Editoriali
26/11/2009

Statistiche correnti e azione di salute pubblica: il caso dei tumori infantili

È trascorso un anno dalla pubblicazione del supplemento di E&P dedicato al Rapporto dell’Associazione Italiana dei registri tumori (AIRTUM) sull’incidenza e sopravvivenza dei tumori in età pediatrica e adolescenziale in Italia.1 Due messaggi, convogliati dal Rapporto, riguardano gli indicatori di sopravvivenza e le tendenze temporali dell’incidenza. Ambedue hanno importanti implicazioni scientifiche, sociali e di politica sanitaria.

Le sopravvivenze e il doppio standard nell’accesso alle terapia

L’indicatore tradizionale della misura di successo nella cura dei tumori è la sopravvivenza. In una dimensione di popolazione (come quella dei registri tumori infantili), le statistiche di sopravvivenza informano sulla misura in cui l’organizzazione sanitaria garantisce la fruizione degli efficaci protocolli terapeutici che si sono resi disponibili negli ultimi decenni. Il rapporto AIRTUM è confortante in tal senso: le percentuali di sopravvivenza dei bambini italiani che hanno la sfortuna di venire colpiti da un tumore non hanno nulla da invidiare ai corrispondenti dati rilevati in paesi notoriamente all’avanguardia nell’organizzazione sanitaria, come quelli scandinavi. Attualmente, nell’insieme dei Paesi dell’Unione Europea, l’80% dei bambini colpiti da un cancro sopravvive 5 anni dopo la diagnosi e in nessun Paese tale indicatore è inferiore al 70%: i valori italiani corrispondono alla media europea.2 Inoltre, secondo il Rapporto AIRTUM sono marginali le differenze di sopravvivenza statisticamente significative tra bambini residenti nelle diverse macroaree del nostro paese (in realtà, è da verificare la rappresentatività del 12 % della popolazione pediatrica meridionale incluso nel Rapporto AIRTUM). Nel volume, l’analisi per area di residenza non si accompagna a un’analisi per area di trattamento, che sarebbe utile a fini di pianificazione sanitaria. Semmai, c’è da chiedersi se non sia il caso di mettere in opera indagini di popolazione di maggiore respiro di quelle proprie intese a verificare che effettivamente tutti i bambini che si ammalano di cancro nella nostra popolazione abbiano accesso a protocolli consolidati ed efficaci. Un altro approfondimento che dovrebbe essere catalizzato dal rapporto AIRTUM è la dimensione, nel nostro Paese, della migrazione sanitaria nel settore dell’oncologia pediatrica: un’informazione fondamentale per la pianificazione sanitaria. Queste analisi chiaramente sottintendono un impegno dell’Associazione italiana di ematologia e oncologia pediatrica (AIEOP), la quale peraltro ha partecipato efficientemente alla preparazione del rapporto AIRTUM. È il caso di ricordare che, in una dimensione mondiale, l’accesso alle cure oggi disponibili per guarire i bambini che si ammalano di cancro avviene in un modo ingiusto e iniquo. Intorno all’80% dei 200.000 casi di cancro infantile che si verificano all’anno in tutto il mondo avviene nei paesi più poveri (LIC: low income countries) e questa proporzione è destinata ad aumentare in un prossimo futuro.3 Rispetto ai Paesi europei, sono ben più povere le prospettive di guarigione dei bambini dei paesi LIC. Per esempio, nella maggior parte dei Paesi dell’America Centrale, i superstiti cinque anni dopo la diagnosi di una leucemia infantile sono meno del 60%.4 È in corso un interessante programma di collaborazione tra Italia e Nicaragua, che ha nettamente migliorato le prospettive di guarigione in tale Paese.4 Su un piano internazionale, si pone quindi il problema di quale equilibrio si debba trovare tra due esigenze reali. Una, nei Paesi industrializzati, è quella di affinare ulteriormente gli strumenti terapeutici e di portare le percentuali di guarigione oltre l’80% attuale. 5 L’altra è quella di assicurare ai bambini di tutto il mondo almeno gli stessi standard terapeutici di cui oggi usufruiscono i bambini europei. In tempi di globalizzazione, doppi standard nel diritto alla salute risultano particolarmente inaccettabili.

I cambiamenti del profilo epidemiologico nel tempo

Il rapporto AIRTUM includeva l’analisi delle tendenze temporali dei tassi di incidenza tra 1988 e 2002 nei bambini delle popolazioni italiane che già alla fine degli anni Ottanta erano servite da un registro dei tumori infantili. Inclusi nell’analisi delle tendenze temporali di incidenza sono stati rispettivamente il 54%, il 36% e il 12% dei residenti in età 0-14 nel-l’Italia settentrionale, centrale e meridionale.

