Interventi
22/12/2010

Sorveglianza epidemiologica verso nuovi obiettivi

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Nei decenni passati la sorveglianza epidemiologica ha trovato applicazione soprattutto nel campo delle malattie infettive. All’inizio del terzo millennio, si è dovuto prendere atto che le malattie cronicodegenerative sono diventate il motivo più importante di disabilità e decessi, sia nei Paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo. In alcune aree sviluppate tale osservazione è in parte spiegabile con l’invecchiamento della popolazione: in Italia l’attesa di vita media nel 1880 era di 35 anni, nel 1959 era già aumentata a 65 anni2 e nel 2008 era di 79 anni per gli uomini e di 84 anni per le donne.3 Tuttavia, per molte patologie che erano considerate quasi ineluttabilmente legate all’invecchiamento, sono stati identificati, anche grazie all’epidemiologia, determinanti che inducono danni patologici nell’arco di un lungo periodo temporale durante il quale si può intervenire con la prevenzione. L’aumento di prevalenza delle malattie cronicodegenerative minaccia la sostenibilità dell’assistenza sanitaria e la prevenzione diviene estremamente importante. Circa la metà degli anni di vita persi per disabilità (DALY) dovuta a malattie cronicodegenerative in tutto il mondo è attribuibile a soli sette fattori, molti dei quali comportamentali: fumo di sigaretta, ipertensione arteriosa, obesità, inattività fisica, ipercolesterolemia, abuso di alcol, scarso consumo di frutta e verdura.4,5 A differenza delle malattie infettive, in cui l’identificazione dei casi contagiosi permette anche di evitare ulteriori esposizioni, la sorveglianza di malattie causate da fattori comportamentali che agiscono con tempi lunghi è chiaramente inefficiente per identificare i gruppi di popolazione ancora a rischio su cui si dovrebbe concentrare la prevenzione. Per malattie con lunghi tempi di latenza, come le patologie cronicodegenerative, la sorveglianza dei fattori di rischio deve essere mantenuta a lungo per fornire dati utili a guidare le politiche di sanità pubblica.

A partire dalla risoluzione dell’Assemblea mondiale per la salute nel 2000, che definiva gli obiettivi della strategia globale per il controllo delle malattie croniche,6 sono stati redatti e sottoscritti molti documenti che indicano la politica di riduzione delle malattie cronicodegenerative,7,8 mediante la diminuzione della frequenza dei più importanti fattori di rischio, molti dei quali comportamentali. Per questo è stato riconosciuto il ruolo essenziale della promozione dei comportamenti salutari attraverso la comunicazione e le strategie di comunità. La lotta contro le malattie cronicodegenerative è stata definita come la grande sfida dei nostri tempi e un investimento vitale per tutti.Tutti i documenti prodotti sottolineano l’importanza della sorveglianza epidemiologica, il cui ruolo è quello di fornire indicazioni necessarie alle attività di pianificazione, di valutazione dei servizi sanitari e di promozione della salute. La sorveglianza delle patologie cronicodegenerative deve includere il monitoraggio dei fattori di rischio più importanti e delle azioni di controllo intraprese per ridurli. Dal 1984 negli USA è attivo il Sistema di sorveglianza dei fattori di rischio comportamentali (BFRSS) coordinato dai CDC.9 Per promuovere la sorveglianza a livello globale, l’Organizzazione mondiale della sanità ha creato un network tra gli 11 Paesi più popolosi del mondo (Bangladesh, Brasile, Cina, India, Indonesia, Giappone, Messico, Pakistan, Russia, USA), che da soli includono il 60% della popolazione mondiale. L’obiettivo è quello di rafforzare la capacità di questi Paesi di istituire e mantenere in modo sostenibile la sorveglianza dei comportamenti a rischio per le malattie cronicodegenerative.10 Nonostante dieci anni di dichiarazioni ufficiali, la sottoscrizione di accordi internazionali ufficiali e altre iniziative, pochissimi Paesi hanno oggi una sorveglianza sistematica dei fattori di rischio per le patologie croniche, nonostante il loro grande peso sulla salute e sulla qualità della vita. In Europa vi sono pochissimi esempi: Finlandia e Paesi Baltici.11 Fino a ora l’Unione europea ha promosso tentativi di raccogliere dati confrontabili e di buona qualità sulla salute delle popolazioni europee, ma sono disponibili pochi dati sui comportamenti a rischio, per lo più derivati da periodiche indagini trasversali a livello nazionale.

