Editoriali
26/11/2011

VIS, valutazione di impatto sulla salute: una procedura multidisciplinare a supporto delle decisioni in sanità pubblica

,

Nell’intervento di Signorelli e collaboratori sulla valutazione d’impatto sanitario (VIS) nei processi decisionali (vd. pp. 131-35) abbiamo trovato diversi elementi che riteniamo utili all’avanzamento della discussione e alcuni che ci pare richiedano qualche precisazione.

Il fatto che l’autore sia contemporaneamente accademico, amministratore di ente locale e consulente di soggetti privati può motivare i diversi punti di vista espressi, che se da una parte contribuiscono ad arricchire la discussione, dall’altra non sempre rendono facile al lettore la comprensione della traiettoria principale indicata.

A titolo di premessa richiamiamo due scelte degli autori degne di sottolineatura. La prima decisione è quella di riferirsi alla "valutazione di impatto sanitario" e non alla "valutazione di impatto sulla salute", una scelta importante perchè la differenza è sostanziale. Infatti, porre il focus sul "sanitario" rimanda a valutazioni di impatto sul sistema sanitario (inclusivo di servizi e prestazioni), mentre l'accezione sulla "salute" fa riferimento a un ampio insieme di determinanti sanitari e nonsanitari di salute, includente quindimolti altri sistemi oltre a quello sanitario. Noi, in questa fase di avvio della VIS nel nostro Paese, pensiamo che abbiano pari importanza e dignità la valutazione dello stato e dei cambiamenti di salute e quella rivolta alla performance dei servizi sanitari, convinti che l'impegno sui due blocchi possa contribuire a consolidaremetodi, strumenti e professionalità nel settore delle valutazioni integrate di salute.

La seconda scelta è di concentrare l’attenzione sul tema ambiente e salute, che restringe a un campo, sebbene molto ampio, le attività di osservazione e di valutazione, rispetto alle molte altre aree di possibile applicazione.

Dalla divisione referendaria a un nuovo approccio su ambiente e salute

Il sistema agenziale ANPA-ARPA-APPA (Agenzie nazionali, regionali e provinciali per la protezione ambientale) è stato costituito a seguito del referendum popolare del 18.4.1993 che con il DPR n. 177 del 5.6.1993 ne stabilì gli esiti. In pratica le funzioni del sistema ANPA-ARPA-APPA derivano dall’abrogazione di funzioni e attività precedentemente in carico al Servizio sanitario nazionale. Gli articoli della legge 833/78 abrogati indicano le funzioni non più a carico del Sistema sanitario nazionale (e di conseguenza le funzioni ricadenti sul sistema ANPA-ARPA-APPA). Tra i punti abrogati rivestono particolare importanza i commi primo e terzo dell’art.20.

Le Agenzie per l’ambiente non sono quindi solo un mero produttore e fornitore di dati ambientali, essendo depositarie dell’igiene ambientale (vedi art. 14, terzo comma abrogato, L. 833/78), dell’individuazione e misurazione dei fattori di rischio di origine ambientale e dell’indicazione delle misure idonee alla loro eliminazione.

D’altro canto le problematiche poste dal rapporto tra ambiente e salute, in particolare sotto l’aspetto epidemiologico, portarono alla costituzione negli stessi anni di servizi epidemiologici ambientali nelle ARPA del Piemonte, dell’Emilia Romagna, delle Marche e di servizi con attivitàmeno specifica sotto l’aspetto epidemiologico in Veneto, Toscana, Friuli e Sicilia. Negli ultimi anni sono infine sorte due strutture epidemiologiche ambientali anche in ARPA Puglia e Basilicata.

Nel corso del III Congresso nazionale delle agenzie ambientali, a Venezia, nel 2000, si tenne una sessione dedicata all’epidemiologia ambientale, considerata storica perché determinò la nascita, l’anno successivo, di un gruppo di coordinamento tra le ARPA in questa materia, il GEA (Gruppo epidemiologia ambientale), con sede presso l’ARPA Marche.

L’8 giugno 2001 si tenne il I Convegno di Portonovo (AN) sul tema dell’integrazione ambiente-salute, che nel documento conclusivo promuoveva lo sviluppo di progetti di integrazione ARPA-Sanità a tutti i livelli (nazionale, regionale, locale), la facilitazione di economie di scala e la crescita concreta di competenze in epidemiologia ambientale, in termini organizzativi e di risorse.

