Interventi
22/12/2010

Infezioni e tumori: il contributo della ricerca europea ai recenti progressi

, , ,

Numerosi gruppi di ricercatori europei, tra cui oncologi sperimentali, epidemiologi, laboratoristi e medici clinici, hanno dato contributi sostanziali alle conoscenze sul ruolo svolto dalle infezioni sui tumori umani. In questa breve rassegna, abbiamo riassunto alcune tappe cruciali compiute dalla ricerca in questo settore, con un’attenzione particolare alle infezioni da HIV e da HPV e al ruolo della ricerca epidemiologica «Made in Europe» e «Made in Italy». Un primo importante progresso è stato riconoscere, nei primi anni Ottanta da parte di Richard Doll e Richard Peto1a Oxford, il sostanziale impatto quantitativo delle infezioni sui tumori, un impatto in quegli anni molto sottostimato a causa dei limiti metodologici che si potevano usare per accertare la presenza di virus o batteri nei tessuti neoplastici. Infatti, usando dati dagli Stati Uniti, Doll e Peto avevano stimato che le infezioni causassero circa il 10% dei tumori, la metà dei quali attribuibili a virus.1 Due decenni dopo, la stima della quota di tumori attribuibili a infezioni era quasi raddoppiata, passando a circa il 18% della totalità dei tumori, cioè quasi due milioni di nuovi casi per anno.2 L’aumento della frazione di tumori attribuiti alle infezioni è stato quasi del tutto dovuto ai notevoli miglioramenti nella comprensione del ruolo di HPV, di Helicobacter pylori (Hp), del virus dell’epatite C (HCV), di HIV e, nell’Africa subsahariana, del Kaposi sarcoma herpes virus (KSHV).2 Oggi sappiamo che i principali agenti infettivi sono Hp, una dozzina di tipi di HPV oncogenici, e i virus dell’epatite B (HBV) e C (HCV). Ciascuno di questi agenti, o gruppi di agenti, è responsabile del verificarsi di circa il 5% dei tumori. Esistono notevoli differenze geografiche nella frazione di tumori attribuibili alle infezioni. La quota complessiva ha raggiunto il 26% nei Paesi meno sviluppati (con circa 1.5 milioni di nuovi casi per anno), in confronto a meno dell’8% nei Paesi industrializzati (400.000 nuovi casi/anno).2
È importante ricordare che alcuni Paesi europei, specialmente Spagna, Italia e Grecia, mostrano percentuali di tumori attribuibili alle infezioni intermedie tra quelle registrate nei Paesi meno sviluppati e i Paesi industrializzati, soprattutto per il persistere di elevate incidenze dei tumori dello stomaco (associati ad Hp) e del fegato (associati ad HBV e HCV).3 Negli ultimi decenni, la relazione tra infezioni e tumori ha tenuto alta l’attenzione della comunità scientifica internazionale. Nel febbraio 2009, un gruppo di lavoro formato da 36 scienziati di 16 Paesi si sono incontrati all’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) di Lione, Francia, per aggiornare le conoscenze sulla carcinogenicità degli agenti infettivi in precedenza classificati come «carcinogeni per l’uomo» (Gruppo 1), e per valutare eventuali nuove sedi neoplastiche associate a infezioni e relativi meccanismi di carcinogenesi. Il gruppo di lavoro ha identificato nove nuove sedi, o tipi, tumorali attribuibili ad agenti infettivi, e la tabella 1 riassume parte delle evidenze aggiornate.4 Progressi di particolare rilievo sono stati fatti per tre virus – HPV, HIV e virus epatitici– con sette nuove malattie neoplasiche per le quali l’evidenza di una associazione causale è stata ritenuta sufficiente; e per una infezione batterica Hp.
