Un cambiamento epocale nel flusso della mortalità ci aspetta. Ma siamo preparati?
In questa fase pandemica, si sta prospettando a breve un cambiamento epocale nell’approccio alla certificazione di morte. Il Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della salute e il Ministero dell’interno, ha stilato il testo di un Decreto che è all’attenzione del garante della privacy, dell’Associazione nazionale comuni italiani (ANCI), nonché delle Regioni, riguardante la digitalizzazione delle cause di morte direttamente da parte dei medici certificatori. Si tratta di un cambiamento che si attendeva ormai da anni, almeno dal Decreto Legge n.179 del 2012 che invitava a velocizzare il processo di automazione anche di questo flusso, e che è stato pure ribadito all’art.12 del Decreto Legge n.34 del 19.05.2020, detto anche “Decreto rilancio”.
L’attuale flusso della mortalità e delle cause di morte è normato dal “Regolamento di polizia mortuaria” di 30 anni fa, il DPR n.285/1990, che al Capo I prevede che la denuncia della causa di morte e l’accertamento del decesso siano effettuati dal medico – curante (ovvero dal medico di medicina generale se il decesso è avvenuto in abitazione o dal medico ospedaliero nel caso di decesso avvenuto in ospedale) o dal necroscopo – utilizzando un’apposita scheda, denominata “scheda Istat di morte”, predisposta dal Ministero della salute di concerto con Istat. Si tratta di una scheda cartacea in doppia copia: la prima copia va all’Istat per le finalità statistico-epidemiologiche di utilizzo dei dati in essa contenuti, la seconda, copia calcante della prima, per gli usi amministrativo-sanitari, va all’Azienda USL di decesso e, da questa, all’Azienda USL di residenza se diversa da quella di decesso. Ogni Azienda USL è poi tenuta a istituire un Registro nominativo delle cause di morte (ReNCaM) avvenute sul proprio territorio.
Il nuovo Decreto prevede la compilazione e l’invio della scheda Istat di morte con modalità digitalizzate utilizzando procedure informatizzate che si avvalgono del sistema tessera sanitaria (TS) e dell’Anagrafe nazionale delle posizioni residenziali (ANPR), che si sta sempre più consolidando nelle varie aree del Paese; ci si attende, dunque, che ciò determini un’accelerazione nell’invio agli enti competenti delle informazioni sui decessi e le cause di morte. Questo nuovo flusso avrà un impatto sulle modalità:
- di certificazione delle cause di morte da parte dei medici;
- di gestione dei ReNCaM, presenti nelle Aziende USL, per lo più nei servizi di Igiene pubblica dei Dipartimenti di prevenzione;
- di informatizzazione dell’attuale flusso della mortalità a livello nazionale e a livello regionale, in quelle Regioni che hanno istituito registri di mortalità regionali, come indicato nel DPCM del 03.03. 2017.
Quanto previsto dal nuovo Decreto è un cambiamento epocale che permetterà, se saremo pronti a metterlo in atto sin da subito, di conoscere meglio e tempestivamente quanto ci sta accadendo. I medici in genere sono ormai abituati a utilizzare il sistema TS, ma per questa certificazione dovrà essere prevista una loro formazione specifica. Per i medici, potrà anche rappresentare una formidabile occasione per un cambiamento di approccio all’evento morte, spesso vissuto come sconfitta della medicina: spesso inconsapevoli che con questo atto forniscono un ultimo servizio ai propri pazienti e alle loro famiglie, i medici potranno lavorare all’unisono anche in migliaia pesando i dati certificati in modo che possano servire a livello di popolazione a monitorare e capire meglio le cause di morte in generale e, più specificamente, gli esiti più gravi di questa pandemia, permettendo di superare gli errori inevitabili che si hanno quando persone terze devono trascrivere su sistemi informatizzati i termini sanitari delle cause di morte, come accade nelle Regioni che si sono dotate di Registri di mortalità a partire dalle copie calcanti delle schede Istat di morte relative ai decessi avvenuti sul loro territorio e ai decessi in residenti deceduti in altre aree del Paese. Rappresenterà un’occasione formidabile anche in campo epidemiologico: ancora, infatti, si discute su quanti siano i decessi dovuti a COVID-19 in presenza o meno di comorbidità e quanti siano, invece, legati alle complicanze che vengono a instaurarsi negli infettati in presenza o meno di comorbidità, nonché su quanti e come muoiono in questo periodo coloro per i quali non è noto se siano stati infettati dal virus. La disponibilità di incrociare tempestivamente la banca dati sulle cause di morte con altre banche dati sanitari (ricoveri, prestazioni farmaceutiche, tamponi eccetera) potrà fornire ulteriori informazioni utili per una migliore conoscenza del fenomeno pandemico.
