Utilizzo delle SDO per il monitoraggio dell’assistenza in ambito oncologico
Premessa
Negli ultimi numeri della rivista si è aperto un dibattito sull’utilizzo delle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) per produrre dati di incidenza e prevalenza di patologie neoplastiche e non neoplastiche. In particolare si è lamentato un uso troppo disinvolto di questa fonte informativa che, in mancanza di adeguati studi di validazione, può potenzialmente produrre stime distorte, soprattutto quando i meccanismi che generano falsi negativi sono in forte relazione con i percorsi diagnostici e terapeutici.1 In uno studio di validazione condotto in tre Regioni italiane sul tumore della mammella, si evidenzia come i falsi negativi (i casi che risultano ai registri Tumori non catturati da un algoritmo condizionato dal trattamento chirurgico applicato alle SDO) abbiano una sopravvivenza nettamente inferiore rispetto al pool dei casi incidenti.2 Il motivo principale è che due terzi circa di tali falsi negativi o non erano stati ricoverati, o pur ricoverati non erano stati sottoposti ad intervento chirurgico.
Si è così focalizzata l’attenzione su come le SDO possano produrre stime distorte di incidenza e sopravvivenza dei tumori, quando questo utilizzo è sporadico3 - almeno nelle aree coperte dai registri Tumori -, rischiando di perdere di vista il nodo centrale della questione: il linkage tra casi incidenti identificati dai registri e SDO può fornire dati molto utili al monitoraggio dell’assistenza oncologica, nel caso specifico evidenziando quella quota di soggetti che, anche per una diagnosi tardiva, non sono stati sottoposti ad un iter terapeutico potenzialmente curativo ed hanno di conseguenza una prognosi infausta. E questo anche al di fuori del tumore mammario che, grazie all’attenzione legata all’organizzazione dello screening mammografico, rappresenta nel panorama epidemiologico italiano pressoché l’unico caso in cui si sono condotte numerose indagini di valutazione dell’assistenza in campo oncologico.4 È da sottolineare che in una fase preliminare la valutazione dell’impatto degli screeningmammografici fu condotta anche attraverso semplici analisi descrittive delle SDO sul ricorso alla mastectomia ed alla chirurgia conservativa.5 Ormai diversi anni fa proprio dalle pagine di questa rivista si auspicava la produzione di informazioni epidemiologiche tempestive in campo oncologico, in grado di incidere sulla programmazione ed il governo clinico, anche attraverso l’uso degli archivi elettronici di dati sanitari.6
Da allora, al di fuori dell’impegno isolato di pochi gruppi di lavoro, non molto di quello che si auspicava è stato messo in pratica, e l’integrazione tra l’attività dei registri Tumori e il sistema informativo sanitario rimane un “patrimonio ancora in larga parte inesplorato”.2
Limiti e potenzialità delle SDO in ambito oncologico
Le SDO non sono un registro di patologia
Il nodo cruciale è che le SDO, pur essendo comunemente utilizzate come una delle fonti informative principali per la costruzione di registri di patologia, non hanno finalità primariamente epidemiologica. Di conseguenza, le SDO presentano limiti generali di completezza ed accuratezza che sono stati investigati in Italia da diversi studi nell’ambito dei tumori2,7-10 come di patologie non neoplastiche.11 Inoltre le SDO sono soggette a variabilità nel tempo e nello spazio legate a molteplici fattori: pressione generale sulle strutture ospedaliere (ricorso al ricovero ospedaliero piuttosto che a più appropriati trattamenti sul territorio), cambiamenti nelle regole di erogazione delle diverse modalità assistenziali (es. elenco delle procedure eseguibili in regime di Day Hospital, o in strutture ambulatoriali), qualità generale degli archivi informatizzati. Questo può rendere difficile l’individuazione di algoritmi comuni per lo studio di specifiche patologie, e può consigliarne un adeguato adattamento a livello regionale o di singola ULSS, come pure il rapido aggiornamento anche in seguito a variazioni normative o di organizzazione dei servizi.
