Editoriali
22/09/2021

Sesto Rapporto IPCC: frenare i cambiamenti climatici per salvare il pianeta

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“A code red for humanity”

L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) delle Nazioni Unite ha pubblicato il Sesto rapporto sulle basi fisico-scientifiche dei cambiamenti climatici (Sixth Assessment Report AR6)1 mentre assistiamo a un intensificarsi di effetti devastanti: le inondazioni nel Nord Europa, il caldo estremo in Canada e in Europa, gli incendi in vaste aree del pianeta, tutti segni inequivocabili dei cambiamenti climatici in atto. A quasi trent’anni dal primo, il nuovo rapporto dell’IPCC definisce il riscaldamento del pianeta inequivocabilmente responsabilità dell’attività umana e i cambiamenti climatici in fase di accelerazione e diffusi a tutte le aree del pianeta, lo scioglimento della calotta artica e dei ghiacciai, la perdita di carbonio dal permasfrost, l’aumento del livello del mare e l’acidificazione come ormai irreversibili. Ma la rilevanza del rapporto IPCC non sta tanto nella sintesi aggiornata e basata su modellistiche sempre più sofisticate degli effetti dei cambiamenti climatici, quanto sulle possibili soluzioni che vengono prospettate dagli scienziati, e che dovrebbero fornire le basi di discussione per la prossima conferenza per il clima COP26 di Glasgow, co-organizzata da Regno Unito e Italia, in cui 197 Paesi saranno chiamati a rivedere i propri obiettivi di decarbonizzazione.
Siamo tra le ultime generazioni ancora in grado di compiere azioni (necessariamente drastiche) per limitare gli impatti più gravi del cambiamento climatico. 
L’esperienza della pandemia di COVID-19 dovrebbe servire come esempio: eventi eccezionali richiedono l’adozione di misure eccezionali. Mentre si cerca di sconfiggere la pandemia, le emissioni di carbonio continuano ad aumentare, mettendo a rischio l’opportunità di una transizione verso un futuro sostenibile: i temi climatici, che rappresentano l’altra minaccia altrettanto grave e urgente, devono essere la priorità nell’agenda globale.

Lo stato del clima: conferme e nuove evidenze

Il riscaldamento del pianeta

Le emissioni di gas serra provenienti dalle attività antropiche sono responsabili di un incremento della temperatura di circa 1,1°C rispetto al periodo 1850-1900, con aumenti maggiori sulla terraferma (1,59°C) rispetto all’oceano (0,88°C). Anche le ondate di calore sono diventate più frequenti e più intense. Nei prossimi venti anni, la temperatura globale raggiungerà o supererà 1,5°C di riscaldamento. Il rapporto, che si basa sui più recenti avanzamenti scientifici, mette in evidenza l’accelerazione del riscaldamento e dei conseguenti impatti osservati e futuri. 

Le emissioni di gas a effetto serra

Dal 2011, le concentrazioni di gas a effetto serra (GHG) in atmosfera hanno continuato nel loro trend di crescita, raggiungendo nel 2019 medie annuali di 410 ppm per l’anidride carbonica (CO2), 1,866 ppb per il metano (CH4), e 332 ppb per il protossido di azoto (N2O).

L’innalzamento del livello del mare

Il riscaldamento del pianeta ha causato l’aumento del livello medio del mare, attraverso la perdita di ghiaccio terrestre e l’espansione termica dovuta al riscaldamento degli oceani. Il livello medio del mare globale è aumentato di 0,20 m tra il 1901 e il 2018, con un tasso medio di innalzamento di 1,3 mm/anno, in accelerazione, con un tasso di 3,7 mm/anno negli anni più recenti (2006-2018).
Lo scioglimento dei ghiacciai
Nel periodo 2011-2020, la media annuale dell’area di ghiaccio marino artico ha raggiunto il livello più basso dal 1850. Nel periodo tardo estivo è stata inferiore a qualsiasi altro periodo degli ultimi 1.000 anni. 

