Editoriali
17/05/2024

L’importanza del dettaglio nella valutazione dei programmi di screening

In questo numero di Epidemiologia&Prevenzione sono pubblicati diversi contributi sugli screening organizzati. Un articolo originale di Russo et al.1 analizza i fattori connessi con le differenze di accesso agli screening organizzati del carcinoma del colon retto e della mammella in Lombardia, mentre l’articolo di Girardi et al.,2 sullo stesso tema, ma limitato geograficamente alla provincia di Pavia, prende in considerazione anche lo screening del carcinoma della cervice uterina e valuta le differenze tra periodo pre-pandemico e pandemico. Sono entrambi di rilevante interesse, specie per le considerazioni specifiche sul tema trattato, utili per migliorare gli interventi. Segue un intervento di Chiereghin et al.3 che illustra le modifiche messe in atto nella AUSL di Bologna proprio per incrementare gli accessi ai tre screening organizzati, riguardanti sia la riorganizzazione interna sia le modalità di informazione e di sollecito per i non rispondenti.  Ricordo, inoltre, ai lettori la monografia pubblicata su questa rivista nel 20194 che analizzava, tra l’altro, i fattori in grado di determinare l’adesione a un programma di screening, alcuni dei quali anticipavano quelli descritti dai due studi qui presentati. Il confronto dei risultati degli studi sul campo con un modello concettuale di riferimento è sempre utile, come reciproca conferma e possibile arricchimento.
Qui vorrei sottolineare alcuni aspetti implicitamente suggeriti dai contributi sopra citati, che offrono l’occasione per considerazioni generali su specifici temi relativi al funzionamento del Servizio Sanitario Nazionale o sull’organizzazione delle strutture di epidemiologia, tema, quest’ultimo, di cui si è molto discusso in un documento pubblicato su E&P nel 2022.5 Cominciamo da questo aspetto perché il modello organizzativo adottato nell’articolato lavoro sull’accesso agli screening in Lombardia indica una strada, forse l’unica percorribile in altre realtà, per una valutazione epidemiologica di aspetti rilevanti dell’organizzazione e degli esiti di settori specifici dei Sistemi Sanitari Regionali:

  • coordinamento centrale a livello regionale,
  • protocollo di ricerca condiviso e seguito in tutte le realtà locali,
  • effettuazione dell’analisi a livello locale,
  • analisi centrale con una metanalisi dei risultati locali.

Quest’ultimo passaggio, la metanalisi dei risultati locali, è un’intelligente modalità di analisi generale che evita di accedere ai dati individuali, operazione resa impossibile dalla stringente normativa sulla tutela dei dati personali. Il quadro che emerge illustra le caratteristiche di fondo dei programmi di screening locali e fornisce dati e osservazioni su cui si deve basare la programmazione regionale. A livello locale (articolo di Girardi et al.) si allarga lo sguardo anche ad altri aspetti e si approfondisce il dettaglio, per esplorare la situazione dei singoli Distretti o di specifici gruppi di popolazione ed evidenziarne le caratteristiche utili a formulare domande sempre più precise: perché le persone residenti in montagna partecipano meno? Perché la popolazione straniera accede allo screening del carcinoma della cervice con frequenza simile a quella italiana, ma lo stesso non accade per i carcinomi mammario e colorettale? La risposta a queste domande può individuare gli interventi concreti più efficaci. Infatti, i fattori che influenzano la partecipazione sono spesso specifici del contesto, come già Laura Camilloni et al. rilevavano in una revisione sistematica sul tema,6 e devono perciò essere affrontati nello specifico dettaglio.
Tre temi che rimandano a considerazioni più generali, trattati soprattutto nell’articolo di Russo et al., mi paiono rilevanti:

  • il ruolo dei medici di medicina generale (MMG) nell’indicare percorsi di prevenzione virtuosi;
  • la sottopartecipazione agli screening della popolazione straniera, con qualche eccezione;
  • infine, la situazione di Milano, che poco aderisce agli screening organizzati, ma molto a quelli spontanei.