I ricercatori italiani, in particolare, hanno dato un contributo sostanziale a registrare molto precocemente l’associazione tra HIV, carcinoma della cervice uterina e linfoma di Hodgkin,5,6 così come tra infezione da HCV e linfoma nonHodgkin.7 I progressi degli ultimi decenni nella comprensione della relazione tra depressione del sistema immunitario e tumori indotti da infezioni sono stati sostenuti in larga parte da ricercatori europei. Evidenze su basi cliniche negli anni Sessanta avevano già dimostrato degli eccessi di linfomi nonHodgkin e di tumori della pelle in trapiantati di rene. La rapida diffusione dell’epidemia da AIDS nell’Europa occidentale (soprattutto in Italia, Spagna, Svizzera, e Francia) ha permesso, dagli anni Ottanta, di condurre grandi studi epidemiologici su persone con infezione da HIV. Questi hanno offerto ampie possibilità di identificare lo spettro dei tumori associato con la depressione del sistema immunitario e di studiare i meccanismi eziologici sottostanti (si veda la tabella 1).
Dal 1990, gli studi su HIV e tumori in Italia sono stati fortemente promossi dal Progetto nazionale AIDS, sponsorizzato dal Ministero della salute e coordinato dall’Istituto superiore di sanità. Reti di centri clinici (tra cui il Gruppo italiano cooperativo AIDS e tumori, GICAT, coordinato presso l’IRCCS Centro di riferimento oncologico di Aviano), e Registri tumori (l’Associazione italiana dei registri tumori, ARTIUM), in collaborazione con il Registro nazionale AIDS e con coorti di persone con infezione da HIV, hanno svolto un ruolo decisivo per lo studio della relazione tra infezione da HIV e rischio di cancro. Questi studi sono stati spesso condotti in collaborazione con altri centri di ricerca europei, in particolare in Francia, nel Regno Unito e in Svizzera. Gli studi di recordlinkage dei registri tumori con i registri nazionali AIDS e gli studi di coorti di persone con infezione da HIV hanno permesso di stimare i rischi relativi di cancro, aggiustati per sesso ed età, nelle persone con infezione da HIV in confronto alla popolazione generale. L’allungamento della sopravvivenza delle persone HIVpositive reso possibile, dopo il 1996, dall’uso delle terapia antiretrovirali altamente attive, ha aumentato significativamente il potere statistico di tali studi. Come detto in precedenza, i ricercatori italiani sono stati tra i primi a descrivere un’associazione dell’infezione da HIV con il carcinoma della cervice uterina e il linfoma di Hodgkin (neoplasie per le quali la depressione del sistema immunitario aumenta le potenzialità carcinogeniche di HPV e di EBV, rispettivamente).8,9 Aumenti significativi dei rischi relativi sono stati anche consistentemente identificati in Europa e in altri Paesi per altri tumori associati a infezioni, in particolare per il carcinoma anale (associato ad HPV), e per l’epatocarcinoma (associato ad HBV e ad HCV).6,10,11 La frequenza e la letalità dei tumori nelle persone HIVpositive è ben dimostrata da studi italiani che riportano un aumento di circa 7 volte del rischio di morire per tumori nelle persone con AIDS, in confronto alla popolazione della stessa età e sesso.12 In aggiunta, uno studio di coorte condotto in Italia e Francia ha mostrato che lo spettro dei tumori associati ai virus era essenzialmente simile nelle persone HIVpositive e nelle persone sottoposte a trapianto d’organo, con l’eccezione dei tumori della cute.5 Particolarmente interessante è il fatto che la relazione doserisposta tra il grado di immunodepressione (misurato dal numero di cellule CD4+) e il rischio di cancro varino, per ragioni ancora non completamente note oggetto di ricerche particolareggiate, in modo sostanziale nei vari tipi di neoplasie.13,14

L’implicazione più importante di comprendere a fondo la relazione tra infezioni e cancro risiede nella possibilità di intervenire con delle efficaci strategie preventive. Da questo punto di vista, va ricordato che da circa 30 anni abbiamo a disposizione il vaccino contro HBV – dimostratosi molto efficace, innocuo, ed economico. La vaccinazione antiHBV ha ormai raggiunto due terzi dei bambini di tutto il mondo,15 un successo che permetterà di ridurre in modo sostanziale l’impatto dell’epatocarcinoma in una o due generazioni. Va detto che l’Italia è stato uno dei primi Paesi a implementare la vaccinazione di bambini e adolescenti contro l’infezione da HBV. La disponibilità, dal 2007, di due vaccini innocui e altamente efficaci contro i principali tipi oncogenici di HPV (per esempio HPV 16 e 18) dovrebbe permettere di ridurre drasticamente l’incidenza del carcinoma cervicale, che, al pari dell’epatocarcinoma, colpisce soprattutto (85% dei casi) i Paesi meno sviluppati. Purtroppo, per gli alti costi, finora la vaccinazione contro HPV ha potuto essere implementata solo nei Paesi più ricchi, che sono anche quelli in cui sono stati implementati buoni programmi di prevenzione secondaria del carcinoma della cervice tramite il Paptest. Gli screening oncologici rappresentano un’altra importante area in cui il progredire delle conoscenze sulla relazione tra infezioni e cancro ha condotto a grandi progressi, come dimostrato in grande scala per la prevenzione del carcinoma della cervice. Relativamente a questa malattia neoplastica, attualmente si sta verificando un grande cambiamento concettuale: l’attenzione si sta spostando dalla scoperta precoce delle conseguenze delle lesioni citologiche causate dall’infezione persistente da HPV, alla più obiettiva e riproducibile scoperta dell’infezione stessa.
