Il contributo dell’epidemiologia per orientare le attività di sanità pubblica ed assistenziali durante la fase 2 della epidemia Covid-19 in Italia
Analisi e proposte della Associazione Italiana di Epidemiologia
L'Associazione italiana di epidemiologia esplicita le proprie analisi e le proprie proposte in un corposo documento che affronta i seguenti punti:
- Intervento selettivo e tempestivo sui nuovi casi e sui loro contatti per bloccare le catene di contagio attraverso il contact tracing e la sorveglianza attiva sul territorio;
- Costruzione di un sistema di indicatori a livello regionale per verificare se i livelli di diffusione del contagio sono compatibili con la ripresa e se il sistema di sanità pubblica è in grado di controllarne gli effetti, a partire dal territorio;
- Superamento delle criticità relative alle fonti informative sull’andamento dell’epidemia e della loro accessibilità nell’ambito del SSN;
- Uso dei sistemi informativi sanitari correnti per la pianificazione di studi epidemiologici che valutino l’impatto diretto e indiretto dell’epidemia di COVID-19 sulla salute della popolazione e sull’equità delle cure;
- Cautela nel ricorso ai test sierologici, escludendone l’uso a fini diagnostici individuali o per “certificati di immunità”, dato che non c’è consenso circa il tipo di anticorpi che vengono identificati dai diversi test, né sulla loro capacità di svolgere un ruolo protettivo dall’infezione virale;
- Follow-up della popolazione di pazienti che hanno manifestato forme clinicamente rilevanti della malattia e che hanno avuto necessità di trattamenti, in ambiente ospedaliero o domiciliare;
- Adeguata pianificazione della comunicazione ai cittadini, che deve essere considerata uno degli strumenti di governo della fase 2, nella prospettiva di dover gestire un lungo periodo di convivenza con il virus.
Introduzione
L’Associazione Italiana di Epidemiologia il 10 aprile scorso ha diffuso una lettera aperta rivolta alle Istituzioni Nazionali per rappresentare la propria posizione su alcuni aspetti legati al superamento graduale dell’attuale fase di gestione dell’emergenza COVID-19 che, a nostro avviso, deve essere condizionato in modo prioritario dalla capacità di risposta di ogni singola area geografica nel limitare la circolazione virale, per contenere ulteriori diffusioni epidemiche. La capacità di intervenire selettivamente e tempestivamente sui nuovi casi e sui loro contatti rappresenta l’unica reale possibilità per bloccare le catene di contagio: occorre pertanto, da un lato potenziare i servizi, con personale in grado di svolgere le attività di tracing e di sorveglianza, dall’altro adottare protocolli omogenei in modo da orientare lo sforzo in funzione di obiettivi chiaramente definiti di conoscenza, monitoraggio e azione.
Contestualmente, è essenziale disporre di indicatori epidemiologici che permettano di comprendere quali siano le caratteristiche dei nuovi casi, dove si realizza e in che modo la trasmissione del contagio, quale è l’evoluzione della malattia e le esigenze assistenziali correlate, e in quale misura, in ciascun territorio, le azioni adottate sono efficaci nel contenere la diffusione epidemica, e nel prevenire le forme più gravi e la mortalità.
Tutte le misure di contrasto dell’epidemia devono tener conto dell’impatto che esse possono avere sul contesto in cui vengono applicate, in termini di accesso ai servizi sanitari per patologie non COVID-19 e, più in generale, in relazione al contraccolpo sul sistema economico e produttivo. In questa fase è urgente, e non più rinviabile, definire scenari che ragionevolmente consentano un allentamento delle misure attualmente in vigore, costruire indicatori per verificare se il livello di diffusione del contagio è compatibile con la ripresa e se il sistema di sanità pubblica è in grado di esercitare il controllo adeguato sul territorio. E’ quindi altrettanto necessario impostare attività di sorveglianza epidemiologica e di ricerca necessarie alla valutazione dell’impatto diretto e indiretto sulla salute della popolazione e sulle disuguaglianze di salute, di accesso e di esito (ref documento equity audit allegato 1 Marra e Costa).
