Tumori rari: ora i dati ci sono, la politica non ha più scuse
In Europa l’inizio del secolo ha visto accrescersi l’interesse medico per le malattie rare. Sono gli straordinari avanzamenti di genetica molecolare, le innovazioni in laboratorio e la sempre più sofisticata diagnostica per immagini a favorire l’individuazione di differenze all’interno di ampi insiemi patologici. E più la scienza medica affina la propria capacità diagnostica, più l’elenco delle malattie si allunga e, tra le nuove entità, quelle la cui occorrenza è decisamente poco frequente sono sempre di più.
Il processo di definizione di queste nuove malattie rivela tutte le difficoltà della medicina nell’affrontare l’evento patologico raro. I piccoli numeri, infatti, sono poco compatibili con una medicina che, per assumere decisioni, si avvale del supporto degli studi clinici controllati e della statistica, prevalentemente frequentista. Di conseguenza, spesso per tali patologie non si hanno informazioni sufficienti per definire protocolli terapeutici, e anche quando questi sono definiti non si dispone di personale sanitario con specifiche competenze. Così, insieme all’avanzamento della capacità diagnostica in ambito medico, si affermano le associazioni dei pazienti e dei loro familiari e le fondazioni scientifico-caritative a sostegno di chi soffre di patologie rare. Mentre l’industria farmaceutica e l’industria della salute individuano queste malattie come un importante terreno di espansione e sviluppo.
Da EUROCHIP a RARECARE
All’inizio degli anni Duemila, EUROCHIP, il progetto dell’Unione europea indirizzato al contrasto delle disuguaglianze tra i Paesi membri nel controllo del cancro, propone un set di variabili per il confronto delle politiche oncologiche,1-3 ma il tema della rarità statistica a quel tempo non è all’ordine del giorno, sebbene gli avanzamenti della genetica e della diagnostica mettano in evidenza una lista sempre più ampia di entità oncologiche che non trovano risposte adeguate nelle indicazioni terapeutiche derivate dalla ricerca medica relativa ai tumori frequenti.
In Italia, la Fondazione IRCSS Istituto nazionale dei tumori (INT) promuove una rete clinica sui tumori rari solidi connessa a esperienze simili in sede europea che si affianca alla rete di oncologia pediatrica, la quale ha nell’età il segno di distinzione, e a quella dei tumori emolinfopoietici, caratterizzata sia dalla rarità sia da una visione naturalmente sistemica della malattia tumorale.
A fronte di queste esperienze, EUROCHIP propone allora in sede europea che vengano finanziati progetti specifici per i tumori rari in considerazione della specificità della patologia oncologica e del grande numero di entità oncologiche rare.4 Nasce RARECARE,5 il progetto europeo sui tumori rari – i cui primi obiettivi sono definire il concetto di rarità, elencarne i tipi, informare sulla loro frequenza – grazie al quale si scopre che il complesso dei casi con un tumore raro rappresenta un insieme decisamente frequente. L’epidemiologia europea si apre così a una nuova area di conoscenza affiancando lo studio dei tumori rari a quelli già prodotti, sistematici per età (adulta, pediatrica, adolescenziale e giovanile, anziana), per apparato o, più raramente, per fattore di rischio. Con la monografia sui tumori rari allegata a questo nu mero di E&P, l’Associazione italiana dei registri tumori (AIRTUM) propone ora in Italia statistiche complete sul fenomeno della rarità in campo oncologico, un’esperienza innovativa anche nel quadro internazionale.6
Il ruolo dei decisori
L’informazione sui tumori rari chiama il decisore, la politica, a occuparsi di un tema importante per la salute delle popolazioni. Ma i decisori in Italia faticano a incontrare l’informazione di salute: paiono poco consapevoli della frequenza dei tumori e delle importanti disuguaglianze che l’accompagnano, delle sue implicazioni in termini sociali ed economici, dei problemi di organizzazione sanitaria che la presenza della malattia pone al Paese.7 Sembra che l’epidemiologia, a differenza di quanto accade altrove, non abbia ancora trovato le parole per essere ascoltata: parole capaci di far tradurre l’informazione in azioni che riducano il rischio, contraggano le disparità, migliorino la vita di chi ha conosciuto la malattia. L’analisi dei dati AIRTUM resi disponibili in passato permette di verificare come la frequenza dell’insieme dei tumori in Italia, benché in presenza di un servizio sanitario nazionale, si associ drammaticamente al prodotto interno lordo, come avviene laddove si confrontano dati tra nazioni. La figura 1 mostra nel quadro A come l’insieme dell’in cidenza per tumori, maggiore al Nord rispetto al Sud, si associ al prodotto interno lordo delle regioni studiate, confermando che il rischio oncologico è connesso alla ricchezza, 3 mentre nel quadro B viene descritto, in termini di mortalità, come le regioni meridionali, più povere e a minor rischio di malattia, abbiano però livelli di mortalità maggiori di quelli delle regioni del centro Italia e non così lontani da quelli delle regioni settentrionali, dove il rischio di ammalarsi è decisamente più alto. Il quadro complessivo che se ne trae è che in Italia sono i livelli di reddito il macrodescrittore dell’epidemiologia dei tumori.