Gruppi di ricerca europei hanno dato un grande contributo alla valutazione dei test di screening basati sulla ricerca di HPV. Cinque di sei studi clinici randomizzati che paragonavano gli effetti degli screening basati sulla presenza di HPV in confronto a quelli basati sulla citologia sono stati condotti in Europa: nei Paesi Bassi (POBASCAM),16 in Svezia (Sweedscreen),17 in Inghilterra (ARTISTIC),18 in Finlandia,19e in Italia (NTCC).20 Complessivamente, parecchie centinaia di migliaia di donne sono state randomizzate in questi studi. Lo studio italiano, con più di 95.000 donne arruolate, è stato di gran lunga il più numeroso, e ha implementato una banca di materiale biologico finalizzata a studi sui biomarkers virali e cellulari potenzialmente utili per lo screening. Quattro di questi studi (POBASCAM, Sweedscreen, ARTISTIC and NTCC) hanno recentemente pubblicato i risultati su due cicli di screening. I risultati indicano che lo screening tramite HPV è più sensibile di quello basato sulla citologia nel trovare lesioni preinvasive di alto grado e clinicamente rilevanti. In aggiunta, per la prima volta, nello studio NTCC, è stata osservata una minor frequenza, statisticamente significativa, non solo di gravi lesioni precancerose, ma anche di tumori invasivi della cervice tramite il test HPV, in confronto allo screening basato sulla citologia. L’informazione fornita da questi studi randomizzati è risultata anche cruciale per definire i migliori protocolli di screening basati sul test HPV, rispondendo a domande quali l’età in cui lo screening dovrebbe iniziare e terminare; quali debbano essere gli intervalli di screening o come dovrebbero essere gestite le donne HPVpositive. L’ulteriore messa in luce di questi punti risulterà essenziale per la implementazione pratica dello screening basato sul test HPV. Non è stato sicuramente per caso che tutti questi studi siano stati condotti in Paesi (inclusa l’Italia) dove sono molto avanzati i programmi organizzati di screening cervicale su base di popolazione. In questo modo, le ricerche hanno potuto avvantaggiarsi della esperienza in atto per l’invito e il richiamo delle donne, per il controllo di qualità delle procedura, e la registrazione dei dati. Il network europeo sul programma di studio del carcinoma della cervice è stato supportato economicamente per molti anni da DGSANCO, che ha anche parzialmente finanziato gli studi Sweedscreen e NTCC.