Agli intenti e agli auspici di crescita dell’integrazione e alla collaborazione tra ARPA e Sanità sul tema dell’epidemiologia ambientale seguirono, nella maggior parte delle regioni, risultati parziali, e oggi, a 10 anni di distanza, e nonostante un secondo convegno tenutosi nel 2005 sempre a Portonovo, la collocazione di questa attività nelle ARPA si scontra, come peraltro anche negli omologhi servizi nel SSN, soprattutto con problemi di dotazione di risorse finanziarie e di personale.

Nel 2010 il sistema delle Agenzie ambientali ha riconosciuto al tema “Ambiente e salute” la dignità di un’attività integrata di sistema, comprendente anche la VIS, che elaborerà e svilupperà tramite il gruppo di lavoro “Ambiente e salute” con il coordinamento di ARPA Puglia.

Più in generale per quanto concerne i rapporti ARPA-SSN si ritiene che nella situazione di particolare povertà di risorse strutturali e professionali nel campo della prevenzione ambientale e sanitaria (destinata ad acuirsi ulteriormente in assenza di una interfaccia dedicata) l’unica cosa da non fare sia quella di dividersi le “spoglie” delle competenze ambientali. Occorre invece impegnarsi a valorizzare ciò che unisce, ciascuno con le proprie professionalità e capacità, per un fine di tutela ambientale e della salute collettiva, in accordo con le norme, per esempio utilizzando le più solide conoscenze scientifiche e tecniche disponibili.

A tale proposito si ricorda che tra i punti delle Dichiarazione di Parma (promossa e firmata daiMinistri della salute e dell’ambiente italiani), a conclusione della V Conferenza interministeriale OMS su ambiente e salute (10-12marzo 2010) si dichiarava tra l’altro: «Affronteremo tali sfide ponendo in essere o potenziando, se esistenti, i meccanismi o le strutture in grado di assicurare un’efficace implementazione, di promuovere le azioni locali e di garantire una partecipazione attiva al Processo europeo sull’ambiente e la salute».1

Può rappresentare un punto di partenza quanto riportato nel Piano nazionale della prevenzione, PNP 2010-2012, approvato il 29 Aprile 2010: «…il processo programmatorio si inverte: le scelte non sono più dettate dal criterio “prima ciò che è previsto dalla legge” e poi il resto nel tempo che eventualmente rimane, ma “prima ciò che è necessario ed efficace”».

La definizione delle priorità nelle attività di vigilanza, ispezione e controllo richiede l’adozione di metodologie che consentano di effettuare una valutazione di impatto sulla salute e sull’ambiente delle diverse attività economiche e, conseguentemente, una graduazione dei livelli di rischio, da cui derivare finalità, tipologie, frequenze dei controlli.

Concretamente per quanto concerne i rapporti ARPA-SSN in tema di ambiente e salute, e più in particolare di epidemiologia, si sottolinea che:

  • i destinatari (e sperabilmente i committenti) dell’attività epidemiologica ambientale rivolta alla prevenzione sono gli Enti locali (soprattutto), la popolazione, i sindacati, gli imprenditori, la ricerca, oltre all’Azienda sanitaria;
  • lo scopo dell’epidemiologia eziologica non si esaurisce con l’identificazione di associazioni causali, ma si completa con la prevenzione;
  • nella situazione attuale di scarsità di risorse umane ed economiche, sarebbe utile favorire la specializzazione dei diversi centri locali su specifiche tematiche: per esempio occupazionale nei poli industriali, pesticidi, incidenti stradali, domestici, nutrizione, veterinaria... L’eccellenza sugli aspetti metodologici dovrebbe essere destinata alle Università, ai Centri di ricerca e a specifici Centri di riferimento regionale.

In questo quadro, non sembra che sia opportuno disputare sulle competenze, ma sia invece necessario valorizzare le conoscenze e le disponibilità esistenti, anche tramite la rete, in modo che le eccellenze nei diversi settori contribuiscano a fare crescere l’interesse nei possibili committenti sui risultati delle attività epidemiologiche.

