L’epidemiologia italiana in un contesto europeo e internazionale
Questo numero di Epidemiologia & Prevenzione contiene contributi provenienti da diversi campi della ricerca epidemiologica e delle sue applicazioni. Gli articoli sono prevalentemente di ricercatori italiani, anche se alcuni lavorarono o hanno affiliazioni in istituzioni straniere. Si è adottato un approccio basato sulle esposizioni, piuttosto che su specifiche aree nosologiche e non si è cercato di essere esaustivi nella scelta degli argomenti. I contributi descrivono lo stato di specifici campi dell’epidemiologia e cercano di mostrare come gli epidemiologi italiani interagiscano con il livello europeo e mondiale, quali contributi hanno dato e quali successi hanno ottenuto. Gli articoli che seguono sono eterogenei: alcuni hanno una larga parte storica, descrivendo come la disciplina (per esempio l’epidemiologia occupazionale) si sia sviluppata, quale sia il suo stato dell’arte e quali i possibili sviluppi. Altri si sono concentrati di più sulle prospettive future delle interazioni con l’Europa. Alcuni collocano l’epidemiologia italiana nel contesto europeo, altri in un contesto più ampio, includendo anche esperienze da altri Paesi. Questa eterogeneità è positiva e ben rappresenta il quadro di come l’epidemiologia italiana si colloca all’interno della comunità scientifica internazionale. Molti campi di ricerca e di intervento non sono presenti in questo fascicolo di E&P, ma ci auguriamo che altri contributi arrivino in redazione e siano pubblicati sui prossimi numeri della rivista. I contributi sollevano molti argomenti, due dei quali sembrano particolarmente rilevanti:
- La maggior parte degli autori descrive il proprio lavoro come finalizzato al miglioramento delle condizioni sociali e di salute della popolazione, e non soltanto al raggiungimento di una conoscenza più approfondita dei problemi. Questo appare anche nel contributo sui metodi epidemiologici dove i temi dei rischi attribuibili, delle disuguaglianze, della stima del carico di malattia, della valutazione dei programmi, per esempio quelli di screening, hanno un ruolo importante. Come è detto chiaramente in un recente libro,1 l’epidemiologia implica la ricerca di popolazione, ma la popolazione non è semplicemente lo strumento di lavoro degli epidemiologi, che la utilizzerebbero per studiare la salute e la malattia, come altri ricercatori potrebbero utilizzare modelli animali o cellulari. Il concetto di popolazione implica gruppi di persone che si attendono dai risultati della ricerca una diminuzione del carico di malattia, e questo può avvenire solo se i risultati della ricerca epidemiologica sono tradotti in interventi efficaci. L’insieme dei contributi, evidenzia come l’epidemiologia italiana sia oggi matura nell’applicazione dei risultati della ricerca agli interventi di prevenzione.
- La globalizzazione implica scambio di ricercatori e partecipazione a progetti internazionali. Alcuni dei più innovativi campi di ricerca degli epidemiologi italiani sono stati sviluppati non solo nel nostro Paese, ma anche all’interno di collaborazioni internazionali e della diaspora italiana della ricerca. Questa diaspora è dovuta probabilmente a:
- la naturale migrazione dei ricercatori verso i centri di eccellenza;
- la difficoltà di carriera accademica per l’epidemiologia e la scienza italiane;2
- le difficoltà politiche e sociali di un Paese che sembra oggi incapace di programmare un futuro per le generazioni più giovani e investire in ricerca e sviluppo.