Più in dettaglio: il ruolo rilevante dei MMG nell’orientare i pazienti all’adesione agli screening è noto4,6 (si veda anche la bella intervista alla Direttrice dell’Osservatorio nazionale screening alle pp. 111-112 di questo numero di E&P), e nello studio di Russo è evidenziato in modo indiretto: i pazienti con alcune comorbidità, verosimilmente in cura presso il proprio MMG, aderiscono maggiormente agli screening. è proprio la modalità indiretta della valutazione dell’operato dei MMG che fa sorgere la riflessione su quanto poco sappiamo del loro lavoro in termini epidemiologici: quali sono gli interventi efficaci, quanto funziona l’opera di filtro intelligente vs quella meramente prescrittiva, esiste una connessione tra modalità organizzative della medicina di territorio ed efficacia degli interventi erogati? Sono alcune questioni, non necessariamente le principali, a cui l’epidemiologia potrebbe fornire risposte. Le recenti esperienze di audit, di cui è stata pubblicata documentazione su E&P a cura di Nardi et al.,7 testimoniano l’attenzione di alcune amministrazioni per questo anello di base della sanità pubblica. Dagli audit, tra l’altro, potrebbero originare spunti di ricerche sul campo tese al miglioramento delle prestazioni erogate, con la partecipazione attiva dei diretti interessati. 
La partecipazione agli screening della popolazione straniera, inferiore in generale a quella italiana, con l’eccezione del carcinoma della cervice che, come sopra menzionato, a Pavia ha visto una buona partecipazione delle donne straniere, è un fatto noto, ben indagato anche in Italia.8 Tuttavia, per un approccio concreto, occorre scendere nel dettaglio. Così come nel dettaglio occorre analizzare qualsiasi differenza nelle condizioni di salute degli immigrati rispetto alla popolazione locale: quali etnie, da quanto tempo in Italia, in quali aree? Quanto incide la condizione socioeconomica generale e quanto i fattori culturali? La ricerca epidemiologica italiana ha prodotto ottimi lavori su questo tema, primi fra tutti gli studi longitudinali.9 Ora è richiesto un ulteriore approfondimento.
Milano, ricca e colta città del Nord Italia, presenta un’adesione agli screening inferiore alla media regionale, in particolare a quella delle zone più rurali o montane, e condivide questa caratteristica, come affermano gli autori, con importanti agglomerati urbani come Brescia e Bergamo. «È possibile interpretare questo risultato alla luce dell’importante offerta di screening spontaneo della Regione, ipotizzando un maggiore interesse per l’offerta a pagamento per le persone senza problemi di natura economica», spiega l’articolo. Ciò significa un abbandono tendenziale del servizio pubblico, anche dove non ci sono liste d’attesa come negli screening, da parte dei ceti benestanti, coperti dalle assicurazioni o disposti al pagamento out-of-pocket. Credo che questo accenno di doppio binario (il privato per gli abbienti, il pubblico per gli altri) sia un tema di grande rilevanza per considerazioni generali sul futuro del servizio sanitario pubblico, nato universalistico e ora forse non più.

Bibliografia

  1. Russo AG, Murtas R, Ballotarai P et al. Analisi dei fattori predittivi della mancata adesione allo screening organizzato per i tumori del colon retto e della mammella nel periodo pre-pandemico (2018-2019) in Lombardia. Epidemiol Prev 2024;48(2):118-129.
  2. Girardi D, Vecchio R, Tanious M et al. Disparities in access to breast, colorectal, and cervical cancer screening programmes have intensified during the pandemic period. Findings of a health equity audit conducted by the Pavia Healthcare Protection Agency (Lombardy Region, Northern Italy). Epidemiol Prev 2024;48(2):130-139.
  3. Chiereghin A, Squillace L, Pizzi L et al. Management choices for better outcomes in oncologic screening programmes. Epidemiol Prev 2024;48(2):
    158-164.
  4. Zappa M, Bevere F, Braga M et al. Sviluppo di un modello concettuale di riferimento per l’interpretazione degli indicatori di monitoraggio degli screening oncologici nel Piano nazionale della prevenzione Epidemiol Prev 2019;43(5-6):354-63. doi: 10.19191/EP19.5-6.P354.105
  5. Bisceglia L, Ancona C, Brescianini S et al. Le funzioni di epidemiologia nella riorganizzazione del SSN. Una proposta dell’Associazione Italiana di Epidemiologia. Epidemiol Prev 2022;46(1-2):8-10.
  6. Camilloni L, Ferroni E, Jimenez Cendales B et al. Methods to increase participation in organized screening programs: a systematic review. BMC Public Health 2013;13:464.
  7. Nardi A, Acampora A, Bruno C et al. Audit&feedback come strumento dei medici di medicina generale per il miglioramento dell’appropriatezza e della qualità delle cure. Epidemiol Prev 2023,47(3):208-21. doi: 10.19191/EP23.3.A610.047
  8. Francovich L, Di Napoli A, Giorgi Rossi P, Gargiulo L, Giordani B, Petrelli A. La prevenzione dei tumori femminili nelle donne immigrate residenti in Italia. Epidemiol Prev 2017;41(3-4) Suppl. 1:18-25. doi: 10.19191/EP17.3-4S1.P018.061
  9. Caranci N, Di Girolamo C, Giorgi Rossi P et al. Cohort profile: the Italian Network of Longitudinal Metropolitan Studies (IN-LiMeS), a multicentre cohort for socioeconomic inequalities in health monitoring. BMJ Open 2018;8(4):e020572. doi: 10.1136/bmjopen-2017-020572
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