Editoriali
26/11/2015

Vaccinazione HPV nei maschi: un’occasione persa per tecnici e decisori

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A inizio 2015 erano 5 le regioni italiane che hanno aggiornato i calendari vaccinali estendendo l’offerta della vaccinazione contro il Papillomavirus (HPV) ai maschi. In un intervento apparso su Epidemiologia&Prevenzione lo scorso anno, diverse società scientifiche italiane raccomandavano la vaccinazione contro l’HPV nei maschi.1

Questa vaccinazione è stata introdotta in Italia tra il 2007 e il 2008. L’indicazione nazionale di vaccinare tutte le bambine nel dodicesimo anno è stata tempestivamente adottata in tutto il Paese. Otto regioni hanno poi esteso, in tempi diversi, l’offerta vaccinale a un’ulteriore coorte di adolescenti (tra il 15° e il 18° anno, a seconda della regione), e una sola regione, la Basilicata, ha avviato il programma invitando contemporaneamente 4 coorti (figura 1). L’estensione della vaccinazione ai maschi ha contribuito ad alimentare questa varietà di strategie. Ad oggi, cinque regioni la offrono gratuitamente ai bambini nel 12° anno; la Regione Friuli Venezia Giulia la offre anche ai maschi omosessuali, indipendentemente dall’età. Inoltre, queste cinque regioni, più altre quattro, la propongono a pagamento, con prezzo agevolato, anche a ragazzi più grandi.2

A livello internazionale, Australia,3 Stati Uniti4 e Canada5 hanno allargato la vaccinazione universale ai maschi. Al momento, in Europa nessun Paese ha fatto questo passo, con l’eccezione dell’Austria, dove la vaccinazione, raccomandata a maschi e femmine dal 2006, è a carico dell’utente.6,7 È ovvio che lo scenario di un servizio sanitario universalistico che offre gratuitamente e attivamente la vaccinazione e quello di un’agenzia governativa che la raccomanda ma non ne copre le spese hanno implicazioni molto diverse.

Sulla base delle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità,8 il Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2012-20149 ha identificato il percorso decisionale per implementare nuove strategie vaccinali sul territorio nazionale. In particolare, ha evidenziato l’importanza di effettuare una disamina tecnico-scientifica di tutti gli aspetti necessari per la fase decisionale, reperendo e valutando tutte le informazioni scientifiche su malattia (epidemiologia e impatto) e vaccino (efficacia e sicurezza), raccogliendo i dati economici e discutendo gli aspetti organizzativi, etici e sociali. Per quanto riguarda l’estensione della vaccinazione contro l’HPV ai maschi, i vantaggi di salute di questo intervento derivano:

  • dal contributo allo sviluppo dell’immunità di gregge, cioè alla diminuzione della circolazione del virus che andrebbe a ridurre il carico di malattia anche delle donne non vaccinate;
  • dalla prevenzione delle lesioni ano-genitali e dei tumori maschili correlati all’HPV (cancro dell’ano, del pene, della testa e del collo).

Mentre conosciamo bene la proporzione di cancri della cervice uterina dovuti ad HPV 16 e 18, dato che risulta abbastanza uniforme nel mondo, non conosciamo altrettanto bene la proporzione di cancri di altre sedi dovuti ad HPV, in particolare dell’area testa-collo, sede per cui sembrano esserci differenze importanti fra aree geografiche e nel tempo.10

 Altro aspetto importante è la sostenibilità dell’intervento in termini di risorse economiche e umane (cioè se possiamo permettercelo) e la sua costo-efficacia (cioè se la strategia scelta è conveniente con un costo per QALY – anno di vita aggiustato per la qualità – guadagnato ragionevole). Le valutazioni economiche disponibili hanno mostrato che la costo efficacia dipende da alcuni fattori, tra cui: • il peso che si decide di dare alla prevenzione dei condilomi e delle lesioni maschili; • la schedula vaccinale; • il prezzo del vaccino; • la copertura.11-14

Molti di questi fattori variano notevolmente tra Paesi e si modificano nel tempo: è stato descritto un aumento dell’incidenza del cancro dell’orofaringe, soprattutto nei Paesi più sviluppati, e in particolare della quota attribuita ad HPV;15-18 è stata approvata la schedula a due dosi, adottata in Italia nel 2014;19 il prezzo del vaccino è diminuito di oltre la metà.14