In effetti, sempre più frequentemente le amministrazioni pubbliche che autorizzano o pianificano interventi sul territorio devono confrontarsi con la crescente sensibilizzazione delle popolazioni sui rischi per la salute pubblica, aggravati spesso anche da preoccupazioni di svalutazione economica delle aree e degli immobili di proprietà. Questo porta a situazioni conflittuali che simanifestano con la costituzione di comitati spontanei, l’attivazione di gruppi ambientalisti ma anche con l’opposizione esplicita da parte di amministrazioni pubbliche locali (per esempio quartieri, comuni, province). In questi casi l’elemento chiave delle contestazioni è quasi sempre il rischio per la salute e proprio su questo, l’ente autorizzatore si trova spesso impreparato sia per carenze normative sulla valutazione delle problematiche connesse, sia per l’insufficiente competenza o supporto tecnico in materia di valutazione di impatto sanitario e di comunicazione del rischio.

L’esigenza di comprendere vari aspetti nelle valutazioni pubbliche e nei processi decisionali in merito a progetti, programmi e piani è riconosciuta e affrontata, sia sul fronte normativo sia su quello metodologico, in vari Paesi europei, e sono disponibili modelli e strumenti di approccio operativo su cui è possibile far convergere i vari attori in gioco, dalle istituzioni sanitarie e ambientali, al fine di garantire omogeneità di approccio nella valutazione/determinazione degli effetti e omogeneità nella documentazione da far produrre/presentare negli studi da svolgere.

Epidemiologia come disciplina e non come strumento

Il richiamo di Signorelli e collaboratori all’epidemiologia come strumento fondamentale per la sanità pubblica, pur trovando il nostro accordo in senso generale, ci pare assumamaggiore forza e correttezza se si ha dell’epidemiologia una visione non strumentale bensì di disciplina che opera con modalità multidisciplinare. 2 In tale contesto, il riferimento a una disciplina autonoma appare irreale o anacronistico; infatti, se per autonomia s’intende la connotazione dell’epidemiologia come disciplina dotata di un proprio statuto e di propria metodologia formalizzata, non vediamo come essa possa essere in contrapposizione col suo ruolo nella e per la sanità pubblica, anzi ci pare che sia in grado di dare un contributo più forte e originale. Cosa ben diversa è se l’epidemiologia ponesse il proprio statuto fuori o sopra la sanità pubblica, compiendo in tal caso un salto quantico di egoismo e ingenuità che le sarebbe peraltro fatale.

Tuttavia, nella fase attuale ci pare che i rischi siano maggiormente quelli opposti, di uno scarso ruolo dell’epidemiologia nella sanità pubblica, non tanto nella capacità di produrre studi, ma nel trasferimento dei loro risultati nelle decisioni.

Una sfera nella quale, come scrivono anche Signorelli et al., la VIS può giocare un ruolo utile per la sanità pubblica, proprio perché di cerniera con l’epidemiologia, e con molte altre discipline necessarie per affrontare in modo sistemico tutti i problemi in cui entrano in gioco determinanti, fattori di rischio e salute umana.

Indubbiamente la VIS è una procedura multidisciplinare per la sanità pubblica e per questo si avvale di ampie conoscenze e ha bisogno di molte competenze, mediche, ecologiche, tossicologiche, e altre ancora, anche in dipendenza dal settore di applicazione. Nel caso di piani urbanistici, dei rifiuti, dei trasporti, saranno necessarie competenze non solo scientifiche, ma anche tecniche, di programmazione, di amministrazione pubblica e di comunicazione, senza le quali esiste un chiaro rischio di realizzare un percorso, magari accademicamente elegante, ma inefficace per la sanità pubblica.

In più, il carattere multidisciplinare non sarà assicurato solo dalla presenza di tutte le professionalità necessarie, ma soprattutto di una cultura scientifica comune e a metodi in grado di creare un’interfaccia tra discipline e linguaggi diversi, in altre parole, di disponibilità all’integrazione.

Sulla comunicazione, che nella VIS è attività ben più ampia che la comunicazione sul rischio, pensiamo ci sia bisogno di una decisa azione per accrescere la preparazione professionale specifica e per attenuare barriere e stereotipi culturali e scientifici, piuttosto diffusi tra i responsabili delle decisioni pubbliche, ma presenti anche tra ricercatori, giornalisti e cittadini.

La definizione di salute dell’OMS (OMS 1948) è uno dei fondamenti della VIS e l’estensione del livello di attenzione ai risultati qualitativi e sulla percezione dei rischi costituisce il sostrato della stessa VIS. A tale proposito dobbiamo però considerare che esprimere solidi pareri scientifici su una sfera così ampia di risultati, con diverso grado di forza e d’incertezza, rappresenta la difficoltà principale, la vera sfida, per una procedura che con la valutazione si propone di orientare decisioni.

