Metodi epidemiologici: contributi italiani
Si potrebbe discutere della necessità di trattare l’epidemiologia italiana in modo distinto rispetto alla epidemiologia europea e dei Paesi occidentali. Globalizzazione significa anche scambio di ricercatori e partecipazione a progetti internazionali e perdita di identità o scuola, come si sarebbe detto una volta. Una particolarità del nostro Paese è però l’importanza che viene data all’impiego a tempo indeterminato, fatto presente soprattutto nei giovani che cercano una posizione permanente il prima possibile nella loro carriera professionale. Il mercato del lavoro è relativamente statico e vi sono poche opportunità di muoversi da un gruppo di ricerca all’altro. Sul fronte internazionale continua un esodo dei ricercatori dall’Italia e i filoni di ricerca più innovativi aperti da ricercatori italiani non sono portati avanti entro i confini nazionali ma entro gruppi di ricerca internazionali (per esempio ref. 1, 2). Questi due fattori rischiano di portare a una relativa marginalizzazione della ricerca epidemiologica italiana. In questo articolo, restringiamo la nostra attenzione a gruppi di ricerca attivi nel nostro Paese e agli argomenti che sono sul tavolo della ricerca europea e internazionale. In ciascuna citazione faremo attenzione a evidenziare le relazioni internazionali esistenti. Va inoltre sottolineato che l’epidemiologia italiana si è tradizionalmente focalizzata sulla ricerca eziologica e sulla sanità pubblica e minor interesse è stato riservato alla ricerca metodologica. Fatto dovuto e accentuato dalla mancata distinzione tra epidemiologia e biostatistica. Il più grande passo avanti nei metodi della ricerca epidemiologica moderna è datato anni Settanta, e riguarda il perfezionamento del disegno e dell’analisi degli studi casocontrollo. I principali libri di testo risalgono alla metà degli anni Ottanta. In quegli anni, il maggiore contributo italiano ha riguardato le stime di rischio attribuibile.3 Non a caso, si potrebbe osservare, visto che il tema si pone nell’alevo della medicina sociale4,5 e dell’epidemiologia occupazionale che vantano una lunga tradizione nel nostro Paese. Brevemente, quando sono presenti confondenti o modificatori d’effetto la frazione attribuibile è calcolata pesando i rischi relativi stratospecifici per la proporzione di popolazione esposta in ciascuno strato. Un’estensione di questa formula utile a valutare specifici controfattuali è stata proposta successivamente.6 Non si tratta di un contributo italiano ma lo citiamo per sottolineare che le enormi potenzialità dell’approccio ai rischi attribuibili è nell’accertamento dell’impatto di salute di scenari differenti e, soprattutto, dell’impatto di politiche volte alla riduzione della prevalenza di noti fattori di rischio. In questo filone va citata la stima della frazione attribuibile a esposizioni occupazionali.7-9 Più di recente, l’accertamento del carico globale di malattia per esposizioni ambientali è stato uno dei più interessanti sviluppi dell’idea originale sottostante il concetto di frazione attribuibile di popolazione.10 Come conseguenza dei grandi studi multicentrici casocontrollo degli anni Ottanta, gli epidemiologi italiani hanno contribuito al disegno e allo sviluppo dello studio EPIC (The European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition).11-14 Gli studi di coorte prospettici attraverso la costituzione di biobanche rappresentano una formidabile sfida in termini metodologici. Grande enfasi è infatti stata posta sulla epidemiologia molecolare e genetica. Vogliamo citare a questo proposito il contributo italiano allo studio su dieta e cancro che dal punto di vista metodologico rappresenta una contaminazione di investigazioni osservazionali con disegni sperimentali.15 Qualcuno di questi aspetti trova spazio nella nuova edizione di un libro tra i cui autori vi è uno dei più autorevoli epidemiologi italiani.16 La genomica e l’epigenetica stanno divenendo le maggiori aree di interesse della ricerca epidemiologica.17 Sono stati inizialmente condotti studi trasversali e longitudinali mentre attualmente la scena è occupata dai grandi consorzi internazionali che pianificano studi Genomewide.18,19 Ci troviamo di fronte a due opposte situazioni: studi su piccola scala con misure ripetute rispetto a studi su larga scala con risposte multivariate e problemi di confronti multipli.