Dunque le SDO non registrano primariamente malattie, ma prestazioni assistenziali erogate in regime di ricovero ospedaliero, a fini (in parte solo teorici) di tariffazione. Quella che potrebbe sembrare una definizione burocratica e limitativa rappresenta invece l’enorme potenzialità dell’analisi del flusso informativo SDO (come delle altre componenti più recenti dei sistemi informativi sanitari, inclusa la specialistica ambulatoriale, la farmaceutica territoriale eccetera.): monitorare le tendenze generali concretamente in atto nel trattamento delle patologie, l’aderenza a linee guida, difficoltà nell’accesso ai servizi di settori di popolazione svantaggiati, possibili problemi di qualità delle cure offerte da singoli o gruppi di erogatori. Rappresentano dunque uno degli strumenti principali, ed ancor oggi sottoutilizzato, per l’indagine dei percorsi terapeutici; non deve perciò stupire che talora analisi anche di bassa complessità metodologica possano portare a risultati rilevanti. Questo vale per le patologie neoplastiche, per le quali non sembra sostenibile oggi limitare le possibilità di valutazione solo alle aree coperte dai RegistriTumori o alle sedi tumorali sottoposte a screening organizzato, e per molte malattie non neoplastiche che determinano spesso un ricovero ospedaliero, e per le quali non esistono registri di popolazione.
D’altra parte i limiti cui si è accennato sopra sono probabilmente destinati ad acuirsi nel corso del tempo, anche con lo spostamento dell’assistenza dall’ospedale al territorio. Ad esempio, a partire dal 2007 nel Veneto la maggior parte dei regimi di chemioterapia non viene più somministrato durante un ricovero ospedaliero; da un punto di vista informativo il flusso delle prestazioni ambulatoriali che viene ora a comprenderli registra la prestazione erogata, ma non la diagnosi. Per di più, la normativa regionale ha mirato negli ultimi anni a ridurre la segnalazione di diagnosi secondarie per diminuire il carico di DRG con comorbidità-complicanze. Tali modifiche hanno un impatto negativo sull’utilizzo delle SDO a fini epidemiologici (ed in misura molto più limitata anche sul loro uso da parte dei Registri Tumori).
Analisi delle SDO e incidenza dei tumori
Le SDO costituiscono una delle fonti informative principali per la registrazione dei tumori.Molti registri adottano algoritmi per l’identificazione dei casi a partire dal linkage di SDO, anatomia patologica emortalità; nel complesso i RegistriTumori rappresentano l’esempio più consolidato di integrazione e validazione di diversi flussi informativi.12 Inoltre, le SDO sono utilizzate per rintracciare cartelle cliniche su cui operare rilevazioni ad hoc per la della valutazione degli screening oncologici organizzati. Anche in ambito oncologico, semplici analisi descrittive dei dati SDO possono essere estremamente utili per la programmazione dell’offerta sanitaria.1 D’altro canto, l’adozione di algoritmi applicati ai soli dati SDO non può certamente sostituire l’attività dei Registri Tumori, tanto più per quelle patologie che a differenza del carcinomamammario richiedono il ricorso al ricovero ospedaliero solo in una frazione limitata di casi. Ci sono però ambiti selezionati in cui analisi delle SDO possono essere utilizzate in un ruolo integrativo all’attività dei Registri. Infatti, la disponibilità di serie storiche ormai consolidate sull’incidenza dei tumori non sostituisce l’interesse ad avere dati il più aggiornati possibile. Per alcune sedi tumorali si verificano variazioni maggiori dell’incidenza guidate da rapidi cambiamenti della pressione diagnostica; è eclatante l’andamento del tumore della prostata negli USA dove negli ultimi venti anni si sono verificate brusche inversioni dei trend di incidenza.13 L’utilizzo per selezionate sedi di neoplasia di algoritmi per stimare l’incidenza negli anni e nelle aree geografiche ancora non coperte dai Registri tramite SDO od altre fonti informative (compresi i dati dimortalità, che in alcune Regioni sono ormai prodotti tempestivamente) è un’attività che puo’ essere utile; un possibile esempio è quanto fatto in Francia per il tumore della tiroide.14Ogni scostamentomaggiore dai dati di incidenza già disponibili andrebbe validato; tale attività sarebbe ovviamente opportunamente condotta da, o in collaborazione con, i Registri Tumori.
