punto di partenza per chi vuole approfondire in tema di alimentazione. Nel libro ritornano come un mantra le indicazioni per un’alimentazione corretta: ridurre cibi ad alta densità calorica, eliminare quelli che contengono saccarosio, glucosio e fruttosio, in particolar modo le bevande zuccherate, i dolci industriali, in generale ridurre i cibi ad alto indice glicemico e insulinemico e le fonti di grassi saturi.

Degno di nota il lavoro dell’autore di connettere le evidenze scientifiche sul cibo con le teorie sulla macrobiotica e le tradizioni orientali.

Un cambio di paradigma per dare priorità alla prevenzione primaria

Pietro Comba

Il cibo dell’uomo è un libro che sin dall’inizio porta il lettore a compiere un percorso su più piani, peraltro esplicitati con chiarezza già nell’Introduzione (p. 14), quando l’Autore enuncia le motivazioni che lo hanno portato a scrivere questo testo.

In primo luogo, Franco Berrino ha inteso «riunire informazioni scientifiche, disperse in una miriade di pubblicazioni non facilmente accessibili, in poche ricette digeribili ai non specialisti». Il tema ovviamente è cibo e salute, la materia alla quale Franco ha dedicato decenni di lavoro conseguendo importanti risultati scientifici ben noti ai lettori di Epidemiologia & Prevenzione. La premessa (p. 9) è che in questo campo, per dare priorità alla prevenzione, occorra un convinto cambio di paradigma. Fino ad ora, infatti, nonostante la gran mole di dati scientifici a supporto delle possibilità di migliorare la salute di intere popolazioni modificandone la dieta, le istituzioni sanitarie nel loro complesso non hanno promosso convintamente questa opzione, nel nostro Paese come in molti altri. Eppure esistono autorevolissimi documenti chiari ed esaustivi, come le raccomandazioni del World Cancer Research Fund (WCRF), che, sulla base di un attento esame delle evidenze scientifiche disponibili, hanno fornito indicazioni molto precise, quali limitare il consumo di cibi ad alta densità calorica, evitare le bevande zuccherate, limitare il consumo di carni conservate, limitare il consumo di bevande alcoliche, limitare il consumo di sale e evitare gli integratori.

Un secondo obiettivo del libro è mostrare la sostanziale coerenza fra queste raccomandazioni e i precetti sul cibo formulati dalle «antiche saggezze», cioè le tradizioni religiose e culturali dei popoli che ne hanno modellato i consumi alimentari.

Fra queste, particolarmente convergente con le più recenti indicazioni della ricerca scientifica appare essere la filosofia taoista, secondo la quale la buona salute deriva dall’equilibrio fra il principio Yin (energia del cielo, di espansione, rinfrescante) e il principio Yang (energia della terra, di contrazione, riscaldante). Per mantenere questo equilibrio occorre evitare i cibi molto Yin (quelli ad alta densità calorica, le bevande zuccherate, l’alcol) e molto Yang (carni rosse, alimenti molto salati) e consumare diversi cereali non raffinati, legumi, verdure e frutta. La filosofia taoista è, in particolare, alla base della cucina macrobiotica, ma indicazioni simili si trovano anche nella Bibbia e in altre tradizioni. Nella storia dell’uomo, ha nel complesso prevalso una dieta a base di cereali integrali, legumi, semi oleosi, verdure, frutta e, occasionalmente, cibo di origine animale.

Nell’ultimo secolo, tuttavia, a cominciare dai Paesi ad alto reddito, è aumentato il consumo di cibi di origine animale e si sono affermate farine e oli raffinati. Questo nuovo tipo di dieta è risultato causalmente associato a numerose malattie, e in tempi più recenti si è diffuso negli strati più abbienti della popolazione dei Paesi a medio e basso reddito. Alla base di questa mutazione c’è stata una complessa spirale di tipo industriale e commerciale.

E qui veniamo alle altre tre motivazioni che hanno spinto Franco a scrivere questo libro: valorizzare il cibo semplice, fornire una guida a quanti si trovano nel bisogno (in particolare a malati e familiari di malati) e smascherare i «ciarlatani » prezzolati dell’industria alimentare o farmaceutica.

Su queste direttrici si sviluppa dunque il libro, sempre basato su un serrato dialogo fra divulgazione scientifica di alto livello e moti di indignazione verso chi, nonostante l’appartenenza alla comunità scientifica e/o alle strutture del servizio sanitario, non si impegna nella direzione di un cambio di paradigma con finalità preventive, ma ostacola e rallenta il cambiamento per ignoranza o per sudditanza al mercato e alle sue regole (quest’ultima condizione, particolarmente frequente nelle zone di confine fra attività tecnica e attività politica).

Si noti a questo proposito che l’opposizione ai danni per la salute causati dalle lobby legate all’industria agroalimentare comporta anche notevoli benefici sul piano ambientale, in quanto si contrasta un modello agricolo basato sulle coltivazioni intensive e sull’uso di piante geneticamente modificate che richiedono massicce applicazioni di diserbanti e fertilizzanti (si veda a questo proposito Landrigan e Benbrook, NEJM 2015;373(8): 693-5).

Se quindi i danni all’ambiente e alla salute sono il portato del perseguimento di profitti sempre maggiori da parte delle industrie operanti nel settore, in particolare multinazionali, e se i governi e le istituzioni si rendono in varia misura complici di questi disegni, afferma Franco Berrino, occorre che sorga una risposta dal basso, attraverso un’assunzione di consapevolezza innanzitutto individuale, dei singoli, e successivamente collettiva.

Come disse Bob Kennedy nel 1966 agli studenti dell’Università di Città del Capo: «Each time a man stands up for an ideal, or acts to improve the lot of others, or strikes out against injustice, he sends forth a tiny ripple of hope, and crossing each other from a million centers of energy and daring those ripples build a current which can sweep down the mightiest walls of oppression and resistance».

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