Interventi
14/03/2011

La formazione dello specialista in medicina del lavoro in una prospettiva europea

Introduzione

 L a medicina del lavoro è storicamente la disciplina che più di ogni altra ha posto l’accento sulla crescente rilevanza dei rischi per la salute connessi con le diverse attività lavorative. Ciò ha determinato da un lato un allargamento del ruolo sociale del medico del lavoro in relazione alle esigenze di salute della collettività e ha comportato dall’altro il superamento del tradizionale rapporto medicopaziente centrato sulla patologia individuale, stimolando lo sviluppo di nuove competenze professionali. Scopo di questo contributo è l’analisi di alcuni aspetti del percorso formativo dello specialista in medicina del lavoro in confronto alla realtà europea alla luce della ristrutturazione in atto della formazione specialistica del settore medico.

La formazione dello specialista in medicina del lavoro in Italia: tra presente e futuro

 I l curriculum formativo dello specialista in medicina del lavoro si sviluppa partendo dall’identificazione del ruolo professionale che lo specialista deve assumere nell’ambito dell’attività che dovrà svolgere nei servizi sanitari pubblici (organo di vigilanza), nei servizi sanitari d’impresa (medico competente), nei servizi assistenziali di medicina del lavoro (unità diagnostiche ospedaliere), negli enti assicurativi e previdenziali e, in minor misura, nella ricerca scientifica applicata. A seconda dell’attività professionale intrapresa, il ruolo dello specialista assume aspetti peculiari e il curriculum di studio ha lo scopo di promuovere una formazione polivalente, partendo dal presupposto che la formazione soddisfi non solo le esigenze, spesso contingenti, del mercato del lavoro, ma debba perseguire obiettivi culturali che consentano lo sviluppo di un adeguato livello di professionalità. A partire dagli anni Ottanta, in rapporto alle crescenti esigenze di tutela della salute dei lavoratori e alla necessità di formare professionisti in questo settore, il numero delle scuole di specializzazione in medicina del lavoro è progressivamente cresciuto. Dal 1991 il titolo di Specialista in medicina del lavoro è riconosciuto dall’Unione europea,1 che consente la mobilità dei professionisti in possesso del diploma di specializzazione in medicina del lavoro nei Paesi dell’Unione stessa. Un ulteriore impulso alla specializzazione è stato dato dall’emanazione del decreto legislativo 626/94, che ha consentito una più precisa definizione delle figura di medico competente,2 a seguito del quale l’offerta formativa si è arricchita e il curriculum è stato rinnovato.3 Ciò ha avviato un processo di rinnovamento delle scuole, finalizzato al miglioramento della qualità delle prestazioni del professionista, tenendo conto che tale professionista, oltre a possedere una formazione clinica, deve essere uno specialista del lavoro orientato in senso biologico. Quest’ultima peculiarità lo distingue sia dagli altri specialisti clinici sia da quelli dell’area politecnica (quali ingegneri, fisici, ergonomi), dai quali potrà peraltro ricevere la necessaria collaborazione e rende ragione della peculiarità di alcune attività del medico del lavoro. A partire dall’anno accademico 20102011 il processo di razionalizzazione delle risorse comporta l’attivazione delle scuole che dispongono di risorse adeguate in termini di strutture della rete formativa e di docenti. Il numero e la tipologia di scuola da attivare per le varie specializzazioni sono individuati sulla base di criteri predefiniti con riferimento a:

  • numero e qualificazione scientifica e professionale dei docenti;
  • volumi di attività della rete formativa;
  • dimensioni della facoltà medica necessaria a garantire le attività del tronco comune.4