La seconda edizione delle linee guida europee per il mantenimento della qualità negli screening cervicali21 ha offerto una prima opportunità di interazione tra gruppi coinvolti nell’organizzazione e nella valutazione degli screening cervicali (dei quali, la Svezia, la Finlandia e l’Italia hanno già iniziato a valutare gli screening basati su HPV) e gruppi (come il gruppo IN, Olanda) maggiormente coinvolti in ricerca di base su HPV e cancro. Un supplemento delle linee guida europee, richiesto e finanziato dalla Commissione europea, è attualmente in preparazione alla IARC per aggiornare lo stato dell’arte su test e vaccino HPV, con l’attiva partecipazione di un panel multidisciplinare di esperti europei. In aggiunta, il progetto PREDICT, finanziato dall’European Framework Program 7, ha iniziato recentemente l’attività mirata a valutare il migliore rapporto costoefficacia tra i programmi di screening cervicale e programmi di vaccinazione HPV. Questo progetto include pool e analisi di studi randomizzati e di studi di coorte di donne HPVpositive, per mettere meglio in luce gli aspetti della storia naturale della carcinogenesi da HPV più rilevanti per lo screening, per il vaccino HPV e la combinazione dei due tipi di screening. Pool e analisi degli studi randomizzati europei sono anche in corso per stabilire con esattezza di quanto i protocolli di screening debbano variare in base all’età della donna per essere efficaci, e il modo migliore di ridurre la sovradiagnosi di lesioni precancerose che regredirebbero spontaneamente. La disponibilità di due strumenti importanti e complementari per la prevenzione del carcinoma della cervice (vaccino HPV e screening basato sulla presenza di HPV) è, per il momento, il miglior esempio dei benefici potenziali legati alla scoperta di una infezione che causa un tumore. Se problemi economici (alti costi del vaccino e del test HPV) e logistici (bisogno di una alta copertura di popolazione sia per il vaccino che per lo screening) potranno essere affrontati e risolti positivamente, l’eliminazione di un’importate forma tumorale dovrebbe diventare, per la prima volta, ipotizzabile.

Tabella 1. Agenti infettivi per i quali esiste una evidenza sufficiente circa il loro ruolo di agenti causali (Bouvard et al, Lancet Oncol 2009)

Table 1. Infectious agents for which sufficient evidence exists for their role as causative agents of cancer (Bouvard et al, Lancet Oncol 2009)


Infections and cancer: the contribution of European research in recent progresses

In 2008, the Nobel Prize in Medicine was awarded to Harald zur Hausen (German Cancer Research Centre, Heidelberg, Germany) for his discovery of the causal link between certain types of human papillomavirus (HPV) and cervical cancer, and to Françoise BarréSinoussi (Institut Pasteur, Paris, France) and Luc Montagnier (World Foundation for AIDS Research and Prevention, Paris, France) for the identification of human immunodeficiency virus (HIV). This was the recognition of decades of excellence in the research on viruses and cancer in Europe. Many research teams throughout Europe, including epidemiologists, clinicians, and laboratorybased scientists, have contributed substantially to highlighting the role of infections in human cancers. In this short article, we will review a few hallmarks in this field, with a particular focus on HIV and HPV infections, and to the role of epidemiological research «Made in Europe» and «Made in Italy». One of the first progresses was the recognition, by Doll and Peto,1 Oxford, United Kingdom, in the early 1980s, that the burden of human cancer attributable to infections was substantial and likely to be severely underestimated on account of the limitations at the time of the methods available to detect viruses and bacteria in cancer tissue. According to data from the United States, infectious agents were estimated to cause approximately 10% of cancers, half of which were attributable to viral infections.1 Two decades later, the corresponding estimate had doubled: approximately 18% of the total cancer burden, i.e., nearly two million new cases per year.2
The rise in the fraction of cancers attributed to infectious agents was mainly due to considerable improvements in the understanding of the role of HPV, Helicobacter pylori (Hp), and in subSaharan Africa, Kaposi sarcoma herpes virus (KSHV) and HIV.2 Among infectious agents, the biggest players in the global picture are Hp, a dozen HPV types classified as oncogenic, hepatitis B virus (HBV) and hepatitis C virus (HCV). Each of these agents, or groups of agents, accounted for about 5% of the cancer burden. Substantial differences in the infectionattributable cancer burden were disclosed between world regions. For instance, the infectionattributable fraction reached 26% in less developed countries (approximately