La Associazione Italiana di Epidemiologia (AIE) raccomanda il rafforzamento della capacità del Servizio Sanitario Nazionale di mantenere il controllo della epidemia e propone l’utilizzo di indicatori di alcune attività cruciali di sanità pubblica anche per orientare gli interventi assistenziali. La lettura combinata degli indicatori proposti può supportare le decisioni di allentamento controllato e diversificato sul territorio delle misure di lockdown, incrociando le informazioni sulla forza e sulla gravità dell’andamento epidemico rispetto alle capacità del sistema di effettuare diagnosi, identificazione e isolamento dei contatti, erogare assistenza ai malati. Inoltre, l’adesione ad uno stesso metodo di descrizione delle situazioni regionali faciliterà la raccolta delle informazioni e la costruzione di un quadro immediatamente leggibile di ogni regione.
Questo documento sintetizza la posizione AIE, si rimanda agli allegati specifici per informazioni dettagliate su ogni argomento.
Le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
Il Report WHO COVID-19 Strategy Update del 14 aprile scorso individua gli obiettivi per il controllo della pandemia con il freno alla trasmissione del virus e la riduzione della mortalità associata al COVID-19. La strategia si fonda su azioni di coinvolgimento di tutti gli attori nella risposta e nella prevenzione del contagio attraverso le misure individuali e collettive di distanziamento sociale e di igiene, nel controllo e nell’isolamento dei nuovi casi, nella soppressione tempestiva delle catene di contagio, nella riduzione della mortalità e nello sviluppo di farmaci e vaccini efficaci da rendere disponibili in funzione del bisogno.
L’articolazione di questi obiettivi a livello nazionale prevede l’attivazione delle seguenti misure:
- Coordinamento e pianificazione, con particolare riguardo alla valutazione della capacità di risposta del sistema di sanità pubblica e all’analisi del rischio per identificare persone ad alto rischio e popolazioni vulnerabili;
- Impegno e mobilitazione delle comunità per limitare l’esposizione;
- Identificazione, test, isolamento e assistenza per i casi e i contatti per controllare la trasmissione;
- Assicurare l’assistenza sanitaria e mantenere attivi i servizi sanitari essenziali per ridurre la mortalità per tutte le cause;
- Adattare le strategie in funzione del rischio, della capacità e della vulnerabilità.
La necessità di un sistema di monitoraggio epidemiologico
La raccolta, l’analisi e l’interpretazione di dati durante un evento epidemico consente di orientare le misure preventive di contenimento dei contagi. In particolare, è indispensabile un sistema informativo capace di dare risposte il più esaurienti possibili sui seguenti aspetti:
- Stima dell’andamento del numero dei contagiati sia in termini assoluti sia in termini di velocità di crescita, e quindi misura di incidenza e misura dell’indice di replicazione (Rt).
- Stima delle modalità di contagio, dei luoghi di trasmissione e delle categorie a rischio (strutture ospedaliere, comunità residenziali, categorie lavorative, trasmissione familiare)
- Stima del bisogno assistenziale (domiciliare, posti letto, terapie intensive, laboratori, reagenti, personale, ecc.), e quindi misura della prevalenza distinta per gravità delle condizioni dei malati.
- Stima delle conseguenze dell’epidemia in termini di decessi, sia avvenuti durante processi assistenziali controllati, sia al di fuori di questi, e quindi misura della letalità e della mortalità per causa.
- Stima della efficacia delle misure di contenimento attuate, efficacia del lockdown, e rischi specifici associati alle attività che si è ritenuto opportuno lasciare operative.
A partire dal 20 marzo l’andamento della curva epidemica in Italia è stato determinato dall’effetto delle misure straordinarie di lockdown: distanziamento fisico (sociale), chiusura di scuole e attività considerate non essenziali, limitazioni alla mobilità individuale su tutto il territorio nazionale. È indubbio che l’ulteriore applicazione di misure efficaci deve ispirarsi ad una logica differenziata ed adattativa in relazione all’ambito di intervento e deve fondarsi, quindi, sulla conoscenza locale, regionale e nazionale della dinamica epidemica, che ha avuto caratteristiche estremamente diverse nella sua evoluzione nazionale. Anche la capacità di risposta sul territorio è differenziata rendendo necessaria l’acquisizione di ulteriori dati utili per monitorare e pianificare gli interventi di indagine e controllo.