La caratteristica esplorativa dell’attuale ricerca epidemiologica molecolare con tecniche high throughput si ritrova anche nell’epidemiologia ambientale e, più in generale, nella sorveglianza epidemiologica. Sempre più spesso si utilizzano dati raccolti in modo routinario per valutare la presenza di popolazioni suscettibili o di cluster di malattia sul territorio.20,21 I contributi più recenti in epidemiologia ambientale hanno usato disegni case crossover. Questo tipo di indagine è stato sviluppato per studiare fattori di rischio transitori e alcuni esempi prototipici sono quelli pubblicati nel campo dell’epidemiologia degli incidenti stradali.22,23
La valutazione dei programmi di screening di massa è un’altra pietra miliare dell’epidemiologia italiana. Più importante da un punto di vista metodologico è il disegno e lo sviluppo di trial di intervento che mirano a accertare differenti strumenti nella prevenzione del cancro alla cervice uterina.24 Analisi costoefficacia sono state pubblicate con importanti implicazioni metodologiche.25
In termini molto generali possiamo osservare che le tendenze attuali nel disegno epidemiologico vanno verso la formazione di grandi consorzi e la costituzione di biobanche. Le biobanche con scopi scientifici sono diventate uno strumento importante per la ricerca in medicina e modificheranno il modo di vedere la salute individuale e collettiva. Se una condivisa regolamentazione deve ancora essere sviluppata alcuni aspetti normativi appaiono problematici. Il consenso informato e la donazione di materiale biologico a scopi di ricerca scientifica sono gli aspetti più controversi. Se, infatti, sia negli Stati Uniti che in Europa esistono regole che impongono il consenso informato dei donatori, la tendenza, soprattutto dell’industria farmaceutica, è verso consensi ampi, in bianco o con ampia giurisdizione. Poiché effetti benefici a breve termine per l’individuo possono difficilmente essere invocati come ragione della donazione, i consensi ampi o aperti sono stati introdotti come una strategia per far sì che il livello individuale sia dissolto nella dimensione più generale di salute e dei benefici futuri.26-28 Queste riflessioni sono di grande importanza per la ricerca epidemiologica che è per definizione mirata a interventi di salute pubblica e alla promozione del benessere collettivo.
L’esplorazione della complessità biologica ha spesso delle conseguenze indesiderate. Analizzare centinaia di migliaia di biomarcatori, come è usuale in genomica e altre aree di ricerca high throughput, porta a un difficile controllo dei falsi positivi e la riproducibilità e la validità generale degli studi ne sono minacciate. In molti casi è impossibile effettuare una validazione attraverso tecniche di laboratorio più costose. Formulare il concetto di causalità come manipolazione consequenziale è insoddisfacente. L’epidemiologia moderna ha affrontato la causalità attraverso la questione del controllo del confondimento e l’interpretazione dell’interazione tra cause.29,30 Oggi, dieci anni dopo, è chiaro che il processo decisionale non si nutre solo dell’evidenza empirica ma richiede una modellazione attenta e un accertamento dell’impatto sotto diversi controfattuali. Diversi esempi possono essere portati: l’accertamento degli effetti sulla salute dell’inquinamento dell’aria,31,32 l’analisi costoefficacia delle tecniche di prevenzione del cancro alla cervice uterina,25 l’impatto delle condizioni climatiche.33,34 Nell’epidemiologia molecolare il compito è ancora più difficile poiché i meccanismi causali sono largamente sconosciuti e troviamo spesso una valutazione prudente di pochi effetti diretti e indiretti,35 o un accurato scrutinio di apparenti effetti causali.36 In conclusione, la discussione circa l’identificabilità di associazioni causali negli studi osservazionali sta divenendo sempre più importante per l’epidemiologia anche quando si considerano studi di sorveglianza nell’ambito dell’epidemiologia dei servizi sanitari.37-38
Epidemiological Methods: Italian contributions (English version)
This review focuses on the main Italian contributions and national future trends in epidemiological methodology. It is debatable if any peculiarity should be inferred on Italian epidemiology as being different from current epidemiological research in Europe or western countries. Globalization also means exchange of researchers and participation to international projects. Perhaps a peculiarity of our country is the status conferred by a permanent job, which is evident in the craving of youngsters for a permanent position as soon as possible in their professional career. The labour market is relatively static and few opportunities exist for moving from one research group to another. On the international side, there is still an Italian diaspora of researchers and some of the most appealing innovative streams of research by Italian scientists were not carried out within our country boundaries but were fostered within international groups (see ref. 1,2 among others). Here we restrict our attention to current research groups active in our country and those issues that are relevant to European and international research. Whenever relevant and known, international collaborations were cited. It should be pointed out that Italian epidemiologic research has traditionally been devoted to etiologic research and Public Health, and that methodological issues have been minor. The lack of a clear distinction between Epidemiology and Biostatistics has not helped this purpose. The main achievement in epidemiological methods in the modern era of epidemiology, i.e. since late seventies, has been the great improvement in the design and analysis of casecontrol studies. Current textbooks date back to the mideighties. During