In Italia a partire dal 2007 il Ministero della salute ha affidato al Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell’Istituto superiore di sanità il compito di mettere in piedi un sistema di sorveglianza continua sui fattori di rischio comportamentali e sulle misure preventive incluse nel Piano di prevenzione nazionale. Il sistema di sorveglianza dei rischi comportamentali italiano, PASSI (Progressi delle aziende sanitarie per la salute in Italia), è stato progettato per fornire informazioni (prevalenze e trend) ai decisori locali e regionali.12 L’Azienda sanitaria locale (ASL) è l’unità di riferimento per la raccolta dati nel PASSI. Ognuna delle 21 regioni italiane ha un numero variabile di ASL (da 1 a 22), che forniscono servizi di prevenzione e cura alla popolazione locale, anch’essa di dimensione variabile (da 40.000 a oltre un milione di assistiti). Ogni ASL partecipante fa uso dell’anagrafe sanitaria per selezionare mensilmente un campione random di persone nella fascia di età 1869 anni (>25 persone al mese per ASL), stratificato per sei gruppi di età e sesso, con la dimensione di ogni strato proporzionale alla percentuale di popolazione locale in ognuno dei sei gruppi. I dati vengono registrati in un database centrale che garantisce l’accesso continuo alle informazioni, permettendo analisi locali, quando necessarie. La qualità dei dati è monitorata a livello centrale attraverso l’uso di indicatori standard internazionali. PASSI raccoglie informazioni in diversi ambiti, tutti inclusi tra le priorità del Piano sanitario nazionale:13 qualità della vita, abitudine al fumo, attività fisica, alimentazione, consumo di alcol, comportamenti alla guida, fattori di rischio cardiovascolari, screening, vaccinazioni, salute mentale, incidenti domestici e aspetti sociodemografici. Ma PASSI non è semplicemente interessato ai comportamenti a rischio nella popolazione. Infatti tra gli obiettivi principali ci sono il monitoraggio della variabilità del livello di accettazione e di adesione alle raccomandazioni di sanità pubblica, come i programmi di prevenzione oncologica e le indicazioni dei medici di medicina generale su diversi argomenti (alcol, fumo, attività fisica, ecc.), e l’identificazione delle possibili cause di alta o bassa adesione. Inoltre è anche un sistema in grado di rilevare e monitorare alcuni determinanti sociali dello stato di salute dato che è possibile disaggregare la prevalenza di tutte le variabili raccolte per livello di istruzione e situazione economica riferita. L’atteggiamento relativo al fumo può essere citato come un esempio dei risultati della sorveglianza. Nonostante la presenza di leggi specifiche, che proibiscono completamente il fumo nei luoghi pubblici, e una serie di forti raccomandazioni, è presente una variabilità significativa dal punto di vista statistico tra le diverse regioni italiane nella prevalenza di fumatori, come mostrato dai dati più recenti riportati in figura 1.
Le osservazioni indicano come siano necessarie ulteriori azioni regionali e locali in aree specifiche per rinforzare l’azione centrale. La sorveglianza effettuata in continuo permette inoltre l’analisi tempestiva di trend. Le osservazioni raccolte per la Regione Piemonte, per esempio, suggeriscono che la prevalenza dei fumatori è in diminuzione in quell’area (figura. 2). La sorveglianza implica un monitoraggio e un’analisi continui delle osservazioni raccolte, un’attività che può sembrare meno attraente rispetto alla “scoperta” di fattori che causano malattie, ma al pari degli studi analitici richiede abilità epidemiologiche a vari livelli. Le competenze epidemiologiche sono importanti per la messa a punto dei sistemi di sorveglianza, per le analisi di grandi volumi di dati raccolti nel tempo e da differenti aree, per fornire evidenza scientifica agli interventi di sanità pubblica, anche al fine di promuovere stili di vita salutari a livello individuale. Tutti questi aspetti differenziano la sorveglianza epidemiologica dall’attività di raccolta dati demografici o dalla costruzione di specifici registri di patologie. Attualmente è necessario inoltre condurre ricerca epidemiologica in grado di valutare l’effetto delle azioni di controllo intraprese per ridurre i rischi per la salute. Dopo aver così ampiamente contribuito alla comprensione dei rischi per la salute umana ora l’epidemiologia ha la grande opportunità di contribuire alla valutazione del guadagno atteso.