L’estrema variabilità geografica dell’epidemia richiede dunque la produzione di specifici indicatori di riferimento che permettano un confronto spaziale e temporale per chiarire l’andamento del contagio e consentano l’assunzione di decisioni consapevoli e appropriate circa gli interventi da attuare.
I dati attualmente disponibili e i punti critici
Ad oggi le fonti dei dati nazionali sono rappresentate dal sistema informativo della Protezione Civile (dati aggregati) e dalla piattaforma nazionale di Sorveglianza COVID-19 dell’Istituto Superiore di Sanità (dati individuali), quest’ultima alimentata direttamente dalle regioni. I dati della Protezione Civile sono stati fin dall’inizio dell’epidemia a disposizione della comunità mentre i dati dell’ISS non sono resi pubblici se non in forma di reportistica periodica. La produzione di indicatori deve essere effettivamente praticabile e in maniera omogenea, in tutte le regioni italiane all’interno del SSN. E’ opportuno integrare gli attuali sistemi di sorveglianza e potenziare le funzioni locali, regionali e nazionali di raccolta, descrizione, analisi, interpretazione e comunicazione dei dati. In effetti, con la diminuzione del numero di casi registrati ogni giorno deve essere possibile una maggior precisione nella descrizione di poche variabili fondamentali per valutare in quali condizioni si mantiene la trasmissione virale nella popolazione.
L’analisi dei sistemi informativi messi a punto per la gestione dell’epidemia COVID-19 ha messo in rilievo le seguenti criticità:
- I dati raccolti e trasmessi dalla Protezione Civile hanno soddisfatto l’esigenza di programmazione assistenziale, consentendo di valutare tempestivamente la necessità di nuovi presidi di Terapia Intensiva ma non hanno invece risposto sufficientemente alle altre necessità informative. La definizione di caso, abbastanza ben chiara all’inizio, si è poi modificata nel tempo fino a considerare anche i positivi asintomatici, ovvero pazienti sintomatici il cui tampone è stato eseguito dopo molti giorni dall’inizio sintomi, con conseguenti distorsioni nella stima dell’incidenza. E’ essenziale poter sapere in che condizioni è stato prescritto un tampone e classificare ogni caso al momento in cui viene richiesto una conferma di positività. Infine, per scongiurare il rischio di interpretazioni sbagliate è importante chiarire se un indicatore debba considerarsi di prevalenza puntuale, periodale o di incidenza.
- Il sistema informativo non raccoglie informazioni sulle modalità di contagio e non permette di comprendere le condizioni di rischio in periodi diversi della evoluzione della epidemia; per questo difetto del sistema informativo non siamo oggi in grado di conoscere chi sono i nuovi casi di malattia che si verificano dopo diverse settimane dall’inizio del lockdown.
- Uno dei problemi più rilevanti del sistema informativo in uso riguarda le carenze nella registrazione dei dati che si associa ad un elevato numero di dati mancanti, come per esempio la data di inizio sintomi. A queste carenze si deve fare fronte con immediatezza per non minare la capacità informativa del sistema.
- Appare difficile seguire nel tempo l’evoluzione della storia individuale della malattia tenendo traccia degli eventuali spostamenti tra domicilio e ospedale, tra reparti ospedalieri, dei cambiamenti di stato clinico, nonché dei risultati dei successivi tamponi eseguiti. Il Sistema informativo ISS è progettato per rispondere anche a questa esigenza a livello centrale ma non tutte le regioni sono riuscite a adeguare i loro sistemi informativi per ricostruire puntualmente questi aspetti.
- La letalità viene fornita come valore totale di periodo quando è evidente che l’esito decesso ha bisogno di un certo intervallo di tempo (periodo di follow-up) per manifestarsi per cui la letalità è diversa se stimata a tempi diversi dalla insorgenza dell’epidemia e in territori diversi.
Le proposte di miglioramento del sistema nazionale
- Gli indicatori riportati vengono attualmente elaborati sulla base dei dati aggregati forniti dalle Regioni alla Protezione Civile, considerando come data di incidenza quella di notifica. Esiste tuttavia un ritardo nella notifica variabile da regione a regione.
