Passi avanti verso una corretta politica di gestione dei rifiuti in Italia
Tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014 si sono conclusi due progetti del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) finanziati dal Ministero della salute che hanno trattato il tema del rapporto tra smaltimento dei rifiuti e salute. I risultati sono stati presentati nel workshop tenutosi il 6 febbraio 2014 presso il Ministero.1
Il progetto Salute e Rifiuti: ricerca, sanità pubblica, comunicazione, coordinato dall’Istituto superiore di sanità (ISS), si è focalizzato sui siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi (vedi scheda a p. 303-304), mentre il progetto Sorveglianza epidemiologica sullo stato di salute della popolazione residente intorno agli impianti di trattamento rifiuti (SESPIR), coordinato dalla Regione Emilia-Romagna, ha studiato il rapporto tra salute e presenza di impianti di trattamento a norma.
L’incertezza sugli effetti sanitari, la crescita della produzione di rifiuti (anche se attualmente il trend è invertito per effetto della crisi economica) la sindrome NIMBY (not in my backyard) e i forti interessi economici legati allo smaltimento determinano grande attenzione e intenso dibattito tra le popolazioni interessate dalla presenza di impianti di trattamento legale dei rifiuti solidi urbani (RSU).
Le rassegne di letteratura sugli effetti dell’inquinamento provocato da impianti di smaltimento non giungono a conclusioni definitive.2,3
Gli studi sugli effetti avversi delle esposizioni ad alti livelli di inquinamento provocato da impianti di smaltimento rifiuti di vecchia generazione hanno messo in luce un potenziale rischio cancerogeno.4,5 L’insieme degli studi effettuati in prossimità dell’impianto di Besançon in Francia,6 riguardanti esposizioni ambientali risalenti agli anni Ottanta, suggeriscono un rapporto causale dell’associazione tra esposizione a diossine ed effetti cancerogeni. Gli studi più recenti, a fronte di segnali di eccesso di alcune forme tumorali in residenti in prossimità di siti di rifiuti urbani e pericolosi,7,8 non mostrano aumenti di rischio per patologie tumorali nei residenti esposti a impianti di smaltimento rifiuti di nuova generazione.9,10 Anche il progetto Moniter (indagine multisito effettuata in Emilia-Romagna) non ha rilevato associazioni coerenti fra esposizioni ed esiti tumorali nelle coorti indagate.11 Tale progetto ha, peraltro, evidenziato una relazione tra esiti avversi della gravidanza ed esposizione a inceneritori,12 che apre un dibattito interessante sugli esiti riproduttivi in epidemiologia ambientale, già riportato anche da altri studi su siti industriali. Gli esiti di gravidanza sono importanti perché influenzeranno lo stato di salute futura del nascituro, con relative questioni di equità e giustizia intergenerazionale.
Per quanto riguarda la relazione fra esiti respiratori ed esposizione a discariche e inceneritori, il progetto Epidemiologia, rifiuti ambiente e salute (ERAS) Lazio mostra un aumento del ricorso alle cure ospedaliere della popolazione residente per entrambe le tipologie di impianti.13
Attualmente l’interesse si sta spostando verso sintomi non specifici, quali disturbi e malesseri dovuti all’annoyance,14-16 con risultati che sottolineano l’associazione tra tali disturbi e residenza nei pressi di impianti per il trattamento degli RSU.
Come già emerso dalle revisioni di letteratura, da un precedente editoriale comparso su questa rivista17 e dal position paper dell’AIE,18 l’evoluzione tecnologica degli impianti ha reso l’impatto su ambiente e salute sempre più residuale. L’utilizzo delle cosiddette BAT (Best Available Technologies) ha, infatti, portato a un deciso miglioramento sia nella quantità di inquinanti sia nell’abbattimento delle parti più tossiche dei gas emessi dagli impianti costruiti dopo il 2000, con una riduzione delle concentrazioni anche di tre ordini di grandezza rispetto alla situazione precedente al 1990, e un conseguente non riscontro di effetti cancerogeni sulla popolazione residente. Rimangono indicazioni su altre patologie, quali i disturbi cardiorespiratori, che meritano approfondimenti conoscitivi e un monitoraggio costante delle popolazioni interessate.