Precipitazioni e cicloni tropicali

Le precipitazioni globali medie sulla terraferma sono aumentate dal 1950, e più rapidamente a partire dagli anni Ottanta. La percentuale di forti cicloni tropicali (categoria 3-5) è aumentata negli ultimi quattro decenni e la latitudine in cui i cicloni tropicali raggiungono il picco di intensità si sta spostando verso Nord.

Gli scenari dei driver antropici

Gli Shared Socioeconomic Pathways (SSP) vengono considerati cinque nuovi scenari di sviluppo futuro dei driver antropici SSP, per stimare le proiezioni dei modelli climatici tenendo conto dell’attività solare e vulcanica. I modelli stimano che la temperatura globale aumenterà almeno fino alla metà di questo secolo, considerando tutti gli scenari di emissioni. Nello scenario di emissioni di GHG molto basso (SSP1-1,9), la temperatura globale media di fine secolo sarà compresa tra +1,0°C e +1,8°C rispetto al periodo 1850-1900, mentre nello scenario peggiore di emissioni molto alto (SSP5-8,5) l’innalzamento sarà tra +3,3°C e +5,7°C. Negli scenari con elevate emissioni di CO2 (SSP3-7,0 e SSP5-8,5), si prevede che la capacità di assorbimento del carbonio da parte degli oceani e degli ecosistemi terrestri diventerà meno efficace nel rallentare il tasso di crescita della CO2 atmosferica.

I cambiamenti climatici attesi negli scenari peggiori

Con un riscaldamento globale di +2°C, le ondate di calore raggiungeranno più spesso soglie di tolleranza critiche per l’agricoltura e la salute. Si intensificheranno gli eventi di forte precipitazione su scala globale (+7% per ogni 1°C di riscaldamento globale), mentre in altre aree aumenterà la siccità. Continuerà lo scioglimento del permafrost, la perdita della copertura nevosa stagionale, del ghiaccio terrestre e del ghiaccio marino artico. È probabile che l’Artico sarà privo di ghiaccio a fine estate almeno una volta prima del 2050, con fenomeni più frequenti considerando gli scenari di emissioni più alti.

Il contributo dell’epidemiologia

Negli ultimi venti anni, l’epidemiologia ha fatto la sua parte, producendo evidenze degli effetti diretti e indiretti dei cambiamenti climatici sulla salute. Una recente overview di revisioni sistematiche1 ha elaborato una sintesi delle evidenze prodotte fino a oggi. La maggior parte degli studi riguarda gli effetti della temperatura e dell’umidità nei Paesi sviluppati, associati all’incremento della mortalità e dell’accesso ai servizi sanitari. Le evidenze più consistenti riguardano esiti respiratori, cardiovascolari, neurologici, l’incremento di diabete e di malattie renali; sono stati messi in luce effetti consistenti sulla salute mentale (in termini di incremento dell’ospedalizzazione, dei suicidi, dell’esacerbazione di condizioni mentali preesistenti). Inoltre, iniziano a essere ben documentati gli esiti avversi della gravidanza (nascite pretermine e basso peso alla nascita), oltre a quelli in ambito occupazionale. Un minor numero di studi documenta gli effetti di altri eventi meteorologici estremi (per esempio, piogge intense, esondazioni, incendi) associati a un aumento degli infortuni, dell’esacerbazione di malattie croniche, dei disturbi mentali, oltre a danni alle infrastrutture con ripercussioni sul sistema sanitario con effetti indiretti sulla salute.2 I cambiamenti climatici hanno effetti sulla distribuzione geografica dei vettori di malattia, zanzare e zecche, in grado di influenzare i pattern di diverse malattie infettive (come malaria, malattia di Lyme, dengue eccetera), mentre i cambiamenti delle precipitazioni e le inondazioni possono influenzare la disponibilità e la qualità dell’acqua e la diffusione di malattie correlate (per esempio, colera) soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.3 
L’epidemiologia può supportare la decisione sulle azioni di mitigazione da intraprendere producendo evidenze in termini di co-benefici di salute: per esempio, politiche per contrastare il traffico veicolare, potenziando il trasporto attivo, hanno come effetto quello di ridurre le emissioni di gas serra, ridurre gli effetti sulla salute associati all’inquinamento atmosferico, oltre al contenimento delle malattie croniche associato al miglioramento degli stili di vita, come l’aumento dell’attività fisica.4
Il contributo dell’epidemiologia continuerà a essere fondamentale per documentare l’impatto sulla salute dei cambiamenti climatici e le variazioni geografiche e temporali degli effetti osservati con un focus sulle fasce di popolazione più vulnerabili dei Paesi industrializzati e sulle popolazioni dei Paesi più poveri, con minori capacità adattative, dove senza interventi di mitigazione tra il 2030 e il 2050 è atteso un incremento di oltre 250.000 decessi all’anno per malnutrizione, malaria, diarrea, ondate di calore.5

