Interventi
22/12/2010

I sistemi di assistenza psichiatrica in Europa: la ricerca del rapporto ottimale tra ospedale e territorio e delle più efficaci strategie di valutazione e di trattamento a lungo termine

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Il modello italiano è rimasto eterodosso rispetto alla maggioranza degli altri Paesi europei: la scelta è stata quella di rinunciare completamente agli ospedali psichiatrici, puntando esclusivamente su una rete integrata di servizi nella comunità. Questo modello non implica necessariamente un’assistenza di buona qualità, soprattutto quando le reti locali di servizi hanno risorse inadeguate. Inoltre, la realizzazione della riforma psichiatrica è stata affidata alle Regioni, generando in tal modo tanti sistemi di assistenza psichiatrica quante sono le Regioni italiane. Il grande interesse suscitato, a livello internazionale, dalla riforma messa in atto in Italia non è stato sufficiente a promuovere le attività di valutazione nel nostro Paese. La maggioranza dei responsabili locali, regionali e nazionali non hanno posto (e, purtroppo, continuano a non porre) tra le proprie priorità né una valutazione comparativa tra contesti diversi né il ricorso a strumenti di valutazione che siano validati a livello internazionale. Negli ultimi dieci anni sono state realizzate solo tre indagini di respiro nazionale: quella relativa alle strutture residenziali,1 quella sulle strutture di ricovero ospedaliero2 e quella sui Centri di salutementale.3 Questetre indaginihannoconsentito un monitoraggioomogeneo e approfondito di questi specifici servizi, fornendo anche elementi di valutazione della loro qualità, ma queste attività di monitoraggio e valutazione non hanno avuto seguito.

Va però segnalato che, nel corso degli ultimi venti anni, un piccolo numero di gruppi di ricerca italiani ha deciso di partecipare a progetti di ricerca europei; attraverso queste forme di collaborazione, essi hanno accettato di cercare risposte condivise alle domande più significative sui risultati attuali e sugli sviluppi futuri della psichiatria di comunità. Sul piano delle politiche sanitarie, le domande più rilevanti cui va data risposta sono queste:

Qual è il migliore punto di equilibrio, nei sistemi di assistenza psichiatrica, tra servizi “community based” e servizi “hospital based” (dove “hospital” coincide abitualmente con i posti letto in Ospedale psichiatrico)?

Il progetto WHOAIMS, promosso dalla sede centrale dell’OMS, ha consentito di sviluppare un insieme condiviso di indicatori per la valutazione dei sistemi e dei servizi di salute mentale: fino a ora è stato utilizzato in più di ottanta Paesi, compresi molti Paesi dell’Europa orientale. A livello europeo, i progetti finanziati dalla Comunità europea hanno permesso di sviluppare e di utilizzare metodologie condivise per queste finalità:

  • la misurazione della prevalenza dei più rilevanti disturbi psichiatrici nei Paesi europei,4
  • la misurazione dei determinanti socioeconomici che hanno mostrato di influenzare, in indagini precedenti, i tassi di incidenza, i livelli di accessibilità e gli esiti a lungo termine, sia sul piano individuale che delle popolazioni;
  • la misurazione standardizzata dei livelli reali di servizi disponibili per una popolazione specifica (posti letto ospedalieri, posti letto residenziali, centri diurni, servizi ambulatoriali e di emergenza) e la misurazione del loro utilizzo concreto per mezzo di un’indagine trasversale;5
  • la stima dei costi espliciti e dei costi nascosti dell’assistenza psichiatrica, attraverso una valutazione specifica delle spese sostenute dai Servizi sanitari nazionali e da altri finanziatori (come le compagnie assicurative), oltre alle spese sostenute dai diretti interessati.6,7

Anche in Italia il punto di equilibrio tra posti letto e servizi territoriali non è omogeneo, sia nel confronto tra Regioni sia tra aree diverse della stessa Regione; ciò dipende dalla differente disponibilità di posti letto ospedalieri e residenziali, oltre che dal personale disponibile (quantità e tipologie). Qualora dovessero essere promosse e finanziate valutazioni comparative adeguate, sul piano nazionale ed europeo, si può ipotizzare che il miglior “punto di equilibrio” nei servizi offerti sia rappresentato da una rete che abbia:

  • la maggiore capacità di ridurre la distanza tra prevalenza reale e prevalenza trattata, soprattutto per le patologie a maggior impatto;
  • il maggior livello di adattamento dei servizi disponibili alle caratteristiche epidemiologiche della popolazione locale (tassi di incidenza e prevalenza, livelli di deprivazione sociale, …);
  • il miglior profilo in termini di costoefficacia, fondato sulla massima trasparenza di tutte le fonti di spesa (sanitarie, assicurative, personali).

