Interventi
28/12/2021

COVID in Africa, one year later

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Questo articolo presenta un aggiornamento dell’analisi dello scorso anno sul COVID nell’Africa sub-sahariana (SSA). Il numero di casi e dei decessi confermati è drammaticamente aumentato, in parte spinto dall’ampliata capacità diagnostica, ma si tratta di una sottostima di persone infette: siamo ciechi rispetto alle reali dimensioni della pandemia. I numeri aggregati mascherano una sostanziale eterogeneità: il Sudafrica rappresenta quasi la metà dei casi nella regione; l’Etiopia, il secondo Paese in classifica, segue da lontano, con solo il 6% dei casi riportati. Ci sono segni che la terza ondata di COVID, causata dalla variante Delta, più trasmissibile, si stia attenuando.
Le preoccupazioni che la pandemia avrebbe colpito più gravemente le popolazioni più vulnerabili (rifugiati e sfollati) non sono state confermate: non ci sono prove di ospedali sovraccaricati né di alta mortalità in contesti umanitari, un andamento che non trova spiegazioni.
A oggi, solo l’1% della popolazione africana è stata vaccinata, segno di un’iniquità vaccinale e di “un catastrofico fallimento morale” dei Paesi ricchi, che si sono assicurati un surplus di centinaia di milioni di vaccini anti-COVID che non possono utilizzare.  
Gli effetti combinati della pandemia e delle misure di controllo sono stati particolarmente gravi nelle economie della SSA, dove prevalgono la sottoccupazione e l’insicurezza del lavoro. La riduzione delle esportazioni di materie prime, il crollo del turismo e dell’agricoltura, il declino degli investimenti stranieri, degli aiuti e delle rimesse hanno spinto milioni di africani in estrema povertà. Le istituzioni finanziarie internazionali hanno spostato le loro strategie dall’austerità a un forte pacchetto di aiuti e prestiti agevolati per sostenere i paesi poveri, compresi quelli della SSA, per far fronte alle conseguenze immediate della pandemia, secondo il lemma “la politica dei vaccini è la politica economica più importante”.

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