Editoriali
26/11/2019

Perché non condividiamo le rassicuranti conclusioni del rapporto dell’Istituto superiore di sanità su radiofrequenze e tumori

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Introduzione

Quasi contestualmente all’avvio in Italia della quinta generazione delle infrastrutture per la telefonia cellulare (5G), l’Istituto superiore di sanità ha prodotto una «sintesi delle evidenze scientifiche sull’esposizione a radiofrequenze… e sugli effetti più temuti, i tumori».1
A nostro avviso, questa sintesi è non propositiva e parziale nel valutare le possibili ricadute sanitarie (sottovaluta quelle oncologiche e ignora quelle non oncologiche).2
Il Rapporto, pur segnalando «un certo grado d’incertezza riguardo alle conseguenze di un uso molto intenso ... [agli] effetti a lungo termine dell’uso del cellulare ... [a] un’eventuale maggiore vulnerabilità ... durante l’infanzia» e auspicando «approfondimenti scientifici» per chiarire «quesiti irrisolti», non si esprime sull’opportunità di utilizzare evidenze disponibili, incertezze, prudenza e buon senso per privilegiare la salute pubblica.
Le parole precauzione, cautela e responsabilità non compaiono nelle conclusioni.
Nella discutibile logica della separazione dei ruoli, i redattori del Rapporto non suggeriscono ai gestori della salute pubblica alcuna nuova proposta per controllare i rischi che tenga conto dell’entità dell’esposizione, neppure di fronte alla constatazione che «gli studi finora effettuati non hanno potuto analizzare gli effetti dell’uso a lungo termine del cellullare iniziato da bambini».
Questo preoccupa noi e ha preoccupato gli oltre 7.000 sottoscrittori di un appello che proponeva il ritiro del rapporto.3

I limiti della normativa e dei sistemi di monitoraggio

Gli attuali standard normativi (ICNIRP),4 considerati adeguati dal Rapporto, si basano sui soli effetti termici e acuti da esposizione a radiofrequenze, escludendo quelli biologici, quelli cronici e meccanismi fisiopatologici come l’induzione di stress ossidativo, possibili anche per esposizioni uguali o inferiori ai limiti tollerati.2,5
Il Rapporto ignora anche la recente segnalazione dell’inefficacia dei limiti ICNIRP nell’evitare pericolosi effetti termici da parte delle onde millimetriche previste per il 5G.6 Oltre ad aumentare la temperatura cutanea, tali onde possono stimolare la proliferazione cellulare, alterare funzioni cellulari ed espressione genica, indurre aneuploidia e alterazioni cromosomiche predisponenti alla cancerogenesi.2,7
In modo contraddittorio, il Rapporto conferma la validità degli standard ICNIRP in attesa di nuove ricerche, ma giudica anche la normativa vigente inadeguata per la rete 5G. Afferma, infatti, che «in base alle caratteristiche previste per i sistemi radianti utilizzati, al fine di valutare correttamente l’esposizione, occorrerà ... considerare non solo i valori medi di campo elettromagnetico, ma anche i valori massimi raggiunti per brevi periodi di esposizione. Tale aspetto richiederà un adeguamento della normativa nazionale». Inoltre, ci saranno un «incremento notevole del numero di impianti installati sul territorio», «scenari di esposizione molto complessi» e «al momento non è possibile formulare una previsione sui livelli di campo elettromagnetico ambientale dovuti allo sviluppo delle reti 5G».
Le evidenze e le incertezze descritte avrebbero dovuto imporre un approfondimento scientifico preliminare all’impiego su larga scala di queste bande di frequenza e la disponibilità di adeguati strumenti normativi e di monitoraggio preliminare all’implementazione dell’infrastruttura 5G, che invece procede speditamente e in modo prematuro.8