Si propone dunque di utilizzare quale fonte informativa i dati del Sistema di Sorveglianza COVID-19 coordinato dall’ISS e quindi di considerare quale data di incidenza la data di primo prelievo positivo (e la data di inizio sintomi come variabile descrittiva accessoria). Per ogni “nuovo caso” deve essere riportata la data di inizio sintomi, se il caso è sintomatico, data di diagnosi (data primo prelievo nel Sistema di Sorveglianza COVID-19 ISS). - La definizione di caso non può prescindere dalla conferma di positività mediante tampone. Man mano che ci si avvia verso una gestione più ordinata dell’attività diagnostica, e già oggi, il test viene effettuato anche su soggetti asintomatici, una pratica che deve essere potenziata ai fini della interruzione delle catene di contagio.
Si propone dunque di registrare il motivo per il quale viene effettuato l’accertamento (diagnosi, controllo periodico esposti, contatto di caso, ecc.). E’ necessario che per ciascun nuovo caso sia disponibile l’informazione sulla presenza o meno di sintomi. - Attualmente, i due sistemi informativi disponibili non prevedono le informazioni relative ai rischi specifici della collocazione dei casi (domicilio, ospedale, casa di riposo, ecc.) e del setting di esposizione (domiciliare, lavorativo, sanitario).
Si propone di includere queste informazioni. - Gli indicatori relativi alla letalità dovrebbero essere espressi tenendo conto di un tempo fisso di follow-up, es: letalità a 7 giorni, 14 giorni e così via a partire dalla data di diagnosi della malattia (o da inizio sintomi).
Si propone di applicare questa modalità.
Un “cruscotto” regionale
Il sistema di sorveglianza, mirato ad orientare l’azione di prevenzione e controllo deve poter contare su dati a livello regionale in grado di produrre, con frequenza almeno settimanale, le seguenti tipologie di indicatori:
- Indicatori per la descrizione della attuale fase epidemica
- Indicatori per guidare la transizione verso l’uscita dall’isolamento generalizzato
- Indicatori della capacità del sistema di sanità pubblica (performance)
1. Misura puntuale dell'epidemia con sorveglianza passiva, focus su casi incidenti dal 20 marzo (sia in numero assoluto che tassi per popolazione su periodi temporali definiti): descrizione dei casi.
Il razionale di questi indicatori è collegato alla misura della capacità di controllo della diffusione dell’epidemia e degli esiti collegati.
Indicatori | Fonte |
Numero totale di nuovi casi per data di diagnosi e per data inizio sintomi | Sorveglianza COVID-19 |
Età media e mediana dei casi | Sorveglianza COVID-19 |
Numero e (%) casi asintomatici | Sorveglianza COVID-19 |
Casi per comune | Sorveglianza COVID-19 |
Casi per luogo di presumibile contagio (domicilio, lavoro, residenza sanitaria, ospedale ecc.) | Sorveglianza COVID-19 da integrare con la classificazione del luogo di esposizione |
Numero Casi ricoverati (incidenza e prevalenza di punto e di periodo) | Sorveglianza COVID-19 |
Casi in Terapia Intensiva (incidenza e prevalenza di punto e di periodo) | Sorveglianza COVID-19 |
Decessi per data inizio sintomi e per fasce di età (curva di sopravvivenza) | Sorveglianza COVID-19 |
Guariti per settimana inizio sintomi | Sorveglianza COVID-19 |
Casi in focolaio epidemico e numero di focolai epidemici | Informazione non presente nel sistema di sorveglianza nazionale |
Casi per attività lavorativa (da classificare in categorie ad hoc) | Informazione non presente nel sistema di sorveglianza nazionale |
2. Misura delle attività di individuazione e di contact tracing con sorveglianza attiva: indagini ad hoc su schede da integrare nella sorveglianza nazionale:
- capacità di isolare i casi= numero di casi isolati entro 24 ore dall’accertamento diviso il numero di casi confermati
- numero totale di contatti stretti definiti per i casi incidenti dal 20 marzo
- numero e proporzione di contatti stretti rintracciati
- numero e proporzione di contatti (di cui al punto precedente) con accertamento virologico (tampone)
- numero e proporzione dei contatti risultati positivi
- numero e proporzione di contatti in sorveglianza da app (se disponibile)
3. Misura dei focolai epidemici attivi dal 1 Aprile con sorveglianza attiva (indagini ad hoc su schede da integrare nella sorveglianza nazionale)