La figura 2 mette in relazione i livelli di incidenza e quelli di prevalenza dei tumori per le regioni italiane per le quali AIRTUM, sulla base dei registri tumori esistenti, rende disponibili i dati. Si nota che per le regioni del Centro-Nord è necessario un maggiore impegno nella direzione di un contenimento dei livelli di rischio di ammalarsi (programmi per ridurre i livelli di incidenza) e per sostenere la vita di chi ha conosciuto la malattia (programmi di riabilitazione per chi ha avuto esperienza della malattia, oltre 3.000.000 di persone in Italia, secondo le stime AIRTUM),8 mentre in quelle meridionali gli sforzi dovrebbero essere rivolti a promuovere l’accesso a migliori percorsi di diagnosi e cura garantendo l’aumento dei livelli di sopravvivenza, ora decisamente inferiori al resto d’Italia.
In questo quadro vanno acquisite le informazioni sull’epidemiologia dei tumori rari. Essi rappresentano circa un quarto dell’insieme dei tumori: degli oltre 350.000 nuovi casi che sopravvengono ogni anno in Italia, circa 90.000 sono inclusi tra i 198 tumori rari (pochi anni or sono essi erano 186: in oncologia è in corso un processo di moltiplicazione delle entità rare).5 Di questi circa 90.000 casi, 7.500 appartengono a 138 entità di cui occorrono in Italia meno di 5 casi per milione di persone l’anno.
La prognosi dei tumori rari è decisamente meno fausta rispetto a quella dei tumori frequenti: 55% contro 68% a 5 anni dalla diagnosi. Le due serie potrebbero essere influenzate dal diverso rischio di decesso insito nella storia naturale delle diverse entità considerate, ma la pressoché costante minore sopravvivenza che compare in ogni osservazione riguardante i tumori rari suggerisce che il maggiore rischio di morte sia associato alla bassa numerosità.
Ci vuole una rete
È in questi numeri che emerge il ruolo del decisore in un’epidemiologia così segnata dalle disparità, come le figure 1 e 2 hanno mostrato. È noto, infatti, che solo la concentrazione delle casistiche in pochi centri specializzati, laddove la numerosità dei casi genera esperienza, è garanzia dell’applicazione delle migliori terapie.9,10 Questa strategia dovrebbe riguardare l’Italia, seguendo un processo già in corso in sede europea: sono previsti a breve bandi per l’istituzione di reti di riferimento europee per le malattie rare, inclusi i tumori, che vedranno nelle reti nazionali operative i soggetti più accreditati per queste nuove funzioni.
Per il Paese si tratta di promuovere un modello di controllo del cancro nell’ambito di sistemi che, oltre alle acuzie, sappiano controllare la cronicità, che veda a livello locale interventi di alta qualità per i tumori più frequenti, evitando la migrazione sanitaria delle persone (così presente in Italia per il richiamo che le regioni più favorite del settentrione hanno nei confronti dei pazienti del Sud) e che preveda la costruzione di una rete nazionale istituzionale per i tumori rari con due obiettivi complementari: da un lato, condividere in rete conoscenza ed esperienza, così che a migrare sia l’informazione piuttosto che le persone; dall’altro, promuovere una migrazione gestita per i casi di vera rarità verso centri opportunamente definiti a livello nazionale ed europeo che sappiano accumulare casistiche capaci di generare esperienza e tempo di vita per chi si ammala a causa di un tumore raro.
Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.
Ringraziamenti: si ringraziano Paolo Baili, Riccardo Capocaccia ed Elisabetta Meneghini per la consulenza.
Bibliografia
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