Il rischio di cancro

Le conclusioni delle analisi e metanalisi effettuate ad hoc per il Rapporto ci sembrano slegate dai dati prodotti. Sul rischio di glioma in funzione del numero cumulativo di ore di uso del cellulare si afferma che «quattro studi su sette riportano incrementi di rischio nella categoria di esposizione più elevata, ma le categorie sono disomogenee e le relazioni esposizione-risposta […] non sono coerenti tra loro». I risultati esposti nella figura 21, tuttavia, sembrano coerenti con la durata di esposizione: la categoria di esposizione massima nei tre studi “negativi” è inferiore a quella degli studi “positivi”. In questi, l’uso cumulativo massimo del cellulare è dell’ordine di 2-3mila ore (quello effettuato in 5 anni da chi usa il cellulare due ore ogni giorno lavorativo: certamente superabile). Dato il possibile recall bias, il Rapporto ritiene più informativa la metanalisi per durata di esposizione. Questa «non rileva incrementi di incidenza in relazione all’uso prolungato (<10 e 10+ anni)». Ma, anche qui, è utile ricorrere ai dati (figura 22): le stime metanalitiche e le analisi di sensibilità sono coerenti nel mostrare un aumento del rischio del 10-26% per chi è stato esposto oltre 10 anni. È vero che nessun intervallo di confidenza al 95% esclude l’unità, ma gli intervalli di confidenza dovrebbero essere interpretati come indicatori dell’entità dell’effetto e del grado di precisione, senza dare troppo peso alla collocazione dei limiti.9
Altre metanalisi10-12 segnalano un aumentato rischio di glioma cerebrale omolaterale dopo utilizzo di cellulare per almeno 10 anni. Tuttavia, giustificandosi con la stabilità dei risultati delle analisi di sensibilità delle proprie metanalisi (quelle del rischio aumentato del 10%-26%), gli Autori del Rapporto ritengono le metanalisi altrui inattendibili a causa di «identificazione incompleta degli studi rilevanti e bias di aggregazione delle indagini».
Incidentalmente, l’ipotesi di una specificità di effetto omolaterale dell’uso del cellulare non viene saggiata nella nuova metanalisi descritta nel Rapporto ISTISAN.
Sempre secondo il Rapporto, un aumento di rischio sarebbe incoerente con l’andamento temporale dei tassi di incidenza forniti dalle statistiche correnti. Tale valutazione non è in linea con numerose evidenze.2,13 Inoltre, c’è da chiedersi quanto sensibili siano i registri tumori nel riconoscere gli effetti di un nuovo cancerogeno ambientale nei primissimi decenni dopo la sua immissione nel mercato.

Evidenze seprimentali di cancerogenicità

Sembra ottimista la conclusione che «nell’insieme gli studi sperimentali su animali non mostrano evidenza di effetti cancerogeni dell’esposizione a RF né effetti di promozione della cancerogenesi dovuta ad altri agenti chimici o fisici».
Infatti, il Rapporto, pur prendendo atto dei più recenti esperimenti di cancerogenesi,14-17 tutti di buona qualità, prende le distanze dai loro risultati in quanto «non ancora valutati da panel internazionali» e, per gli studi del National Toxicology Program (NTP), disponibili «in versione ancora non sottoposta a peer-review». In realtà, gli esperimenti NTP sono stati sottoposti a peer-review da esperti di effetti delle radiofrequenze e cancerogenesi sperimentale, che hanno concluso per una «chiara evidenza di cancerogenesi» per gli schwannomi cardiaci nei ratti maschi e per «qualche evidenza» di cancerogenesi per il glioma cerebrale.
I risultati NTP, inoltre, sono coerenti con quelli dell’Istituto Ramazzini,16 dimostrando che l’effetto citoproliferativo delle radiofrequenze sulle cellule di Schwann (di origine ectodermica, come tutte le cellule nervose) è riproducibile.
Peraltro, il complesso dei risultati dei precedenti esperimenti a lungo termine citati nel Rapporto non può essere considerato del tutto “negativo” in termini di cancerogenesi.