Purché rispondenti ai criteri di riferimento suddetti, in tutte le università è prevista l’attivazione delle scuole di specializzazione aventi maggiore impatto per il Servizio sanitario nazionale (anestesia e rianimazione, chirurgia generale, ginecologia e ostetricia, igiene e medicina preventiva, malattie dell’apparato cardiovascolare, medicina interna, ortopedia e traumatologia, pediatria, psichiatria, radiodiagnostica). Per questi motivi, a partire dall’anno accademico 20102011 le scuole di specializzazione in medicina del lavoro sono valutate in ordine al possesso dei requisiti e il loro numero ridotto in base ai requisiti previsti per garantire una maggiore rispondenza al fabbisogno formativo. Auspichiamo che la riduzione quantitativa delle scuole rappresenti l’occasione per riordinare attività di apprendimento, docenti e tutori, reti formative e ridefinire i percorsi formativi come previsto dal D.M. 1.08.2005 sul riassetto delle scuole di specializzazione di area sanitaria.5

I nuovi bisogni formativi del medico del lavoro: un’analisi a livello europeo

È stato previsto che nel prossimo decennio si dovrà sempre di più fare riferimento a una serie di agenti di cambiamento che guideranno lo sviluppo delle attività di tutela della salute dei lavoratori. Tali agenti di cambiamento attengono all’area demografica (aumento dell’età media dei lavoratori, profilo della forza lavoro, aumento dell’età di pensionamento, aumento del numero di lavoratori migranti), alle attese dei lavoratori in ordine, alla maggiore tutela di salute e condizioni di lavoro e alle risorse dedicate. Il medico del lavoro dovrà quindi essere in grado di acquisire fin dalla sua formazione nuove abilità e nuove conoscenze per comprendere i nuovi bisogni di salute e operare in modo da rispondere a tali bisogni. Anche se le condizioni generali degli ambienti di lavoro continueranno a migliorare, sarà sempre presente l’esigenza di tutelare la salute di gruppi particolarmente vulnerabili, di prevenire rischi che stanno riemergendo, quali la tubercolosi, di fronteggiare rischi di non facile inquadramento e di difficile soluzione, quali quelli psicosociali, di misurare rischi derivanti dall’introduzione di nuove sostanze quali le nanoparticelle, di studiare rischi fisici misconosciuti, quali i campi magnetostatici. Il luogo di lavoro costituisce inoltre un luogo privilegiato per promuovere stili di vita e ispirare comportamenti finalizzati al mantenimento del benessere del lavoratore con lo scopo da un lato di favorire la sua crescita professionale e dall’altro di assicurargli un equilibrio soddisfacente tra vita lavorativa ed extralavorativa. Analogamente agli specialisti di altre discipline, il medico del lavoro dovrà essere sempre di più in grado di utilizzare al meglio ogni fonte di informazione, di analizzarla criticamente e di applicarla per risolvere i problemi che incontra nella pratica quotidiana. Sempre più spesso infine si troverà di fronte a dilemmi etici che talora offrono soluzioni contrastanti tra gli interessi delle varie parti in causa. Questi sono gli aspetti innovativi di una pratica professionale che dovranno essere tenuti presente per soddisfare i crescenti e mutati bisogni dei lavoratori e ai quali la formazione specialistica dovrà fare fronte.9 Anche se sono scarsi gli studi europei che confrontano obiettivi e percorsi formativi a livello internazionale, alcune esperienze offrono all’osservazione spunti utili per contribuire a migliorare lo standard formativo del medico del lavoro.7,10-13 Nella maggior parte dei Paesi dell’Unione europea il percorso formativo ha una durata di 4 anni; esso varia tuttavia da 2 fino a 5 anni (durata attualmente vigente anche in Italia). Nella maggior parte dei Paesi è previsto un tronco di apprendimento comune ad altre scuole di specializzazione di durata variabile da 1 a 4 anni (in Italia il tronco comune con le scuole di specializzazione in igiene e medicina preventiva e in medicina legale si realizza di norma nei primi 2 anni di corso). Del pari è molto variabile (da 1 a 4 anni) la durata del periodo previsto per l’apprendimento pratico, che in Italia deve essere svolto per 3 anni. La lunghezza complessiva dell’intero percorso di studio, comprendente laurea in medicina e specializzazione, ha una durata variabile dai 9 ai 13 anni (in Italia raggiunge gli 11 anni). Nella maggior parte dei Paesi è previsto una prova finale, mentre la discussione di una tesi di diploma che verte su un argomento di rilevanza scientifica è prevista solamente in alcuni casi, inclusa l’Italia.