- numero focolai per tipologia (comunità sanitarie ristrette, luoghi di lavoro)
- numero focolai per comune e per provincia
- numero totale esposti nei focolai, per ospiti e operatori in caso di ambienti sanitari
- numero totale casi positivi identificati nei focolai, per ospiti e operatori in caso di ambienti sanitari
4. Misura della capacità di sistema di rispondere all’epidemia in termini di risorse (raccolta dati da integrare nella sorveglianza nazionale)
- numero massimo di tamponi eseguibili al giorno/popolazione residente
- numero di tamponi eseguiti nella settimana
- numero di posti letto ospedalieri dedicati (totale e terapie intensive)
- indice di occupazione posti letto (totale e TI)
- numero di operatori dedicati all’attività territoriale di contact-tracing e accertamento virologico per ogni Dipartimento di Prevenzione per 1000 abitanti
5. Indicatori di impatto sul SSN – flussi informativi sanitari correnti e InfluNet
- eccesso di mortalità per tutte le cause su atteso (dati settimanali e cumulativi per anno), per genere ed età (settimanale)
- andamento giornaliero degli accessi al PS per tutte le cause
- presenza ed estensione sorveglianza Sindromi Influenzali mediante MMG (InfluNet)
- incidenza Sindromi Influenzali per assistiti in sorveglianza
I dati di mortalità e di altri sistemi informativi correnti
Le conseguenze sulla salute della popolazione italiana della prima fase della epidemia e della prossima fase di transizione dall’emergenza ad una epidemia “controllata” non sono ad oggi complessivamente note: l'epidemia COVID sta avendo importanti effetti sul sistema di assistenza sanitario (ad esempio è stata rilevata una drastica riduzione degli accessi in Pronto Soccorso) con possibili impatti in termini di esiti di salute dovuti alla mancanza di assistenza in pazienti gravi con patologie acute e croniche.
L’analisi in tempo reale della mortalità nella popolazione generale durante l’epidemia COVID-19 ed il suo confronto con la mortalità attesa, tenendo conto dei trend temporali di lungo periodo e dei pattern stagionali, rappresenta uno strumento indispensabile per stimare i decessi attribuibili in modo diretto o indiretto all’epidemia.
In Italia, i dati di mortalità vengono rilevati e codificati dall’Istituto centrale di statistica (ISTAT) a partire dalle certificazioni delle cause di morte effettuate dai medici (DPR 285 del 1990), I dati di mortalità vengono rilasciati dall’ISTAT entro 24 mesi dall’anno di riferimento. Accanto alla fonte nazionale in diverse regioni sono stati istituiti Registri Regionale di Mortalità che possono rendere disponibili dati più tempestivamente.
Dal 2004 è attivo il Sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera (SiSMG) , un progetto CCM nato per disporre di dati in tempo reale durante l’emergenza ondate di calore, poi esteso al monitoraggio delle ondate di freddo e alle epidemie influenzali. Il SiSMG è operativo tutto l’anno in 34 città italiane (capoluoghi di regione o città con >250,000 abitanti) in cui risiedono 12 milioni di abitanti e permette di stimare l’eccesso di mortalità giornaliero per classi di età e genere.
In relazione all’emergenza COVID-19, i dati del SISMG sono ritenuti strategici al fine di valutare l’impatto sulla mortalità. Dall’inizio dell’epidemia di COVID-19, sono stati prodotti rapporti settimanali dell’andamento della mortalità per 19/34 città incluse nel sistema, analizzando i dati per ciascun comune e complessivamente le città del nord e del centro-sud, dell’eccesso di mortalità per classi di età, genere e per classi di età (www.repo.epiprev.it e www.deplazio.it). Sono state eseguite inoltre le seguenti analisi: mortalità intra- ed extraospedaliera, per valutare se è presente una differenza nell’eccesso di mortalità per luogo di decesso, classe di età e area geografica; andamento stagionale e cumulato della mortalità per stimare il potenziale effetto harvesting dovuto alla quota di sotto-mortalità nell’inverno 2019/2020 soprattutto a carico di persone già fragili per età e condizioni di salute e con breve aspettativa di vita. E’ in corso il confronto tra l’eccesso di mortalità totale stimata con quota di decessi COVID-19 (Fonte: ISS).