these years, a notable contribution of Italian epidemiologists was on attributable risks estimates.3 This was in the tradition of social medicine4,5 and occupational epidemiology, which has a long history in our country. Briefly, the attributable fraction in the presence of confounding or effect modification is calculated weighing stratumspecific relative risks by the proportion of exposed population in that stratum. A further development of the formula, useful to evaluate specific counterfactuals was proposed.6 Whilst not an Italian contribution, we are mentioning this paper in order to highlight that the great potentiality of the attributable risk approach is directed towards health impact assessment of different scenarios, and moreover the impact of policies has aimed to reduce the prevalence of known risk factors. Estimation of the attributable fractions to occupational exposures had to be mentioned.7-9 More recently, the assessment of the global burden of disease for environmental exposures was one of the more interesting developments of the original ideas underlying the concept of the population attributable fraction.10
As a consequence of major multicenter casecontrol studies Italian epidemiologists contributed to the design and development of The European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition (EPIC).11-14 Prospective cohort studies with biobanks also represent formidable challenges in terms of methodological aspects. Indeed, great emphasis was given to molecular and genetic epidemiology. Here we wish to mention the Italian contribution to the study of diet and cancer, for several methodological aspects which represent a mixture of experimental and observational investigations.15 Some of these aspects reverberate in the new edition of a book by one of the most authoritative Italian epidemiologists.16
Genomics and Epigenetics are becoming increasingly larger areas of interests.17 Crosssectional and panel studies have been conducted while large international consortia have planned to undergo Genomewide association studies.18,19 We face two opposite situations: smallscale studies with repeated measurements and very largescale studies with multivariate responses and multiple testing problems. This explorative feature of current epidemiological research is also present in environmental epidemiology and broadly speaking, disease surveillance. Screening for susceptible populations or disease clusters using routinely collected health databases are becoming more frequently conducted.20,21 Most recent contributions in environmental epidemiology used the casecrossover approach. This design was developed to study transient risk factors and important results were published on the risks of accidents.22,23
The evaluation of mass screening programs is another keystone in Italian epidemiology. Most importantly, from a methodological point of view, is the design and development of intervention trials aimed to assess different tools in cervical cancer prevention.24 Costeffective analyses have also been published with interesting methodological implications.25 Generally speaking, the current trends in epidemiological design are towards aggregating into large Consortia and setting up biobanks. Biobanks for scientific purposes have become an important tool for medical research and are changing the way of thinking about individual and collective health. Whilst a shared and agreed regulation is still under development, some regulatory aspects appear to be problematic. Informed consent and donation of biological materials for scientific research are amongst the most controversial issues. In fact, if the existing rules both in the US and European contexts prescribe a specific consent from donors, a tendency towards forms of wider, blank, and blanket consent is developing, often supported by the pharmaceutical industry. Because shortterm individual benefits can hardly be invoked as a reason for donation, the wide and open consent has been introduced as a strategy for the individual level to be dissolved in the collective dimension of general health and future benefits.26-28 These reflections are of great impact with regard to epidemiological research, which is by definition directed toward Public Health interventions and promotion of collective wellbeing. The exploration of biological complexity has undesirable consequences. Analysing hundreds of thousands of biomarkers, usually in Genomics and other high throughput areas of research, results in a difficult control of false positives and reproducibility, or general validity is threatened. In most cases it is impossible to undergo a validation analysis by more expensive laboratory techniques. Causality as manipulation is insufficient. Modern epidemiology has faced causality through the issue of confounding control and interaction.29,30 But now, ten years later, it is clear that the decisionmaking process is not only fed by empirical evidence but requires careful modelling and impact assessment under different counterfactuals. Several examples in epidemiology can be provided: the health impact assessment of air pollutant effects,31,32 the costeffective analysis of prevention strategies for cervical cancer,25 and the health impact of weather conditions.33,34
In molecular epidemiology, the task is more difficult because the generating causal model is largely unknown and prudent evaluation of a few mediating effects is prevailing,35 or accurate evaluation of apparent causal effects.36 In conclusion, the discussion about the identification of causal associations in observational studies is becoming more and more important in epidemiology,37 even when addressing health care surveillance.38
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