Come vanno misurati gli esiti più significativi per le patologie maggiormente rilevanti, in termini di sanità pubblica (mortalità precoce, miglioramento/guarigione, recidive di ricovero, trattamento a tempo indeterminato)?

Nella prospettiva del miglioramento della qualità e del cambiamento delle pratiche di trattamento il ruolo dei sistemi informativi gioca un ruolo essenziale. Molte Regioni italiane sono prive di tali sistemi informativi per la salute mentale e le caratteristiche dei pazienti e degli interventi loro offerti non vengono raccolte, rendendo impossibile un valido monitoraggio. Queste carenze strutturali e la mancanza di esperienze diffuse di recordlinkage con gli altri database sanitari disponibili minano alle fondamenta la possibilità di una misurazione a lungo termine dei principali esiti dei disturbi psichiatrici. Il contributo potenziale dei database già esistenti va esplorato a fondo: far convergere le informazioni disponibili nei database della salute mentale, in quelli delle prescrizioni farmaceutiche, in quelli della medicina generale e in quelli dei servizi per le dipendenze potrebbe sviluppare notevolmente la capacità di valutare in modo routinario sia gli esiti più significativi sia la qualità dell’assistenza offerta. Possono essere infatti messi a punto degli indicatori clinici che consentano il confronto tra pratiche reali e standard derivanti dalle evidenze scientifiche. Una commissione mista GovernoRegioni ha recentemente approvato l’avvio di un sistema informativo nazionale per la salute mentale, che fa propri un set di indicatori proposti da un gruppo di lavoro interregionale: si tratta di una decisione importante, che avrà bisogno, tuttavia, di un convinto supporto da parte delle amministrazioni regionali nei prossimi anni.

A livello europeo sono presenti anche i cosiddetti «Registri dei casi» che rappresentano un importante strumento di monitoraggio a lungo termine; purtroppo questo modello di sistema informativo è stato pienamente sviluppato in un numero molto limitato di aree, in Italia e in Europa. La sua attivazione e il suo mantenimento richiedono infatti un supporto convinto e prolungato da parte di amministratori e operatori dei servizi psichiatrici coinvolti. Va segnalato che i corsi di formazione degli operatori psichiatrici non sono in grado di offrire un training adeguato rispetto alle attività di monitoraggio e di ricerca. La valutazione routinaria degli esiti nei servizi di salute mentale è stata avviata grazie a quattro indagini multicentriche, condotte tra il 2000 e il 2010, che hanno utilizzato la scala HoNOS (ampiamente utilizzata anche a livello internazionale, nel Regno Unito, in Australia e in Nuova Zelanda). Sono stati valutati, con la HoNOS, circa ventimila pazienti 8,9 e, contestualmente, si è provveduto a verificare l’efficacia concreta dell’assistenza offerta e, in particolare, di alcuni “pacchetti di cura”. Nell’area di Verona Sud è stato condotto uno studio di esito a sei anni, che ha misurato le variazioni sul piano psicopatologico della disabilità, dei bisogni, della qualità della vita, dei livelli di soddisfazione e del carico familiare.10 Anche lo studio delle recidive di ricovero rappresenta una strategia utile di verifica dell’efficacia concreta dell’assistenza offerta, e può essere realizzata grazie a una esplorazione mirata dei database sanitari già disponibili. La prospettiva di una maggiore integrazione dei database disponibili (ricoveri ospedalieri, assistenza psichiatrica territoriale, prescrizioni farmaceutiche, accertamenti diagnostici, medicina generale, mortalità) è essenziale per superare le difficoltà finora emerse nella realizzazione di studi di coorte a lungo termine, su pazienti affetti da patologie specifiche. È probabile che tale integrazione possa essere facilitata dalla partecipazione a progetti europei da parte di amministrazioni sanitarie regionali, anziché da singoli gruppi locali.