Rispetto ai primi modelli, dove l’estensione del vaccino ai maschi aveva un costo per QALY fino a dieci volte superiore rispetto alla vaccinazione delle sole donne,20-24 le valutazioni economiche che utilizzano i nuovi parametri di costo del vaccino e di carico di malattia nei maschi stimano un rapporto di costo-efficacia decisamente meno esoso. Una recente valutazione economica condotta in Norvegia12 mostra che, se il vaccino scende sotto i 36 dollari a dose (un prezzo solo di poco inferiore alle migliori aggiudicazioni in Italia), se si considerano i benefici ottenibili con la prevenzione dei cancri e dei condilomi nei maschi e se si include la riduzione dei costi indiretti, l’estensione della vaccinazione ai maschi arriva a un costo per QALY di 30.000 dollari, valore che la renderebbe un intervento costo-efficace anche per l’Italia. Chiaramente i risultati di un modello basato sui costi sanitari norvegesi e che include anche i costi indiretti non possono essere traslati direttamente al nostro Paese ed essere usati per prendere decisioni nell’ambito del Servizio sanitario italiano.

A rendere più difficili queste valutazioni contribuisce il peso della copertura che si raggiunge nelle ragazze e nei ragazzi. Dedicare risorse alla vaccinazione dei maschi potrebbe entrare in competizione con il raggiungimento di alte coperture nelle ragazze, rischiando di vanificare in parte i benefici ottenibili tramite la riduzione della circolazione del virus. Pertanto, vanno considerate anche le capacità organizzative dei servizi vaccinali e le loro risorse umane, essendo determinanti per la copertura vaccinale. In Italia sono disponibili molti degli elementi utili a prendere una decisione sull’estensione della vaccinazione ai maschi, altri sono ancora da acquisire. Tutti questi elementi dovrebbero essere integrati in una valutazione che affronti i molteplici aspetti di questo intervento, un health technology assessment (HTA) da mettere a disposizione dei decisori istituzionali, che potranno così fare le loro considerazioni di opportunità e di priorità basandosi sui valori che sono chiamati a esprimere, ma alla luce delle migliori evidenze disponibili e tenendo conto dell’impatto sulle vaccinazioni già offerte alla popolazione e sull’organizzazione dei servizi vaccinali. Non solo, ci permettiamo di dire che, in questo momento storico, ogni decisione di introdurre nuovi interventi nell’offerta del Servizio sanitario dovrebbe valutare e rendere esplicite anche le ricadute sulle risorse destinate agli altri settori della sanità, dato che il Fondo sanitario nazionale difficilmente potrà crescere.

La condivisione delle evidenze disponibili limiterebbe, inoltre, comportamenti regionali fortemente differenziati. L’attuale variabilità regionale (in termini di offerta vaccinale), oltre a non garantire un equo diritto di accesso dei cittadini alle prestazioni sanitarie, alimenta i dubbi della popolazione (che non capisce perché una vaccinazione sia offerta in una regione e non in un’altra), soprattutto in un quadro storico in cui i movimenti di antivaccinatori trovano sempre maggiore ascolto.

In questa situazione, è indispensabile la presenza di una regia autorevole che stabilisca tempestivamente le priorità su cui lavorare e presenti ai politici le opzioni disponibili, veicolandone le motivazioni con trasparenza e chiarezza. D’altra parte, la comunità scientifica non può pretendere che la politica aspetti passivamente i suoi tempi, soprattutto se l’argomento ha una forte ricaduta sulla popolazione. Come ricercatori e tecnici, avremmo dovuto prevedere con ragionevole anticipo la necessità di una valutazione rigorosa dell’estensione della vaccinazione HPV ai maschi. Sebbene sia difficile e spesso inutile produrre valutazioni senza un mandato, è poco realistico pretendere di riceverne uno con il giusto anticipo se non si sollecita l’opportunità di una valutazione. Pertanto, come comunità scientifica, tecnici del servizio sanitario nazionale, rete dell’HTA delle regioni e agenzie nazionali dedicate (Agenas e AIFA), abbiamo perso un’opportunità per fare ciò che serviva nel momento in cui serviva: mettere in luce la priorità, procurarsi il mandato e produrre un documento evidence-based al servizio delle decisioni. Ora è tardivo lamentarsi, ma forse siamo ancora in tempo per fornire strumenti utili per aggiornare le indicazioni nazionali e agevolare quei decisori regionali che hanno aspettato prima di prendere una decisione così controversa sul piano tecnico.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Bibliografia

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  9. Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n.131, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sul documento recante “Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2012-2014”. Roma, Presidenza del Consiglio dei Ministri. Disponibile all’indirizzo: http://www.statoregioni.it/Documenti/DOC_035260_54%20csr%20punto%204.pdf (Ultimo accesso: 21.07.2015).
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