I tassi di incidenza

Il dato più eclatante nel rapporto AIRTUM è stato il riconoscimento e la quantificazione di un progressivo aumento, nel tempo, in Italia, del tasso di incidenza dei tumori pediatrici nel loro complesso, e delle principali forme di tumore infantile. Per tutti i tumori, l’aumento annuo è stato del 2,3% nei maschi e dell’1,8% nelle femmine. Per la forma più comune di tumore nell’infanzia, le leucemie linfatiche acute (LLA), l’aumento medio annuo è stato rispettivamente del 2,3% e dell’1,3%. Sono stime robuste dal punto di vita statistico. Queste stime quasi nazionali estendono quelle già rilevate dal più ampio registro regionale nel nostro Paese, quello del Piemonte, fin dalla sua creazione da parte mia, alla fine degli anni Sessanta. Tendenze nello stesso senso sono emerse dai registri tumori di altri Paesi industrializzati. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha gestito un’analisi complessiva dei registri europei, nota come ACCIS, alla quale hanno contribuito i dati italiani, che ha coperto il periodo 1970-99.6 ACCIS ha stimato un aumento complessivo annuo di incidenza dei tumori infantili dell’1%. La tendenza rilevata nel mondo industrializzato non pare esprimere un artefatto. In Italia e nei Paesi occidentali l’attuale diffusione di tecnologie diagnostiche di alto livello è presente da oltre trent’anni. Anche una maggiore esaustività di rilevazione nel corso del tempo è poco probabile: lo studio ACCIS ha escluso i registri tumori che non avevano rispettato in modo uniforme nel tempo i tradizionali indicatori di qualità della registrazione dei tumori (proporzione di casi non corredati di verifica istologica, o documentati dal solo certificato di morte, o per i quali è sconosciuta la base sulla quale è stata posta diagnosi di cancro, o privi di diagnosi di specifico istotipo tumorale). Lo stesso studio ha incluso una serie di analisi di set di dati parziali, che hanno confermato la coerenza dei risultati.7 Un altro indicatore di qualità della registrazione è la plausibilità del rapporto tra incidenza e mortalità, ma questo è poco applicabile alla valutazione della qualità dei registri tumori infantili negli ultimi decenni, in quanto è condizionato dai tempi di introduzione degli efficaci protocolli terapeutici che si sono via via resi disponibili. Nel Rapporto italiano,1 gli indicatori di qualità della registrazione si sono mantenuti costanti nel tempo.

Il picco delle leucemie linfatiche acute

Con il tempo, si è anche modificata un’altra peculiarità epidemiologica: una caratteristica della distribuzione dei tassi di incidenza di LLA specifici per classi di età è il picco in età 23 anni rispetto alle età precedenti e successive. Le prime descrizioni di questo picco (sui dati di mortalità in periodi in cui la stragrande maggioranza dei bambini leucemici moriva) sono state fatte mezzo secolo fa in Gran Bretagna e negli Stati Uniti:8 il picco si era reso via via più evidente nelle generazioni nate dall’inizio del secolo XX in poi, e, inizialmente il fenomeno non aveva toccato le popolazioni di colore. Nel trentennio coperto dallo studio ACCIS,6 in Europa il picco si è reso via via più evidente, e in ciascun periodo il picco è risultato più marcato in Europa occidentale rispetto all’Europa orientale. Il rapporto italiano1 ha mostrato un modesto gradiente Nord-Sud nell’evidenza del picco. Il significato del picco non è chiaro. Una differenza di incidenza così evidente nel giro di pochissimi anni di età suggerisce che vi sia un periodo di vita relativamente breve (perinatale?) di particolare tendenza verso una mutazione cellulare. L’associazione del picco con importanti cambiamenti socioeconomici suggerisce che nel giro di pochi decenni debbano essersi modificate condizioni di suscettibilità individuale (come lo stato immunitario) e/o esposizioni ambientali ad agenti infettivi, chimici, fisici.

Le interpretazioni

Collegare l’aumento dell’incidenza dei tumori infantili con il deterioramento ambientale era nell’ordine logico delle cose. Infatti, la pubblicazione del Rapporto AIRTUM con i dati italiani ha suscitato scalpore nella stampa non specialistica9 e in organizzazioni orientate alla difesa dell’ambiente come la sezione italiana dell’Associazione dei medici per l’ambiente. Il testo del Rapporto AIRTUM è povero di ipotesi interpretative. Le dichiarazioni alla stampa degli autori del Rapporto, immediatamente dopo la sua uscita, furono caute.9 Maggiore preoccupazione è stata invece espressa da parte delle associazioni delle famiglie di bambini colpiti da tumori e da parte degli oncologi pediatri italiani. In verità, questo editoriale è stato stimolato dalla lettera di Giuseppe Masera pubblicata qui a fianco. Nel maggio 2009, il Rapporto venne discusso e commentato tra addetti ai lavori in un seminario satellite della riunione AIRTUM a Siracusa, ma dalla riunione non emerse alcuno statement o commento consensuale da trasmettere alla opinione pubblica. È ben nota, e comprensibile, la tendenza all’understatement degli epidemiologi italiani e la loro cautela nei confronti delle stime prodotte dalle statistiche correnti. Ma, nel caso specifico, debbo dire di essere turbato da questa riservatezza e dalla mancanza (a quanto mi consta) di indicazioni tanto sul futuro della ricerca quanto sull’uso delle stime che si potrebbe farne al presente a fini di prevenzione. Vorrei quindi porre due domande al milieu degli epidemiologi italiani, all’Associazione che li rappresenta (l’AIE) e al-l’AIRTUM.