Quali sono gli “ingredienti essenziali” di una “psichiatria di comunità” che sia efficace nella pratica quotidiana?

La ricerca su quali siano gli “ingredienti attivi” di una psichiatria di comunità dotata di sufficiente efficacia concreta si è finora concentrata su due gruppi di elementi:

  • Gli interventi specifici che hanno già ricevuto un supporto significativo dagli studi di efficacia finora effettuati (inserimento lavorativo supportato, psicoeducazione familiare, training di abilità specifiche);
  • Le strategie organizzative che vanno garantite per il trattamento a lungo termine delle patologie psichiatriche più significative (continuità terapeutica, coordinamento degli interventi, attività domiciliari, forme di collaborazione con la medicina generale).

Alcuni gruppi di ricerca italiani hanno svolto un ruolo attivo nella valutazione, condotta da reti europee, dell’efficacia concreta di alcuni interventi psicosociali specifici, come gli inserimenti lavorativi supportati11 o gli interventi psicoeducativi familiari per il trattamento dei disturbi schizofrenici o depressivi.12 Sono stati inoltre attivati, a Milano13 e altrove, servizi coordinati per il trattamento precoce dei primi episodi di disturbo schizofrenico. Questi progetti pilota hanno sperimentato l’offerta di interventi psicosociali di sicura efficacia, in forma intensiva e integrata. Va segnalato, invece, che molti interventi psicosociali abitualmente offerti dai servizi di comunità in Italia sono privi di una valida verifica di efficacia. Sono necessari, a tale scopo, studi controllati che coinvolgano reti mirate di servizi: il rischio, altrimenti, è che questa tradizione di trattamenti combinati (che le evidenze disponibili indicano come i più efficaci, sia nei disturbi schizofrenici sia in quelli depressivi) si possa esaurire, lasciando prevalere una deriva in senso farmacocentrico. Sono ancora in fase di sviluppo reti europee che abbiano come obiettivo la valutazione delle strategie organizzative della psichiatria di comunità (continuità terapeutica, coordinamento degli interventi, assistenza domiciliare, modelli di collaborazione nella medicina generale. In Italia, queste dimensioni sono state parzialmente valutate nell’ambito delle tre indagini nazionali citate in precedenza e richiedono una valutazione più approfondita. Una rete europea14 ha concentrato le proprie attività su uno degli aspetti più controversi della pratica psichiatrica (gli interventi coercitivi), che continuano a essere abituali nei contesti di ricovero, anche se ampiamente sottovalutati e sottostimati. Le linee guida di trattamento dei principali disturbi psichiatrici sono diventate uno strumento centrale dei programmi di formazione e di aggiornamento del personale sanitario; in linea di principio, esse rappresentano la migliore sintesi delle evidenze scientifiche disponibili. In questa prospettiva, alcuni gruppi di ricerca hanno iniziato a verificare il grado di distanza tra gli interventi concretamente offerti dagli operatori psichiatrici e gli interventi indicati nelle linee guida. L’appropriatezza dell’assistenza offerta può essere misurata e le eventuali variazioni emerse rispetto agli standard possono essere analizzate in correlazione con determinanti organizzativi ed economici.15 Anche la Società italiana di epidemiologia psichiatrica (SIEP) si sta muovendo in questa stessa direzione. È stato recentemente pubblicato il risultato di un progetto SIEP,16 che ha portato alla creazione di un set di indicatori di appropriatezza della schizofrenia, a partire dalle linee guida inglesi NICE; è in corso di realizzazione un secondo progetto che riguarda i principali disturbi psichiatrici (schizofrenici, bipolari, depressivi) e che mira a definire un set di indicatori che possano essere misurati attraverso i dati raccolti tramite i database sanitari disponibili. L’obiettivo è, ovviamente, quello di raccogliere i dati di appropriatezza per usarli come perno della misurazione e del miglioramento della qualità (offrendoli sia agli operatori psichiatrici sia ai responsabili delle politiche sanitarie locali e regionali)

Quali sono le migliori strategie organizzative che favoriscono un coinvolgimento attivo degli utenti nella valutazione locale dei servizi, come pure nella definizione dei protocolli di ricerca (e nella valutazione dei risultati che emergono)?