Percorsi assistenziali, stato dell’arte: l’esempio della chirurgia oncologica
Dati di popolazione sul ricorso a procedure chirurgiche maggiori per il trattamento delle più frequenti neoplasie sono facilmente derivabili dalle dimissioni ospedaliere.15 Anche in Italia si è dimostrato che tramite l’applicazione di opportuni algoritmi si possono identificare con elevato valore predittivo positivo i casi trattati in ospedale, consentendo quindi il monitoraggio di alcuni tra i principali pattern assistenziali.9 Di ancora maggiore interesse sarebbe l’integrazione dei dati di incidenza dei registri tumori con informazioni aggiuntive sulle modalità di trattamento, tramite i sistemi informativi sanitari o studi ad hoc; questo soprattutto quando siano disponibili dati sullo stadio ed altre caratteristiche di presentazione della neoplasia, informazioni più facilmente ottenibili in progetti specifici o in registri dedicati a singole patologie.16 Per monitorare le evidenze scientifiche disponibili in Italia, sono stati rintracciati gli articoli pubblicati dal 2000 su PubMed inerenti studi di popolazione sui principali interventi di chirurgia oncologica:mastectomia o chirurgia conservativa della mammella, resezione dell’esofago, gastrectomia, resezione del colon o del retto, pancreatectomia, resezione epatica, laringectomia, resezione polmonare, isterectomia, ovariectomia, prostatectomia, nefrectomia, cistectomia, tiroidectomia.
Nell’ambito più estesamente studiato, quello del tumore della mammella, le SDO consentono un’accurata valutazione del ricorso alla mastectomia o alla chirurgia conservativa,7 ma la carenza di informazioni sullo stadio della neoplasia ne limita l’applicazione a valutazioni comparative tra singole strutture;10 nondimeno le SDOpossono consentire unmonitoraggio tempestivo dei grandi trend in atto nellemodalità di trattamento chirurgico.5,17,18 Inoltre, l’uso congiunto di SDOed altri archivi come la specialistica ambulatoriale può rendere più completa la valutazione dell’assistenza, per esempio investigando i determinanti del ricorso alla radioterapia tra le donne sottoposte a chirurgia conservativa.7 Il grande lavoro di valutazione della qualità dei percorsi terapeutici nell’ambito dei programmi di screening mammografico ha reso disponibile una notevole mole di dati, pubblicati sia su Epidemiologia e Prevenzione che su numerose riviste internazionali.4,19-22
Un’altra sede di neoplasia per cui vi è una (limitata) disponibilità di dati sul trattamento chirurgico è il colon-retto.Un’analisi delle SDO su alcuni aspetti della chirurgia per tumori del retto (resezione addomino-perineale, complicanze,mortalità intra-ospedaliera), pubblicata su questa rivista, rappresenta uno dei primi esempi di utilizzo dei sistemi informativi sanitari per la valutazione dell’assistenza in ambito oncologico.23 La presenza di un registro di patologia dedicato aModena, che raccoglie da lungo tempo informazioni aggiuntive su presentazione clinica, caratteristiche patologiche, emodalità di trattamento, ha dato luogo a varie pubblicazioni,16,24,25 e recentemente al confronto con un’altra area italiana.26
Per le altre neoplasie vi sono solo pubblicazioni sporadiche. Riguardo la chirurgia di altri tumori gastro-intestinali, vi è un singolo studio sul rapporto tra volume ospedaliero e mortalità perioperatoria per pancreatectomia, condotto sulle SDO.27 È da ricordare che volume procedurale e mortalità ospedaliera per resezione esofagea e pancreatica vengono comunemente investigati nell’ambito degli indicatori AHRQ (Agency for Healthcare Research and Quality) applicati a livello regionale, di ULSS o di singolo ospedale.28 Un singolo studio a partire dai dati del RegistroTumoriToscano ha investigato differenze di genere nella presentazione e nel trattamento del tumore del polmone.29 Nell’ambito delle neoplasie urologiche, sono presenti dati isolati ricavati dai ricoveri ospedalieri sul rapido aumento dei tassi di intervento di prostatectomia radicale,30 e sui cambiamenti nell’approccio chirurgico ai tumori del rene.31 Per quanto riguarda le neoplasie ginecologiche, inmancanza di studi dedicati, sono disponibili dati parziali sul ricorso all’isterectomia nell’ambito dei programmi di screening citologico,32 e sul ricorso complessivo all’isterectomia (dati SDO), peraltro anche per cause diverse dai tumori maligni.33
Infine, nell’ambito dei gruppi di lavoro EUROCARE, alcuni registri italiani hanno partecipato con i loro dati a pubblicazioni sul trattamento del tumore della mammella,34 del colonretto,35 e dello stomaco.36 È da segnalare però che i dati ad oggi disponibili riguardano neoplasie diagnosticate a fine anni Ottanta – inizio anni Novanta, e sono dunque più propriamente utilizzabili come baseline per confronti storici.