1.5 million cases per year), compared to less than 8% in more developed countries (400,000 cases).2 Of notice, some countries in Europe, especially Spain, Italy, and Greece, showed fractions of infectionattributable cancers in between those seen in less developed and more developed countries. This is due to the fact that there remains a substantial incidence of infectionrelated cancers, such as cancers of the stomach and liver in these countries.3 The infectioncancer issue is still high in the agenda of the international scientific community. In February 2009, a working group of 36 scientists from 16 countries met at the International Agency for Research on Cancer (IARC), Lyon, France, to reassess the carcinogenicity of biological agents already classified as “carcinogenic to humans” (Group 1), in previous IARC Monographs and to evaluate additional infectionassociated cancers and mechanisms of carcinogenesis. The working group identified nine new cancer sites or types attributable to infectious agents, and Table 1 summarizes part of this updated evidence.4 Particular progress was made for three infectious agents – HPV, HIV and hepatitis viruses – with seven new cancer sites or types for which evidence of a causal association was deemed sufficient; and for one bacterial infection – Hp. Italian scientists in particular contributed substantially to the early report, and the establishment of the association between HIV and cancer of the cervix, and Hodgkin lymphoma,5,6 as well as between HCV and nonHodgkin lymphoma.7
In the last three decades, substantial progress has been made in the study of the relationship between immune depression and infectioninduced cancers, also fueled by European researchers. Clinical observations in the 1960s had already showed excess of nonHodgkin lymphoma and skin cancer in kidney transplant recipients. However, since the 1980s it has been the large epidemiological studies of HIVinfected persons that have offered the greatest chance to identify the cancer pattern associated with immune depression (see Table 1). The rapid expansion of the AIDS epidemic in some Western European countries (mostly in Italy, Spain, Switzerland, and France) allowed European epidemiologists to carry out international collaborations and multidisciplinary investigations on the spectrum of cancers associated with HIV infection and the underlying etiological mechanisms. Since 1990, investigations on HIV and cancer in Italy have been strongly promoted by the National AIDS Research Project, which is sponsored by the Italian Ministry of Health and coordinated by the National Institute of Health. Networks of clinical centers (Gruppo Italiano Cooperativo AIDS eTumori, GICAT, coordinated at the National Cancer Institute of Aviano), and cancer registries (Associazione Italiana dei Registri dei Tumori, ARTIUM), in collaboration with the National AIDS Registry and cohorts of HIVinfected persons, were especially important to study the link between HIV infection and cancer risk. These studies were often conducted in collaboration with other European centers, particularly in France, the United Kingdom, and Switzerland. Recordlinkage studies of cancer registries and national AIDS registries or cohorts of HIVinfected persons allowed the computation of sexand ageadjusted relative risks of cancer in HIVinfected persons as compared to the general population. Survival improvements made possible by the introduction of highly active antiretroviral therapy (HAART) substantially increased the statistical power to study the cancer pattern among HIVinfected persons. Italian scientists were among the first to report associations between HIV infection and cervical cancer and Hodgkin lymphoma (for which immune depression enhances the cancer potential of HPV and EBV infections, respectively).8,9 Significantly increased relative risks were consistently identified in Europe and elsewhere for other virusrelated cancers as well, i.e., anal cancer (related to HPV), and liver cancer (linked with HBV and HCV).6,10,11 The frequency and lethality of cancer in HIVinfected persons is well demonstrated by findings from Italy that report a nearly 7fold higher risk of dying of cancer among people with AIDS as compared with people of the same sex and age in the general population.12 In addition, a longitudinal study conducted in Italy and France showed that the spectrum of virusrelated cancers was essentially similar in HIVinfected persons and organ transplant recipients, with the exception of skin cancer.5 Of interest, the doseresponse relationship between the degree of immune depression (measured by the level of CD4+ cells) and cancer risk varies substantially by cancer type for reasons that are not completely understood and are currently under intense scrutiny.13,14 The most important implication of understanding the links between an infection and common cancer sites is the potential for effective cancer prevention strategies. An extraordinarily effective, safe and by now cheap vaccine against HBV has been available for 30 years. In recent years it has reached twothirds of the world’s children,15 and will allow substantial reduction of the burden of liver cancer in a generation or two. Italy was one of the first countries to implement vaccination of children and adolescents against HBV. The availability since 2007 of two highly efficacious and safe vaccines against the most carcinogenic HPV types (i.e., HPV 16 and 18) holds the additional promise of curbing the incidence of cervical cancer which, like liver cancer, affects predominantly (85%) less developed countries. Unfortunately, mainly on account of the high cost, HPV vaccination has so far been adopted only by the highestresource countries in the world, which also have good cervical cancer screening programs in place. Cancer screening represents another important area where awareness of the infectioncancer link has led to major progresses, (e.g. early detection and treatment of chronic carriers of HCV, HIV, and Hp). This concept was first applied on a large scale to the domain of cervical cancer prevention. Presently, a conceptual shift is taking place from the detection of the consequences of cytological lesions caused by prolonged HPV infection, to the more objective and reproducible detection of the HPV infection itself.