Le esperienze europee che confrontano il processo formativo dello specialista mettono in evidenza situazioni difformi anche relativamente agli obiettivi formativi. Tali esperienze tuttavia sono per lo più frutto di studi svolti a livello accademico che, solo in qualche caso, si confrontano con l’opinione dei professionisti che operano sul campo e con le parti in causa (datori di lavoro e lavoratori). La tabella 1, che riporta la tipologia di competenze richieste al medico del lavoro, permette di osservare le differenze esistenti tra le opinioni di professionisti e docenti universitari rispetto alle parti in causa (datori di lavoro e rappresentanti dei lavoratori) e mette il luce come questi ultimi concordino, per esempio, nel ritenere importante un medico del lavoro formato soprattutto nel campo della legislazione e della sorveglianza dei lavoratori, mentre i docenti danno maggiore importanza alla valutazione dei rischi e, ai primi posti, classificano la metodologia delle ricerca.8,11

Uno degli aspetti critici consiste nella scarsa integrazione tra teoria e formazione sul campo e tra partecipazione dello specialista all’attività di ricerca e trasferimento dei risultati di quest’ultima alla pratica professionale. In Italia la situazione non è omogenea: accanto a realtà nelle quali il percorso formativo prevede l’integrazione di attività pratiche e teoriche finalizzate all’acquisizione degli obiettivi prefissati avvalendosi di adeguate reti formative, ne esistono altre ove prevale l’orientamento all’acquisizione di abilità alla ricerca e altre ancora in cui predomina lo svolgimento della mera pratica professionale. Il rischio di tale disomogeneità, oltre a non garantire una formazione dello specialista uniforme sul territorio nazionale, può configurare uno scollamento tra medicina accademica finora deputata allo svolgimento della formazione e della pratica professionale del medico del lavoro, così come prefigurato a livello internazionale in uno scenario piuttosto preoccupante che vede il mancato soddisfacimento delle esigenze della società.14 La fase del processo che presenta i maggiori elementi di criticità è rappresentata dalla valutazione che consente di misurare l’aderenza dei contenuti del programma formativo ai reali bisogni e alle aspettative dello specialista in formazione, al problema di salute, al sistema sanitario e a tutte le istituzioni interessate. In questo senso la specializzazione in medicina del lavoro differisce alquanto dalle altre specializzazioni mediche, i cui percorsi formativi sono basati su standard proposti a livello europeo,15 in quanto la formazione del medico del lavoro è orientata a soddisfare esigenze legate alle norme sulla salute e la sicurezza e, solo in alcuni Paesi, come l’Italia, il diploma di specializzazione costituisce un requisito per lo svolgimento di alcune funzioni. D’altra parte in altri Paesi alcune pratiche, per il cui svolgimento in Italia è richiesta la specializzazione, sono efficacemente prese in carico da altre figure professionali come l’infermiere di medicina del lavoro, la cui figura non è prevista dalla legislazione italiana. L’armonizzazione della formazione necessaria a garantire la mobilità dei professionisti all’interno dell’Unione europea16 dovrebbe essere quindi basata, ed eventualmente subordinata, all’armonizzazione dei requisiti richiesti dalle norme sulla salute e la sicurezza dei lavoratori. In alternativa, il raggiungimento delle competenze dello specialista potrebbe essere certificato attraverso un esame finale da parte di un organismo indipendente sovranazionale per garantire uno standard formativo e professionale a tutela della salute dei lavoratori e della responsabilità delle imprese e per soddisfare i requisiti di trasparenza per lo svolgimento delle attività professionali nei diversi Paesi dell’Unione europea.