Mentre il primo fattore e positivo e il naturale risultato della globalizzazione, il secondo e il terzo sono piuttosto deprimenti e pericolosi non solo per lo sviluppo italiano, ma anche dell’Europa, dove l’Italia è stata, e ancora è, parte rilevante. È noto2 come l’epidemiologia italiana si sia sviluppata a metà degli anni Settanta del secolo scorso prevalentemente in specifiche aree nosologiche (per esempio l’epidemiologia cardiovascolare e dei tumori). L’importanza di queste aree di ricerca è indirettamente presente in questo numero della rivista (si vedano per esempio i contributi sull’epidemiologia nutrizionale o occupazionale). Anche se la tradizione dell’epidemiologia sociale è stata sempre presente fin dai primi giorni della nostra disciplina, in questi contributi c’è un più diffuso e forte approccio di ricerca basata sui fattori di rischio e sulle esposizioni con importanti implicazioni per il ruolo dell’epidemiologia nella sanità pubblica e nei programmi finalizzati alla prevenzione.
Italian epidemiology in a European and International Context
The present issue of Epidemiologia & Prevenzione contains a range of diverse contributions from different fields of epidemiologic research and applications: articles are mainly by Italian epidemiologists, although many working abroad or holding joint appointments with foreign institutions. We have not attempted to be comprehensive in the choice of subjects, even if we suggeste in “exposurerelated approach” rather than specific disease area contributions. The contributions we received set the status of Italian epidemiology in specific fields within a European and a more global context and address the following questions: how does epidemiology in Italy interact with EuropÈs/the world’s; what contributions have Italian epidemiologists given and what are their main achievements? In many respects contributions are heterogeneous: some having a large part of historical background, describing how the discipline (for example, occupational epidemiology) develope in the country, where it stands now and what the future perspectives are. Others concentrate more on the future perspectives of ItalianEuropean interactions. Some put Italian epidemiology in the European, others in a more global context or also include experiences from other countries. This heterogeneity of contributions is positive, as it outlines a good picture of the place of Italian epidemiology within the international research community. Many fields of research and intervention are still missing, but we hope that other contributions will come and will be publishe in the coming issues of the journal. Contributions raise a number of issues, two being especially important: Most authors illustrate their commitment to the improvement of social conditions and health of the populations and not just to the pursuit of greater knowledge. This is apparent also in the contribution on epidemiological methods where the issues of attributable risks, social inequalities, estimates of burden of disease and evaluation of population programmes, such as screening, play an important part. As it is clearly state in a recent book,1 epidemiology implies populationbased health research and population is not merely the working tool of epidemiologists, who use it to investigate diseases and health in the same way other research uses animal or cellular models. Population implies people expecting the reduction of their burden of diseases, and this may happen only to the extent that epidemiological research results are translated both into interventions and into evaluation of their effectiveness. Reading all these contributions, Italian epidemiology appears ready and keen to apply research results to preventive practices. Globalization also entails exchanging of researchers and participating in international projects. Some of the most appealing innovative streams of research by Italian scientists have been carried out not only within our country boundaries but are fostered within international groups or by the Italian diaspora of researchers. This diaspora is probably due to:
- the natural migration of researchers to centres of excellence;
- the difficulty of academic career in epidemiology and in science in Italy;2
- the social and political difficulties of a country which currently seems unable to plan a future for its younger generations and to invest in scientific research and development. While the former is positive and a natural outcome of globalization, the second and third are depressing and dangerous for the development of both Italy and Europe, where in many respects, Italy has been and still is anything but negligible. As is well known2 Italian epidemiology develope in the earlymid seventies of last century mainly in specific disease areas (e.g.: cardiovascular disease and cancer). The continuing and present research strength of these specific disease areas is indirectly represente in the present issue of the journal (see the contribution on nutritional or occupational epidemiology). Even if the tradition of social epidemiology has always been important in early Italian Epidemiology, what is now more strongly represented, is a broader “exposureoriented” approach to research with important implications for a much stronger role of Epidemiology in public health, and of actions finalized to prevention.
Bibliografia/References
- Saracci R. Epidemiology: a very short introduction. Oxford, Oxford University Press, 2010.
- Saracci R, Terracini B, Merletti F. History of Modern Epidemiology: Italy. In Holland WW, Olsen J, Du V Florey C (eds). The Development of Modern Epidemiology. Personal reports from those who where there. Oxford, Oxford University Press, 2007: pp 421-30.