European groups made major contributions in this regard to the evaluation of HPV testing for the screening of cervical cancer precursors. Five out of six randomized controlled clinical trials (RCTs) comparing HPVbased to cytologybased screening were conducted in Europe: in the Netherlands (POBASCAM),16 Sweden (Sweedscreen),17 England (ARTISTIC),18 Finland,19 and Italy (NTCC).20 Altogether, several hundred thousand women were randomised. The Italian study, which is by far the largest, included over 95,000 women, and resulted in a bank of biological material for studies on viral and cellular biomarkers of potential value in the screening process. Four of these studies (POBASCAM, Sweedscreen, ARTISTIC and NTCC) recently published the results on two screening rounds, providing evidence that HPV testing is more sensitive than cytology in detecting persistent, clinically relevant, highgrade preinvasive lesions. In addition, for the first time in the NTCC, a statistically significantly lower occurrence of not only severe precancerous lesions, but also of invasive cervical cancer was observed after HPVbased compared to cytologybased screening. The information provided by these RCTs was also key to defining the best HPVbased screening protocols (e.g. at which age screening should begin and end, which should be the screening intervals, and how HPVpositive women should be managed). The elucidation of these issues is essential for the practical implementation of HPVbased screening. It is not by chance that all these studies were conducted in countries (including Italy) where populationbased screening programs are in place. In this way all studies were able to take advantage of the equipment and experience already in place for the invitation and recall of women, quality assurance, and data registration. The European network of cervical cancer programs has been financially supported for many years by DGSANCO, which also partially funded Sweedscreen and NTCC. The second edition of the European Guidelines for quality assurance in cervical cancer screening21 offered a first opportunity of interaction between groups involved in cervical screening organization and assessment (of whom Sweden, Finland and Italy had already started evaluating HPVbased screening) and groups (like IN, the Netherlands) more involved in more basic research on HPV and cancer. A supplement of the European Guidelines, requested and financed by the European Commission and based at IARC, is currently in preparation in order to update the state of the art on HPV testing and vaccination, with the active participation of a multidisciplinary panel of European experts. Above this, the PREDICT project, financially supported by the European Framework Program 7, has recently been started in order to evaluate the most costeffective interaction between cervical screening and HPV vaccination programs.Within this project, pooled analyses of RCTs and cohort studies of HPVpositive women are planned to elucidate the aspects of natural history of HPV carcinogenesis most relevant to screening, HPV vaccination and the combination of the two approaches. Pooled analyses of the Europeans RCTs are also ongoing to establish the exact extent to which screening protocols need to vary according to age of the woman to be effective, and the best way to reduce overdiagnosis of spontaneously regressive precancerous lesions. The availability of two important and complementary tools for the prevention of cervical cancer (HPV vaccination and HPVbased screening) is, for the moment, the best example of the potential benefits of the discovery of a cancercausing infection. If financial (high cost of vaccine and HPV tests) and logistic problems (need to achieve high population coverage for both vaccination and screening) can be solved, the elimination of an important cancer would become, for the first time, conceivable.

Bibliografia/References

  1. Doll R, Peto R. The Causes of Cancer. Oxford, UK, Oxford University Press, 1981. (Edizione Italiana a cura di Franceschi, S, La Vecchia C.) Le cause del cancro. Prospettive di prevenzione. Napoli, Il Pensiero Scientifico Editore, 1983.