Nelle ultime settimane, al fine di fornire informazioni utili alla comprensione della situazione legata all’emergenza sanitaria da COVID-19, l’ISTAT ha reso disponibili i dati di mortalità per una selezione di comuni. I dati sono riferiti ai comuni che hanno fatto registrare un aumento della mortalità pari o superiore al 20% nel periodo 1 marzo-4 aprile 2020 rispetto al dato medio dello stesso periodo degli anni 2015-2019 e che dispongono di un dataset completo e aggiornato in maniera tempestiva. La selezione operata dall’ISTAT non permette di chiarire il quadro della mortalità nell’intero territorio nazionale ed è auspicabile che tutti i dati vengano messi presto a disposizione della comunità nazionale. In aggiunta ai sistemi di mortalità, i sistemi informativi sanitari correnti, (sistema informativo ospedaliero, dell’emergenza sanitaria, della specialistica, della farmaceutica, salute mentale, ec.) e ai registri di patologia, dove presenti, rappresentano una fonte molto importante per pianificare studi epidemiologici osservazionali di valutazione dell’impatto diretto e indiretto dell’epidemia di COVID-19 sulla salute e sull’equità delle cure e produrre indicatori utili al monitoraggio.
Gli ambiti di valutazione che potrebbero essere sviluppati utilizzando i sistemi informativi correnti sono i seguenti:
- Incidenza di patologie acute e croniche in popolazione e dei differenziali socioeconomici tramite l’utilizzo degli algoritmi di patologia sviluppati a partire dai SIS
- Incidenza di patologia e mortalità in coorti di pazienti fragili
- Analisi del ricorso al pronto soccorso e dei differenziali socioeconomici
- Analisi della ospedalizzazione e dei differenziali socioeconomici
- Analisi degli esiti delle cure e dei differenziali per livello socioeconomico
L’uso di test sierologici e la loro applicazione nella popolazione
Sono in corso diverse iniziative per misurare gli anticorpi anti-Sars-CoV-2 in popolazioni. Da un lato risulta già in uso in diverse realtà la misurazione degli anticorpi al fine di identificare persone “protette” e che pertanto potrebbero essere reimmesse in una normale vita sociale e lavorativa. Questo uso dei test anticorpali è del tutto improprio e prematuro come argomentiamo in seguito. La seconda finalità è per la conduzione di indagini sieroepidemiologiche di prevalenza. L’OMS ha indicato che un’indagine a campione nella popolazione può avere diversi scopi come quello di monitorare e studiare i comportamenti durante il lockdown, e stimare la prevalenza dell’infezione o della immunizzazione. Stimare la prevalenza è utile per sapere quanti individui si sono infettati fino alla rilevazione e valutare la quota di soggetti che potrebbe contribuire a sviluppare l’immunità di gregge; indagini ripetute sono utili per seguire nel tempo l’evolvere dell’epidemia. Conoscere la prevalenza degli infetti consentirebbe anche di avere stime più attendibili del tasso di letalità.
Chiariamo che non esiste al momento attuale alcuna certezza circa l’uso di test sierologici (e tantomeno quelli commerciali) a fini diagnostici individuali e dunque neppure per “certificati di immunita”, per esempio per allentare il lockdown per individui o categorie. L’AIE si è già espressa su questo tema con un position paper del 10 Aprile a cui si rimanda.
La necessità di follow-up dei pazienti e ricerca di epidemiologia clinica
Gli studi sulla popolazione di pazienti che hanno manifestato forme clinicamente rilevanti della malattia e che hanno avuto necessità di trattamenti, in ambiente ospedaliero o domiciliare sono in questo momento molto importanti, considerata la quasi totale assenza di conoscenze sull’evoluzione e sulle conseguenze, non solo cliniche, della malattia.
Molto schematicamente, si possono ipotizzare alcuni quesiti generali di ricerca e suggerire alcune indicazioni su come si potrebbe procedere per ridurre i rischi di iniziative improvvisate sul piano metodologico e scoordinate su quello organizzativo.