Nel nostro Paese il ritardo di cultura valutativa, e ancor più valutativa-decisionale o di decisioni basate sulle prove, non è ancora colmato e c’è molto da lavorare sul piano della cultura scientifica, in parallelo con quello di riconoscimento e preparazione professionale.

Sulla criticità indicata da Signorelli e collaboratori nell’assenza di metodologie standardizzate e di procedure di valutazione oggettive unanimemente accettate dalle parti coinvolte nell’espressione dei pareri su questioni ambientali, riteniamo che sia da separare il problema dei metodi, che sono oggi sufficientemente sviluppati e standardizzati, da quello delle linee guida per la loro applicazione, che devono essere ulteriormente messe a punto.

Su questo tema è da segnalare il progetto VIS.PA, recentemente approvato dal CCMdelMinistero della salute per la sperimentazione dell’utilizzo della VIS a supporto dell’espressione dei pareri di sanità pubblica in Conferenza dei servizi da parte dei Dipartimenti di prevenzione delle ASL, coordinato dalla Regione Emilia Romagna.3 Un progetto che vede la partecipazione di ARPA e ASL distribuite sul territorio nazionale e la consulenza scientifica dell’unità di ricerca in epidemiologia dell’Istituto di fisiologia clinica del CNR. A tale progetto partecipano Ag21, Città sane e ANCI, a conferma dell’interesse crescente delle Pubbliche amministrazioni sull’argomento.

Prospettive

La VIS costituisce oggi un’importante opportunità per l’ausilio ai processi decisionali, che vogliano essere ancorati a valutazioni di rischio e d’impatto.

Occorre lavorare per definire un quadro normativo specifico, partendo dai metodi condivisi a livello della comunità scientifica internazionale e dai progressi fatti anche in Italia negli anni recenti. I paventati rischi di strumentalizzazioni o addirittura di deriva ideologica per il decisore, non sono né maggiori né diversi da quelli che entrano in gioco in tutte le circostanze con interfaccia scienza-politica, anzi la VIS può dare un contributo notevole proprio perché formalizza il percorso valutativo, partecipativo e di monitoraggio delle azioni intraprese. In virtù di questo, la Commissione europea propone la VIS per valutare gli impatti di tutte le politiche, settoriali e intersettoriali, e per valutare l’efficacia delle azioni e strategie intraprese.4

L’Italia può guadagnarsi nel settore in oggetto un ruolo attivo o rimanere esclusa dall’ambiente scientifico-culturale europeo, se vi sarà o no un chiaro impegno dei diversi soggetti coinvolti, ovviamente con differente grado di coinvolgimento e responsabilità. Promettenti sembrano le esperienze in corso in Italia per la definizione di raccomandazioni e linee guida in ambiti applicativi specifici, e l’impegno crescente di settori significativi della comunità scientifica, che hanno già prodotto contributi condivisi in ambito nazionale e apprezzati a livello internazionale.5-8

Formazione e aggiornamento sono da sviluppare sia in ambito accademico e di ricerca, sia con il coinvolgimento delle società scientifiche, sia con iniziative di amministrazioni ed enti pubblici, che peraltro già da alcuni anni stanno dando un contributo importante e diversificato a livello territoriale.

In tale senso sarà cruciale creare opportunità di collaborazione con chi opera sul territorio, per esempio ANCI, Ag21 locali, rete Città Sane.

Quanto ai conflitti d’interesse, per il carattere fortemente partecipativo della VIS, che vede i ricercatori sull’interfaccia tra portatori di interessi e decisori, essi debbono essere assolutamente evitati, pena la non autonomia e autorevolezza delle valutazioni e dei conseguenti pareri.

Sulla proposta di applicare la VIS alle centrali nucleari previste ci sembrerebbe utile innanzitutto inquadrare il tema nel contesto ampio, partendo da una analisi degli aspetti coinvolti sociali, economici e culturali, prima ancora che ambientali e sanitari. Il tema è così complesso e delicato da rendere necessaria una trattazione dedicata, tuttavia è opportuno sottolineare da subito che, trattandosi di una valutazione su una scelta strategica e non su impianti separati l’uno dall’altro, sarebbe necessario definire anche le strategie alternative da valutare. Questa indicazione ci sembra rafforzata dopo i recenti avvenimenti di Fukushima.