Figura 1. Prevalenza dei fumatori auto riferiti (persone che hanno fumato nella vita più di 100 sigarette e fumano attualmente, e persone che hanno smesso di fumare da meno di sei mesi) nella fascia di età 18-69 anni per regione, Italia, 2009 (n=39.212)
Figure 1. Prevalence (age and gender adjusted) of self-reported smokers (people who smokedmore than 100 cigarettes in their life and currently smoke, and people who quit smoking less than six months ago) in the age 18-69 years by Region,Italy, 2009 (n=39.212)

Figura 2. Trend della prevalenza dei fumatori nella fascia di età 18-69 anni, regione Piemonte, giugno 2007-dicembre 2009.
Figure. 2. Trend of prevalence of smokers in the age 18-69 years, region Piedmont, June 2007-December 2009.


Epidemiological Surveillance: moving towards new objectives

Epidemiological surveillance1 has been developed with the primary aims of monitoring the occurrence of diseases, describing the affected population and monitoring the introduction of specific preventive actions, with the scope of showing the effect of the measures undertaken on risk reduction. Surveillance is expected to be the major activity once disease determinants have been identified. In past decades, epidemiological surveillance has mostly been applied to infectious diseases. At the beginning of the third millennium, the pattern of health conditions of human populations has clearly changed. Chronic diseases (hereby identified as ChD) have become the most frequent cause of disability and deaths both in developed and in developing countries. In some areas this is partly explained by population aging: in Italy in 1880 the average life expectancy was 35 years, in 1959 it had already increased to 65 years2 and in 2008 it was 79 years for men and 84 years for women.3 However, many conditions which were considered intrinsically associated with aging, were shown to be due to preventable or modifiable factors which exert their negative effect over long periods of years (mainly revealed by means of epidemiological studies). The increasing prevalence of chronic diseases is critically affecting the sustainability of health care and therefore prevention is of paramount importance. Approximately half of the DALY due to ChD are estimated to be attributable to just seven factors, many of them related to personal behaviours: tobacco smoking, obesity, physical inactivity, alcohol abuse, low intake of vegetables, blood hypertension, hypercholesterolemia.4,5 In contrast to most infectious diseases, surveillance of diseases caused by behavioural factors is clearly insufficient to identify atrisk populations to whom preventive interventions should be targeted. Moreover, due to the long latent periods of ChD, surveillance of these factors has to be established and maintained for many years in order to provide sufficient evidence to guide health policy. Since the resolution of the 53rd World Health Assembly in 2000, which stated the objectives of the global strategy to control chronic nontransmissible diseases,6 many documents have been issued outlining the policies for the reduction of ChD,7,8 by means of reducing the frequency of the most relevant risk factors, most of them related to individual behaviours. Promoting positive health behaviour choices, through education and community policies and practices, was recognised as being essential to reducing the overall burden of chronic diseases. The fight against chronic diseases has been defined the great challenge of current times, and thus a vital investment. All these documents underline the importance of epidemiological surveillance, whose role it is to provide the indications necessary for planning, evaluating health services and for health promotion. Surveillance of ChD has to be extended to include risk factor frequency, and monitoring of the actions undertaken to reduce them. Since 1984, a well established system (Behavioural Risk Factor Surveillance System BRFSS) has been run in the USA by CDCs.9 In 1998, the World Health Organization formed a network amongst the world’s 11 largest countries (Bangladesh, Brazil, China, India, Indonesia, Japan, Mexico, Nigeria, Pakistan, Russia and the United States) to promote this activity at a global level. These countries account for 60% of the world’s population, and the scope of this programme was to strengthen the capacity of each of these countries to collect behavioural risk factor data in a systematic and sustainable manner.10 Despite ten years of official declarations, the signing of international agreements on these policies and some international initiatives, very few countries today have systematic surveillance of behavioural risk factors, despite the great impact on disease risk and quality of life. In Europe limited examples are available, such as Finland and the Baltic Countries.11 So far the European Union has focused on the attempt to establish a health monitoring system able to provide goodquality, comparative