Conclusioni
L’esempio della chirurgia oncologica dimostra la sostanziale carenza di dati di popolazione sui percorsi terapeutici adottati nel nostro paese per le più frequenti neoplasie. Anche riprendendo gli indirizzi contenuti nel PianoOncologicoNazionale 2010-2012 (http://www.salute.gov.it/), sarebbero molteplici gli ambiti di interesse, da una valutazione analitica della migrazione sanitaria, al monitoraggio delle differenze di trattamento per età, sesso, stato socioeconomico, alla sorveglianza deimaggiori trend in chirurgia oncologica (tipologie di intervento spesso in rapidissimo e drastico cambiamento).
Considerando come esempio gli Stati Uniti, dove più lunga è la tradizione di questo tipo di analisi, dati a copertura nazionale sul trattamento chirurgico dei tumori sono pubblicati a partire da: ricoveri ospedalieri, principalmente permezzo delNationwide Inpatient Sample, un campione stratificato di circa il 20% delle ospedalizzazioni nel Paese (http://www.hcupus.ahrq.gov/nisoverview.jsp); dati del programma SEER, cui partecipano alcuni dei registri tumori e che raccoglie informazioni anche sullo stadio della neoplasia e sul trattamento chirurgico iniziale (http://seer.cancer.gov/); dati derivati dal linkage SEER-Medicare, limitati ai soggetti ultra-65enni ma che includono un follow-up completo dei trattamenti sia ospedalieri che ambulatoriali (http://healthservices.cancer.gov/seermedicare/); dati del National Cancer Database, un registro su base ospedaliera e non di popolazione, ma che si stima catturi circa il 70% delle neoplasie incidenti e che contiene informazioni su chirurgia, radioterapia e chemioterapia (http://www.facs.org/cancer/ncdb/index.html). Studi di dimensioni più limitate sono poi condotti a partire dai ricoveri o dai registri tumori nei singoli Stati, o a partire da altri archivi assistenziali (es. Veteran Affairs). Alcuni dei database di cui sopra sono disponibili pubblicamente, gratuitamente o a costi che un centro di ricerca può facilmente affrontare.
Per la valutazione dell’assistenza oncologica si possono dunque adottare strumenti diversi che rispondono a domande parzialmente differenti. Le SDO da sole possono fornire informazioni utili sulla mobilità sanitaria (per cui sarebbero auspicabili analisi più approfondite condotte a livello nazionale), e su alcune delle modalità terapeutiche erogate in ospedale (più facilmente,ma non solo, chirurgiche). L’integrazione dei dati di incidenza dei tumori con il sistema informativo sanitario (SDO e altri archivi) è già una realtà in molti Registri ed andrebbe orientata anche al monitoraggio dell’assistenza. Ciò consentirebbe un salto di qualità non solo per l’utilizzo di casi incidenti validati, ma soprattutto perché si potrebbero monitorare le persone affette da neoplasia che non vengono ricoverate o comunque non sono sottoposte a trattamenti maggiori; lo spostamento dell’assistenza dall’ospedale ad altre modalità di erogazione delle cure può rendere in prospettiva ancor più centrale il ruolo dei Registri. I problemi legati all’integrabilità dei diversi flussi informativi e ai crescenti limiti legati alla normativa sulla privacy non sono specifici di questo ambito, ma comuni al complesso delle attività dei Registri Tumori come di tutti i centri epidemiologici in Italia.
In conclusione, le SDO sono forse talvolta utilizzate in maniera inappropriata per produrre stime di incidenza delle neoplasie, ma soprattutto sono largamente sotto-utilizzate per il monitoraggio dei percorsi terapeutici nei pazienti oncologici. Questo tema, pure presente nell’epidemiologia italiana sin dai suoi inizi,37 affrontato nei congressi AIE (soprattutto alcuni anni fa) e in quelli AIRTUM, sembra però nel complesso da diversi anni in una fase di stallo.
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