Conclusioni

In conclusione, non ci pare che si possa parlare, come fatto da Signorelli e collaboratori, d’indifferenza di istituzioni, mondo scientifico e popolazione nei confronti della VIS, in conseguenza delle scarse conoscenze e dal diffondersi di pregiudizi ideologici nei confronti degli esperti che se ne occupano. Semmai ci sembrano da sottolineare i ritardi sul piano della cultura scientifica e delle decisioni basate sulle valutazioni e sulle prove.

Concordiamo pienamente sulle forti potenzialità della VIS per fornire ai decisori valutazioni metodologicamente rigorose, basate su studi scientifici robusti, validi, riproducibili nel contesto di un percorso partecipato e comunicato in modo adeguato e trasparente. Sul tema ambiente e salute l’Italia ha un ruolo scientifico di primo piano in Europa, come facilmente verificabile dalla copiosa letteratura scientifica e dalla partecipazione ai principali progetti di settore. La VIS può svolgere un ruolo rilevante, a volte insostituibile, e la linea del Piano nazionale della prevenzione tesa a valutare l’impatto sulla salute degli interventi realizzati e il richiamo alla VIS della recente dichiarazione di Parma della 5a Conferenza ministeriale su ambiente e salute, rappresentano uno stimolante punto di partenza.1

Conflitti di interesse dichiarati: Paolo Lauriola dichiara di non avere conflitti di interesse. Fabrizio Bianchi è stato responsabile dell’Azione 1 della linea progettuale 6 “Definizione di linee guida per la VIS” del progetto Moniter – Regione Emilia Romagna, per la cui realizzazione la propria Istituzione di appartenenza ha ricevuto 109.000 euro; attualmente è responsabile della UOMetodologia dotata di 25.000 euro di finanziamento, del progetto CCM “VIS.PA.” coordinato dalla Regione Emilia Romagna. Fabrizio Bianchi ha svolto attività di ricerca sulla VIS nell’ambito di progetti europei della DG SANCO, di applicazione della VIS su incarico di enti pubblici, di consulenza senza compensi per comitati di cittadini. Non ha mai svolto attività dirette o di consulenza per soggetti privati.

Bibliografia

  1. http://www.euro.who.int/en/who-weare/policy-documents/parma-declarationon-environment-and-health
  2. Kenneth JR, Sander G, Timothy L. Modern Epidemiology. Kenneth Lash. 3rd Ed., LippincottWilliams &Wilkins, 2008 Philadelphia
  3. http://www.arpa.emr.it/cms3/documenti/ _cerca_eventi/2010/101201vispa/04_ %20natali.pdf
  4. European Policy Health Impact Assessment: a Guide. ISBN 1 874038 75, 9 May 2004
  5. Siliquini R, Nante N, RicciardiW, Ecosystem revitalization: community empowerment through HIA in Tuscany, Italy, inWismar M, Blau J, Kelly E, Figueras J. The effectiveness of Health Imact Assessment, scope and limitations of supporting decision-making in Europe. The European Observatory on Health Systems and Policies,WHO, Copenhagen, 2007; 95-103.
  6. Enhance Health. Valutazione dello stato di salute della popolazione residente nell’area di Coriano (Forlì), studio condotto nell’ambito del progetto Environmental health surveillance system in urban areas near incinerators and industrial premises. Enhance Health, 2007 (http://www.arpa.emr.it/ cms3/documenti/ _cerca_doc/rifiuti/inceneritori/ enh_lineeguida.pdf)
  7. HIA-NMAC, Health Impact Assessment in New Member States and Pre-Accession Countries (http://www.sdu.dk/Om_SDU/Institutter_ centre/Ist_sundhedstjenesteforsk/F orskning/Forskningsenheder/Sundhedsfremme/ Forskningsprojekter/HIA-NMAC.aspx? sc_lang=en)
  8. A cura di Ballarini A, Bedeschi M, Bianchi F et al. La Valutazione di Impatto sulla Salute: un nuovo strumento a supporto delle decisioni. Quaderni di Moniter, Regione Emilia Romagna, Bologna 2010 (http://www. arpa.emr. i t /pubbl icazioni /moni ter / notizie_1934.asp)
Approfondisci su epiprev.it Vai all'articolo su epiprev.it Versione Google AMP