Un primo tentativo, incompleto e provvisorio, di identificare quesiti o filoni di ricerca sui pazienti potrebbe includere:
- studi per chiarire quali siano stati i fattori che hanno determinato, a parità di contagio, forme clinicamente gravi rispetto a forme lievi o totalmente asintomatiche dell’infezione
- studi per indagare quali siano stati i fattori (individuali, di trattamento o organizzativi) che hanno determinato un esito favorevole o sfavorevole dei casi ospedalizzati con polmonite
- studi che rivalutino i pazienti nel tempo, per identificare i tempi di recupero e le conseguenze della malattia, in termini di danni d’organo o funzionali, non solo di tipo respiratorio
- studi di monitoraggio dello stato immunitario, per valutare tempo ed efficacia della risposta anticorpale e per stimare il rischio e i fattori facilitanti o protettivi di re-infezione
- studi sulla definizione di “guarigione” e indagine per identificare eventuali fattori associati ad un lungo periodo di presenza del virus
- studi sull’occorrenza di re-infezioni
La disponibilità e accessibilità delle informazioni sono un aspetto importante da considerare nella pianificazione di qualsiasi studio. Nel follow-up di questi pazienti la fonte di dati più semplice e accessibile è rappresentata dai flussi informativi amministrativi/sanitari, opportunamente linkati. Tuttavia, per rispondere a molti quesiti di ricerca, sarà necessario prevedere un arricchimento di questi dati con informazioni anamnestiche, cliniche (pregresse e di controllo in corso di follow-up), possibilmente con raccolta e conservazione adeguata di campioni biologici per studi sulla sierologia e su altre ipotesi future.
Comunicazione e coinvolgimento delle comunità: facciamo nostre le raccomandazioni dell’OMS per il passaggio alla fase 2
La pandemia di AH1N1(2009) e quella di Ebola (2014) hanno messo in luce quanto una comunicazione inadeguata possa diventare uno dei punti deboli della gestione di una emergenza. Come si legge nel documento dell’OMS, per uscire dal lockdown “occorre che le comunità siano pienamente consapevoli, coinvolte e preparate ad adeguarsi alla nuova normalità». Per questo, nella prospettiva di dover gestire una lunga fase di convivenza con il virus, la pianificazione della comunicazione deve essere considerata uno degli strumenti di governo della fase 2.
Per essere efficace la comunicazione deve tener conto del diritto irrinunciabile delle persone a essere adeguatamente informate delle scelte compiute da chi governa, di essere messe nelle condizioni di comprenderne gli obiettivi e il significato e di sapere su quali basi (scientifiche o contingenti) quelle scelte sono state compiute; deve prevedere, inoltre, un percorso a due vie in cui le comunità non sono solo destinatarie di un contenuto informativo, ma possono essere attivate per fornire contenuti, individuare criticità, mettere a fuoco esigenze.
AIE sostiene l’utilizzo di alcune pratiche già disponibili in grado di supportare l’obiettivo dell’OMS di gestire la fase 2 anche insieme a comunità coinvolte, consapevoli e preparate.
Uno strumento disponibile è la sorveglianza PASSI, che già in passato ha attivato moduli specifici di raccolta di informazioni in occasione di emergenze, come per esempio il terremoto de L’Aquila e la pandemia AH1N1, e che può essere facilitata dall’uso delle nuove tecnologie. Un’altra risorsa disponibile è costituita dagli operatori che già si occupano di promozione della salute nei territori, dove possono avere un ruolo nel facilitare i cambiamenti di comportamento e nel coinvolgimento e rafforzamento delle comunità.
Altre modalità sono la raccolta e l’analisi delle telefonate ricevute dai numeri verdi e il monitoraggio dei principali social media. Queste attività richiedono personale dedicato ed esperto che può forse, almeno in parte, essere reclutato dagli uffici stampa e comunicazione delle Asl ed eventualmente specificamente formato nell’ottica di quel potenziamento dei dipartimenti di prevenzione indispensabile per la sorveglianza epidemica.
Un ascolto attivo e ragionato deve essere considerato uno strumento irrinunciabile sia per garantire la flessibilità nelle strategie di comunicazione e di preparazione delle comunità evocate dall’OMS, sia per ridefinire le strategie di sorveglianza epidemica.
In definitiva, informazioni complete, costante e chiara esplicitazione delle motivazioni delle scelte, presentazione degli scenari a cui si va incontro e ascolto dei cittadini, sono essenziali per mettere le comunità in condizione di sapere, di capire e di agire consapevolmente, vanno quindi pianificati urgentemente insieme ai sistemi di sorveglianza.