La Direttiva europea sui rifiuti (2008/98/CE)19 propone una gerarchia di priorità nelle scelte delle modalità di smaltimento. Fissa target specifici per la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di materia di dati flussi di rifiuti. Invita, prima di tutto, alla prevenzione della produzione dei rifiuti, suggerisce di aumentare la raccolta differenziata, diminuendo così la necessità del conferimento in discarica. Gli obiettivi sono:
- riduzione del 10% del volume totale di rifiuti prodotti;
- raccolta differenziata spinta fino al 70%;
- eliminazione del conferimento in discarica del cosiddetto “tal quale”.
In Italia nel 2013 la produzione nazionale di rifiuti urbani si attesta a circa 29,6 milioni di tonnellate, pari a 487 kg pro capite per anno, con un calo (causato verosimilmente dalla crisi economica) dal 2010 pari all’8,9%, che riporta il dato al valore del 2001.20
La percentuale di raccolta differenziata si attesta al 42,3% (54,4% al Nord, 36,3% al Centro e 28,9% nelle regioni meridionali). Lo smaltimento in discarica interessa il 37% degli RSU prodotti (pari a 10,9 milioni di tonnellate), mentre è incenerito il 18,2% dei rifiuti urbani prodotti.
Laddove esiste a livello regionale un ciclo integrato dei rifiuti basato su un parco impiantistico sviluppato, l’utilizzo della discarica viene ridotto significativamente. Per esempio, in Lombardia lo smaltimento in discarica è ridotto al 6% del totale di rifiuti prodotti. Vi sono regioni in cui il quadro impiantistico è ancora del tutto inadeguato: in Sicilia, per esempio, i rifiuti urbani smaltiti in discarica rappresentano il 93% del totale dei rifiuti prodotti.
Una relazione della Commissione europea21 sulla gestione dei rifiuti urbani negli Stati membri evidenzia l’esistenza di profonde differenze nella UE. I 27 Stati membri vengono classificati in base a 18 criteri (quali il totale dei rifiuti riciclati, le tariffe dello smaltimento dei rifiuti, le violazioni della normativa europea) che fanno ricadere l’Italia tra gli Stati che presentano i maggiori deficit di attuazione con carenze che vanno da politiche deboli o inesistenti di prevenzione dei rifiuti, assenza di incentivi alle alternative al conferimento in discarica, alla inadeguatezza delle infrastrutture per il trattamento dei rifiuti.
La Commissione prospetta un impiego dei fondi strutturali dell’UE 2014-2020 in progetti di gestione dei rifiuti che soddisfino talune condizioni, fra cui la predisposizione di piani nel rispetto della Direttiva quadro sui rifiuti e della gerarchia dei rifiuti, privilegiando la prevenzione, il riutilizzo e il riciclaggio rispetto all’incenerimento con recupero di energia, ricorrendo solo in ultima istanza al conferimento in discarica o all’incenerimento senza recupero di energia.
Alla luce di queste conoscenze, il progetto SESPIR ha sviluppato una metodologia per la valutazione degli impatti sulla salute delle politiche di gestione dei rifiuti solidi urbani. È uno metodo operativo che mira a fornire ai decisori uno strumento quantitativo per leggere le possibili conseguenze sulla salute delle diverse scelte di gestione rifiuti.
Questo numero della rivista presenta due articoli sul progetto SESPIR. L’articolo di Parmagnani et al. (pp. 305-312) riporta in dettaglio la metodologia utilizzata nelle valutazioni di impatto; quello di Ranzi et al. (pp. 313-322) illustra i risultati delle stime, discutendone assunzioni, limiti e prospettive di utilizzo. Vengono analizzati e confrontati uno scenario di partenza datato 2008-2009 e due scenari in cui modifiche nelle politiche regionali di gestione dei rifiuti comportano cambiamenti nelle tipologie e quantità di impianti presenti sul territorio.
Le analisi prodotte, pur coi limiti evidenziati, trasmettono messaggi importanti.
L’impatto di questi impianti esiste, è misurabile, riguarda meno del 5% della popolazione italiana ed è riferibile prevalentemente a patologie non gravi. L’Italia si sta muovendo, seppur a velocità differenti nelle diverse regioni, verso la direzione corretta della politica di gestione dei rifiuti. Per raggiungere gli standard richiesti dall’UE rimane, tuttavia, ancora un discreto cammino da compiere.
Conflitti d’interesse dichiarati: nessuno.
Bibliografia
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