  2. Parkin DM. The global health burden of infectionassociated cancers in the year 2002 Int J Cancer 2006; 118: 3030-44.
  3. Ferlay J, Shin HR, Bray F, Forman D, Mathers C, Parkin DM. GLOBOCAN 2008, Cancer Incidence and Mortality Worldwide: IARC CancerBase No. 10 [Internet]. Lyon, France: International Agency for Research on Cancer; 2010. Available from: http://globocan.iarc.fr
  4. Bouvard V, Baan R, Straif K et al. A review of human carcinogens, Part B: biological agents. Lancet Oncol 2009; 10: 321-22.
  5. Serraino D, Piselli P, Busnach G et al. Risk of cancer following immunosuppression in organ transplant recipients and in HIVpositive individuals in southern Italy. Eur J Cancer 2007; 43: 2117-23.
  6. Dal Maso L, Polesel J, Serraino D. Pattern of cancer risk in persons with AIDS in Italy in the HAART era. Br J Cancer 2009; 100: 840-47.
  7. Dal Maso L, Franceschi S. Hepatitis C virus and risk of lymphoma and other lymphoid neoplasms: a metaanalysis of epidemiologic studies. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 2006; 15: 207885.
  8. Franceschi S, Dal Maso L, Arniani S et al. Risk of cancer other than Kaposi’s sarcoma and nonHodgkin’s lymphoma in persons with AIDS in Italy. Cancer and AIDS Registry Linkage Study. Br J Cancer 1998; 78: 966-70.
  9. Serraino D, Carrieri P, Pradier C et al. Risk of invasive cervical cancer among women with, or at risk for, HIV infection. Int J Cancer 1999; 82: 33-47.
  10. Clifford GM, Polesel J, Rickenbach M et al. Cancer risk in the Swiss HIV Cohort Study: associations with immunodeficiency, smoking, and highly active antiretroviral therapy. J Natl Cancer Inst 2005; 97: 425-32.
  11. Polesel J, Franceschi S, Suligoi B et al. Cancer incidence in people with AIDS in Italy. Int J Cancer 2010; 127:1437-45.
  12. Zucchetto A, Suligoi B, De Paoli A et al. Excess mortality for nonAIDSdefining cancers among people with AIDS. Clin Infect Dis 2010 (in press).
  13. Biggar RJ, Jaffe ES, Goedert JJ et al. Hodgkin’s lymphoma and immunodeficiency in persons with HIV/AIDS. Blood 2006; 108: 3786-91.
  14. Clifford GM, Rickenbach M, Lise M et al. Hodgkin lymphoma in the Swiss HIV Cohort Study. Blood 2009; 113: 5737-42.
  15. Hipgrave DB, Maynard JE, Biggs BA. Improving birth dose coverage of hepatitis B vaccine. Bull World Health Organ 2006; 84: 65-71.
  16. Bulkmans N, Berkhof J, Rozendaal L et al. Human papilllomavirus DNA testing for the detection of cervical intraepithelial neoplasia grade 3 and cancer: 5year followup of a randomised controlled implementation trial. Lancet 2007; 370: 1764-72.
  17. Naucler P, Ryd W, Tornberg S et al. Human papillomavirus and Papanicolau tests to screen for cervical cancer. N Engl J Med 2007; 357: 1589-97.
  18. Kitchener HC, Almonte M, Thomson C et al. HPV testing in combination with liquidbased cytology in primary cervical screening (ARTISTIC): a randomised controlled trial. Lancet Oncol 2009; 10: 672-82.
  19. Leinonen M, Nieminen P, Kotaniemi Talonen L et al. Age specific Evaluation of primary human papillomavirus screening vs. conventional cytology in a randomised setting. J Ntl Cancer Inst 2009; 101: 1612-32.
  20. Ronco G, GiorgiRossi P, Carozzi F et al. Efficacy of human papillomavirus testing for the detection of invasive cervical cancers and cervical intraepithelial neoplasia: a randomised controlled trial. Lancet Oncol 2010; 11:249-57.
  21. Arbyn M, Anttila A, Jordan J et al. European guidelines for quality assurance on cervical cancer screening; 2nd edition. Luxembourg, Office for Official Publications of the European Communities, 2008.

Approfondisci su epiprev.it Vai all'articolo su epiprev.it Versione Google AMP