information on health status and trends throughout EU, but limited data, mainly from periodic national surveys, are available on the frequency and distribution of behavioural risk factors. In Italy, since 2007 the Ministry of Health has funded the National Centre of Epidemiology, Surveillance and Health Promotion (CNESPS) at ISS to set up an ongoing surveillance of behavioural risk factors and preventive measures included in the National Prevention Plan. The Italian behavioural risk factor surveillance system, PASSI, is designed to provide data (burden, trends) for local and regional decisionmaking.12 The local health unit (LHU) is the reference unit of data collection for PASSI. Each of the 21 Italian regions has between 1 and 22 LHUs that provide preventive and curative services for populations ranging from 40,000 to over a million. Each participating LHU uses the list of residents enrolled in the unit to select a monthly random sample of persons of 1869 years of age (>25 persons per month per LHU), stratified by six sexandage groups, with the size of each stratum proportional to the percentage of the local population in each of the six groups. Data are recorded in a central database and continuous access to local data is ensured, in order to allow local analyses on demand. Data quality is centrally monitored using indicators modelled according to international standards. PASSI collects data on several study items, all of them part of the National Health Plan13 priorities: quality of life, smoking habits, physical activity, diet, alcohol consumption, driving behaviour, cardiovascular risk factors, cancer screening, vaccinations, mental health, domestic accidents and sociodemographic aspects. It is not only behavioural patterns that PASSI is interested in. A major concern of PASSI is also to monitor the variability in the uptake and compliance of public health interventions such as cancer screening programmes, counselling by general practitioners on several items (alcohol, tobacco smoke, physical activity, etc) and to identify determinants of good or low uptake. Moreover it is also a system able to detect and monitor the social determinants of health, since the prevalence of all risk factors or compliance with public health programmes are broken down by selfreported economic conditions and education. Population attitude related to tobacco smoking can be quoted as an example of the results of surveillance. Despite strong national recommendations against smoking and a ban for smoking in any public closed area, a significant variability across regions in the prevalence of smokers is observed and the most recent data are shown in Figure 1. Regional and local actions are clearly needed in specific areas to reinforce the national policy. Continuous surveillance also allows timely detection of trends. Observations collected for the Piedmont Region, for example, suggest that prevalence of smokers in that area is currently decreasing (Figure 2). Surveillance implies continuous systematic monitoring and interpretation of the observations, an activity which may look less attractive than the “discovery” of factors associated to the development of relevant diseases, but similarly to successful analytic studies, good epidemiology is required at various stages. Epidemiological competences are important in establishing the surveillance system, in the analyses of large volumes of data collected over time and from different areas, in the ability to provide evidence able to guide and support policymaking at community level and also in promoting individual healthy behaviour. All these issues do differentiate epidemiological surveillance from the activity of collecting vital statistics or building specific registries for pathology. Epidemiological research is very much needed to evaluate the effect of the interventions undertaken to reduce hazards posed by specific factors. After having so greatly contributed to the understanding of important risks for the human health, epidemiology now has the important opportunity to contribute to the assessment of the expected gain.

Bibliografia/References

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  7. http://www.ccmnetwork.it/documenti_Ccm/prg_area2/GS_Action_plan_20082013.pdf
  8. http://www.ccmnetwork.it/GS_intro
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  10. World Health Organization. Mega Country Health Promotion Network: Mega Country Behavioral Risk Factor Protocol. Geneva: WHO, 2001a.
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  12. Gruppo tecnico di coordinamento del Progetto di sperimentazione del «Sistema di Sorveglianza PASSI». Sistema di sorveglianza PASSI. Progressi delle aziende sanitarie per la salute in Italia. Roma: Istituto superiore di sanità, 2007. (Rapporti ISTISAN 08/30).
  13. http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_987_allegato.pdf
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