È presumibile che il nuovo flusso, una volta messo a sistema, permetterà:
- un miglioramento nella qualità dei dati informatizzati a livello sia nazionale sia regionale;
- una disponibilità pressoché immediata di informazioni sulle cause di morte, ovvero una tempestività maggiore rispetto all’attuale prevista a due anni dall’anno evento (come indicato dal Regolamento UE 13338/2008 e dalla scheda del Piano statistico nazionale MAR-00006 che prevede l’invio da parte di Istat agli Uffici statistici delle Regioni dei dati sulle cause di morte dei loro residenti per finalità di programmazione regionale e locale).
Si tratterà comunque di un’impresa non facile, di un impegno convergente da parte oltre che di tanti professionisti medici anche di vari settori del sistema sanitario pubblico, in quanto coinvolgerà la pressoché totalità dei medici operanti nei SSR (a titolo esemplificativo in Toscana negli ultimi anni più del 50% dei certificati di morte vengono stilati a casa o nelle strutture residenziali dai medici di medicina generale, oltre il 40% dai medici ospedalieri e la quota parte rimanente da medici necroscopi e legali), i Dipartimenti di prevenzione o i servizi che gestiscono i ReNCaM e quei settori che si occupano di informatizzazione dei flussi e di elaborazioni statistico-epidemiologiche. E i tempi previsti dal nuovo Decreto sono abbastanza stretti per allineare i flussi di mortalità al nuovo regolamento nazionale, con molte delle attività che dovranno essere messe a sistema localmente alla luce degli operatori e strutture sanitarie coinvolte: è previsto che le procedure vengano avviate progressivamente dopo 60 giorni dalla pubblicazione del nuovo Decreto sulla Gazzetta ufficiale (GU), sapendo che le specifiche tecniche delle funzionalità saranno pubblicate 30 giorni dopo la pubblicazione sulla GU.
Alla luce dell’operatività necessaria per attivare il nuovo flusso, sulla base dell’esperienza maturata negli anni dal Registro di mortalità regionale (RMR) toscano, si evince che sarà necessario:
- predisporre le liste dei medici da autorizzare alla certificazione telematica (MMG, medici ospedalieri, medici necroscopi e medici legali) e soprattutto prevedere una loro formazione adeguata per l’utilizzo del nuovo sistema digitalizzato di certificazione;
- rendere disponibili immediatamente i dati delle certificazioni di morte ai Dipartimenti di prevenzione o a quei servizi di Azienda USL che sono responsabili dei ReNCaM in modo che possano rispondere alle richieste di certificazione dei familiari, ovvero prevedere una riorganizzazione dei ReNCaM di Azienda USL che possano recepire e utilizzare i dati sulle cause di morte provenienti dal sistema TS (inizialmente è previsto che solo la parte A della scheda Istat sulle cause di morte compilata dal medico venga digitalizzata, mentre per la digitalizzazione della parte B a cura dei Comuni è in corso la stesura di un Decreto apposito);
- attivare l’intera rete del flusso locale dei dati di mortalità da parte dei sistemi sanitari regionali per controlli di qualità e per valutazioni epidemiologico-statistiche a livello regionale e di Azienda USL, con possibilità di loro linkage con gli altri sistemi e banche dati regionali.
Solo se saremo in grado di operare tutti assieme, ognuno con le proprie competenze, saremo in grado di ben monitorare la salute delle nostre popolazioni, di particolare rilievo in questa fase storica segnata dalla pandemia di COVID-19, per la quale la necessità di accrescere e scambiare conoscenze è diventato un impegno di tutto il mondo della ricerca.
Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.