Lettere
18/12/2013

Incidenti comunicativi: allarmi e silenzi

In queste settimane mi hanno colpito due incidenti comunicativi relativi al tema dell’epidemiologia ambientale.

Il primo è quello nato intorno alla pubblicazione di vecchie deposizioni di Carmine Schiavone. Provo a sintetizzare quel che penso abbiano capito molte persone:

  • il parere di Schiavone sugli effetti cancerogeni dell’inquinamento indotto in alcune aree della Campania è dirimente, direbbe cioè cose nuove e affidabili;
  • il ritardo con cui tali deposizioni sono state rese pubbliche è rilevante ai fini della salute pubblica.

La prima interpretazione è in parte comprensibile: Schiavone certo sa quanto materiale pericoloso ha contribuito a nascondere in quelle campagne e potrebbe essere a conoscenza di pareri tecnici, quindi è giusto non sottovalutare le sue parole, che anzi diventano una buona occasione per rilanciare l’attenzione sul tema. Ma mi sarei aspettato nei giorni successivi una corsa a intervistare i ricercatori italiani che da anni stanno lavorando sul tema, oppure un’iniziativa autonoma in tal senso da parte delle diverse agenzie che hanno competenze e conoscenze in materia.

La seconda interpretazione è più complessa da analizzare. Molti dei protagonisti che negli ultimi anni hanno attirato l’attenzione su questo disastro ambientale, sociale ed economico hanno reagito dicendo grosso modo: «Noi non siamo stati ascoltati, anzi spesso contrastati. Ci voleva Schiavone per farvi capire che avevamo ragione, ma intanto si è perso tanto tempo prezioso». Inoltre si è accentrata l’attenzione sulla liceità o meno di tenere tanto a lungo segrete le dichiarazioni di Schiavone. Come se nel frattempo nessuna istituzione pubblica deputata alla protezione dell’ambiente e della salute si fosse mossa sul tema, a causa della mancata pubblicazione del parere di un delinquente.

di Marco Petrella

Il secondo incidente comunicativo è quello legato alla pubblicazione su un settimanale di uno studio a uso interno commissionato dalla Marina militare degli Stati Uniti sullo stato dell’ambiente in Campania. Anche qui reazioni comprensibili di sorpresa, scandalo e denunce di procurato allarme. Ma finora poco si è saputo della versione dei servizi pubblici in materia di stato del suolo e delle acque nelle aree poste sotto osservazione dalla US Navy.

Insomma, l’impressione che ne ho ricavato è quella di un silenzio, un ritardo, un imbarazzo del mondo della sanità pubblica e dell’epidemiologia, che né viene individuato come primo interlocutore su questi temi, né riesce a esprimersi in modo tempestivo ed efficace, lasciando che si adombrino responsabilità inesistenti e restino nell’ombra quelle vere.

La problematicità della comunicazione in campo ambientale non è una novità; spesso però la drammatica contrapposizione degli interessi in campo rende conto della gran parte delle difficoltà (si veda il caso Taranto).

di Marco Petrella

I due casi che ho proposto all’attenzione dei lettori potrebbero essere, invece, adatti a una possibile riflessione mirata agli aspetti comunicativi: quando, come e a chi l’epidemiologia deve saper comunicare, al di là della pubblicazione di rapporti e articoli scientifici. Interrogativi che devono essere affrontati dalle istituzioni dove si produce conoscenza epidemiologica e che una società scientifica può assumere tra i suoi temi di approfondimento metodologico prioritari.

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