Conclusioni

Il Rapporto ISTISAN non valuta in modo completo i rischi sanitari da esposizione a radiofrequenze.
Nonostante esso segnali dubbi, carenze di informazioni, limiti normativi e possibile maggiore vulnerabilità di alcune fasce della popolazione, non elabora questi elementi in proposte di cautela e assunzione di misure di prevenzione primaria. Nel frattempo, l’infrastruttura 5G ha già interessato in via sperimentale circa 4 milioni di italiani ed è in fase di avanzata implementazione e commercializzazione su tutto il territorio nazionale.
Le conclusioni rassicuranti del rapporto sottovalutano evidenze di un verosimile rischio di cancerogenicità, sia epidemiologiche (anche emergenti dalla nuova metanalisi presentata nel Rapporto) sia sperimentali.
Di fronte all’incertezza scientifica, la strategia del Rapporto sembra essere basata sul criterio “nel dubbio astieniti”, contrario alla massima di segno opposto (“nel dubbio, se fondato, agisci”), alla base del principio di precauzione.
Infine, su un argomento che tocca ampie fasce della popolazione, è da deplorare che non sia previsto alcun ruolo sociale per soggetti diversi da gestori e governi.

Conflitti di interessi dichiarati: nessuno.

Bibliografia

  1. Lagorio S, Anglesio L, d’Amore G, Marino C, Scarfì MR. Radiazioni a radiofrequenze e tumori: sintesi delle evidenze scientifiche. Roma, Istituto Superiore di Sanità, 2019.
  2. Di Ciaula A. Towards 5G communication systems: Are there health implications? Int G Hyg Environ Health 2018;221(3):367-75.
  3. Di Ciaula A, Terracini B. Il Rapporto ISS su radiofrequenze e cancro è inadeguato a tutelare la salute pubblica. 2019. Disponibile all’indirizzo https://http://www.change.org/p/ministero-della-sanit%C3%A0-il-rapporto-iss-su-radiofrequenze-e-cancro-%C3%A8-inadeguato-a-tutelare-la-salute-pubblica?signed=true 2019). (ultimo accesso: 29.09.2019)
  4. ICNIRP. Guidelines for limiting exposure to time-varying electric, magnetic, and electromagnetic fields (up to 300 GHz). International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection. Health Phys 1998;74(4):494-522.
  5. Yakymenko I, Tsybulin O, Sidorik E, Henshel D, Kyrylenko O, Kyrylenko S. Oxidative mechanisms of biological activity of low-intensity radiofrequency radiation. Electromagn Biol Med 2016;35(2):186-202.
  6. Neufeld E, Kuster N. Systematic Derivation of Safety Limits for Time-Varying 5G Radiofrequency Exposure Based on Analytical Models and Thermal Dose. Health physics 2018. doi: 10.1097/HP.0000000000000930. [Epub ahead of print]
  7. Franchini V, Regalbuto E, De Amicis A et al. Genotoxic Effects in Human Fibroblasts Exposed to Microwave Radiation. Health Phys 2018;115(1):126-39.
  8. AGCOM. Delibera N. 231/18/CONS. Procedure per l’assegnazione e regole per l’utilizzo delle frequenze disponibili nelle bande 694-790MHz, 3600-3800 MHz e 26.5-27.5GHz per sistemi terrestri di comunicazioni elettroniche al fine di favorire la transizione verso la tecnologia 5G, ai sensi della legge 27 Dicembre 2017, n. 205.: Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), 2018.
  9. Rothman KJ. Six persistent research misconceptions. J Int Med 2014;29(7):1060-64.
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  13. Di Ciaula A. Esposizione a radiofrequenze e cancro: considerazioni sul rapporto ISTISAN 19/11. In: International Society of Doctors for Environment (ISDE), Arezzo, 2019. Disponibile all’indirizzo: https://www.isde.it/wp-content/uploads/2019/08/commenti-su-ISTISAN-ISDE-2.pdf (ultimo accesso: 29.09.2019).
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  16. Falcioni L, Bua L, Tibaldi E et al. Report of final results regarding brain and heart tumors in Sprague-Dawley rats exposed from prenatal life until natural death to mobile phone radiofrequency field representative of a 1.8GHz GSM base station environmental emission. Environ Res 2018;165:496-503.
  17. Lerchl A, Klose M, Grote K et al. Tumor promotion by exposure to radiofrequency electromagnetic fields below exposure limits for humans. Biochem Biophys Res Commun 2015;459(4):585-90.
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