I diritti dei pazienti sono stati ripetutamente violati nel passato e ancora oggi, sono scarsamente vincolanti nei percorsi decisionali. La Comunità europea ha recentemente ribadito la loro centralità in un documento ufficiale sulle priorità in salute mentale,17 ma il coinvolgimento attivo degli utenti continua a essere formale ed episodico nella maggioranza dei Dipartimenti di salute mentale italiani ed europei. Il loro contributo avrà una importanza crescente, su vari piani:

  • nell’analisi delle principali ragioni e dei più efficaci rimedi ai fenomeni di dropout;
  • l’analisi dei livelli di appropriatezza clinica non potrà non essere accompagnata da una valutazione dei livelli di soddisfazione e di dropout;
  • la discussione su quale sia il miglior punto di equilibrio tra posti letto ospedalieri, posti letto residenziali e servizi territoriali non potrà vedere coinvolti, in futuro, solo amministratori sanitari e responsabili locali della salute mentale;
  • le priorità di ricerca e gli strumenti di valutazione andranno concordati con rappresentanti degli utenti e dei familiari, per garantire una più efficace traduzione dei risultati delle ricerche nei contesti di trattamento reali.18

La psichiatria di comunità italiana dispone di una ricchissima tradizione di “esperimenti naturali” sul piano delle strategie organizzative, degli interventi psicosociali, delle politiche nazionali e regionali relative a inserimenti lavorativi, soluzioni abitative e autoaiuto. La maggioranza di questi “esperimenti naturali” non sono approdati alla letteratura scientifica nazionale e internazionale, per il sostanziale disinteresse, negli anni successivi alla riforma, a un percorso di valutazione comparativa con altri contesti. A questo va aggiunto che, troppo spesso, gli psichiatri sono stati coinvolti in attività solo apparentemente di ricerca, promosse e sottopagate dalle aziende farmaceutiche, attraverso la partecipazione a studi clinici con prevalenti finalità di marketing. Questa forma di “addestramento” ha prodotto danni significativi in termini di coinvolgimento attivo in studi clinici indipendenti di buona qualità metodologica. Le iniziative di ricerca europee hanno rappresentato uno stimolo importante alla transizione da studi prevalentemente descrittivi e locali (o da studi clinici di dubbia qualità metodologica) a esperienze di ricerca comparativa di buona qualità. È auspicabile che gli enti finanziatori italiani seguano il modello europeo, promuovendo ricerche promosse da reti nazionali (o regionali) anziché da istituzioni isolate e stabilendo una lista di priorità che possano dare risposta ad alcune delle domande messe in evidenza.


Systems of mental health care throughout Europe: looking for the best balance of care and the most appropriate longterm assessment and treatment strategies

What is the main goal for psychiatric epidemiology today in Italy and Europe? From a public health approach, the most important issue is evaluation of community care. Today community care in mental health is widespread not only in Western Europe, but also in Eastern Europe, at different levels. In some countries (mainly in Eastern Europe), the mental health system is still focussed on mental hospitals, in others (like in Western Europe) there is a balance between institutional care and community care. The Italian health system remains an outlier in the European scenario: community care, from the Italian perspective, means care provided only through mental health facilities placed in the community, without asylums. It does not mean necessarily care of good quality, particularly if it is provided by local networks with few resources. Moreover, in Italy the implementation of the psychiatric reform has been entrusted to separate Regions: in this way there are as many models of community care as the number of Regions. The high level of interest raised by the Italian community care in the international audience has not been able to stimulate research activities at the national level. Most of the local, regional and national leaders did not (and, unfortunately, do not) consider a comparison among different areas as well as the adoption of internationally validated assessment tools as being a priority. At a national level, only three surveys in the last ten years evaluated the network of community Residential Facilities,1 of Psychiatric Wards in General Hospitals2 and Community Mental Health Centres.3 These surveys allowed a careful monitoring of these specific networks, also providing some elements of quality assessment, but both monitoring and evaluation were not routinely updated after these surveys. In the last 20 years, a small sample of Italian services started participating in European research projects and, through these collaborations, they attempted to answer some of the most relevant questions about outcomes and further developments of community mental health care. The most important questions, at the policy level, are the following ones:

Within complex mental health care systems , which is the best “balance of care” between “community based” and “hospital based” facilities, (bearing in mind that hospitals are usually mental hospitals)?