Prospettive future

Rispetto ad altri specialisti di area medica, lo specialista in medicina del lavoro assume ruoli e funzioni diversi e rispondenti per lo più a esigenze stabilite da normative. Ciò implica che il processo formativo debba essere fondato sulla necessità di fornire allo specialista in formazione le conoscenze e le abilità che trovano ragione d’essere nella promozione e nella protezione della salute, e nella prevenzione dei rischi del lavoratore conformemente alle norme di legge. In linea con il core curriculum proposto da WHO Europe,17 la specifica formazione dello specialista in medicina del lavoro deve essere inoltre mirata ad acquisire abilità e strumenti per comprendere i nuovi bisogni di salute e operare in modo da soddisfare i crescenti e mutati bisogni dei lavoratori assecondando i recenti orientamenti che si prefiggono l’obiettivo di non limitare la tutela della salute dei lavoratori ai rischi presenti nell’ambiente di lavoro, ma di tutelare e promuovere la salute dei lavoratori anche in situazioni a rischio non correlate al lavoro.18

Conflitti di interesse: nessuno

Bibliografia

  1. Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica. Decreto 30.10.1993. Rettifica al decreto ministeriale 31.10.1991 concernente l’elenco delle scuole di specializzazione in medicina e chirurgia. GU n. 278 del 26 novembre 1991.
  2. Coordinamento tecnico per la prevenzione degli Assessorati alla sanità delle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano. Linee guida su titolo I del Decreto Legislativo n. 626/94. Definizione, ruolo e funzioni del medico competente. Versione definitiva approvata il 16.07.96 dalle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano e dagli Istituti centrali. Aggiornamento del 15 Aprile 1998
  3. Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica. Decreto dell’ordinamento didattico universitario relativamente alle Scuole di Specializzazione del settore medico dell’11.05.1995.
  4. Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Direzione generale per l’università, lo studente e il diritto allo studio universitario. Nota n. 4010 del 19.10.2009.
  5. Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Riassetto delle Scuole di specializzazione di area sanitaria. GU n. 258 del 5112005. Suppl. ordinario n.176. www.miur.it/UserFiles/2198.S.%20AREA%20SANITARIA.pdf
  6. Macdonald E, Baranski B, Wilford J. Occupational medicine in Europe: scope and competencies. Bilthoven, WHO European Centre for Environmental and Health, 2000.
  7. Faculty of Occupational Medicine. Occupational medicine training record. London, Faculty of Occupational Medicine of the Royal College of Physicians, 1995.
  8. Reetoo KN, Harrington JM, Macdonald EB. Required competencies of occupational physicians: a Delphi survey of UK customers. 2006; 56: 152-154.
  9. Franco G. The role of the Occupational physician in the enlarged European Union: challenges and opportunities. Occup Med 2006; 56: 152-154 .
  10. Cashman C, Slovak A. The Occupational Medicine agenda: routes and standards of specialization in Occupational Medicine in Europe. Occup Med 2005; 55: 308-311.
  11. Franco G. Occupational physician’s education and training across European Union countries. Int Arch Occup Envir Health 1999;72: 338-342.
  12. Franco G. The present state of occupational and environmental medicine in Italy. Int Arch Occup Envir Health 1995; 67: 353-358.
  13. Macdonald EB, Ritchie KA, Murray KJ, Gilmour WH. Requirements for occupational medicine training in Europe: a Delphi study. Occup Environ Med 2000; 57: 98105.
  14. Clark J. Five futures for academic medicine: the ICRAM scenarios. BMJ 2005; 331: 101-104.
  15. Union Européenne Des Médecins Spécialistes. Charter on Training of Medical Specialists in the European Community, 2004. www.uems.net/uploadedfiles/176.pdf
  16. European Parliament legislative resolution on the Council common position for adopting a directive of the European Parliament and of the Council on the recognition of professional qualifications (13781/2/2004 – C60008/2005 – 2002/0061COD).
  17. Lie A. Baranski B, Husman K, Westerholm P. Good practice in occupational health services: a contribution to workplace health. Bilthoven, WHO European Centre for Environmental and Health, 2002.
  18. World Health Assembly. Global plan of action on workers’ health 20082017, 23.05.2007. www.who.int/gb/ebwha/pdf_files/WHA60/A 60_R26en.pdf
Approfondisci su epiprev.it Vai all'articolo su epiprev.it Versione Google AMP