COP26: l’anno della svolta?

Grazie al miglioramento dei modelli previsionali delle proiezioni climatiche, gli esperti sono in grado di definire la riduzione delle emissioni necessaria per contenere l’incremento della temperatura entro 1,5°C dall’era preindustriale (incremento che senza interventi sarà raggiunto nei prossimi venti anni). Stabilizzare il clima richiede la rapida riduzione delle emissioni di gas serra, portando a zero le emissioni di CO2 e limitando le emissioni degli altri inquinanti, soprattutto metano. 
L’Unione europea ha elaborato un piano e definito misure per raggiungere l’obiettivo di riduzione delle emissioni almeno del 55% entro il 2030, con l’obiettivo di diventare entro il 2050 il primo continente a impatto zero (Green Deal europeo). COP26 segnerà anche il rientro degli Stati Uniti nell’Accordo di Parigi sul clima del 2015. Anche cattive notizie, come sottolinea Patricia Espinosa, responsabile delle Nazioni Unite per il clima: alla partenza del COP26, solo il 58% dei Paesi ha presentato i nuovi obiettivi. Tra quelli che mancano all’appello, Cina e l’India, rispettivamente il primo e il terzo tra i Paesi responsabili della maggiore quota di emissioni nel mondo.6 Il successo del COP26 dipenderà anche dagli aiuti ai Paesi poveri da parte di quelli industrializzati per ridurre le loro emissioni e adattarsi ai cambiamenti climatici. Secondo gli ultimi dati dell’OCSE, tali aiuti sono ancora insufficienti e si stima che i costi annui aumenteranno nel tempo.
Gli esperti non hanno più dubbi, adesso tocca alla politica.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Bibliografia

  1. IPCC. Summary for Policymakers. In: Climate Change 2021: The Physical Science Basis. Contribution of Working Group I to the Sixth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change Cambridge University Press. In Press. Disponibile all’indirizzo: https://www.ipcc.ch/report/ar6/wg1/downloads/report/IPCC_AR6_WGI_Full_Report.pdf
  2. Rocque RJ, Beaudoin C, Ndjaboue R et al. Health effects of climate change: an overview of systematic reviews. BMJ Open 2021;11(6):e046333.
  3. Rocklöv J, Dubrow R. Climate change: an enduring challenge for vector-borne disease prevention and control. Nat Immunol 2020;21(5):479-83.
  4. Jennings N, Fecht D, De Matteis S. Mapping the co-benefits of climate change action to issues of public concern in the UK: a narrative review. Lancet Planet Health 2020;4(9):e424-33.
  5. World Health Organization. Climate change and health (01.02.2018). Disponibile all’indirizzo: https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/climate-change-and-health
  6. Data del Carbon Dioxide Information Analysis Center. Disponibile all’indirizzo: https://cdiac.ess-dive.lbl.gov/
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