The project WHOAIMS, promoted by the WHO Geneva Headquarters, aimed at developing a set of indicators for the assessment of mental health systems and services: up to now, it has been applied in more than 80 countries and in Europe, particularly in Eastern Europe. At the European level, the most relevant EC funded projects have focused their attention in developing and applying shared methodologies for these assessment purposes:

  • measuring the prevalence of the most important psychiatric disorders within Europe; 4

  • measuring the socioeconomic determinants which showed, in previous surveys, their influence on incidence rates, on accessibility and on longterm outcomes, both at the population and the patient level;

  • measuring, in a standardized way, the actual level of available mental health facilities (hospital beds, nonhospital community beds, day centres, outpatient clinics and emergency settings) for a specific population, counting their current use in a crosssectional survey; 5

  • estimating open and hidden costs for mental health care, with specific attention to expenditures sustained by the National Health Systems as well as by private stakeholders (like Insurance Companies, or outofpocket expenses). 6,7

In Italy the “balance of care” is far from homogeneous, between Regions or within the same Region, depending on the variations in the availability of hospital beds, or nonhospital community beds, or personnel. When a better comparison among Italian and European regions is promoted and funded, the best “balance of care” will show:

  • the highest ability of reducing the gap between true and treated prevalence, specifically for the most severe mental disorders;

  • the best capacity of adapting the local network of facilities to the specific needs of the population (incidence and prevalence rates, social deprivation, ..);

  • a good costeffectiveness profile, based upon a high level of accountability for all costs.

How to routinely measure relevant outcomes (relapse, readmission, longterm treatment, mortality, recovery), for mental disorders with a higher impact?

The role of information is crucial for changing practices and improving the quality of community mental health services. Monitoring is still a major issue in many Italian Regions where mental health information systems are not working and where characteristics of patients and activities provided by mental health services are not gathered. This lack of homogeneous information systems for mental health and the scarcity of local experiences looking at an outcomeoriented record linkage with the already available health databases is going to undermine this measurement of the long term outcomes of the psychiatric disorders. The potential role of existing clinical databases should be analysed in greater depth: merging information from mental health information systems, from pharmaceutical databases (containing prescriptions of the psychotropic drugs dispensed by the NHS), from secondary and primary health care databases and from drug abuse services may enormously enhance the capacity to routinely evaluate both the outcomes and the quality of care in mental health. In fact we can construct clinical indicators, comparing information on routine care, drawn from merged databases, with the available evidence in mental health. A national model of mental health information has been recently approved by the joint commission, Ministry of Health and Regions, and a set of indicators for monitoring has been appointed by a interregional working group: these advances are very positive indicators in the right direction, but they need assertive support by all Regional health administrators in the near future. From a European perspective, the psychiatric case registers represented a promising and useful monitoring approach for local populations, but – unfortunately – this model was not adopted, apart from in a very few local areas, in Italy as well as in Europe. Its adoption needs high and longlasting local support (by health administrators and by mental health leaders, and by involved professionals) and these research and monitoring skills need to be routinely developed in training programmes for psychiatric professionals. At service level Routine Outcome Assessment driven by mental health professionals in routine clinical settings has been applied in four multicentre surveys from 2000 to 2010, using HoNOS, a routine outcome schedule widely used in the UK, Australia and New Zealand. About 20,000 patients had been evaluated through HoNOS.8,9 During these oneyear long surveys, global effectiveness of mental health services and that of specific care packages were assessed. In South Verona10 a sixyear outcome study had been carried out, assessing psychopathology, disability, needs, quality of life, service satisfaction and caregivers’ burden. Moreover, the use of recurrence in terms of admission in psychiatric wards in general hospital offers an interesting chance to evaluate effectiveness of mental health services on the whole, using information drawn from clinical data bases. Difficulties in the implementation of longer surveys on disorderspecific cohorts can be reconsidered in case of a future, more efficient, integration of different health databases (hospital admissions, outpatient mental health care, prescriptions, diagnostics, general practitioners’ notes, mortality,...). Such integration should be promoted by European Projects, involving Italian Regions, rather than local research groups.