  • È urgente rendersi conto se la tendenza all’incremento dei tassi è continuata nel tempo o meno (la stessa domanda dovrebbe essere posta nel contesto europeo, ed è un peccato che a quanto mi risulta nulla è stato deciso per una estensione dello studio ACCIS) . Che programmi sono stati elaborati e posti in opera da parte dei registri tumori italiani, per aggiornare tempestivamente le stime delle tendenze temporali dell’incidenza dei tumori infantili in Italia? Anche tenendo conto dei ritardi fisiologici della registrazione dei tumori, a questo punto dovrebbero essere analizzabili i dati di almeno 4-5 anni successivamente al 2002, anno di chiusura del Rapporto AIRTUM. Quando si prevede che i risultati siano resi disponibili?
  • L’AIE, negli ultimi anni – senza rischiare di mettere a repentaglio la purezza del metodo epidemiologico – ha elaborato saggi documenti strategici sugli aspetti operativi riguardanti argomenti di rilevanza ambientale: per esempio, la gestione dei rifiuti e l’inquinamento atmosferico. Intende ora l’AIE esprimersi sulla delicata decisione se le attuali conoscenze sul rapporto tra ambiente e tumori infantili sono o non sono sufficienti per azzardare – a nome degli epidemiologi italiani – qualche raccomandazione di misure di prevenzione primaria? In altre parole, ad avviso dell’AIE, sussistono o non sussistono elementi per prendere una posizione sull’opportunità di trasformare in raccomandazioni di salute pubblica gli indizi di una tendenza all’incremento dei tumori infantili?

Personalmente, ritengo che i termini della questione siano semplici, anche perché molti fattori di rischio “sospettati” sono notoriamente coinvolti nell’eziologia di altra patologia infantile. Mi riferisco in particolare ai gas di scarico veicolare e alla residenza in vicinanza di strade di grande traffico, all’esposizione a campi elettromagnetici a bassa ed alta frequenza, alle esposizioni lavorative e alle abitudini tabagiche parentali, alla gestione dei rifiuti, all’inquinamento con antiparassitari e con composti persistenti dell’ambiente generale, alla vita sedentaria. Se si ragiona in termini di approfondimento dei rapporti causali tra un agente e una malattia, è difficile andare oltre la rituale affermazione che «more research is needed». Ma, con tutti gli indizi ora disponibili sulla multifattorialità del cancro, è proprio il caso di attendere che la ricerca epidemiologica si evolva a produrre studi metodologicamente inappuntabili sul-l’effettivo rischio creato da ciascun fattore per avviare un processo inteso a convincere l’opinione pubblica e le autorità sanitarie della necessità di misure protettive nei confronti dei bambini del secolo XXI?

Bibliografia

  1. Airtum Working Group: Tumori infantili: Incidenza, sopravvivenza, andamenti temporali. Epidemiol Prev 2008; 32(2) suppl 1: 1-172
  2. Gatta G, Zigon G, Capocaccia R, Coebergh JW, Desandes E, Kaatsch P, Pastore G, Peris-Bonet R, Stiller CA; EUROCARE Working Group. Survival of European children and young adults with cancer diagnosed 1995-2002. Eur J Cancer 2009; 45: 992-1005
  3. Masera G. Comunicazione personale.
  4. Valsecchi MG, Tognoni G, Bonilla M, Moreno N, Baez F, Pacheco C, Hernandez AP, Antillon-Klussmann F, Machin S, Cabanas R, Navarrete M, Nieves R, De Lorenzo P, Masera G; Monza's International School of Paediatric Hematology-Oncology. Clinical epidemiology of childhood cancer in Central America and Caribbean countries. Ann Oncol 2004; 15: 680-85
  5. http://www.cpo.it/dationcologici/rti_inc_sop_08/aggiornamentosopravvivenza05.pdf
  6. Steliarova-Foucher E, Stiller C, Kaatsch P, Berrino F, Coebergh JW, Lacour B, Parkin M. Geographical patterns and time trends of cancer incidence and survival among children and adolescents in Europe since the 1970s (the ACCIS project): an epidemiological study. Lancet 2004;364: 2097-2105.
  7. Steliarova-Foucher E, Kaasch P, Lacour B, Pompe Kirn V, Eser S, Mirando A, Danzon A, Ratiu A, Parkin DM. Quality, comparability and methods of analysis of data on childhood cancer in Europe (1978-1997): Report from the Automated Childhood Cancer Information System project. Eur J Cancer 2006; 42; 1915-1951.
  8. Court-Brown WM, Doll R Leukaemia in childhood and young adult life: trends in mortality in relation to aetiology. BMJ 1961; 5231: 981-988.
  9. Fittipaldi E. L’Espresso. 8 dicembre 2008.
Approfondisci su epiprev.it Vai all'articolo su epiprev.it Versione Google AMP