Which are the “active ingredients” of a routinely effective “community psychiatry”?

Among the “active ingredients” which should be considered as potential components of a “community psychiatry” with a good level of effectiveness in daily practice, these two groups should be taken into consideration:

  • specific intervention with a good level of support, in terms of efficacy in experimental settings (supported employment, family education, social skills training, …);
  • organizational strategies which should be offered in any longterm treatment of the most relevant psychiatric disorders (continuity of care, care coordination, assertive outreach, collaborative approaches in the primary care settings).

Italian groups participated, in recent years, in international projects aimed at measuring the effectiveness of wellknown psychosocial interventions, like supported employment through individual placements and support11 or psychoeducational approaches in psychosis and depression.12 At the service level, Cocchi13 and other groups in Italy, implemented an early intervention service in Milan, treating young patients with firstonset psychosis. This pilot project delivered evidencebased psychosocial interventions, assuring intensive, wellcoordinated and continuous community care. Many psychosocial interventions routinely adopted in Italian community settings still lack any scientific assessment, and these efficacy studies need to be shared and supported, in order to avoid a current shift towards drugonly approaches, while the available evidence stresses the superior efficacy of the combined treatments (in depressive and in schizophrenic disorders). European networks aimed at assessing the organizational components of community care (continuity of care, care coordination, assertive outreach, collaborative approaches in the primary care settings) are under construction, but up until now they have not been put into action In Italy, these topics have been partially addressed by the National surveys mentioned before, and need further evaluation. A European network14 investigated one of the most debated components of psychiatric practice (coercion), which remains a real world practice, widely underreported and underinvestigated, in most of the Italian hospital and residential facilities. Treatment guidelines for the main psychiatric disorders have become a standard tool for training and continuing medical education programs. Ideally, they should offer the best summary of the available evidence; in this perspective, some research groups started an assessment of the gap between what was recommended by the Treatment Guidelines and the actual interventions offered by psychiatric professionals. The appropriateness of the current care can be measured and its fluctuations need to be investigated through a concurrent analysis of organizational and economic determinants.15 The Italian Society of Psychiatric Epidemiology (SIEP) is also moving in this direction. SIEP defined an exhaustive set of clinical indicators in schizophrenia,16 based on the NICE guidelines, and is now producing a more feasible set for specific severe mental disorders (schizophrenic, bipolar and depressive disorders) to be routinely collected through the data from different clinical databases. The challenge is to use all information about appropriateness as a tool for quality assessment and improvement, both for mental health professionals and for policy makers.

What organizational strategies are more effective in order to make users’ participation easier in routine assessment of mental health care as well as in research activities (from protocol to discussion)?

Users’ rights were very neglected in the past and they are still underrepresented at the decisional level. European countries recently stated their importance in a shared policy document,17 but their active involvement is still episodic and formalin the vast majority of the Italian and European mental health departments. The relevance of their contribution growing at various levels:

  • in the analysis of the main reasons and best management strategies of treatment dropout;
  • the level of appropriateness of the available care should be assessed with a concurrent analysis of users’ satisfaction and dropout rates;
  • the search for the best “balance of care” should not be left locally, to policy makers or mental health professionals, only;
  • research priorities and assessment methods can be defined with users’ and families’ organizations, in order to ensure a better implementation of the research results.18

Italian community psychiatry has a vast tradition of natural experiments: organizational strategies, psychosocial interventions, national and regional policies on employment, housing and selfhelp. Most of these experiments are underreported or absent from the scientific literature for the lack of interest in any comparison with similar or different contexts in the first 15 years following the reform law. Moreover, researchlike activities have all too often been offered to Italian mental health professionals by Pharmaceutical Companies, through the (underpaid) participation to marketingoriented studies. This kind of “training” has been truly harmful in terms of future involvement in welldesigned surveys or efficacy studies. European initiatives have contributed to a shift from this locally descriptive information, or marketingoriented research activities, to a fruitful comparison based upon relevant, sharedand welldesigned researchexperiences. Italian funding agencies should follow the European path, promoting networks rather than isolated institutions, and defining a list of research priorities aimedat answering some of these crucial policy questions.

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